1) DISCOVERY DEI DATI DI YOUTUBE
Sentenza della Cgue (Quinta Sezione) del 9 luglio 2020. Causa C-264/19
Constantin Film Verleih
Tipo di procedimento: rinvio pregiudiziale
In caso di caricamento illegale di film su una piattaforma online, come YouTube, il titolare dei diritti d’autore può chiedere al gestore, ai sensi della direttiva sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, unicamente l’indirizzo postale di chi ha effettuato il caricamento, ma non gli indirizzi e-mail o IP o il numero telefonico
La Corte ha nondimeno precisato che gli Stati membri hanno la facoltà di concedere ai titolari di diritti di proprietà intellettuale il diritto di ricevere un’informazione più ampia, purché, tuttavia, sia garantito un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali coinvolti e siano rispettati gli altri principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio di proporzionalità.
2) CONSUMATORI, PRESCRIZIONI E CLAUSOLE ABUSIVE
Sentenza della Cgue (Quarta Sezione) del 9 luglio 2020. Cause riunite C-698/18 e C-699/18
RaiffeisenBank SA e BRD GroupeSocietéGénérale SA / JB e KC
Tipo di procedimento: rinvio pregiudiziale
Una normativa nazionale può prevedere un termine di prescrizione dell’azione giudiziale di restituzione di somme versate in forza di una clausola abusiva inserita in un contratto tra un professionista e un consumatore.
3) DANNO AMBIENTALE CAUSATO DALLA P.A.
Sentenza della Cgue (Prima Sezione) del 9 luglio 2020. Causa C-297/19
NaturschutzbundDeutschland - LandesverbandSchleswig-Holstein e V. / KreisNordfriesland
Tipo di procedimento: rinvio pregiudiziale
Le persone giuridiche di diritto pubblico possono costituire un’«attività professionale» ai sensi della direttiva 2004/35 e, come tali, essere responsabili dei danni ambientali causati da attività svolte nell’interesse pubblico in forza di una delega ex lege, come la gestione di una stazione di pompaggio per il drenaggio di aree agricole (fattispecie relativa a stazione di pompaggio, che aveva provocato danni ambientali a scapito del mignattino, un uccello acquatico protetto).
La Corte ha confermato che tale espressione comprende tutte le attività svolte in un contesto professionale, in contrapposizione a quelle puramente personali o domestiche, indipendentemente dal fatto che tali attività siano o meno connesse al mercato o che abbiano natura concorrenziale.
4) RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE
Sentenza della Cgue (Terza Sezione) del 16 luglio 2020. Cause riunite C-133/19, C-136/19 e C-137/19
TelenorMagyarországZrt. / NemzetiMédia – ésHirkozlésiHatòságElnoke
B.M.M. e a. / Stato Belga
Oggetto: Spazio di libertà, sicurezza e giustizia
La data da prendere in considerazione per determinare se il familiare che si ricongiunge sia un «figlio minorenne» è quella di presentazione della domanda d’ingresso e di soggiorno, a nulla rilevando se nelle more dell’istruttoria del procedimento questi abbia raggiunto la maggiore età.
5) INDENNIZZO ALLE VITTIME DI VIOLENZA
Sentenza della Cgue (Grande Sezione) del 16 luglio 2020. Causa C-129/19
Presidenza del Consiglio dei Ministri / B.V.
Tipo di procedimento: rinvio pregiudiziale
Spazio di libertà, sicurezza e giustizia
Gli Stati membri devono riconoscere un indennizzo a tutte le vittime di reati intenzionali violenti, anche a quelle residenti nel territorio degli Stati stessi.
6) SCALATE SOCIETARIE NEL SETTORE DELLE COMUNICAZIONI
Sentenza della Cgue (Quinta Sezione) del 3 settembre 2020. Causa C-719/18
Vivendi SA / Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni
Tipo di procedimento: rinvio pregiudiziale
La disposizione italiana che impedisce a Vivendi di acquisire il 28% del capitale di Mediaset è contraria al diritto dell’Unione.
Nel 2016, la società francese Vivendi SA, al vertice di un gruppo attivo nel settore dei media e nella creazione e distribuzione di contenuti audiovisivi, ha avviato una campagna di acquisizione ostile di azioni di Mediaset Italia Spa, società italiana del medesimo settore controllata dal gruppo Fininvest, giungendo ad acquisirne il 28,8% del capitale sociale, pari al 29,94% dei diritti di voto. Mediaset ha denunciato Vivendi dinanzi all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) (Italia), accusandola di aver violato la disposizione italiana che, allo scopo di salvaguardare il pluralismo dell'informazione, vieta a qualsiasi società i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche, anche tramite società controllate o collegate, siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di tale settore, di conseguire nel «sistema integrato delle comunicazioni» (in prosieguo: il «SIC») ricavi superiori al 10% di quelli del sistema medesimo in Italia. Ciò avveniva nel caso della Vivendi, che già occupava una posizione rilevante nel settore italiano delle comunicazioni elettroniche, in virtù del suo controllo sulla Telecom Italia SpA (TIM). Con una delibera del 2017 l’AGCOM ha accertato che Vivendi, avendo acquisito le predette partecipazioni in Mediaset, aveva violato tale disposizione italiana e le ha ordinato di porre fine a tale violazione. Pur ottemperando all’ordine dell’AGCOM, trasferendo ad una società terza la proprietà del 19,19% delle azioni di Mediaset, Vivendi ha adito il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio.
La Corte osserva inoltre che, anche se una restrizione alla libertà di stabilimento può, in linea di principio, essere giustificata da un obiettivo di interesse generale, quale la tutela del pluralismo dell'informazione e dei media, ciò non avviene nel caso della disposizione in questione, non essendo quest'ultima idonea a conseguire tale obiettivo. Infatti, le imprese operanti nel settore delle comunicazioni elettroniche, che esercitano un controllo sulla trasmissione dei contenuti, non esercitano necessariamente un controllo sulla produzione di tali contenuti. Ebbene, la disposizione in questione non fa riferimento ai collegamenti tra la produzione e la trasmissione dei contenuti e non è neppure formulata in modo da applicarsi specificamente in relazione a tali collegamenti.
7) ACCESSO A INTERNET
Sentenza della Cgue (Grande Sezione) del 15 settembre 2020. Cause riunite C-807/18 e C-39/19
TelenorMagyarországZrt. / NemzetiMédia – ésHirkozlésiHatòságElnoke
Tipo di procedimento: rinvio pregiudiziale
Il principio di «neutralità della rete» è incompatibile con la condotta di un fornitore di accesso a internet che promuove i propri servizi a «tariffa zero» imponendo ai clienti misure di blocco o di rallentamento dei servizi offerti da altri fornitori.
La società Telenor, con sede in Ungheria, fornisce servizi di accesso a Internet. Tra i servizi proposti ai suoi clienti figurano due pacchetti di accesso preferenziale (cosiddetti a «tariffa zero») la cui particolarità consiste nel fatto che il traffico di dati generato da taluni servizi e applicazioni specifici non è computato nel consumo del volume di dati acquistato dai clienti. Inoltre, questi ultimi possono, una volta esaurito detto volume di dati, continuare a utilizzare senza restrizioni tali applicazioni e tali servizi specifici, mentre alle altre applicazioni e agli altri servizi disponibili sono applicate misure di blocco o di rallentamento del traffico.
La conclusione di accordi mediante i quali determinati clienti sottoscrivono pacchetti che combinano una «tariffa zero» con misure di blocco o di rallentamento del traffico connesso all’utilizzo di servizi e di applicazioni diverse dai servizi e dalle applicazioni specifici soggetti a tale «tariffa zero» è idonea a limitare l’esercizio dei diritti degli utenti finali, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento 2015/2120, su una parte significativa del mercato. Infatti, siffatti pacchetti sono tali da incrementare l’utilizzo delle applicazioni e dei servizi privilegiati e, correlativamente, tali da rarefare l’utilizzo delle altre applicazioni e degli altri servizi disponibili, tenuto conto delle misure mediante le quali il fornitore di servizi di accesso a Internet rende quest’ultimo utilizzo tecnicamente più difficoltoso, se non impossibile. Inoltre, quanto più il numero di clienti che concludono siffatti accordi è rilevante, tanto più l’impatto cumulativo di tali accordi può, tenuto conto della sua portata, comportare una notevole limitazione all’esercizio dei diritti degli utenti finali, o addirittura compromettere l’essenza stessa di tali diritti. In secondo luogo, per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento 2015/2120, la Corte ha rilevato che, per constatare un’incompatibilità con tale disposizione, non è richiesta alcuna valutazione dell’impatto di tali misure di blocco o di rallentamento del traffico sull’esercizio dei diritti degli utenti finali. Infatti, tale disposizione non prevede un simile requisito per valutare il rispetto dell’obbligo generale di trattamento equo e non discriminatorio del traffico ivi contenuto. Inoltre, la Corte ha dichiarato che quando misure di rallentamento o di blocco del traffico sono basate non su requisiti di qualità tecnica del servizio obiettivamente diversi di specifiche categorie di traffico, ma su considerazioni di ordine commerciale, tali misure devono ritenersi, in quanto tali, incompatibili con la suddetta disposizione.
8) LOCAZIONI BREVI A TURISTI
Sentenza della Cgue (Grande Sezione) del 22 settembre 2020. Cause riuniteC-724/18 e C-727/18
Cali Apartments SCI e HX / Procureur générale près la courd’appel del Paris
Tipo di procedimento: rinvio pregiudiziale
Oggetto: Libertà di stabilimento
Una normativa nazionale che assoggetta ad autorizzazione la locazione, esercitata in maniera reiterata, di un locale destinato ad abitazione per brevi periodi ad una clientela di passaggio che non vi elegga domicilio è conforme al diritto dell’Unione (la fattispecie riguardava un monolocale situato a Parigi, proposto per la locazione su un sito Internet, oggetto, senza previa autorizzazione delle autorità locali e in modo reiterato, di locazioni di breve durata ad uso di una clientela di passaggio).
Per quanto riguarda le condizioni previste dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, in particolare quelle secondo le quali il regime di autorizzazione deve essere giustificato da un motivo imperativo di interesse generale e l’obiettivo perseguito da tale regime non può essere realizzato con una misura meno restrittiva (criterio di proporzionalità), la Corte ha rilevato, da un lato, che la normativa di cui trattasi mira a stabilire un dispositivo di lotta contro la scarsità di alloggi destinati alla locazione di lunga durata, con l’obiettivo di rispondere al peggioramento delle condizioni di accesso agli alloggi e all’esacerbarsi delle tensioni nei mercati immobiliari, ciò che costituisce un motivo imperativo di interesse generale. Dall’altro, la Corte ha dichiarato che la normativa nazionale di cui trattasi è proporzionata all’obiettivo perseguito. Infatti, essa è materialmente circoscritta ad un’attività specifica di locazione, esclude dal suo ambito di applicazione gli alloggi che costituiscono la residenza principale del locatore e il regime di autorizzazione da essa istituito ha una portata geografica limitata. Inoltre, l’obiettivo perseguito non può essere realizzato mediante una misura meno restrittiva, in particolare perché un controllo a posteriori, per esempio mediante un sistema dichiarativo accompagnato da sanzioni, non consentirebbe di frenare immediatamente ed efficacemente la prosecuzione del rapido movimento di trasformazione che crea una scarsità di alloggi destinati alla locazione di lunga durata.
9) RIMBORSO SPESE PER CURE MEDICHE D’URGENZA ALL’ESTERO
Sentenza della Cgue (Quarta Sezione) del 23 settembre 2020. Causa C-777/18
WO / MegyeiKormányhivatal
Tipo di procedimento: rinvio pregiudiziale
Il principio della libera prestazione dei servizi e la direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera ostano a una normativa nazionale che escluda, in assenza di autorizzazione preventiva, il rimborso dei costi relativi a un intervento cui una persona assicurata, residente in uno Stato membro, è stata sottoposta d’urgenza in un altro Stato membro.
10) MAE
Sentenza della Cgue (Quarta Sezione) del 24 settembre 2020. Causa C-195/20 PPU
GeneralbundesanwaltbeimBundesgerichtshof (Principe de spécialité)
Tipo di procedimento: rinvio pregiudiziale
Oggetto: Spazio di libertà, sicurezza e giustizia
Una misura restrittiva della libertà adottata nei confronti di una persona oggetto di un primo mandato d’arresto europeo (MAE) sulla base di fatti precedenti e diversi da quelli che hanno giustificato la sua consegna in esecuzione di un secondo MAE non è contraria al diritto dell’Unione se tale persona ha lasciato volontariamente lo Stato membro di emissione del primo MAE.
photo credits: Corte di Giustizia dell'Unione Europea
Francesco Buffa, consigliere della Corte di cassazione
Salvatore Centonze, avvocato del Foro di Lecce