Come è noto, in caso di mancata definizione del giudizio all’udienza di comparizione predibattimentale (con scelta di riti alternativi o con emissione della sentenza di non luogo a procedere per prognosi negativa in relazione alla ragionevole prognosi di condanna), il giudice deve fissare udienza per la prosecuzione del giudizio davanti ad un giudice diverso (art. 554-ter, comma 3, c.p.p.).
Come prevedibile, le scoperture degli organici non sempre consentono di rispettare la previsione dettata dal codice di rito, soprattutto negli uffici di piccole dimensioni.
È quanto avvenuto al Tribunale di Siena: il giudice dell’udienza predibattimentale ha disposto la prosecuzione del giudizio davanti ad un giudice diverso. Tuttavia, la temporanea indisponibilità del giudice designato (il giudice diverso) ha reso necessaria l’adozione di un provvedimento di supplenza da parte del Presidente del Tribunale, che ha assegnato al giudice supplente l’intero ruolo del giudice in origine designato.
Sennonché, il giudice individuato come supplente del giudice originariamente designato era proprio il giudice che aveva già celebrato l’udienza predibattimentale; ossia proprio il giudice che, dopo avere avuto accesso agli atti del fascicolo del pubblico ministero, aveva formulato la «ragionevole previsione di condanna» che aveva giustificato la prosecuzione del giudizio davanti al giudice diverso.
In tale situazione, il Tribunale di Siena – consapevole di non potersi qualificare «giudice diverso» rispetto al giudice dell’udienza di comparizione predibattimentale – ha individuato una lacuna nell’ordinamento, non rinvenendo rimedi processuali per rispettare la previsione codicistica.
In questa prospettiva, il Tribunale di Siena, dopo avere rilevato che in simili casi non può entrare in gioco lo strumento dell’astensione, ha evidenziato che il giudice del “predibattimento” è giudice che ha compiuto una valutazione “di merito” sulla consistenza dell’ipotesi d’accusa; una situazione che, in qualche modo, ne pregiudica la terzietà, con possibile lesione per il diritto di difesa. In altri termini, la situazione è sostanzialmente sovrapponibile a quella che si registra nella sequenza procedimentale che si determina tra GUP e giudice dibattimentale.
Sennonché, mentre il codice di rito codifica esplicitamente un’ipotesi di incompatibilità tra giudice dell’udienza preliminare e giudice dibattimentale (art. 34, comma 2, c.p.p.), analoga previsione di incompatibilità non si rinviene per la sequenza procedimentale che si innesca tra udienza di comparizione predibattimentale e udienza dibattimentale.
La lacuna è probabilmente legata al fatto che la legge delega non attribuiva il potere di introdurre ipotesi di incompatibilità; lacuna che il legislatore delegato non ha ritenuto di poter sanare usando i poteri di coordinamento previsti dall’art. 1, comma 3, legge n. 134/21; lacuna che, a sua volta, il Tribunale di Siena ha ritenuto di non poter colmare in via analogica, ritenendo doveroso investire della questione la Corte costituzionale, sollecitando l’emissione di una sentenza additiva che intervenga sul testo dell’art. 34 c.p.p..
I parametri costituzionali evocati nell’ordinanza di rimessione sono quelli ordinariamente evocati nella giurisprudenza costituzionale stratificatasi sull’art. 34 c.p.p.: il principio di ragionevolezza (in relazione alla analoga situazione prevista per il GUP, diversamente regolata); il diritto di difesa (art. 24, co. 2, Cost.), il diritto al giusto processo, davanti ad un giudice terzo e imparziale (in quanto “non pregiudicato” da decisioni assunte in fasi pregresse; art. 111, co. 2, Cost.); oltre a tali parametri, nell’ordinanza ci si diffonde anche sulla lesione dell’art. 117, comma 1, Cost., valorizzando come parametri l’art. 6, § 1, Conv. Edu (fair trial) e l’art. 14, § 1, del Patto internazionale sui diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966.