Questa volta Gustavo Piga, economista di lungo corso con solide esperienze internazionali e Ordinario di Economia Politica all’Università Tor Vergata di Roma, propone nel suo ultimo libro un viaggio affascinante nel tempo con un’attenzione particolare agli ultimi due secoli (quello in corso e il precedente) con considerazioni e valutazioni originali, supportate da un robusto richiamo ai fondamentali economici, ma rese con uno stile lieve e coinvolgente.
Il suo obiettivo è la ricerca e l’individuazione di una terza via da percorrere, in modo costruttivo, sia per l’Italia, che per l’Europa; una via alternativa a quelle indicate dai sovranisti e dai fautori della globalizzazione.
Le comparazioni tra fenomeni economici, verificatisi nell’arco di tempo considerato, sono condizionate dalla convinzione dell’A. che «la Storia non si ripete mai allo stesso modo» e dalla specificità dell’attuale situazione in cui si è venuta a trovare l’Europa, «con una moneta e una Banca Centrale nuove di zecca, ma anche con Istituzioni politiche invischiate nel bel mezzo di un epocale passaggio di consegne tra esecutivi nazionali ed europei» (anche a questo è ispirato il termine interregno usato nel titolo).
L’impianto del libro, articolato in 5 capitoli, compresi tra un Prologo, dedicato alle conseguenze economiche derivanti dalla diffusione della pandemia da Covid-19 e un Epilogo, in cui ci si sofferma sui giovani e sulle loro motivazioni, offre al lettore numerosi spunti stimolanti.
Se ne citano qui per esigenze di spazio solo alcuni. A cominciare dall’ importante analisi critica delle somiglianze e delle differenze dell’attuale crisi con quella del 2008 e con l’altra degli anni ’30 del secolo scorso. Così come, desta sicuro interesse lo sfatamento, con la forza inoppugnabile dei dati, di alcuni miti, ormai, acquisiti nella percezione collettiva: uno tra i tanti, quello in tema di spesa pubblica, ove si dimostra che la sua velocità di crescita nella virtuosa Germania è stata ben superiore in questo secolo a quella della “cicala” Italia.
Fondamentale è, poi, la parte del libro destinata ad illustrare quella che viene definita la follia europea, ossia le soluzioni adottate dall’Unione Europea e dai Parlamenti delle nazioni europee per fronteggiare la crisi economica del 2008, in primis le conseguenze nefaste derivanti dall’applicazione del Fiscal Compact. Ad esse viene imputata anche l’origine di uno spirito divisivo tra le nazioni, che ha favorito lo sviluppo di movimenti sovranisti contrapposti ai globalisti. Una contrapposizione che rischia di far perdere all’Europa l’opportunità di sedersi con pari dignità al tavolo mondiale globalizzato, limitandosi ad assistere impotente «alle strategie logicamente vincenti e spartitorie di Cina, Russia, Stati Uniti e forse anche di altri».
Nella convinzione, dunque, di essere ben lontani qui nel vecchio continente da un’unione di Stati solidali, l’A. evoca l’esempio del primo Ministro del Tesoro dei costituendi Stati Uniti d’America, Alexander Hamilton, che nel 1790 propugnò con forza e impose dopo lunghe discussioni la propria idea di emettere dei Titoli di Stato unici per tutti gli Stati confederati, i Continental, segnando una nuova epoca, caratterizzata dalla rinuncia al potere impositivo da parte dei singoli Stati, ma accompagnata dal beneficio di una solidarietà prima sconosciuta tra Stati ricchi e Stati bisognosi.
Un esempio su cui riflettere, se l’Unione Europea vorrà puntare seriamente ad una politica fiscale comune, passaggio essenziale per cogliere l’obiettivo di una Costituzione Europea, ispirata a un principio di solidarietà reciproca e di vera giustizia sociale e basata sull’autonomia di ogni Stato membro e sulla sua responsabilizzazione in tema di spesa (in realtà i modelli solidali non sono un inedito storico - ricorda l’A. - basti pensare a Montesquieu!).
Un altro merito non banale di questo libro è il dedicare spazio adeguato anche a temi di bruciante attualità. E’ il caso dell’analisi critica del MES, sia nella sua configurazione originaria, sia in quella risultante dalla sua prossima riforma (con considerazioni specifiche sulla sua relativa non convenienza per l’Italia) , o l’altra legata all’importanza di un uso corretto da parte degli Stati dell’ Unione Europea delle risorse previste dal Recovery Fund.
Passando dall’Europa all’Italia, l’A. si chiede che cosa possa fare il nostro Paese per l’Unione Europea e cosa debba fare al proprio interno per cambiare il passo di marcia stentato, se raffrontato a quello di altri Paesi. Ne consegue una fine analisi, che esamina criticamente la politica economica dell’Italia in questa prima parte del secolo attuale, mostrando i guasti prodotti dall’applicazione sciagurata di misure ispirate al già accennato Fiscal Compact e le difficoltà di crescita del nostro Paese in assenza di un serio di rilancio delle infrastrutture, sostenuto a sua volta da un adeguato piano per l’occupazione giovanile.
Alla fine del suo viaggio nel tempo Gustavo Piga bene inquadra i nodi fondamentali da sciogliere per l’Unione Europea e per l’Italia in questo periodo di transizione. Per il nostro Paese, in particolare, sono individuati nella carenza di investimenti per il pessimismo endemico causato dall’austerità europea imposta ai singoli Stati e nella mancanza di una riforma della pubblica amministrazione, contrassegnata da un ineludibile accrescimento qualitativo delle competenze e delle conoscenze. Due nodi, che per l’A. sono, anche e soprattutto, due sfide, a cui è legato il futuro dei nostri giovani e, quindi, le concrete possibilità di un’ effettiva crescita socio - economica dell’Italia.