Fascicolo 2-3/2022
La riforma dell’ordinamento giudiziario: analisi e commenti alla legge delega n. 71 del 2022
Sommario
Editoriale
Ordinamento giudiziario: isolare, separare, atomizzare la magistratura. Solo un preludio delle politiche della destra?
In questo fascicolo doppio della Rivista, realizzato con il coordinamento di Ezia Maccora, il lettore troverà un esame completo dei diversi aspetti della legge delega di riforma dell’ordinamento giudiziario. Ad un primo sguardo d’insieme la legge rivela, sotto la superficie variegata delle norme e degli istituti introdotti ex novo o rivisitati, un tratto di fondo: la volontà di ridefinire la presenza della magistratura nella vita delle istituzioni, riducendone il peso ed il ruolo. Per attuare tale ridefinizione sono state messe in campo le tecniche del “distanziamento”, della “separazione” e dell’“atomizzazione”. Per un verso, si è dato vita a uno statuto fortemente separato della magistratura (attraverso meccanismi di distanziamento non solo dalla politica, ma anche dall’alta amministrazione e dalla stessa “amministrazione della giurisdizione”). Per altro verso, si è realizzata nel corpo della magistratura la maggiore divaricazione possibile – a Costituzione invariata – tra giudici e pubblici ministeri. Infine, si è inteso favorire, con la legge elettorale del Csm, l’atomizzazione del corpo dei magistrati a discapito del suo associazionismo e ridurre, grazie al sistema elettorale tendenzialmente maggioritario, il pluralismo della rappresentanza. Operazione, quest’ultima, riuscita solo in parte. Se, infatti, si è rivelato innaturale e impossibile azzerare il ruolo delle aggregazioni in un momento collettivo come le elezioni, il sistema elettorale maggioritario binominale ha comunque alterato e distorto il rapporto tra voti ricevuti e seggi assegnati alle formazioni che hanno sostenuto le candidature individuali. Ad ispirare, giustificare e sorreggere l’operazione di riduzione e di ridimensionamento hanno concorso diversi fattori: l’attuale crisi di credibilità della magistratura; la distruttiva campagna di stampa in corso da anni nel Paese; la lentezza della giustizia, non di rado interamente addebitata ai magistrati; l’annosa diffidenza, quando non l’aperta ostilità, del ceto politico. Va riconosciuto che in questo redde rationem – che a tratti sembra assai più una operazione di potere che una riforma mirata all’efficienza – è stato rispettato il limite della Costituzione. Ma c’è già chi ritiene insufficiente il nuovo assetto, non è pago del realizzato ridimensionamento e preme per ulteriori “innovazioni” attuate con radicali modifiche del dettato costituzionale. Innovazioni perseguite da settori della politica e dell’avvocatura interessati a ri-creare l’assetto burocratico della magistratura del passato, anche a costo di depotenziare la giurisdizione. La legge Cartabia rischia perciò di essere solo il preludio delle future politiche della destra vittoriosa alle elezioni, mentre l’area della “non destra” (un confuso coacervo che non sapremmo definire altrimenti) sembra destinata a scontare a lungo la logica da puro “ceto politico” seguita nella competizione elettorale.
Introduzione
Una riflessione collettiva che costituisce una prima fotografia della legge delega n. 71 del 2022. In attesa di conoscere se i decreti legislativi delegati vedranno la luce
Un intervento riformatore condizionato da luoghi comuni e pregiudizi, che vorrebbe dare risposte ad alcune serie criticità presenti nel corpo della magistratura e nel suo organo di governo autonomo. Molteplici le linee che lo caratterizzano, frutto di mediazioni politiche non sempre coerenti tra di loro. Gli Autori e le Autrici scattano, in questo numero, una prima fotografia nella consapevolezza che molto sarà affidato ai decreti legislativi delegati (se vedranno la luce) e al momento attuativo affidato al Consiglio superiore della magistratura. L’obiettivo già oggi percepibile è, da un lato, quello di separare la magistratura al suo interno (pubblici ministeri e giudici) e di indebolirla all’esterno (impedendo la presenza dei magistrati nelle altre istituzioni e rendendo il Consiglio superiore meno rappresentativo del pluralismo culturale esistente in magistratura); dall’altro, di spingere, sempre più forte, il pedale sulla produttività.
I. Accesso e formazione
La riforma dell'ordinamento giudiziario e il concorso in magistratura: progressi, dubbi, questioni aperte
Le modifiche apportate dalla delega alla disciplina del concorso per l’accesso alla magistratura ripristinano l’accesso con la sola laurea in giurisprudenza, una misura equa e razionale. Purtroppo il concorso necessita, se si vuole che contribuisca ad un miglioramento dello stato della magistratura, di diverse altre riforme, non tutte a costo zero, che il governo non ha nemmeno preso in considerazione, rivelando, sul tema, una conoscenza assai superficiale delle questioni rilevanti. Se la magistratura, come è ormai chiaro, è considerata un’azienda, ne è pessimo amministratore chi non si cura troppo del reclutamento del personale.
Il ruolo della Scuola superiore della magistratura e della formazione iniziale nel “nuovo” ordinamento giudiziario
L’Autrice esamina le novità contenute nella riforma dell’ordinamento giudiziario in materia di formazione giudiziale e Scuola superiore della magistratura, concentrandosi sulle nuove sfide che alla formazione iniziale deriveranno dal ritorno al concorso di “primo grado”, sulla formazione dei dirigenti e sulla formazione per la preparazione al concorso.
II. Il Consiglio superiore della magistratura
Assetto, struttura e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura nel tormentato percorso della riforma Cartabia
Il desiderio di riformare il Csm può dirsi nato insieme all’organo. Accantonate – solo per il momento – le ipotesi di riforma costituzionale accennate dalla Commissione Luciani, la legge n. 71/2022 si è concentrata – essenzialmente – sulla struttura amministrativa, Segreteria e Ufficio studi, con soluzioni non prive di risvolti problematici, che aprono a un superficiale meccanismo di reclutamento di avvocati e dirigenti amministrativi e ampliano la centralità del Comitato di presidenza.
Da un Porcellum al Marta-rellum: una prima lettura della nuova legge elettorale per il Csm di cui alla l. 17 giugno 2022, n. 71
Una legge elettorale per tre quarti ad effetti maggioritari, frutto di compromesso tra logiche diverse. Dai possibili effetti in concreto i più diversi, a seconda della “tenuta” delle aggregazioni associative “storiche”. Con rilevanti criticità, in particolare in punto di tutela della rappresentanza di genere e di una piena rappresentatività delle diverse sensibilità in magistratura, ma nel contesto politico positiva espressione, da un lato, del rifiuto del sorteggio quale criterio base nella selezione dei candidati, così come di sistemi maggioritari “puri”; dall’altro, della volontà di garantire comunque la formazione di un Consiglio superiore sufficientemente pluralista.
III. La dirigenza degli uffici
La dirigenza degli uffici giudiziari: luci e ombre della riforma
Due linee principali hanno ispirato il disegno riformatore.
La prima: una reazione allo scandalo delle nomine romane e della caduta etica riscontrata nella magistratura e nel suo organo di governo autonomo. Nessuna riforma del sistema di selezione sarà, però, mai sufficiente a superare la crisi che ha coinvolto la magistratura e il rapporto dei magistrati con la “carriera” se non sarà accompagnata da un nuovo patto etico e di responsabilità, che assicuri un vero cambio di rotta rispetto a quanto è emerso dalle chat perugine.
La seconda: l’essere permeato da una non condivisibile impronta aziendalistica e produttivistica, in linea con l’esigenza di raggiungere gli obiettivi del PNRR ma lontana dall’esigenza di rendere “giustizia”, che dovrà essere attentamente considerata in sede di elaborazione dei decreti delegati e di normativa secondaria.
Il conferimento degli incarichi direttivi ai magistrati tra formale discrezionalità del Csm e sostanziale sindacato “sostitutivo” del giudice amministrativo
Il contributo, utilizzando come occasio alcune recenti e note decisioni dei giudici amministrativi, intende analizzare il tema del conferimento degli incarichi direttivi ai magistrati e il successivo, ricorrente sindacato giurisdizionale su tali deliberazioni. L’esame di questa problematica tiene conto, in primo luogo, del rinnovato e delicato contesto nel quale si colloca la questione, al fine di comprendere se la relazione tra chi conferisce l’incarico direttivo (il Csm) e chi giudica l’operato di quest’ultimo (il giudice amministrativo) sia correttamente bilanciata. Per capire appieno la concreta dinamica di questi rapporti, si è inteso isolare la prospettiva di intervento del Csm da quella del giudice amministrativo, con l’obiettivo finale di valutare le due sfere di competenza e approfondire la sostenibilità di possibili riforme.
IV. La valutazione dei magistrati
La delega Cartabia in tema di valutazioni di professionalità del magistrato: considerazioni a prima lettura
L’art. 3 della legge delega 17 giugno 2022, n. 71 introduce, nella disciplina delle valutazioni di professionalità, novità – sul piano sia procedurale che dei parametri di riferimento – che suscitano non marginali perplessità.
Il legislatore – animato dall’intento di ovviare alle carenze dell’istituto riscontrate nei quindici anni di sua applicazione – affianca a talune modifiche, opportune e coerenti con la sua collocazione sistematica nel contesto dell’architettura ordinamentale, altre che, invece, sono idonee a incidere sul carattere orizzontale della magistratura, instillando pericolosi germi di carrierismo e gerarchizzazione.
Al cospetto di un dibattito polarizzato, almeno in parte, dalla vexata quaestio della partecipazione degli avvocati ai lavori del Consiglio giudiziario in materia di valutazioni di professionalità – che deve, in linea di principio, essere vista con favore – occorre piuttosto mettere in evidenza, da un canto, la quantomeno discutibile attribuzione di giudizi distinti per valore in ordine alla capacità del magistrato di organizzare il proprio lavoro e, dall’altro, l’assunzione di centralità, nel contesto del procedimento, del rapporto del capo dell’ufficio.
Analogamente, va segnalata, ancora in chiave critica, la singolarità del reiterato accenno alle «gravi anomalie in relazione all’esito degli atti e dei provvedimenti nelle fasi o nei gradi successivi del procedimento e del giudizio» che, al di là della valenza fortemente simbolica dell’espressione, appare difficilmente armonizzabile con il fondamentale principio per cui l’attività interpretativa in diritto del giudice è, per regola costituzionale, libera e quella di valutazione della prova è insindacabile per legge.
La giustizia e la performance
La credibilità e l’efficacia della giurisdizione e la professionalità del magistrato si misurano e sono riconosciuti dalla collettività in base alla capacità di rendere giustizia. Ciò ha poco a che vedere con una performance individuale del magistrato, con parametri di rendimento e di risultato che assumono significato soprattutto nell’ottica della selezione individuale e di progressioni di “carriera”. Tra criticità e opportunità della riforma Cartabia, prospettive sulla valutazione della professionalità dei magistrati.
Ancora sul disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario: le modifiche sui criteri di accesso alle funzioni di consigliere di Cassazione e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione
La legge delega 17 giugno 2022, n. 71 introduce, fra le altre cose, la modifica ai criteri di accesso alle funzioni di legittimità. Le disposizioni introdotte sembrano disegnare una nuova visione della Corte di cassazione e della Procura generale, volta a valorizzare un percorso professionale fondato principalmente sulla permanenza negli uffici di merito, ma contengono anche indicazioni dalle quali trapela una sostanziale sfiducia nell’operato dell’organo di autogoverno, che consentono di formulare dei dubbi di compatibilità costituzionale.
La partecipazione degli avvocati alle deliberazioni dei consigli giudiziari in materia di valutazioni di professionalità dei magistrati
L’art. 3, lett. a della legge 17 giugno 2022, n. 71 mira a introdurre il diritto di voto degli avvocati componenti dei consigli giudiziari in materia di valutazioni di professionalità dei magistrati, pur temperato dalla possibilità di esprimere un solo voto unitario e unicamente nei casi in cui il consiglio dell’ordine abbia preventivamente trasmesso una segnalazione. Con simili accorgimenti il legislatore ritiene di poter controllare il rischio di interferenza nell’attività del magistrato in valutazione e di garantire il sereno esercizio dell’attività giudiziaria. Ma è davvero così?
Giudizi e pregiudizi
La riforma dell’ordinamento giudiziario, frutto dei lavori della Commissione Luciani, appare non solo incapace di risolvere i profili di criticità del nostro sistema, ma anche figlia di una cultura conservativa che contrasta con la necessità di operare un ripensamento del tradizionale paradigma ordinamentale e di realizzare una sua radicale riforma. L’ostilità dimostrata nel tempo da alcuni settori della magistratura verso l’idea del superamento del mero diritto di tribuna in favore di un più accentuato ruolo partecipativo dell’avvocatura nell’organizzazione e nell’amministrazione della giustizia, costituisce soltanto uno dei sintomi di un pericoloso arroccamento che confligge con le aspirazioni di una giustizia moderna, democratica e aperta alla società. Il riconoscimento dell’insicurezza e del bisogno di giustizia che attraversano la collettività impone a tutti noi di dare risposte urgenti e concrete perché, se manchiamo questa sfida, nella società non resteranno che la paura e l’insicurezza, che cercheranno e troveranno soddisfazione altrove, in un non auspicabile ritorno al passato.
V. Magistrati “fuori ruolo”
La nuova disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati
Con la legge contenente deleghe per la riforma dell’ordinamento giudiziario, il legislatore si propone di procedere con una normativa di rango primario al riordino della materia del collocamento fuori ruolo dei magistrati e all’introduzione di specifici e più stringenti criteri, così venendo incontro a istanze dell’opinione pubblica e della stessa magistratura.
Contro la demonizzazione dei magistrati fuori ruolo
È in corso un’ingiusta demonizzazione dei magistrati fuori ruolo. Quanto ai magistrati ordinari, si tratta di 80 impegnati presso il Ministero della giustizia, 33 in altri Ministeri ed enti e 28 in incarichi internazionali (spesso direttamente giurisdizionali). Il numero non giustifica le aspre polemiche in corso e una legge delega che sul tema è estremamente penalizzante, in quanto prevede una drastica riduzione del numero massimo di magistrati che possono essere collocati fuori ruolo e ostacoli e trattamenti deteriori quando rientrano in ruolo. Non si affronta in tal modo il problema di fondo, che porta all’utilizzo anche in ruoli amministrativi delle varie magistrature, ovvero la debolezza della dirigenza pubblica. Il problema da risolvere è quello di rilanciare e rafforzare una dirigenza pubblica formata, qualificata, autonoma ed efficiente.
Magistrati e politica
Con l’immagine delle porte girevoli è stato affrontato il tema ben più complesso del rapporto tra magistratura e politica. La disciplina per gli incarichi nelle amministrazioni locali risponde ad una esigenza largamente sentita e per troppo tempo elusa dal legislatore. L’impossibilità per i magistrati di tornare alla giurisdizione al termine del mandato elettivo risponde anch’essa ad una esigenza oggi largamente sentita. Sulla destinazione al Ministero della giustizia sono introdotti disincentivi forti per i magistrati. Difficile immaginare dove, per ricoprire i ruoli apicali, saranno individuate figure professionali che assicurino, oltre alle competenze tecnico-giuridiche, la conoscenza (e l’esperienza) del funzionamento pratico della macchina della giustizia. Ma si è sacrificato sull’altare della «demonizzazione dei magistrati fuori ruolo».
VI. L’organizzazione degli uffici
Le tabelle degli uffici giudiziari giudicanti e i programmi di gestione nel “progetto Cartabia”. L’occasione di un cambiamento
Il disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario contiene alcune disposizioni che riguardano le tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari. Si tratta di un intervento che, in larga parte, riprende indicazioni venute dalle circolari del Csm e dal dibattito di questi anni. La nuova normativa può essere, tuttavia, l’occasione per una complessiva rivisitazione del sistema tabellare e, più in generale, degli strumenti di organizzazione degli uffici (programmi di gestione, progetti previsti dall’art. 12, comma 3, dl 9 giugno 2021, n. 80) allo scopo di evitare duplicazioni e sovrapposizioni e delineare un modello di organizzazione più semplice e flessibile che utilizzi al meglio le opportunità offerte dalle nuove tecnologie.
La procedura tabellare per l’adozione del documento organizzativo delle procure della Repubblica: un ritorno al passato o un ponte verso il futuro?
Nel disegno di legge delega AC 2681 si delinea la possibilità di raccordare in termini più pregnanti gli assetti organizzativi di uffici inquirenti e giudicanti nei settori di comune interesse, di declinare le funzioni dei dirigenti in armonia con il percorso tracciato in sede di elaborazione normativa del Csm, in termini conformi alla Costituzione. L’elaborazione normativa in corso, tuttavia, appare poco lineare, probabilmente disturbata da pregiudizi “ideologici” sul ruolo del pubblico ministero, cosicché i suggerimenti proposti spesso si rivelano tra loro contraddittori. L’intromissione del Ministro di giustizia, i conseguenti potenziali conflitti con l’autorità giudiziaria, l’accentuazione di percorsi professionali definitivamente differenziati tra pm e giudici potrebbero, almeno in astratto, vanificare tale spunto di modernità con l’inganno di risolvere la problematicità dell’assetto ordinamentale del pubblico ministero nella sua separazione dal giudice.
VII. Il pubblico ministero
Un pubblico ministero “finalmente separato”? Una scelta poco o per nulla consapevole della posta in gioco. E l’Europa ce lo dimostra
Per avere piena consapevolezza della vera posta in gioco di un processo di riforma avviato verso il superamento del modello costituzionale che vuole il pm inserito nella giurisdizione, è necessario allargare lo sguardo al di là dei confini nazionali e a ciò che succede nello spazio comune di giustizia che abbiamo contribuito a costruire: dall’elaborazione dei principi sull’indipendenza del pm – quale necessario corollario dell’indipendenza dei sistemi giudiziari –, ai meccanismi di tutela messi in atto per difendere questa indipendenza – come valore chiave dello Stato di diritto – dagli attacchi portati dall’interno dell’Unione, alle scelte istituzionali con la creazione di una Procura sovranazionale “indipendente” (EPPO). L’Europa va in un’altra direzione…
La separazione delle carriere tra argomenti tradizionali ed evoluzione del processo: un tema ancora attuale?
È giunto il tempo di un modello nuovo, che tenga conto del fatto che il pubblico ministero è una parte pubblica orientata ai principi costituzionali e che il tema della separazione delle carriere non è più attuale.
VIII. Il procedimento disciplinare
L’impatto della riforma Cartabia sul procedimento disciplinare
La legge n. 71 del 17 giugno 2022, tra i vari settori di intervento, si occupa anche del procedimento disciplinare dei magistrati (art. 11). Certamente non si tratta del tratto caratterizzante della riforma; tuttavia, alcune modifiche al catalogo degli illeciti disciplinari e l’introduzione dell’istituto della riabilitazione meritano una prima riflessione “a caldo”, nell’attesa che sia la giurisprudenza a chiarire l’esatta portata delle modifiche introdotte.