Parlare oggi di autogoverno ed in particolare del CSM, sua massima espressione, è davvero difficile. Difficile e complicato perché mai a mia memoria la magistratura ha vissuto -e per un così lungo tempo - una così profonda caduta di autorevolezza ed una perdita di credibilità, non solo all'esterno, ma al suo stesso interno. Lo scollamento tangibile tra rappresentati e rappresentanti sta portando sempre di più ciascuno di noi a rinchiudersi tra le proprie carte, tra i propri fascicoli, facendoci entrare in un circolo vizioso che si autoalimenta: la sfiducia porta al disinteresse, il disinteresse alla rassegnazione che le cose ormai non possono più cambiare, e che, comunque non cambieranno.
Ed allora, come ricostruire tutto ciò?
Personalmente ritengo che, se davvero vogliamo recuperare credibilità ed autorevolezza, sia necessario ed indispensabile innanzitutto stimolare e favorire la partecipazione dei singoli alla organizzazione del lavoro giudiziario. Lavoro giudiziario che non può e non deve esaurirsi nello studio e definizione dei processi in tempi giusti ed accettabili, esitando un "prodotto" credibile, frutto di applicazione di norme alle quali abbiamo dato una lettura costituzionalmente orientata, un’interpretazione che tenga conto degli indirizzi delle corte europee, nel costante confronto con l'evoluzione della società. Accanto a ciò è indispensabile la partecipazione di ciascuno di noi alle scelte organizzative, che tanto sono determinanti per le ricadute dirette ed immediate sulla definizione degli "affari di giustizia". Recuperare, quindi, il senso vero dell'autogoverno, e la consapevolezza che autogoverno è, anche e soprattutto, quando si organizza il proprio ruolo di udienza; anche e soprattutto, quando si organizza una sezione, si propone una variazione tabellare o un progetto organizzativo dell'ufficio. L'autogoverno non è il solo il CSM o i Consigli Giudiziari in sede distrettuale, l'autogoverno siamo noi con la partecipazione alle scelte organizzative dell'ufficio, o quando organizziamo il nostro ruolo di udienza e trattiamo, scadenzandoli in tempi diversi, gli affari assegnateci. È essere consapevoli del ruolo che ciascuno di noi ha nelle scelte organizzative, e delle ricadute che le stesse comportano non solo nella gestione degli affari, ma sulla vita dei cittadini che al giudice si rivolgono. È Politica giudiziaria nel senso più alto del suo significato: organizzazione del lavoro, insieme di regole, provvedimenti e scelte che si adottano per raggiugere gli obbiettivi, nell’unica ottica del buon funzionamento della giurisdizione e nella consapevolezza che la nostra funzione -terzo potere delle democrazie nate dalla rivoluzione francese- è una funzione al servizio del cittadino.
Recuperare questa consapevolezza significa recuperare il senso di appartenenza ad una comunità che solo con la partecipazione e con il contributo di tutti i singoli può ritrovare se stessa.
E’ questa la consapevolezza dovrà accompagnarci nelle scelte per il futuro CSM.
Un CSM che dovrà tenere la barra dritta affinché le recenti riforme non trasformino il nostro lavoro in un bieco appiattirsi sul precedente giudiziario, svilendo l'essenza della giurisdizione -ossia l'interpretazione della norma astratta per adeguarla al caso concreto- facendoci dimenticare che al di là le carte che studiamo ci sono sempre persone e non solo questioni di diritto. Adeguamento della norma, ma anche dell'organizzazione degli uffici giudiziari, alle istanze di tutela dei diritti che vengono da una società in constante cambiamento.
Un CSM che dovrà tenere la barra dritta sulle valutazioni di professionalità e sulle ricadute disciplinari: è facile infatti, estremamente facile, essere grandemente rigorosi sui ritardi nell’adozione o nel deposito dei provvedimenti (come spesso è accaduto anche nei confronti di magistrati laboriosi, ma che, tuttavia, vi sono incappati per una serie di problemi, personali, familiari, organizzativi della sezione o dell'ufficio), ed, al contrario, non esserlo parimenti rispetto a comportamenti opachi, rispetto a cadute che involgono la questione morale: cadute sul profilo di imparzialità, indipendenza e autonomia. Cadute, queste sì, che davvero danneggiano la credibilità ed autorevolezza della magistratura.
Questione morale, imparzialità indipendenza ed autonomia, che costituiscono le precondizioni per l'esercizio della funzione che svolgiamo -profilo valutativo non a caso espressamente previsto come primo nella redazione dei pareri in tema di valutazione di professionalità e in quelli per le nomine dei direttivi e semidirettivi.
Valori, questi, nei quali la magistratura trasversalmente si riconosce e si ritrova, a prescindere dalle diverse sensibilità culturali -come l'esperienza nel consiglio giudiziario di Napoli 2012-2016 mi fa confermato: nelle pratiche più delicate (siano state esse tabellari o in composizione ristretta) ho potuto constatare di persona come la affermazione e la tutela di questi valori prescinde dalla provenienza culturale di ciascuno, se ci si confronta lealmente, scevri da pregiudizi, consapevoli di svolgere e/o ricoprire ruoli istituzionali.
Il CSM che verrà dovrà necessariamente intervenire sulle fonti di conoscenza per le valutazioni di professionalità: rivedere innanzitutto la composizione del dato statistico da utilizzare nelle valutazioni, che non può più essere il dato aggregato (uno vale uno) ma dovrà essere necessariamente un dato disaggregato, per tipologia ed oggetto specifico degli affari definiti, che faccia emergere, dunque, con un approssimazione quanto più vicina alla realtà, la qualità del lavoro del magistrato in valutazione, e non solo la mera quantità. Ampliare le fonti di conoscenza anche con la realizzazione di prassi virtuose che consentano di conoscere davvero di chi e di cosa si sta parlando, magari portandosi, con organismi snelli (penso a commissioni) direttamente presso gli uffici in valutazione per acquisire, in assemblee aperte e trasparenti, elementi di conoscenza che spesso dalle carte non emergono (vuoi per poca chiarezza, vuoi per sciatteria, se non per omissioni), senza dover fare ricorso a canali personali: una esperienza simile l'abbiamo praticata in CG a Napoli, valorizzando la funzione di vigilanza propria di quell'organo, riunendoci -come commissione di vigilanza appunto- presso gli uffici, in incontri aperti a tutti i magistrati di quell'ufficio o di uno specifico settore, ogni qualvolta erano in discussione pratiche tabellari delicate o comunque di non chiara lettura.
Ampliamento delle fonti di conoscenza che valorizzi poi, e non demonizzi, il contributo essenziale dell'Avvocatura, cardine del nostro sistema costituzionale, con la quale l'interlocuzione deve essere sempre aperta e leale, sul presupposto del comune obiettivo volto a garantire il buon funzionamento degli uffici giudiziari, nell'unico interesse del servizio giustizia da rendere ai cittadini. Perché il confronto è sempre fonte di arricchimento e di crescita, come sperimentiamo ogni giorno nelle nostre aule giudiziarie, con la lettura delle norme, anche innovativa rispetto a quella consolidata, che le parti offrono al giudice, stimolandolo ad interpretazioni evolutive, e spesso a sollevare questioni di costituzionalità delle norme vigenti. Interlocuzione che, peraltro, è già da tempo in essere (come effettiva, e non come mero diritto di tribuna) per i pareri di conferma dei direttivi e semidirettivi - procedura nella quale, sin dalla riforma licenziata nel 2006/2008, è previsto espressamente il parere del COA.
Se vogliamo recuperare lo spirito costituzionale della magistratura, di quella magistratura orizzontale disegnata dal legislatore costituente, sarà necessaria poi una seria riflessione sul TU direttivi e semidirettivi. Dovranno essere massimamente valorizzate le esperienze all'interno degli uffici giudiziari, che hanno peculiarità organizzative che gli altri organismi non hanno- in quanto è necessario coniugare i tempi di definizione, che certamente devono essere tempestivi, con la tutela effettiva dei diritti, diritti che certamente non possono essere travolti o pretermessi dall'ansia dei numeri da produrre.
Se vogliamo recuperare il senso di una magistratura orizzontale l'incarico direttivo e semidirettivo deve essere visto, ma ancor di più vissuto, come un servizio da rendere all'ufficio, e non come un traguardo da raggiungere: occorrerà pertanto ragionare su come operare -magari anche riducendo la quantità di esonero dal lavoro giudiziario oggi prevista- e ciò anche alla luce della riforma appena approvata e dei decreti delegati che seguiranno. Occorrerà nel contempo vigilare con particolare attenzione a che negli uffici giudiziari non siano create corsie preferenziali ad hoc per l'acquisizione di "medagliette" da spendere per concorre per le nomine, e che, quindi, tutti gli incarichi fiduciari e di collaborazione con il dirigente dell'ufficio siano assegnati sempre in maniera trasparente previo interpello.
Recuperare l’essenza della magistratura orizzontale disegnata dal legislatore costituente imporrà di ragionare su come intervenire per arginare la crescente gerarchizzazione degli uffici -di Procura ma anche giudicanti- tenendo sempre ben presente che la magistratura è un potere diffuso, che i magistrati si distinguono solo per funzioni e che nell’esercizio delle loro funzioni sono soggetti soltanto alla legge.
Il CSM che verrà dovrà ragionare ed investire sulle priorità tabellari, recuperando un discorso iniziato da dieci anni ma rimasto a metà strada, in quanto, in assenza di interventi legislativi strutturali, e con le attuali insufficienti risorse -ad es. nelle Corti penali- tra la scure della prescrizione sostanziale e quella processuale, si rischia non solo di vanificare il lavoro fatto in primo grado, ma di non dare effettività alla giurisdizione, di non dare una risposta di giustizia ai cittadini. Ed è del tutto evidente che l'assenza di risposte da parte dello Stato che noi rappresentiamo, diventa terreno fertile per la giustizia fai da te o, peggio, per la "giustizia" amministrata dal potente o dal malavitoso di turno, favorendo chi allo Stato di diritto vuole sostituirsi.
Il CSM che verrà dovrà ragionare sulla distribuzioni delle risorse umane tra gli uffici, anche alla luce delle recenti riforme, che, con i tempi brevi della prescrizione processuale, amplifica le già gravi difficoltà ed il perenne affanno degli uffici di secondo grado, vanificando il lavoro fatto prima. L’acquisizione del dato statistico disaggregato aiuterà quindi a meglio fotografare il flusso degli affari degli uffici, ed evitare che la rivisitazione degli organici degli uffici, l’individuazione dei cluster su cui ragionare, sia legata solo al dato quantitativo/popolazione amministrata, come negli ultimi interventi di rimodulazione delle circoscrizioni giudiziarie e degli organici degli uffici.
E nell'adozione di risoluzioni per l'organizzazione degli uffici giudiziari il CSM che verrà dovrà valorizzare al massimo il contributo che l'ufficio del processo può dare agli uffici -sia pure per il limitato tempo della loro vigenza - e fare sì che -a fronte della perdurante mancanza di indispensabili interventi strutturali di sistema (depenalizzazione, revisione delle piante organiche, e segnatamente del personale amministrativo e giudiziario, implementazione della digitalizzazione ed informatizzazione etc)- nelle more siano supportati i dirigenti nell'adozione di prassi virtuose volte ad utilizzare al meglio le poche risorse disponibili. Dovrà spingere l'acceleratore sulla informatizzazione del processo penale, per la digitalizzazione degli atti, per il dialogo informatico tra uffici, stimolando il Ministero all'adozione dei relativi provvedimenti, non essendo più accettabile che, nell'era del digitale, si debba rischiare di non poter pubblicare le sentenze per mancanza di carta o toner, quando sarebbe sufficiente validare con firma certificata un documento nativo digitale -così come avviene oramai da anni in ambito civile.
Attenzione peculiare andrà riservata alla magistratura onoraria, componente essenziale per il funzionamento di alcuni settori (penso alla gestione e trattazione dei cd affari "minimonocratici" sia in procura che a dibattimento, o agli affari i giudici ausiliari in appello civile, o anche al contributo dato per la composizione dei collegi penali nei tanti uffici privi di copertura dell’organico tabellato), magistratura onoraria senza l'apporto della quale alcuni diritti rischierebbero di rimanere privi di tutela
Per recuperare autorevolezza e credibilità, dobbiamo quindi essere, tutti, il cambiamento che vogliamo, e contribuire fattivamente ad esso, ciascuno nell’ambito del proprio ruolo, riacquistando il senso di appartenenza ad una comunità che ha l’altissima responsabilità della tutela effettiva dei diritti.