L’anno 2016 si chiude con l’avvicendamento governativo a Palazzo Chigi. Gli effetti politici sono di poco conto, rimanendo quasi immutata la compagine dei ministri e la maggioranza parlamentare, ma il dato simbolico è di rilievo. La stagione riformista del Governo Renzi si è arenata nel fallimento del referendum costituzionale e della bocciatura della riforma che lo stesso (ex) Presidente del Consiglio aveva promesso per modernizzare il paese.
La Rivista si è occupata dei temi referendari, sicura del diritto dei magistrati di schierarsi e di partecipare al dibattito sulla modifica della Carta Costituzionale.
Al tema è stata dedicata particolare attenzione nel secondo fascicolo del 2016 della Rivista trimestrale (2/2016).
Abbiamo ospitato le tante opinioni a favore del NO e quelle a favore del Sì. Ma la redazione ha sempre rivendicato il proprio essere dalla parte dei diritti e delle garanzie. Di una democrazia fondata sulla limitazione del potere e contro le pretese di una democrazia dell’onnipotenza.
Tante altre sono state le riforme e le proposte di riforma che abbiamo aspettato, studiato, criticato: la legge sulle Unioni civili; i tentativi di disciplinare le intercettazioni proprio mentre le Sezioni Unite della Cassazione cercavano di dare una soluzione alle questioni che la tecnologia pone agli interpreti; la proposta di riforma della giustizia minorile; la proposta di riforma della giustizia tributaria, a cui abbiamo dedicato parte del terzo numero della Rivista trimestrale di quest’anno (3/2016); la riforma della giustizia onoraria; le modifiche al tirocinio dei magistrati; le proposte di riforma in materia di riconoscimento della protezione internazionale. Al contempo, non abbiamo, mai smesso di ricordare le riforme che vorremmo. La legge sulla tortura, per esempio.
Avevamo chiuso l’anno 2015 dedicando al processo civile gran parte del quarto numero della Rivista trimestrale (4/2015).
Abbiamo tenuto ferma l’attenzione. Abbiamo raccolto le preoccupazioni per la cameralizzazione del giudizio in Cassazione; per la sommarizzazione del rito civile; per la fuga dalla giurisdizione per ricercare l’efficienza.
Siamo giunti a una conclusione. Non c’è bisogno di modifiche del rito ma di interventi infrastrutturali.
Ma c’è anche la percezione che le riforme possano mutare il ruolo del giudice (e la percezione che il giudice abbia di sé).
Scarselli ci ha messo in guardia. Le riforme del processo di esecuzione forzata rischiano non solo di rafforzare la tutela di talune categorie di creditori ma anche di trasformare il giudice dell’esecuzione: non più il giudice di tutte le parti del processo ma il giudice che deve vendere, per soddisfare le pretesi creditorie.
Si tratta degli stessi rischi che ha evidenziato Donini nell’esame della legislazione in materia di terrorismo internazionale.
A fronte di norme che disegnano un diritto penale “di lotta”, il giudice rischia di perdere il suo ruolo di garante dei diritti di tutti e vedersi invece arruolato nella lotta al terrorismo.
Una mutazione genetica alla quale si può resistere solo investendo nella professionalità del giudice.
Per questo l’attenzione ai temi della formazione, alla quale abbiamo dedicato tutto il primo numero del 2016 della Rivista trimestrale (1/2016).
Una formazione che non sia legata solo alla somministrazione di un sapere giuridica ma che sappia affrontare anche i temi della giustizia riparativa. Una formazione da preservare da ogni tentativo di depotenziamento.
Come ormai di tradizione, salutiamo alcuni amici e maestri che l’anno appena trascorso ha portato via con sé. Addio a Ettore Scola, Ermanno Rea, Sandro Margara.
La redazione di Questione Giustizia augura a voi tutti buon 2017. Le nostre pubblicazioni riprenderanno dal 9 gennaio.