Magistratura democratica
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Ospiti delle RSA e consenso alla vaccinazione anti Covid-19: un percorso ad ostacoli?

di Francesco Spaccasassi
già presidente di sezione del tribunale di Padova

L’articolo 5 del decreto legge n. 1 del 5 gennaio 2021 disciplina la manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid-19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite. Si tratta di verificare se la complessa e minuziosa normativa sia riuscita a coniugare le esigenze di celerità nella somministrazione del vaccino con le garanzie per i ricoverati sotto il profilo della tutela della loro salute e dell’espressione del consenso.

Premessa

I numerosi casi di contagio e di decessi tra gli ospiti delle case di riposo ha indotto il Ministero della salute a dare la priorità nella vaccinazione ai ricoverati nelle RSA[1] (residenze sanitarie assistite) ed il governo ha disciplinato con decreto - legge i frequenti casi in cui gli ospiti non sono in grado di autodeterminarsi al riguardo. Il decreto legge[2] n. 1 del 5 gennaio 2021 all’art. 5 disciplina la Manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid-19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite.

Si tratta di una norma con una analitica e meticolosa disciplina[3] del consenso e di non felice formulazione che può determinare, anche per le possibili diverse interpretazioni, il rischio di una “burocratizzazione” di tutta la procedura relativa al consenso informato da parte dei soggetti incapaci[4].

Poiché molti ospiti ricoverati presso le RSA non sono in condizioni, per le patologie e le fragilità che li affliggono, di esprimere un valido consenso al trattamento vaccinale la tempestività del decreto legge risulta senz’altro apprezzabile nel tentativo di velocizzare i tempi, tutelare la salute della persona ricoverata, contemperare eventuali divergenze dei soggetti coinvolti, prevedere l’intervento del giudice tutelare nelle situazioni di criticità, conferire certezze alle strutture sanitarie e agli operatori a vario titolo coinvolti nella vaccinazione.

Occorre tuttavia verificare se tale intento si sia poi in concreto tradotto in un testo che preveda una procedura che coniughi celerità e garanzie per il paziente sotto il profilo della tutela della sua salute, del rispetto della sua dignità ed ove possibile della sua volontà[5].

Gli ospiti delle menzionate strutture possono suddividersi in quattro categorie: coloro che sono in grado di esprime un valido consenso in quanto la loro menomazione è solo di tipo fisico; coloro che hanno un tutore , un curatore o un amministratore di sostegno; coloro che pur trovandosi in una condizione di incapacità naturale sono privi di tutore, curatore o amministratore di sostegno; coloro che hanno nominato un fiduciario ai sensi dell’art. 4 della legge 22 dicembre 2017 n. 219 sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento.

A voler semplificare, la grossa distinzione tra gli ospiti incapaci è tra chi ha un tutore, curatore o amministratore di sostegno e chi ne è privo, con una evidente criticità in quest’ultima categoria in quanto l’ospite non può esprimere un valido consenso e non vi è, giuridicamente, alcun altro che possa esprimerlo per lui.

Senza le disposizioni del decreto legge n. 1 del 2021 i vari casi avrebbero dovuto essere risolti sulla base delle disposizioni di cui alla legge 219 del 2017 sul consenso informato: per l’interdetto il consenso è dato dal tutore; per il beneficiario provvede l’amministratore di sostegno purché la sua nomina preveda l'assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario; l’inabilitato esprime il consenso da sé. Sarebbero rimasti privi di rappresentanza gli incapaci naturali per i quali è stato prospettato, data la situazione di emergenza, che avrebbero potuto provvedere  il medico e i componenti dell'equipe sanitaria che devono assicurare le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla[6]. Invero, la norma invocata presuppone una situazione di particolare gravità connotata da emergenza e urgenza, requisiti questi che nel caso della pandemia Covid -19 non sussistono sul piano della salute individuale ma solo sotto il profilo della sanità pubblica al fine di ridurre e azzerare la pandemia attraverso una diffusa e capillare campagna vaccinale. 

I diffusi richiami che l’art. 5 del decreto legge n. 1 del 2021 fa alla legge 219 del 2017 induce a ritenere che quest’ultima rimanga la norma di riferimento tranne che per gli incapaci naturali per i quali è stata dettata una analitica disciplina per colmare un vuoto che sarebbe stato problematico riempire con il solo richiamo ai doveri del medico nelle situazioni di emergenza e di urgenza.

Va altresì rilevato che il decreto legge disciplina la manifestazione del consenso al trattamento vaccinale escludendo qualsiasi forma di obbligatorietà che pure sarebbe possibile in base all’art. 32 della costituzione[7]

 

Il tutore, il curatore e l'amministrazione di sostegno

Il primo comma dell’articolo 1 del decreto - legge n. 1 del 2021 dispone che le persone incapaci ricoverate presso strutture sanitarie assistite, comunque denominate, esprimono il consenso al trattamento sanitario per le vaccinazioni anti Covid-19 a mezzo del relativo tutore, curatore o amministratore di sostegno, ovvero del fiduciario di cui all'articolo 4 della legge 22 dicembre 2017, n. 219. Il tutore deve sentire l’interdetto ove possibile e decidere in funzione della tutela della salute psicofisica di quest’ultimo nonché della vita dello stesso nel pieno rispetto della sua dignità ( art. 3 comma 3 legge 219). Anche l’amministratore di sostegno che abbia l’assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva deve tener conto della volontà del beneficiario in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere (art. 3 comma 4 legge 219).

Del tutto incomprensibile è la previsione del decreto legge in esame secondo cui per l’inabilitato esprime il consenso o il rifiuto il curatore laddove la chiara disposizione dell’art. 3 della legge n. 219 prevede che il consenso informato della persona inabilitata è espresso dalla medesima persona inabilitata. 

E’ ragionevole supporre che si tratti di una svista del legislatore o comunque di un evidente difetto di coordinamento. La lettera del decreto legge è comunque chiara per cui dovrà essere il curatore a dare il consenso o a rifiutarlo ma per il combinato disposto con il già citato articolo 3 della legge n. 219 il curatore sarà il mero comunicatore di una volontà espressa dall’inabilitato. A meno che non si voglia sostenere che non si tratti di una svista del legislatore ma di una voluta e consapevole disposizione che ha come sua ratio una semplificazione e velocizzazione dei tempi di decisione per cui tutore, curatore e amministratore di sostegno, e per quest’ultimo indipendentemente se abbia o meno la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, ai soli fini del consenso vaccinale anti Covid - 19 hanno la rappresentanza ex lege dell’interdetto, dell’inabilitato e del beneficiario. 

Una tale interpretazione sarebbe del tutto irragionevole e di dubbia costituzionalità poiché priverebbe il beneficiario con sole patologie fisiche e perfettamente capace di intendere o di volere di determinarsi autonomamente e insindacabilmente. Oltre al rilievo che si creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento con quei beneficiari che si trovano nelle medesime condizioni ma che non sono ricoverati in una RSA. Pertanto, qualora l’amministratore di sostegno sia privo dell’assistenza o della rappresentanza sanitaria, scelta questa evidentemente riconducibile ad una ponderata valutazione del giudice tutelare, a decidere sul trattamento vaccinale deve essere solo il beneficiario. A meno che successivamente alla data della nomina dell’amministratore di sostegno siano mutate le condizioni psicofisiche del beneficiario e in tal caso sarà onere dell’amministratore di sostegno chiedere un ampliamento dei poteri che gli consentano anche la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario.

 

Le persone prive di tutore e di amministratore di sostegno

Il secondo comma dell’art. 5 disciplina il caso del ricoverato incapace di intendere o di volere privo di tutore, curatore, fiduciario o amministratore di sostegno o se presenti non risultano reperibili per 48 ore. In tal caso la funzione di amministratore di sostegno ai soli fini della prestazione del consenso al trattamento vaccinale è assunta dal direttore sanitario della residenza sanitaria assistita (RSA), o della analoga struttura comunque denominata, o in difetto dal responsabile medico della stessa RSA in cui la persona incapace è ricoverata. Qualora la struttura non abbia un direttore sanitario o un responsabile medico[8] le funzioni di amministratore di sostegno per le già menzionate finalità sono svolte dal direttore sanitario della ASL territorialmente competente sulla struttura o da un suo delegato ( d’ora in poi ogniqualvolta si menziona il direttore sanitario ci si riferisce anche al responsabile medico della struttura o direttore sanitario della USL).

E’ la stessa legge, quindi, a prevedere ed individuare un amministratore di sostegno ad acta con il solo scopo di svolgere le attività propedeutiche, indicate nell’articolo 5, e di esprimere o negare il consenso al trattamento vaccinale. 

Il direttore sanitario dovrà: 

- sentire, quando già noti, il coniuge, la persona parte di unione civile o stabilmente convivente o, in difetto, il parente più prossimo entro il terzo grado; 

- accertare che il trattamento vaccinale è idoneo ad assicurare la migliore tutela della salute della persona ricoverata; 

- esprimere in forma scritta, ai sensi della legge 22 dicembre 2017, n. 219, il consenso alla somministrazione del trattamento vaccinale anti Covid-19 e dei successivi eventuali richiami; 

- darne comunicazione al dipartimento di prevenzione sanitaria competente per territorio;

- in caso di dissenso del coniuge o del parente più prossimo potrà ricorrere al giudice tutelare ai sensi dell’art. 3 comma 5 della legge n. 219 del 2017 per essere autorizzato ad effettuare comunque la vaccinazione; 

- in caso di irreperibilità o indisponibilità dei parenti più prossimi esprime il consenso alla vaccinazione che unitamente alla documentazione comprovante i presupposti di legge comunicherà immediatamente, anche tramite posta elettronica certificata, ai fini della convalida, al giudice tutelare competente per territorio sulla struttura.

Va precisato che il direttore sanitario non potrà mai esprimere il consenso alla vaccinazione in difformità dalla volontà dell’interessato se debitamente espressa ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge n. 219 del 2017 o, in difetto, dalla volontà dei parenti più prossimi. Di contro, al consenso conforme consegue la immediata e definitiva efficacia dello stesso.

 

Rapporti tra amministratore di sostegno nominato e direttore sanitario
 
Una non chiara formulazione letterale del comma 3 («il soggetto individuato ai sensi dei comma 1 e 2…») potrebbe indurre a ritenere che il tutore e l’amministratore di sostegno nominato siano tenuti ad effettuare le stesse attività del direttore sanitario, in particolare sentire il coniuge ed i parenti prossimi con tutte le conseguenze che ne derivano (adire il giudice tutelare in caso di dissenso; in caso di irreperibilità, comunicare al giudice il consenso ai fini della convalida, ecc.).
 
Tale equiparazione comporterebbe per tutti quegli ospiti che già hanno un tutore o un amministratore di sostegno con assistenza necessaria o rappresentanza esclusiva un inutile e incomprensibile appesantimento procedurale, foriero di intralci e ritardi, che peraltro esproprierebbe il rappresentante della pienezza dei suoi poteri in larga parte attribuiti al direttore sanitario.
 
Preliminarmente va rilevato che la stessa formulazione letterale non autorizza a ritenere che il richiamo di cui si è detto sia riferito a tutori, curatori, amministratori di sostegno, fiduciari e direttori sanitari o suoi sostituti. Il testo non è inequivoco come se menzionasse “i soggetti di cui ai commi 1 e 2” ma il riferimento è al «soggetto individuato» (singolare) dall’insieme dei commi 1 e 2 ove la individuazione ex lege è esplicitata solo nel secondo comma mentre nel primo i soggetti ivi indicati sono già stati individuati dal giudice ( o dall’interessato in caso di fiduciario) nel decreto di nomina. E’ quindi solo il secondo comma che ha carattere prescrittivo (…il direttore sanitario assume…).
 
Ma al di là del dato letterale vi è anche una interpretazione sistematica che fa propendere per un articolo 5 che, tranne che per il primo comma, riguarda solo gli ospiti delle RSA che si trovino in stato di incapacità naturale e siano privi di tutore, curatore, amministratore di sostegno o fiduciario o che gli stessi non siano stati reperibili nell’arco di 48 ore.
 
In conformità all’art. 408 c.c., in particolare nelle famiglie accudenti, la scelta dell’amministrazione di sostegno cade proprio sul coniuge o sui figli per cui ha poco senso ( se non per il direttore sanitario) una previsione generalizzata di consultazione degli stessi quando l’amministratore di sostegno è proprio il coniuge o il figlio. Ipotizzando un amministratore di sostegno estraneo alla rete familiare, in caso di dissenso del coniuge o di un parente prossimo l’ADS sarebbe espropriato di qualsivoglia attività o iniziativa e dovrebbe comunicare il rifiuto al direttore sanitario, il solo legittimato, peraltro discrezionalmente («può»), ex comma 4 a ricorrere al giudice tutelare. Anche in base al comma 5 in caso di irreperibilità o indisponibilità dei parenti il solo legittimato a richiedere la convalida al giudice tutelare sarebbe il direttore sanitario ( o suoi sostituti) per cui anche in questo caso l’Amministratore di sostegno nominato dovrebbe rimettere tutto nelle mani del menzionato direttore che peraltro sarebbe, insieme all’interessato, il solo destinatario del decreto di convalida. Per semplificare, ma al fine di vederne le complicazioni, un amministratore di sostegno che sia figlio del beneficiario vedovo e che abbia un fratello contrario al vaccino dovrebbe rimettere il tutto nelle mani del direttore sanitario della ULS se la struttura sanitaria che ospita il padre non abbia un suo direttore.
 
In sostanza, vi sono ragioni letterali e sistematiche per ritenere che le articolate attività di cui all’art. 5, che complicano e ritardano, si riferiscono al solo caso in cui manchi o non sia reperibile l’amministratore di sostegno (o il tutore, curatore o fiduciario) nominato, circostanza questa meritevole di attenzione, cautela e garanzie. La situazione di un ospite che abbia un amministratore di sostegno e quello di chi ne sia privo è radicalmente differente. Nel primo caso la nomina è conseguente ad un procedimento che vede coinvolti i parenti fino al quarto grado, la nomina è effettuata dal giudice con l’analitica indicazione dei poteri dell’amministratore, periodicamente quest’ultimo deve riferire al giudice circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario (art. 405 c.c.c). La situazione del beneficiario è quindi nota all’amministratore di sostegno e al giudice. Nel secondo caso le condizioni dell’ospite potrebbero essere le più varie (rete familiare presente e accudente, assenza di rete familiare, rete familiare inadeguata o litigiosa, coinvolgimento o meno del servizio sociale, coinvolgimento dei servizi psichiatrici, tempo di permanenza nella struttura, ragioni dell’ingresso nella struttura, ecc.) e non sono note al giudice tutelare per cui si giustifica il coinvolgimento del coniuge e dei parenti entro il terzo grado il cui consenso o dissenso alla vaccinazione è di particolare rilevanza. 


 
Il ruolo dei familiari
 
Di regola, in base all’art. 1 della legge 219 del 2017 nella relazione di cura sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell'unione civile o il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo. 
Per gli ospiti delle RSA incapaci e privi di rappresentanza il direttore sanitario deve sentire, se già noti, il coniuge, la persona parte di unione civile o stabilmente convivente o, in difetto, il parente più prossimo entro il terzo grado. Si tratta di un ordine di graduazione per cui va sentito il solo coniuge o la persona parte di unione civile e solo in difetto (vedovanza, divorzio, interdizione, incapacità naturale) si procede con il parente più prossimo entro il terzo grado. E’ da ritenere che, nel caso in cui vi siano più parenti dello stesso grado (ad esempio più figli) e i pareri siano difformi, il direttore sanitario, valutate le ragioni addotte, potrà ricorrere al giudice tutelare ex art. 5 comma 4 del decreto legge in esame[9]
L’amministratore di sostegno nominato che ha la rappresentanza esclusiva non è obbligato a sentire i familiari sopra specificati anche se, specie nel caso di ADS estraneo alla rete familiare, potrà valutare caso per caso, ed in particolare ove i familiari sono attenti e accudenti, o in un contesto litigioso, la opportunità di sentirli. Né, come invece lo è per il direttore sanitario, è ostativo un eventuale dissenso pur essendo opportuno che lo stesso comunichi la sua determinazione ( alla vaccinazione o al rifiuto) al familiare dissenziente affinché lo stesso possa eventualmente, e d’urgenza, rivolgersi al giudice tutelare ai sensi dell’art. 410 comma 2. Qualora l’amministratore di sostegno o il tutore assecondi il rifiuto del o dei familiari, o anche solo di uno di loro in caso di parenti dello stesso grado, il ricorso al giudice potrà essere proposto anche da un familiare, dal medico curante o dal rappresentante legale della struttura sanitaria qualora ritenga che la vaccinazione sia appropriata e necessaria ( articolo 3 comma 5 legge n. 219 del 2017).
 
 
Il giudice tutelare
 
L’art. 5 del decreto legge n. 1 del 2021 prevede l’intervento del giudice tutelare nel caso di ricoverato non capace di intendere o di volere e su iniziativa del direttore sanitario:
 
- quando il coniuge o uno o più dei parenti prossimi entro il terzo grado abbia espresso il dissenso alla vaccinazione (ricorso non obbligatorio ma facoltativo ai sensi dell’art. 3 comma 5 della legge n. 219 del 2017;
- quando non sia stato possibile sentire i medesimi parenti per irreperibilità o indisponibilità; in tal caso il consenso va comunicato immediatamente anche tramite posta certificata, al giudice tutelare unitamente alla documentazione comprovante: lo stato di incapacità naturale; l’idoneità del trattamento vaccinale ad assicurare la miglior tutela della salute della persona ricoverata; la irreperibilità o indisponibilità del coniuge o dei parenti prossimi.
 
In quest’ultimo caso il giudice tutelare, entro quarantotto ore dal ricevimento degli atti, convalida il consenso espresso dal direttore sanitario , o la denega, previ eventuali accertamenti qualora dagli atti non emerga che sia stato accertato l’idoneità del trattamento vaccinale a migliorare la tutela della salute della persona ricoverata. Il decreto di convalida o non convalida è immediatamente esecutivo e va comunicato, entro le successive quarantotto ore, a mezzo di posta certificata, al direttore sanitario della struttura ove la persona è ricoverata. Decorse le quarantotto ore senza che sia stato comunicato il decreto del giudice tutelare il consenso espresso si considera convalidato e si può procedere alla vaccinazione non avendo nessun effetto qualsivoglia provvedimento del giudice tutelare che sia comunicato successivamente.
 
Il comma 10 dell’art. 5 prevede due ulteriori ipotesi di ricorso al giudice tutelare. Il primo caso è quello del rifiuto alla somministrazione del vaccino che se è riferito al direttore sanitario è di difficile comprensione poiché non dovrebbe essere questi ad effettuare la vaccinazione ma il personale sanitario a ciò deputato. E’ plausibile ritenere che il rifiuto sia riferito a questi ultimi, ad esempio perché ritengono che nonostante il consenso prestato vi sono controindicazioni al trattamento vaccinale. In ogni caso il ricorso al giudice tutelare è proposto dal coniuge, dalla persona parte della unione civile, o stabilmente convivente, o dai parenti fino al terzo grado. Il secondo caso è riferito al mancato consenso del direttore sanitario ai sensi del comma 5, dunque quando siano irreperibili i familiari. Ad essere legittimati sono proprio quei familiari ritenuti irreperibili o indisponibili che evidentemente tali non erano o che si siano palesati e manifestati successivamente.
 

Conclusioni
 
L’art. 5 del decreto legge n. 1 del 2021 ha il pregio di aver disciplinato il consenso al trattamento vaccinale delle persone ricoverate nelle RSA, ed in particolare di quelle incapaci di intendere o di volere e prive di tutore, curatore, amministratore di sostegno e fiduciario, evitando in tal modo che per questi non si faccia luogo alla vaccinazione o la si somministri con ritardo rispetto agli altri ospiti.
 
Il testo del comma citato, anche per la complessità della materia e la varietà dei casi, presenta in alcuni punti delle ambiguità letterali foriere di opposte interpretazioni con la conseguenza che l’articolata disciplina ivi prevista, pertinente e funzionale nei casi in cui l’ospite è incapace e privo di rappresentanza, si estenda immotivatamente anche agli ospiti che hanno un tutore, curatore, amministratore di sostegno o fiduciario coinvolgendo questi ultimi in attività e procedure prive di una reale utilità e beneficio del ricoverato, peraltro con una complicata sovrapposizione e intersecazioni di procedure e ruoli.
 
Per gli ospiti muniti di rappresentanza sanitaria il testo di riferimento resta la legge n. 219 del 2017 sul consenso informato esplicitamente richiamata dal comma 1 dell’art. 5 del decreto legge in esame. Tutti gli altri commi del citato articolo 5 disciplinano il caso dell’ospite che sia privo di rappresentanza prevedendo attività e procedure, in un contesto caratterizzato da una particolare urgenza, che consentono agli stessi di fruire in tempi rapidi di un trattamento vaccinale nel rispetto, ove possibile, della loro volontà, con il coinvolgimento dei familiari, del direttore sanitario della struttura e del giudice tutelare in caso di conflittualità. 

 
[1] Ministero della salute - Vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 PIANO STRATEGICO, pag. 6: «Residenti e personale dei presidi residenziali per anziani. Un'elevata percentuale di residenze sanitarie assistenziali (RSA) è stata gravemente colpita dal COVID-19. I residenti di tali strutture sono ad alto rischio di malattia grave a causa dell’età avanzata, la presenza di molteplici comorbidità, e la necessità di assistenza per alimentarsi e per le altre attività quotidiane. Pertanto, sia la popolazione istituzionalizzata che il personale dei presidi residenziali per anziani devono essere considerati ad elevata priorità per la vaccinazione». https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/dettaglioAtto?id=58669&completo=true. Per una puntuale critica alla tendenza ad “amministrativizzare” le questioni poste dall’epidemia si veda N. ROSSI, Il diritto di vaccinarsi. Criteri di priorità e ruolo del Parlamento, in Questione Giustizia: «Oggi però non si tratta di “reagire” con tempestività ad eventi imprevisti e imprevedibili ma di “programmare” con il dovuto anticipo un percorso lungo ed arduo che impegnerà soggetti istituzionali diversi e coinvolgerà la generalità dei cittadini. La complessità delle scelte da compiere, la loro potenziale “tragicità”, i fisiologici conflitti tra interessi e tra istituzioni che su di esse possono innestarsi, ci dicono che non possono essere atti delle autorità sanitarie o provvedimenti amministrativi a sciogliere i nodi aggrovigliati della più vasta campagna di vaccinazione mai realizzata nel Paese» (https://www.questionegiustizia.it/articolo/il-diritto-di-vaccinarsi-criteri-di-priorita-e-ruolo-del-parlamento).

[2] Rileva G. BATTARINO, Diritti, doveri, organizzazione. Quali norme per la campagna vaccinale anti-Sars-CoV-2, in Questione giustizia, che «la scelta di inserire la norma in un decreto-legge, e la stessa scansione emergenziale dei presupposti e di procedure ad horas postula la priorità della somministrazione del vaccino alle persone ospitate nelle RSA; senza che tuttavia di questa postulata priorità vi sia traccia in fonte di pari livello» (https://www.questionegiustizia.it/articolo/diritti-doveri-organizzazione-quali-norme-per-la-campagna-vaccinale-anti-sars-cov-2).

[3] Si veda l’articolato Vademecum - quesiti circa l'applicazione dell'art. 5 del decreto legge 5 gennaio 2021 n. 1 sul portale del tribunale di Genova, https://www.tribunale.genova.it/news.aspx?id=34508

[4] D. LENZI, Troppa burocrazia per il consenso al vaccino Covid nelle Rsa, in quotidianosanità.it, http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=91288

[5] M. MORI, Come mai l’emergenza pandemica ha azzerato il consenso informato?, in quotidianosanità.it, ha evidenziato (9 maggio 2020) come durante la pandemia si sia imposta la centralità del ruolo medico con un ritorno a forme di decisionismo o di paternalismo medico che hanno messo da parte il consenso informato. In particolare ha rilevato come «l’emergenza pandemica ha fatto emergere un grave problema etico su cui conviene riflettere. Il problema è questo: da fine febbraio 2020, soprattutto nelle zone più colpite dall’onda pandemica, si è registrata una sorta di azzeramento del consenso informato circa il trattamento sanitario…. negli ultimi tre decenni, con fatica ma in modo costante e convinto, in Italia si è lavorato sodo per avere una medicina partecipata in cui paziente e medico discutono il da farsi sulla base del consenso informato. La Legge Lenzi (la L. 219/17) ha coronato questa pratica diffusa, ma durante l’emergenza pandemica pare che la condivisione abbia improvvisamente ceduto il passo a forme di decisionismo medico»; https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=85035

[6] D. LENZI, Troppa burocrazia per il consenso al vaccino Covid, cit.

[7] In tema di vaccinazione obbligatoria, si veda Corte Cost. n. 5 del 2018 secondo cui vi è una «discrezionalità del legislatore nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell’obbligo, nonché, nel secondo caso, calibrare variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l’effettività dell’obbligo. Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte (sentenza n. 268 del 2017), e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia (così, la giurisprudenza costante di questa Corte sin dalla fondamentale sentenza n. 282 del 2002)» . Peraltro, parte della dottrina dubita che si possa disporre, stante la riserva di legge di cui all’art. 32, un trattamento sanitario obbligatorio con un decreto legge, cfr. A. A. NEGRONI, Articolo 32 della Costituzione e superamento delle vaccinazioni obbligatorie, in www.forumcostituzionale.it, 2020, num. 2 , pag. 789.

[8] La previsione che in mancanza del direttore sanitario o di un medico responsabile il ruolo di amministratore di sostegno ai fini della vaccinazione sia assunto dal direttore sanitario della ULS competente per territorio è più che opportuna poiché non tutte le RSA hanno un direttore sanitario o un responsabile medico. Ad esempio, la figura del direttore sanitario nelle RSA del Veneto è stata resa obbligatoria solo di recente con DGR n. 1243 del 01 settembre 2020.

[9] Per una fattispecie analoga si veda la legge 30 marzo 2001 n. 130 sulla cremazione in cui si tiene conto, invece, della maggioranza assoluta dei parenti dello stesso grado (art. 3: «in mancanza della disposizione testamentaria, o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, la volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, della maggioranza assoluta di essi, manifestata all'ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di residenza»). 

27/01/2021
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