Magistratura democratica
Osservatorio internazionale

L’attività del Consiglio d’Europa in materia di giustizia, i Consigli consultivi dei giudici e dei p.m. e l’associazionismo giudiziario

di Raffaele Sabato
Giudice della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo Già membro del CCJE

Il Consiglio Consultivo dei Giudici Europei - CCJE ha dedicato il suo parere annuale all’associazionismo giudiziario e al suo ruolo nell’autogoverno e nell’attuazione dello stato di diritto. Un commento di Edmondo Bruti Liberati lo illustra e lo contestualizza nelle vicende dell’associazionismo italiano. Raffaele Sabato ci ricorda il ruolo del Consiglio d’Europa e dei suoi organi nella costruzione degli standard europei in materia di giustizia

1. È impossibile una sintesi dell’attività del Consiglio d’Europa in materia di giustizia: tale organizzazione internazionale, sin dall’inizio della sua attività dopo la costituzione nel 1949, si è occupata della giustizia quale elemento essenziale della democrazia, interagendo con - e precorrendo – la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, attiva dal 1959.

2. Pur volendo limitare l’ambito al solo tema dell’associazionismo giudiziario, il compito ugualmente non è semplice: il principio VI della Raccomandazione R(94)12 «sull’indipendenza, l’efficacia e il ruolo dei giudici», che ha costituito per un quindicennio l’asse portante dei lavori del Consiglio d’Europa in materia, riconosceva inequivocamente che «i giudici devono essere liberi di formare associazioni che, autonomamente o in concorso con un altro organismo, abbiano il compito di tutelare la loro indipendenza e proteggere i loro interessi». E furono le associazioni dei magistrati a livello europeo, convocate presso il Consiglio d’Europa, a partecipare ai lavori che nel 1998 portarono all’adozione della Carta Europea sullo Statuto del Giudice, che – come emerge dal memorandum esplicativo (§ 1.7.) – «riconosce il ruolo delle associazioni professionali formate da giudici, alle quali tutti i giudici hanno il diritto di aderire liberamente, il che preclude ogni forma di discriminazione nel diritto di aderirvi. Sottolinea inoltre che tali associazioni contribuiscono in particolare alla tutela dei giudici ...».

3. A partire dal 2000, come se in quell’anno fosse terminata la prima tappa di un’elaborazione, si assiste uno sviluppo: il Consiglio d’Europa costituiva il Consiglio consultivo dei giudici europei (CCJE) e, di lì a poco (nel 2005), quello dei procuratori europei (CCPE). Con il compito di fungere da organismi di consultazione per il Comitato dei ministri ai fini del rafforzamento del ruolo delle magistrature, essi avrebbe dovuto emanare Pareri (oggi assai numerosi e istruttivi), relazionandosi anche alle magistrature degli Stati membri con cui interagivano in vario modo. Non sfugge il fatto che il mandato di tali organismi abilitava espressamente le associazioni dei magistrati a osservare i lavori, ciò che storicamente e assiduamente poi è avvenuto, contribuendo le varie associazioni non solo ai lavori sui “Pareri”, ma anche quali “cani da guardia” circa l’indipendenza e l’autonomia della funzione giudiziaria e, così, fornendo impulsi sia per le risoluzioni in occasioni di attacchi sia per i Rapporti sulla situazione delle magistrature degli Stati membri, periodicamente presentati al Comitato dei Ministri a far tempo dal 2017, su richiesta del Segretario generale del Consiglio d’Europa.

4. Una seconda tappa si compiva esattamente un decennio dopo, quando nella data del 17 novembre del 2010 (decimo anniversario dell’esistenza del CCJE), venivano emesse contemporaneamente sia la nuova  Raccomandazione  CM/Rec (2010) 12 «sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità», sia la Magna Carta dei giudici (principi fondamentali), un testo di sintesi delle principali conclusioni dei Pareri già adottati dal CCJE, di cui già il Vertice dei capi di stato e di governo di Varsavia del 2005 aveva raccomandato di fare “buon uso”. Entrambi i testi facevano registrare affermazioni tanto più importanti in relazione all’epoca in cui erano formulate, di significativa contrapposizione tra politica e magistratura in vari paesi. Si trattava di principi a tutela dell’indipendenza della magistratura anche requirente, posto che nell’art. 11 della Magna Carta si menzionava che lo “statuto di indipendenza” del p.m. è elemento essenziale dello Stato di diritto realizzato attraverso la magistratura giudicante parimenti indipendente. I due testi definitivamente inserivano nel panorama della giustizia europea il ruolo, invocato da sempre dall’associazionismo  giudiziario, riconosciuto sia nella Magna Carta che nella Raccomandazione, dei Consigli superiori della magistratura (e, nell’ambito delle loro competenze, delle “pratiche a tutela” – v. paragrafo 8 della Raccomandazione, che ipotizzava in alternativa una competenza accertativa della lesione all’indipendenza in sede giudiziaria). L’art. 12 della Magna Carta ribadiva il diritto all’associazionismo giudiziario.

5. La terza tappa si compie forse oggi, nel 2020, decorso un ulteriore decennio: un decennio costellato da:

- attacchi all’indipendenza di giudici e p.m., puntualmente rilevati in sede di Rapporti del CCJE al Comitato dei ministri;

- una sempre maggiore influenza delle elaborazioni biennali della Commissione europea per l’efficienza della giustizia (CEPEJ), costituita a Strasburgo a corredo dei Consigli consultivi, a fronte dell’accrescersi – anche a seguito di importanti pronunce della CEDU – del problema della prontezza e della qualità dei procedimenti giudiziari;

- la traslazione dal Consiglio d’Europa verso l’Unione Europea, dopo l’allargamento, di numerosi “dossier” la cui nascita era avvenuta a Strasburgo, concernenti aspetti talora assai delicati (tra questi, ad es. il Justice Scoreboard predisposto annualmente dalla Commissione, a somiglianza dei Rapporti CEPEJ; numerosi provvedimenti normativi UE in tema di giustizia; pronunce della Corte di giustizia che, proprio nel 2019-2020, hanno riprodotto ed esteso importanti acquisizioni giurisprudenziali CEDU in tema di indipendenza e imparzialità delle magistrature; nonché di recente, dopo procedure della Commissione di cui all’art. 7, para. 1, del trattato UE, la comunicazione della stessa Commissione del 30 settembre 2020 - COM/2020/580 final - denominata “Rapporto sullo Stato di diritto”). Tale traslazione si è verificata, per così dire, anche in maniera spontanea, laddove l’elaborazione di standard è stata intrapresa – per quanto concerne l’indipendenza della giustizia – anche dalla Rete europea dei consigli di giustizia (ENCJ), costituita a Roma nel 2004 tra i CSM o equivalenti dei Paesi UE con il significativo apporto del CSM italiano.

6. Il compimento di questa tappa è marcato, oltre che da altri segnali (si pensi – oltre alle sentenze e alla comunicazione della Commissione predette in ambiente UE - all’importanza giuridica della pur infondata, almeno a livello di violazione del diritto UE, azione intentata dall’Associação Sindical dos Juízes Portugueses, nonché in generale al ruolo rivestito da raggruppamenti giudiziari in Turchia e in Polonia) dall’attesa a Strasburgo per la sentenza della Grande Camera della CEDU (annunciata per il 1 dicembre 2020) nel caso Guðmundur Andri Ástráðsson contro Islanda e dall’adozione, in data 6 novembre 2020, del più recente parere del CCJE sul «ruolo delle associazioni dei magistrati a sostegno dell'indipendenza giudiziaria», con cui si invitano gli Stati membri a fornire un quadro entro il quale il diritto dei giudici di associarsi possa essere efficacemente esercitato e ad astenersi da qualsiasi intervento che possa ledere l'indipendenza delle associazioni dei giudici. Tema questo cui è dedicato questo speciale di Questione giustizia online meritoriamente pensato nel momento in cui, almeno nel nostro paese, di associazionismo giudiziario si parla spesso in termini ingiustamente negativi.

27/11/2020
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Soltanto il rigorosamente verificato difetto di questi requisiti, e non altri sintomi esteriori quali le convinzioni personali rimaste ai margini del provvedimento, si rivela indice affidabile e consentito dell'avvenuta delusione dell'aspettativa collettiva di un'amministrazione imparziale della Giustizia, anche sotto l'aspetto dell'apparenza.

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