All'interno di un procedimento sommario di cognizione una cittadina italiana, nata e residente in Italia, vittima di un reato intenzionale violento - violenza sessuale - chiedeva al Tribunale di Trieste la condanna della Presidenza del Consiglio dei ministri al risarcimento dei danni patiti in dipendenza del fatto delittuoso accertato dal giudice penale, essendo risultato il condannato in via definitiva privo di beni e, successivamente, irreperibile.
Il giudice monocratico di Trieste ha rigettato la domanda, ritenendo che la causa petendi posta a base della stessa, rappresentata dalla responsabilità dello Stato per mancata attuazione della direttiva Direttiva 2004/80 CE in tema di vittime di reato, fosse priva di giuridico fondamento in relazione alla tipologia del giudizio promosso dalla danneggiata, atteso che la vittima risiedeva in Italia ed aveva subito il reato violento in Italia, paese del quale era altresì cittadina.
Non poteva pertanto trovare applicazione la direttiva invocata.
In questa direzione viene ricordata una recente pronunzia della Corte di Giustizia, 12 luglio 2012, causa C-79/11, Giovanardi.
Il Tribunale di Trieste si pone, così, in consapevole contrasto con l'orientamento, inaugurato dal tribunale di Torino e seguito dalla Corte di Appello di Torino che ha, invece, accolto la domanda risarcitoria di una vittima nei confronti dello Stato italiano, ritenendo applicabile la direttiva sopra ricordata anche nella situazioni puramente interne - sui due provvedimenti sopra ricordati v., volendo, anche per i riferimenti dottrinali, le riflessioni svolte in passato Vittime di reato e obbligo di risarcimento a carico della Stato: really? in Corr.giur.,2011, 2, 248; id., Vittime di reato intenzionale violento e responsabilità dello Stato. Non è ancora tutto chiaro, in Corr.giur., 2012,5, 668 ss.
A risolvere il contrasto giurisprudenziale provvederà, verosimilmente, la Corte di giustizia, investita di una questione pregiudiziale su materia omologa dal Tribunale di Firenze - per cui v. Conti, Sulle vittime di reato la parola passa alla Corte di giustizia, che forse ha già deciso, in Corr. Giur., 2013, 11, 1389 ss.