1. Una questione giuridica molto complicata a livello nazionale
Vi è stato fino ad alcuni anni fa un nutrito contenzioso previdenziale riguardante alcuni ex dipendenti da aziende di navigazione aerea, iscritti al Fondo di previdenza relativo, beneficiari di pensione di anzianità con varie decorrenze negli anni 1988-1995 pensione che era stata loro liquidata in quota capitale, come consentito dall'art. 34 della l. 859 del 1965.
Si trattava peraltro di controversie dal valore economico piuttosto elevato, in quanto gli iscritti al Fondo avevano un trattamento previdenziale assai di favore (per età di accesso, ammontare del trattamento ed altro) rispetto agli altri lavoratori subordinati del regime pensionistico generale.
La liquidazione in capitale della pensione prevista per gli iscritti al c.d. Fondo volo ha avuto una disciplina intricata e più volte mutata nel corso del tempo, chiamando i migliori giuslavoristi del Paese ad occuparsi della relativa interpretazione ed applicazione.
Come anticipato, la legge 13 luglio 1965, n. 859, recante norme di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea ed istitutiva del Fondo di previdenza per tale personale, prevedeva all’art. 34 - nella sua originaria formulazione – la possibilità, a richiesta dell’iscritto al Fondo, della liquidazione in capitale di una parte della pensione spettante: l’art. 34, in particolare, stabiliva che l’iscritto che avesse raggiunto i requisiti previsti per il conseguimento del diritto alla pensione di anzianità aveva la facoltà di chiedere che gli fosse corrisposto, in sostituzione di una quota della pensione spettantegli, il valore capitale della quota stessa, calcolato in base ai “coefficienti in uso presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale”.
Si tratta di un istituto visto, proprio per la sua specialità, con crescente sfavore normativo, che aveva portato - in vista di una generale perequazione dei trattamenti previdenziali - dapprima ad una limitazione in varie forme dell’operatività e della misura della prestazione, e poi alla definitiva soppressione, avvenuta a decorrere dal 1 gennaio 2005.
Il riferimento normativo dell’art. 34 ai "coefficienti in uso presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale" pose subito il problema dell'individuazione di tali coefficienti. L'Inps sostenne la necessità di individuare dei coefficienti specifici per il Fondo in questione; per converso, mancando all'epoca specifiche tariffe di capitalizzazione per gli iscritti al Fondo volo, gli iscritti al Fondo chiesero di far riferimento alle tariffe determinate in generale in applicazione della L. n. 1338 del 1962, previste dal relativo art. 13 per la determinazione della riserva matematica necessaria ai fini della costituzione di rendita, sostitutiva della pensione non ottenibile a causa dell'omissione contributiva datoriale.
Poiché l'applicazione dei diversi coefficienti dava luogo a risultati molto diversi, ne nacque un contenzioso non esiguo, richiedendosi dai pensionati il pagamento di differenze economiche notevoli derivanti dall'applicazione dei diversi e più favorevoli coefficienti dagli stessi invocati.
Intanto, il d.lgs. n. 164 del 1997, all’art. 3, comma 6, aveva previsto che, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sarebbero state determinate le “tariffe di capitalizzazione” delle rendite, sulla base di aggiornati criteri attuariali, specifici del Fondo, per il calcolo degli oneri di ricongiunzione e di riscatto, ma tale meccanismo di determinazione dei coefficienti potevano trovare applicazione solo con riferimento alle domande presentate successivamente alla data di entrata in vigore del citato decreto.
Da ultimo, poiché era intervenuta una pronuncia del giudice di legittimità (Cass. Sez. L, Sentenza n. 7132 del 23/03/2007, Rv. 595898 - 01) che, nel confermare l’orientamento già espresso in misura maggioritaria dai giudici di merito, aveva accolto l’interpretazione degli iscritti al Fondo, respingendo nel merito le argomentazioni dell’Inps, il legislatore intervenne nuovamente sulla materia al fine di contenere gli effetti economici di quella pronuncia: l'art. 2, co. 503, della l. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) stabilì l'applicabilità dei coefficienti di capitalizzazione determinati sulla base dei criteri attuariali specifici per il Fondo, deliberati dal consiglio di amministrazione dell'INPS su conforme parere del comitato amministratore del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea.
Si pose subito il problema se la norma, avendo portata retroattiva, avesse risolto ogni questione, come sostenuto dall'INPS, dovendo intendersi il riferimento normativo al comitato amministratore del Fondo (in realtà, non esistente come organo) al Comitato di vigilanza del medesimo Fondo, ossia all'organo che ha provveduto in passato a determinare i coefficienti specifici sulla base dei quali era stata determinata la quota capitale dei pensionati.
La formulazione testuale della disposizione -che afferma che i coefficienti "devono intendersi applicabili” - faceva propendere per una lettura della disposizione come norma di interpretazione autentica, nelle intenzioni del legislatore, della ripetuta legge 13 luglio 1965, n. 859, art. 34, tanto più che, come già detto, i precedenti interventi normativi avevano risolto il problema dei coefficienti applicabili alle domande successive al 1° luglio 1997, mentre dal 2005 il beneficio della liquidazione in capitale di una quota della pensione erogata dal Fondo volo era stata abrogata: in altri termini, si trattava di risolvere il dubbio interpretativo sopra evidenziato, riguardante ormai solo rapporti giuridici pregressi, relativi solo alle domande di liquidazione precedenti il 1° luglio 1997.
In senso contrario, Cass. Sez. L, Sentenza n. 22049 del 02/09/2008, Rv. 605044 - 01, aveva rilevato la non operatività del meccanismo introdotto dalla norma sopravvenuta, non essendo stata attuata la stessa conformemente alle sue previsioni.
Una terza soluzione (sottolineata dalla Procura generale in alcune delle controversie interessate) evidenziava invece l'illegittimità costituzionale della norma sopravvenuta, proprio in quanto volta ad incidere su diritti quesiti di pensionati. Vi era poi un altro profilo di illegittimità costituzionale della disciplina, sottolineato dalla relazione del Massimario della Cassazione n. 47/2009, correlato all'incidenza da parte del legislatore su un contenzioso in atto: la norma sembrava invero contrastare con l'art. 117 Cost., per violazione dell'obbligo internazionale assunto dall'Italia con la sottoscrizione e ratifica della CEDU, il cui art. 6, comma primo, nel prescrivere il diritto di ogni persona ad un giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, impone al potere legislativo di non intromettersi nell'amministrazione della giustizia allo scopo di influire sulla singola causa o su una determinata categoria di controversie.
In materia, si erano poi espresse le Sezioni Unite con una serie di pronunce (tra le altre, Cass., sez. U, 20 ottobre 2009 n. 22154, Rv. 609983, e n. 22156, Rv. 610280), nelle quali era stata riconosciuta l’idoneità della citata disposizione del 2007 a fornire legittimazione ai coefficienti di capitalizzazione approvati – per le pensioni aventi decorrenza dal 1° luglio 1997 fino al dicembre 2004 – dal Consiglio di Amministrazione dell’INPS con deliberazione n. 302 del 4 agosto 2005, pur senza il parere del “Comitato amministratore”, ma non a quelli per la liquidazione in capitale delle quote di pensione per le domande presentate anteriormente al 1 luglio 1997, decorrenti dal 1° gennaio 1980, determinati con deliberazione in data 8 marzo 1988 del Comitato di vigilanza del Fondo, dovendo utilizzarsi, in tal caso, le tabelle allegate al R.D. 9 ottobre 1922 n. 1403, concernenti il calcolo delle rendite vitalizie degli iscritti alle assicurazioni facoltative.
Tali sentenze avevano considerato che la norma posta dallo jus superveniens non poteva che essere diretta a regolare rapporti giuridici pregressi, atteso che la disposizione oggetto di interpretazione autentica - e quindi il beneficio, da essa previsto, della liquidazione in capitale di una quota della pensione erogata dal Fondo volo - era stato già all’epoca abrogata. Avevano ritenuto con tali decisioni le Sezioni Unite che l’art. 2, co. 503, non avesse natura di norma di interpretazione autentica, ma regolasse comunque retroattivamente la determinazione dei coefficienti di capitalizzazione.
Con ordinanza interlocutoria n. 1847, depositata il 28 gennaio 2013, la Sezione lavoro, non appagata dalla detta soluzione, aveva quindi nuovamente sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite, sulla base di quesito già formulato nella precedente ordinanza n. 14072 del 2010 della stessa Sezione, per la risoluzione della questione della effettiva portata dell’art. 2, comma 503, della legge n. 244 del 2007, prospettando una interpretazione del predetto articolo imperniata sulla assoggettabilità all’efficacia sanante della norma anche dei coefficienti di capitalizzazione determinati in sede di elaborazione del bilancio tecnico del Fondo volo ed approvati dal Comitato di vigilanza del Fondo con deliberazione 8 marzo 1988.
Nella relazione n. 128 del 2010 del Massimario della Cassazione si evidenziava ancora che l’applicazione retroattiva - che implicherebbe l’incidenza di una disciplina sopravvenuta su un contenzioso in atto - non era priva di problemi, ponendo un problema di conformità alla Carta costituzionale sotto un duplice profilo, da un lato per la sua incidenza su diritti ormai quesiti e, dall’altro lato, per la ipotizzabilità di un eccesso di potere legislativo in ordine ad un contenzioso in atto. Sotto il primo profilo, si segnalava che l’art. 34 cit. era stato abrogato dal d.l. 5 ottobre 2004, n. 249, art. 1 quater, conv. dalla L. 3 dicembre 2004, n. 291, sicché non vi sarebbe spazio per una “nuova” disciplina dei coefficienti di capitalizzazione di una quota di pensione, ma solo per una disciplina con efficacia retroattiva che consentisse una deliberazione, ora per allora, dei coefficienti di capitalizzazione, il che poneva dubbi di costituzionalità, trattandosi di una normativa che ex post riduceva un trattamento pensionistico complessivo già maturato, violando il legittimo affidamento di coloro che avevano optato per l’attribuzione di una quota di pensione in forma capitale (cfr. C. cost. n. 211 del 1997): la norma incideva su diritti previdenziali già entrati nella sfera giuridica dei pensionati optanti, facendo riferimento a determinazione dello stesso ente previdenziale, in contrasto con il principio secondo cui l’INPS ha al più potere di proposta in materia di prestazioni e contributi e non ha, quale debitore, alcun potere in grado di incidere sul proprio debito. Vi era poi un altro profilo di illegittimità costituzionale della disciplina, correlato all’incidenza da parte del legislatore su un contenzioso in atto e si evidenziava ancora il contrasto con l’art. 117 Cost., per violazione dell’articolo 6 della Convenzione quale parametro interposto nel giudizio di costituzionalità.
Le Sezioni Unite civili della Suprema Corte, con sentenza n. 11907 del 28 maggio 2014, Rv. 630938, hanno quindi chiuso la vicenda processuale a livello nazionale, enunciando il seguente principio di diritto: «Ai fini della liquidazione di una quota di pensione in capitale, prevista dall’art. 34 della legge 13 luglio 1965, n. 859, a favore dei pensionati iscritti al Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, istituito presso l’INPS, devono essere utilizzati, per i trattamenti pensionistici con decorrenza dal 1 gennaio 1980, a norma dell’art. 2, comma 503, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 - quale norma di sanatoria dell’autodeterminazione, ad opera dell’INPS e del Fondo volo, dei coefficienti di capitalizzazione della prevista quota di pensione spettante agli iscritti al Fondo - non solo i coefficienti di capitalizzazione approvati dal Consiglio di Amministrazione dell’INPS con deliberazione n. 302 del 4 agosto 2005, pur senza il parere del “Comitato amministratore”, ma anche quelli determinati in sede di elaborazione del bilancio tecnico del Fondo volo ed approvati dal Comitato di vigilanza del Fondo con deliberazione 8 marzo 1988, in quanto comunque recepiti nella successiva menzionata delibera del Consiglio di Amministrazione dell’INPS, dovendosi conseguentemente escludere dal novero dei “coefficienti di capitalizzazione in uso”, richiamati dall’art. 34, quelli previsti per il calcolo della riserva matematica di cui alla legge 12 agosto 1962 n. 1338, all’art. 13, comma 6, come pure quelli contemplati nelle tabelle allegate al r.d. 9 ottobre 1922, n. 1403, recante le tariffe per la costituzione delle rendite vitalizie immediate e differite presso quella che all’epoca era la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali».
Le Sezioni unite, dunque, modificando il proprio precedente orientamento, hanno ritenuto maggiormente persuasiva la posizione assunta nella citata ordinanza interlocutoria, ritenendo che la disposizione di cui all’art. 2, comma 503, della legge finanziaria del 2008 doveva avere necessariamente efficacia retroattiva ed era comunque legittima anche qualora considerata norma in sanatoria, poiché «ragionevolmente giustificata in relazione all’intento di salvaguardare l’equilibrio finanziario del Fondo, destinato innanzi tutto a corrispondere (con la normale periodicità) il trattamento pensionistico per tutta la vita del pensionato (con reversibilità ai superstiti aventi diritto) e, solo in via di ulteriore trattamento di miglior favore e per un periodo di tempo ormai superato, anche ad erogare una tantum quote capitalizzate degli stessi».
In definitiva le Sezioni Unite hanno ritenuto di dover interpretare la citata disposizione della legge finanzia per il 2008 «nel senso che essa esprime la chiara volontà del legislatore di sanare tutti i coefficienti autodeterminati dall’INPS e dal Fondo volo», rendendo irrilevante la disciplina previgente nella materia in esame nonché legittimando l’autodeterminazione dei coefficienti di capitalizzazione “sulla base dei criteri attuariali specifici per il predetto Fondo”, non mutuabili, quindi, da tabelle già esistenti per altre finalità.
Per un esame della materia in dottrina: BOER P., I piloti collaudatori e il personale di previdenza per il personale di volo, in Prev. soc., 1984, 1771 ; CANAVESI G., L'omogeneizzazione dei trattamenti pensionistici nella riforma previdenziale, in Riv. giur. lav. prev. soc., 1995, 347; COLOSI C., Contributo allo studio di una riforma del trattamento speciale di previdenza in favore del personale di volo, in Sicurezza soc. 1972, 523; COLOSI C., La riforma della previdenza in favore del personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, in Riv. it. prev. soc., 1973, 853; D'ONOFRIO S., Fondo volo: recupero contributi da versare ai fondi pensione, in Guida Lavoro, 2003, 41, 36; D'ONOFRIO S., Le nuove pensioni degli iscritti al volo, in Guida lavoro 2004, 50, 103; FRANCIONI G., Il Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, in Prev. soc. 1966, 1827; POSO V.A., L'applicazione del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali ai fondi speciali gestiti dall'Inps, in Riv.it.dir. lav., 2001, 828; SEMINARA F., art. 24 (personale di volo), in Nuove leggi civ. comm., 1982, 134.
2. Una questione molto semplice a livello europeo convenzionale
Dopo il pronunciamento delle Sezioni Unite però la partita si riapriva a livello della CEDU, adita dai ricorrenti che lamentavano la violazione dell’art. 6 della Convenzione ad opera della legge del 2007 applicata dalla Cassazione. A livello europeo la questione era ben più semplice, occorrendo vedere se lo Stato avesse influito sull’esito delle controversie pendenti proprio con un intervento legislativo retroattivo a proprio favore.
I principi generali relativi alla legislazione retroattiva volta ad influenzare l’esito giudiziario di una controversia sono stati riassunti nelle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo rese nelle cause Vegotex International S.A. c. Belgio [GC], n.49812/09, 3 novembre 2022, D’Amico c. Italia, n° 46586/14, 17 febbraio 2022, e Zielinski e Pradal e Gonzalez e altri c. Francia [GC], nn.24846/94 e 9 altri, CEDU 1999 VII.
Ricongiungendosi al Consiglio d’Europa e ratificando la Convenzione, il Paese membro si è impegnato a rispettare il principio dello Stato di diritto. Questo principio, che è custodito nell’articolo 3 dello statuto del Consiglio d’Europa, trova una sua manifestazione, tra gli altri, nell’articolo 6 della Convenzione. Quella disposizione assicura, in particolare, il diritto ad un processo equo e illustra, in modo dettagliato, le principali garanzie inerenti a questa nozione che trovano applicazione nel processo.
Per quanto riguarda le controversie riguardanti i diritti civili e gli obblighi, la giurisprudenza della Corte ha enucleato il principio della parità delle armi, da intendersi nel senso di un giusto equilibrio tra le parti. Nei contenziosi che coinvolgono interessi privati opposti, detta parità comporta che ad ogni parte debba essere garantita una possibilità ragionevole di presentare il proprio caso - a condizioni che non la pongano in una posizione di svantaggio sostanziale rispetto al suo oppositore (vedi Dombo Beheer B.V. c. Regno dei Paesi Bassi, sentenza del 27 ottobre 1993, serie A n. 274, p. 19, paragrafo 33).
Il principio dello Stato di diritto e la nozione di processo equo custodita nell’articolo 6 precludono qualsiasi interferenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia che sia atta a influenzare la soluzione giudiziaria di una controversia.
Nell'ambito delle controversie civili, la Corte ha più volte statuito che, sebbene, in linea di principio, non sia impedito al legislatore di disciplinare, attraverso nuove disposizioni retroattive, i diritti derivanti dalle leggi vigenti, il principio dello Stato di diritto e la nozione di il giusto processo sancito dall’articolo 6 escludono qualsiasi ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia intesa a influenzare la decisione giudiziale di una controversia, salvo imperativi motivi di interesse generale (si veda National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society c. Regno Unito, 23 ottobre 1997, § 112, Reports of Judgments and Decisions 1997‑VII – di seguito “Building Societies”; Stran Greek Refineries e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994 , § 49, serie A n. 301-B; Zielinski e Pradal e Gonzalez e altri c. Francia [GC], nn. 24846/94 e 9 altri, § 57, CEDU 1999-VII; Scordino c. Italia (n. 301-B). 1) [GC], n. 36813/97, § 126, CEDU 2006-V e, più recentemente, Dimopulos c. Turchia, n. 37766/05, § 45, 2 aprile 2019, e Hussein e altri c. Belgio , n.45187/12, § 60, 16 marzo 2021).
La Corte di Strasburgo ha precisato anche che, sebbene le norme pensionistiche di legge siano soggette a modifiche e una decisione giudiziaria non possa essere invocata come garanzia contro tali cambiamenti futuri (vedi Sukhobokov c. Russia, n. 75470/01, § 26, 13 aprile 2006), anche se tali cambiamenti vanno a svantaggio di alcuni beneficiari dell’assistenza sociale, lo Stato non può interferire in modo arbitrario nel processo di giudizio (si veda, mutatis mutandis, Bulgakova c. Russia, n. 69524/01, § 42, 18 gennaio 2007).
La Corte ha ricordato che solo imperativi motivi di interesse generale potrebbero essere idonei a giustificare tale ingerenza da parte del legislatore. Il rispetto dello Stato di diritto e la nozione di giusto processo impongono che le ragioni addotte per giustificare tali misure siano trattate con la massima circospezione possibile (si veda Maggio e altri c. Italia, n. 46286/09 e 4 altri, § 45, 31 maggio 2011).
Per quanto riguarda l'argomentazione del Governo secondo cui la legge era stata necessaria per affrontare il grave squilibrio finanziario del sistema pensionistico, la Corte ha precedentemente affermato che le considerazioni finanziarie non possono di per sé giustificare che il legislatore si sostituisca ai tribunali per risolvere le controversie (vedi , ad esempio, Zielinski e Pradal e Gonzalez e a., sopra citata, § 59, Scordino c. Italia (n. 1) [GC], n. 36813/97, § 132, CEDU 2006‑V, e Maggio e a., sopra citato, § 47).
Per quanto riguarda l'argomentazione del Governo secondo cui la legge può essere necessaria per realizzare un sistema pensionistico omogeneo, in particolare abolendo un sistema che favorisce i pensionati del settore pubblico rispetto agli altri, e financo supponendo che la legge abbia cercato di reintrodurre l'intenzione originaria del legislatore, la Corte, mentre accetta che ciò sia un motivo di interesse generale, non è convinta che esso possa superare i pericoli inerenti al ricorso ad una normativa retroattiva, che ha l’effetto di influenzare la decisione giudiziale di una controversia pendente (si veda Arras e altri c. Italia, n. 17972/07, § 49, 14 febbraio 2012): invero, anche ammettendo che lo Stato tentasse di correggere una situazione che non aveva originariamente inteso creare, la Corte rileva che avrebbe potuto farlo senza ricorrere ad un’applicazione retroattiva della legge.
3. Le condanne della CEDU
Sono state pubblicate da pochi giorni le prime sentenze della Corte EDU che esaminano il filone del c.d. Fondo volo e fatto applicazione dei principi su riferiti. Si tratta di numerose controversie introdotte innanzi alla Corte di Strasburgo dai pensionati che contestano l’applicazione retroattiva dell'articolo 2, comma 503, della Legge n. 244 del 2007 a seguito dei pronunciamenti delle Sezioni Unite del 2009 e del 2014 e lamentano una violazione dell’art. 6 della Convenzione nel suo volet civile.
Si richiamano qui la sentenza Bigioni et autres c. Italie (Requêtes nos 39182/11 et 250 autres requêtes) del 18 gennaio 2024 e Vainieri et autres c. Italie, Requête no 15550/11 et 2 autres – voir liste en annexe), del 14 dicembre 2023.
I ricorrenti di queste cause erano andati in pensione tra il 1° gennaio 1996 ed il 1° dicembre 2004 ed erano tutti iscritti al “Fondo Volo”. Al momento del pensionamento, i ricorrenti avevano scelto di ricevere la liquidazione di una parte della loro pensione mediante il pagamento immediato di un capitale, mentre il resto doveva essere versato mensilmente. Nel 2009, le Sezioni riunite della Corte di cassazione avevano ritenuto che tale disposizione si applicasse retroattivamente alle pensioni liquidate prima del 1° luglio 1997 (sentenze nn. 22154, 22155, 22156 e 22157 del 2009). Mantenevano inoltre, applicabili alle pensioni liquidate a partire dal 1° luglio 1997, i coefficienti indicati nel Regio Decreto n. 1403 del 1922 (“D.R. del 1922”), del pari inferiori a quelli previsti dal D.M. del 1981. Poi, con la sentenza n.11907 del 2014, le Sezioni unite della Corte di Cassazione avevano esteso la portata retroattiva della norma alle intere pensioni dei beneficiari del “Fondo Volo”. Le domande dei ricorrenti erano state respinte dai tribunali nazionali in applicazione della legge del 2007.
Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i ricorrenti ritenevano che l’adozione della legge finanziaria avesse modificato l’esito del procedimento da essi avviato e ciò in quanto non operava la scelta tra i criteri derivanti da due diverse norme di carattere regolamentare – il D.M. del 1981 e il D.R. del 1922- applicabili in materia, ma , come confermato dai lavori preparatori della legge finanziaria, dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (v. SSUU del 2014) e dalle osservazioni del Governo, che scopo dell'intervento era la tutela dell'equilibrio finanziario del «Fondo volo».
Le sentenze, quanto al fatto che non esisteva una giurisprudenza consolidata a favore dei ricorrenti prima della promulgazione della legge finanziaria, rilevano che il diritto alla tutela contro l'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia allo scopo di influenzare l'esito giurisdizionale di una controversia non presuppone la previa esistenza di un diritto sufficientemente solido nell'ordinamento interno (v., sul conflitto giurisprudenziale relativo al riconoscimento nell'ordinamento interno delle pretese dei ricorrenti, D'Amico, sopra citata , § 36).
Conclude quindi la Corte che l'intervento della legge del 2007 aveva impedito ai tribunali nazionali di pronunciarsi favorevolmente sulle domande dei ricorrenti. Pertanto, la Corte ritiene che tale intervento, volto a garantire l’esito del procedimento, costituisca un’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia.
La Corte ritiene che le ragioni addotte dal Governo non siano sufficienti per giustificare un intervento legislativo nel caso di specie. Per quanto riguarda l’interesse finanziario del “Fondo Volo”, la Corte ha più volte statuito che il solo interesse finanziario dello Stato non giustifica in linea di principio un intervento retroattivo del legislatore (Vegotex International S.A., sopra citata, § 103) . Il Governo non ha inoltre sostenuto che l’impatto della controversa giurisprudenza della Corte di cassazione sarebbe stato di portata tale da poter mettere a repentaglio l’equilibrio finanziario dello Stato (ibidem, § 103).
Riguardo alle incertezze giurisprudenziali al momento della promulgazione della legge finanziaria, la Corte di Cassazione aveva individuato con chiarezza la soluzione del contenzioso tra pensionati e INPS. A seguito della sentenza del 2007 e già prima delle sentenze delle Sezioni Unite del 2009, i giudici di grado inferiore si erano conformati a questa giurisprudenza (cfr. Corte di cassazione, ordinanza n. 14072 del 2010).
È vero che i coefficienti cui faceva riferimento la legge del 1962 non esistevano ancora al momento dell’intervento legislativo del 2007 e che la Corte ha ammesso che, in circostanze eccezionali, l’intervento retroattivo del legislatore poteva essere giustificato, in particolare in vista per interpretare o chiarire una disposizione legislativa precedente o per colmare un vuoto giuridico (Vegotex International S.A., sopra citata, § 107). Tuttavia, la Corte deve sottolineare che il divario normativo non era dovuto ad una cattiva redazione della legge, ma al fatto che il Governo non aveva fissato criteri specifici nell'applicazione di detta legge per il “Fondo Volo”. L'intervento del legislatore nel 2007 non era stato volto a colmare questa lacuna ma aveva teso a modificare la base giuridica dei criteri, addirittura riconoscendo all'INPS il potere di stabilirli autonomamente.
La Corte non rileva inoltre l'esistenza di altre ragioni (v., ibid., §§ 104-107) che, lette alla luce dei criteri richiamati dalla sentenza Vegotex International S.A. (sopra citata, § 108), avrebbero potuto giustificare l'intervento contestato. Di conseguenza, la Corte respinge l'eccezione del Governo e afferma che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
Da ultimo, va sottolineato che le sentenze, oltre al constat di violazione della Convenzione, hanno condannato l’Italia a pagare ai pensionati o ai loro eredi somme assai rilevanti (mediamente 50 mila euro ciascuno) a titolo di danno patrimoniale, oltre ad ulteriori somme per danno non patrimoniale, interessi e spese legali.
La giustizia europea è intervenuta dopo numerosi anni dal contenzioso nazionale e, ancor più dall’epoca dei provvedimenti amministrativi di pensionamento, ma, con ogni probabilità ha interessato tutti i pensionati interessati dal contenzioso a livello nazionale o i loro eredi. Si chiude così, con una pesante condanna economica dell’Italia, un contenzioso difficile durato a lungo.