Come dice David Grossman “C’è un momento in cui si compie un piccolo passo, si devia di un millimetro dalla solita via, a quel punto si è costretti a posare anche un secondo piede e d’un tratto si finisce su un percorso sconosciuto.”
Così avviene nell’equilibrio tormentato delle due gemelle Dasy e Viola due gemelle siamesi unite al bacino belle e canterine portatrici di un immagine che ha il fascino un po’ onirico di un quadro di De Chirico quando le due appaiono, fasciate in una sorta di tunica pieghettata colore di argento, sulla sabbia sconvolta dal degrado di Castevolturno.
Le rive del fiume e la spiaggia ingombra di ogni genere di rifiuto ed oggetto dismesso diventano anch’esse protagoniste come luogo piegato e sconfitto da un degrado ineluttabile che è lo stesso dei personaggi e, primi fra tutti, dei genitori delle inseparabili.
Questi adulti, la madre ignara e dolente e il padre musclé e avido sono quegli stessi che esibiscono la malformazione delle gemelle alle comunioni inguardabili delle figlie di qualche potente locale o facendole cantare alle fiere di paese.
Le gemelle brave e sensibili, sempre in bilico sulla catastrofe, sono costrette ad interpretare le canzoni scritte dal padre sfruttatore che diviene, suo malgrado, musa involontaria della ribellione delle due, le quali dall’indimenticabile canzone “Drin Drin “cornucopia universale di cultura telefonico-cellulare, sono liricamente traghettate verso un’umanità loro negata. Così, prima attraverso la musica di Janis Joplin, poi in un’ansia di libertà non più rinviabile, fuggono inseguendo il sogno possibile di un’operazione chirurgica che le possa separare e restituire ad un’altra e più dignitosa esistenza.
Il tema del doppio è sempre pieno di fascinazione, pensiamo al film Inseparabili (Dead Ringers) di David Cronenberg, e qui, ancora i gemelli c’intrigano, specialmente quando il doppio s’ intreccia con il tema del successo e dei simulacri, o meglio, delle copie che falsificano la realtà, quelle che fanno scomparire la vera immagine per sostituirla con un’altra irreale e manipolata, vero dramma della modernità, tema che ritorna nel film anche nelle immagini pagane della processione delle gemelle trasformate in martiri da un prete inquietante e viscido.
Nel godibile parterre del film troviamo, perciò, la copia casertana di Amy Winehouse, le gemelle di Diane Arbus, un nano e qualche altro essere deforme, tutte imbarcate sulla navicella Tortuga, dove il nocchiero è il turpe impresario che tenta di sedurre una delle indivisibili.
La barca, in un’atmosfera da Divina Commedia, naviga sul Volturno, carica di vizi e d’inquietanti presenze di copie abborracciate di una collezione mortifera alla quale le gemelle, con caparbio talento, si sottrarranno con un gesto disperato che le affranca dalla promessa di un successo oscuro somministrato con il viatico della loro somiglianza con Anna Tatangelo, miraggio possibile, ma compromettente e oscuro come la promessa mefistofelica al dottor Faust.
Anche da questa realtà un po’ oscena fuggono le inseparabili, capaci di gesti estremi e liberatori.
Risa e lacrime ..si ride, si balla e si strimpella, così come si piange (William Thackeray) e ci si riscatta nella grande commedia.
Assolutamente da vedere, in dialetto con sottotitoli e musica di Enzo Avitabile.