Tutela dei diritti fondamentali
Ordinanza della CGUE (Nona Sezione) 15 aprile 2015, causa C-497/14, Procedimento penale a carico di Stefano Burzio.
Tipo di procedimento: Domanda di pronuncia pregiudiziale da Tribunale di Torino - Italia.
Oggetto: Art. 50 - Principio del ne bis in idem - Normativa nazionale che prevede una sanzione amministrativa e una sanzione penale per omesso versamento di ritenute fiscali - Mancata attuazione del diritto dell’Unione
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico del sig. Burzio per l’omesso versamento, alle scadenze mensili previste, in qualità di sostituto di imposta, di ritenute fiscali alla fonte all’Agenzia delle Entrate, e per le quali doveva rilasciare al sostituito una certificazione attestante l’ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate. Nel procedimento penale principale il sig. Burzio è imputato del reato di cui all’art. 10 bis del decreto legislativo del 10 marzo 2000, n.74, perché in qualità di legale rappresentante della società Scatolificio Burzio E C Srl non versava entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute certificate relative all’anno di imposta 2008.
Il giudice del rinvio considera che sussistano divergenze interpretative fra, da un lato, la giurisprudenza della Corte (sentenza Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105) nonché quella della Corte europea dei diritti dell’uomo (v. Corte eur. D.U., sentenze Engel e altri c. Paesi Bassi dell’8 giugno 1976, serie A n. 22, § 82; Grande Stevens c. Italia del 4 marzo 2014, nn. 18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10 e 18698/10) e, dall’altro, la giurisprudenza nazionale. Siffatte divergenze riguarderebbero non soltanto la natura penale o meno di una sanzione amministrativa. La Corte suprema di cassazione avrebbe dichiarato che un procedimento amministrativo nei confronti di un contribuente per l’illecito del decreto legislativo 471/1997, non è di ostacolo a che un procedimento penale sia avviato nei confronti del medesimo contribuente e per lo stesso periodo d’imposta.
Si deve constatare che il procedimento principale concerne l’applicazione di disposizioni di diritto italiano in discussione nel procedimento principale in un contesto che non presenta alcun nesso con il diritto dell’Unione. Nell’ordinanza di rinvio, infatti, non si riscontrano elementi che consentano di considerare che il procedimento principale riguardi l’interpretazione o l’applicazione di una norma di diritto dell’Unione diversa da quelle presenti nella Carta. Ove una situazione giuridica non rientri nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, la Corte non è competente in merito e le disposizioni della Carta eventualmente richiamate non possono giustificare, di per sé, tale competenza.
Tutela dei diritti fondamentali
Ordinanza della CGUE (Quarta Sezione) 29 aprile 2015, causa C-528/13, Geoffrey Léger c. Ministre des Affaires sociales, de la Santé et des Droits des femmes e Etablissement français du sang.
Tipo di procedimento: Domanda di pronuncia pregiudiziale da Tribunal administratif de Strasbourg - Francia.
Oggetto: Requisiti tecnici relativi al sangue - Donazione di sangue - Criteri di idoneità per i donatori - Criteri di esclusione - Persone il cui comportamento sessuale le espone ad un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue - Uomo che ha avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso - Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Il punto 2.1 dell’allegato III della direttiva 2004/33/CE della Commissione, del 22 marzo 2004, che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti, deve essere interpretato nel senso che il criterio di esclusione permanente dalla donazione di sangue di cui a tale disposizione e relativo al comportamento sessuale ricomprende l’ipotesi in cui uno Stato membro, considerata la situazione in esso esistente, preveda una controindicazione permanente alla donazione di sangue per gli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso, laddove sia dimostrato, sulla base delle conoscenze e dei dati medici, scientifici ed epidemiologici attuali, che un simile comportamento sessuale espone dette persone ad un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue e che, nel rispetto del principio di proporzionalità, non esistono tecniche efficaci di individuazione di queste malattie infettive o, in difetto di tali tecniche, metodi meno restrittivi rispetto ad una siffatta controindicazione per garantire un livello elevato di protezione della salute dei riceventi.
Spetta al giudice nazionale verificare se, nello Stato membro di cui trattasi, tali condizioni siano rispettate. Al giudice del rinvio spetta segnatamente verificare se il questionario e l’intervista personale a cura del personale sanitario possano consentire di identificare in modo più preciso i comportamenti che presentano un rischio per la salute dei riceventi, al fine di stabilire una controindicazione meno restrittiva rispetto ad una controindicazione permanente per tutta la categoria costituita dagli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso.
Politiche di concorrenza:
Aiuti di Stato
Sentenza della CGUE (Nona Sezione) 16 aprile 2015, causa C-690/13, Trapeza Eurobank Ergasias AE c. Agrotiki Trapeza tis Ellados AE (ATE) e Pavlos Sidiropoulos.
Tipo di procedimento: Domanda di pronuncia pregiudiziale da Monomeles Efeteio Thrakis - Grecia
Oggetto: Privilegi conferiti a un istituto bancario - Società che assolvono obblighi di servizio pubblico - Aiuti esistenti e aiuti nuovi – Art. 108 TFUE - Poteri del giudice nazionale.
L’art. 87, par. 1, CE deve essere interpretato nel senso che possono rientrare nel suo ambito di applicazione privilegi, come quelli di cui trattasi nel procedimento principale, grazie ai quali una banca gode del diritto di iscrivere unilateralmente un’ipoteca su immobili appartenenti ad agricoltori o ad altri soggetti che svolgono un’attività connessa all’attività agricola, del diritto di chiedere l’esecuzione forzata mediante una semplice scrittura privata, nonché del diritto di essere esonerata dal pagamento delle spese e dei diritti inerenti a tale iscrizione.
Spetta tuttavia al giudice del rinvio valutare se ciò avvenga nel procedimento principale. Spetta al giudice del rinvio esaminare se, alla luce di tutte le circostanze di fatto e di diritto pertinenti, siano soddisfatte le quattro condizioni cumulative che consentono, in virtù della giurisprudenza della Corte, di considerare che i suddetti privilegi costituiscano una compensazione che rappresenti la contropartita di prestazioni effettuate da tale banca per dare esecuzione ad obblighi di servizio pubblico e che, pertanto, siano sottratti alla qualificazione come di aiuto di Stato. Gli artt. 87, par. 1, CE e 88, par. 3, CE devono essere interpretati nel senso che il giudice del rinvio, se ritiene che i privilegi in esame costituiscano, in considerazione della risposta fornita alla seconda questione, aiuti di Stato nuovi, è tenuto a disapplicare le disposizioni nazionali che istituiscono siffatti privilegi a causa della loro incompatibilità con tali disposizioni del Trattato.
Politica estera e sicurezza comune
Sentenza della CGUE (Grande Sezione) 21 aprile 2015, causa C-630/13 P, Issam Anbouba c. Consiglio dell’Unione europea.
Tipo di procedimento: Impugnazione avverso decisione del Tribunale
Oggetto: Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica araba siriana - Misure dirette contro persone ed entità che traggono vantaggio dalle politiche del regime - Prova della fondatezza dell’iscrizione negli elenchi - Complesso di indizi.
Tenuto conto della situazione in Siria, il Consiglio adempie all’onere della prova che gli incombe qualora evochi dinanzi al giudice dell’Unione un complesso di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti che consentano di dimostrare l’esistenza di un collegamento sufficiente tra la persona sottoposta ad una misura di congelamento dei suoi fondi e il regime combattuto.
Quanto al rispetto dei diritti della difesa il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto là dove ha ritenuto che alcuni elementi di prova non potessero essere presi in considerazione. Quanto agli altri elementi di prova, il Tribunale ha statuito che essi non erano idonei a dimostrare che il sig. Anbouba non fornisse alcun sostegno economico al regime siriano. Dal momento che il sig. Anbouba non ha asserito che la valutazione del Tribunale sarebbe basata su uno snaturamento di detti elementi di prova, non spetta alla Corte, nell’ambito di un giudizio di impugnazione, controllare la fondatezza delle considerazioni in punto di fatto formulate dal Tribunale in ordine ai suddetti elementi. Risulta dall’insieme delle suesposte considerazioni che il Tribunale ha verificato la fondatezza dell’iscrizione del sig. Anbouba negli elenchi delle persone sottoposte a misure restrittive sulla base di un complesso di indizi riguardanti la situazione, le funzioni e le relazioni del predetto nel contesto del regime siriano, i quali non sono stati confutati dall’interessato.
Di conseguenza, il riferimento, nella sentenza impugnata, ad una presunzione di sostegno al suddetto regime non è idoneo a pregiudicare la legittimità di tale pronuncia, poiché risulta dalle constatazioni del Tribunale che quest’ultimo ha verificato in modo conforme a diritto l’esistenza di una base fattuale sufficientemente solida a sostegno dell’iscrizione del sig. Anbouba negli elenchi in questione. Così facendo, il Tribunale ha rispettato i principi, risultanti dalla giurisprudenza ricordata al punto 46 della presente sentenza, relativi alla verifica della legittimità delle motivazioni su cui si fondano provvedimenti quali gli atti controversi. Di conseguenza, dato che il primo motivo di gravame, relativo ad un errore di diritto commesso dal Tribunale, non è idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, e che il secondo motivo non è fondato, tali motivi dedotti dal sig. Anbouba devono essere necessariamente respinti. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre respingere l’impugnazione proposta.
Diritti sociali
Sentenza della CGUE (Quinta Sezione) 30 aprile 2015, causa C-80/14, Union of Shop, Distributive and Allied Workers (USDAW) e B. Wilson c. WW Realisation 1 Ltd.
Tipo di procedimento: Domanda di pronuncia pregiudiziale da Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) - Regno Unito.
Oggetto: Licenziamenti collettivi - Nozione di stabilimento - Modalità di calcolo del numero di lavoratori licenziati.
L’art. 1, par. 1 della direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che preveda un obbligo di informazione e di consultazione dei lavoratori in caso di licenziamento, nel corso di un periodo di 90 giorni, di almeno 20 lavoratori di un particolare stabilimento di un’impresa, e non quando il numero complessivo di licenziamenti in tutti gli stabilimenti o in taluni stabilimenti di un’impresa nel corso del medesimo periodo raggiunge o supera la soglia di 20 lavoratori. Dall’esame svolto dalla Corte non è emerso che il diritto del Regno Unito di cui trattasi nel procedimento principale non fosse conforme alla direttiva 98/59. La direttiva 98/59 istituisce una tutela minima relativa all’informazione e alla consultazione dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi (v. sentenza Confédération générale du travail e a., C‑385/05, EU:C:2007:37, punto 44). Occorre rilevare, in proposito, che l’art. 5 della medesima direttiva ha concesso la facoltà agli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o di favorire o consentire l’applicazione di disposizioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori. Sebbene gli Stati membri abbiano quindi il diritto di prevedere norme più favorevoli ai lavoratori sul fondamento dell’art. 5 della direttiva 98/59, essi sono tuttavia vincolati all’interpretazione autonoma e uniforme della nozione del diritto dell’Unione di «stabilimento» contenuta nell’art. 1 della direttiva in oggetto.
Tutela dei dati personali
Sentenza della CGUE (Quarta Sezione) 16 aprile 2015, causa C-446/12, W. P. Willems c. Burgemeester van Nuth.
Tipo di procedimento: Domanda di pronuncia pregiudiziale da Raad van State - Paesi Bassi.
Oggetto: Passaporto biometrico - Uso dei dati rilevati per fini diversi dal rilascio dei passaporti e dei documenti di viaggio - Costituzione e utilizzo di banche dati contenenti dati biometrici - Garanzie di legge - Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea - Diritto al rispetto della vita privata - Diritto alla protezione dei dati personali.
Il regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri, come modificato dal regolamento (CE) n. 444/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, deve essere interpretato nel senso che il suddetto regolamento non è applicabile alle carte d’identità rilasciate da uno Stato membro ai propri cittadini, come le carte d’identità dei Paesi Bassi, e ciò indipendentemente tanto dalla durata della loro validità quanto dalla possibilità di utilizzarle nel corso di viaggi effettuati al di fuori di tale Stato. Tale atto vincolante dell’Unione non impone agli Stati membri di garantire nella loro legislazione nazionale che i dati biometrici rilevati e conservati conformemente al suddetto regolamento non siano rilevati, trattati e utilizzati a fini diversi dal rilascio del passaporto o del documento di viaggio, non rientrando siffatto aspetto nell’ambito di applicazione del summenzionato regolamento.
Tutela dei dati personali
Sentenza della CGUE (Quarta Sezione) 16 aprile 2015, causa C-477/13, Eintragungsausschuss bei der Bayerischen Architektenkammer c. Hans Angerer.
Tipo di procedimento: Domanda di pronuncia pregiudiziale da Bundesverwaltungsgericht - Germania.
Oggetto: Riconoscimento delle qualifiche professionali - Accesso alla professione di architetto.
Ogni Stato membro riconosce i titoli di formazione di architetto conformi alle condizioni minime di formazione e attribuisce loro, ai fini dell’accesso alle attività professionali e del loro esercizio, gli stessi effetti sul suo territorio che hanno i titoli di formazione che esso rilascia. I titoli di formazione devono essere rilasciati dai competenti organismi degli Stati membri ed essere eventualmente accompagnati da certificati.
La nozione di «architetto» deve essere definita alla luce della normativa dello Stato membro ospitante e, quindi, detta nozione non impone necessariamente che il richiedente sia in possesso di una formazione e di un’esperienza che si estendano non solo ad attività tecniche di progettazione edilizia, sovraintendenza ai lavori ed esecuzione, ma anche ad attività attinenti alla concezione artistica ed economica dell’edificio, ad attività urbanistiche, oppure ad attività di conservazione dei monumenti. Spetta alla normativa nazionale dello Stato membro ospitante individuare le attività rientranti nel settore dell’architettura, atteso che tale direttiva non si propone di disciplinare le condizioni di accesso alla professione di architetto, né di definire la natura delle attività svolte di suoi membri (v., in tal senso, sentenza Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia e a., C‑111/12, EU:C:2013:100, punto 42).