Mercato interno: libera circolazione
Tipo di procedimento: domanda di pronuncia pregiudiziale dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
Oggetto: Appalti pubblici – Procedure di ricorso – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 1, paragrafo 3 – Direttiva 92/13/CEE – Articolo 1, paragrafo 3 – Diritto di proporre ricorso subordinato alla condizione di aver presentato un’offerta nell’ambito della procedura di aggiudicazione dell’appalto
Amt e altre società hanno adito il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, chiedendo l’annullamento di diversi atti con cui l’Agenzia regionale per il trasporto pubblico locale Spa aveva indetto una procedura di gara informale per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico nel territorio regionale, lamentando di non aver potuto partecipare alla gara non avendo a disposizione la struttura necessaria a garantire il servizio.
Ritenendo di non essere in grado di fornire, ciascuna individualmente, il servizio di trasporto pubblico a livello regionale, Amt e le altre società non hanno presentato alcuna offerta. Tuttavia, esse hanno adito il giudice del rinvio, contestando la decisione dell’Agenzia di affidare, nella sua qualità di amministrazione aggiudicatrice, l’appalto di cui trattasi nel procedimento principale in un unico lotto, relativo all’intero territorio regionale.
Chiamata a pronunciarsi in merito alla questione se il diritto europeo osti ad una normativa nazionale che riconosca la possibilità di impugnare gli atti di una procedura di gara ai soli operatori economici che abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara stessa, anche qualora la domanda giudiziale sia volta a sindacare in radice la procedura, derivando dalla disciplina della gara un’altissima probabilità di non conseguire l’aggiudicazione, la Corte ha affermato che è conforme al diritto europeo la normativa italiana che non consente agli operatori economici di proporre ricorso contro le decisioni dell’Amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura di appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare perché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione.
Tuttavia, spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l’applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati.
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Mercato interno: libera circolazione. Libertà di stabilimento
Tipo di procedimento: domanda di pronuncia pregiudiziale dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto
Oggetto: Restrizioni alla libertà di stabilimento – Normativa nazionale che vieta ogni attività lucrativa in relazione alla conservazione delle urne cinerarie – Esame della proporzionalità
La Memoria è una società italiana che offre ai parenti dei defunti cremati un servizio di conservazione delle urne cinerarie che consente loro di evitare di custodire tali urne presso la propria abitazione o di collocarle in un cimitero. A tale società ha deciso di affidarsi la sig.ra Dall’Antonia per conservare le ceneri del marito defunto. Tuttavia con una delibera del 2015, il comune di Padova ha modificato il proprio regolamento dei servizi cimiteriali, che, da allora, esclude espressamente che l’affidatario di un’urna cineraria possa avvalersi dei servizi di un’impresa privata, gestita al di fuori del servizio cimiteriale comunale, al fine di conservare tali urne fuori dell’ambito domestico. La Memoria e la sig.ra Dall’Antonia hanno adito il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto per ottenere l’annullamento di tale delibera. In questo contesto, il Tar ha chiesto alla Corte di giustizia se il principio di libertà di stabilimento, sancito dall’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea osti ad una normativa come quella adottata dal comune di Padova.
La Corte dichiara che una normativa nazionale che vieta ai cittadini dell’Unione di fornire un servizio di conservazione di urne cinerarie in uno Stato membro istituisce una restrizione alla libertà di stabilimento, ai sensi dell’articolo 49 TFUE, non giustificata dalle ragioni imperative di interesse generale evidenziate dalle autorità italiane intese alla tutela della salute, alla necessità di garantire il rispetto dovuto alla memoria dei defunti e alla tutela dei valori morali e religiosi prevalenti in Italia, i quali ultimi ostano all’esistenza di attività commerciali e mondane connesse alla conservazione delle ceneri dei defunti e quindi, a che le attività di custodia dei resti mortali perseguano una finalità lucrativa».
Più in particolare, secondo la Corte, l’obiettivo consistente nella tutela della salute addotto dal comune di Padova e dal Governo italiano non è idoneo a giustificare le restrizioni alla libertà di stabilimento introdotte dalla normativa nazionale, dal momento che le ceneri funerarie, diversamente dalle spoglie mortali, sotto un profilo biologico sono inerti, in quanto rese sterili dal calore, sicché la loro conservazione non può rappresentare un vincolo imposto da considerazioni sanitarie.
Per quanto attiene alla tutela del rispetto della memoria dei defunti, la Corte ritiene che la normativa nazionale in questione si spinga oltre quanto necessario per conseguire tale obiettivo, esistendo misure meno restrittive che consentono di conseguire altrettanto bene un obiettivo del genere, quali, segnatamente, l’obbligo di provvedere alla conservazione delle urne cinerarie in condizioni analoghe a quelle dei cimiteri comunali e, in caso di cessazione dell’attività, di trasferire tali urne in un cimitero pubblico o di restituirle ai parenti del defunto.
Infine, per quel che riguarda i valori morali e religiosi prevalenti in Italia, la Corte rileva che l’attività di conservazione di ceneri mortuarie in Italia è assoggettata al pagamento di una tariffa stabilita dalla pubblica autorità e che l’apertura di tale genere di attività alle imprese private potrebbe essere assoggettata al medesimo inquadramento tariffario, che, di per sé, l’Italia «evidentemente non considera contrario ai propri valori morali e religiosi».
Conclude quindi la Corte che l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che vieta, anche contro l’espressa volontà del defunto, all’affidatario di un’urna cineraria di demandarne a terzi la conservazione, che lo obbliga a conservarla presso la propria abitazione, salvo affidarla ad un cimitero comunale e, inoltre, che proibisce ogni attività esercitata con finalità lucrative avente ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale.