Abbiamo ormai superato la prima ondata della pandemia, quella che lo scorso marzo ha colpito l’Italia come uno tsunami fisico e psicologico. Le energie di ciascuno di noi, una volta compreso quello che stava avvenendo, si sono immediatamente indirizzate ad attutire l’urto devastante, a salvaguardare la vita, a fare proprie regole sanitarie “di sopravvivenza” così lontane da tutto quello che fino ad allora avevamo vissuto.
Abbiamo poi capito che i nostri sforzi e la nostra capacità di resistenza dovranno avere una tenuta nel tempo, un tempo di durata incerta ma sicuramente lungo…seconda ondata, terza ondata e chissà cos’altro in attesa di un vaccino collettivo.
Accanto a questa constatazione, necessariamente, abbiamo iniziato a ragionare e a valutare i primi effetti di natura sociale che la pandemia sta inesorabilmente portando: non più uno tsunami, ma più onde lunghe ma non per questo meno violente e distruttive soprattutto per le categorie dei più fragili tra cui, certamente, i minori.
Ai minori la pandemia, da un lato, ha tolto praticamente tutto: andare a scuola, fare sport, vedere i propri amici, giocare all’aria aperta, andare dai nonni e dall’altro, paradossalmente, ha dato troppo: internet, mura domestiche, solitudine.
Ha accentuato la disuguaglianza tra chi ha mezzi materiali, umani e culturali da poter far svolgere ai propri figli quel surrogato di scuola che è la DAD e chi questi mezzi non ce li ha; tra chi ha una cameretta, una casa da poter mostrare alla maestra durante le lezioni on line e chi non ce l’ha; tra chi ha comunque qualcuno che gli prepara un pranzo e chi invece quel pranzo (a volte l’unico) lo faceva solamente alla mensa scolastica, tra chi ha necessità di avere un sostegno per seguire le lezioni, per eseguire i compiti, chi non può stare solo davanti ad uno schermo e chi tutte queste necessità non ha.
Ha ampliato, anche tra i minorenni, la disuguaglianza di genere: è di poco tempo fa la pubblicazione di Save the Children[1] che analizza il rischio che entro la fine dell’anno circa 1 milione e 140 mila ragazze tra i 15 ed i 29 anni si ritrovino nella condizione di non poter studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione.
Tutto questo, senza alcuna enfasi, è drammatico e su tutto questo noi adulti siamo chiamati al confronto, ad assunzioni di responsabilità forti e a ragionare subito su quanto potremo fare per attutire l’onda lunga del disagio minorile che inevitabilmente si accompagnerà alla pandemia.
Onda lunga di cui già adesso percepiamo gli effetti.
Dall’inizio della pandemia ad oggi la Procura per i Minorenni di Genova (che come è noto ha competenza territoriale su tutta la Liguria e sulla Provincia di Massa Carrara) ha visto un calo delle segnalazioni civili.
Per meglio delineare il senso di questo intervento, occorre premettere che la Procura per i Minorenni ha una competenza promiscua: accanto alla più nota competenza penale, è l’Autorità Giudiziaria a cui vengono indirizzate tutte le notizie provenienti dal territorio relative a possibili forme di disagio, inteso in senso ampio, vissute da un minorenne in ambito familiare.
Indubbiamente vanno segnalate alla Procura per i Minorenni, in forza dell’art. 9 della "legge adozione", le situazioni in cui il minorenne si trovi in condizione di abbandono, segnalazione alla quale, previa possibile breve istruttoria circa la ricorrenza dei requisiti previsti dalla norma, può seguire la proposizione di un ricorso per adottabilità davanti al Tribunale per i Minorenni.
Ma accanto a tale segnalazione, l’unica che trova un fondamento normativo nell’ordinamento interno, la prassi ha via via visto ampliarsi le segnalazioni a tutela delle persone di minore età in virtù di un dovere di natura etica prima ancora che giuridica consacrato, in particolare, a livello internazionale dalla Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo che all’art. 3 sancisce il «superiore interesse del bambino» che deve guidare gli adulti in ogni decisione che lo riguardano e, successivamente, dalla parallela Convenzione di Strasburgo del 1996 sull’esercizio dei diritti dei fanciulli e infine dalla Carta di Nizza del 2000 che, all’art. 24, ribadisce il principio per cui «in tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente».
Le segnalazioni civili pertanto, nell’esperienza ormai consolidata di molte Procure e Tribunali per i Minorenni, hanno oggi un contenuto variegato che molto dipende sia dalla capacità del “territorio” di raccogliere elementi di disagio vissuto dai minorenni sia dalla predisposizione dell’Autorità Giudiziaria Minorile, ed in particolare proprio della Procura atteso il proprio ruolo di parte pubblica, di porsi con vari soggetti che a vario titolo si rapportano con i minorenni (servizi sociali, scuole, ospedali, ad esempio) quale interlocutore presente e a sua volta capace di approfondire la situazione familiare a monte spesso in sinergia con gli enti sociali a ciò preposti e sempre ed esclusivamente nel superiore interesse del minore e della famiglia in cui lo stesso cresce e ha diritto di crescere salvo che questo sia per lui pregiudizievole (art.1 della "legge adozione"/art. 9 Conv. New York).
Alla segnalazione civile e all’eventuale successivo approfondimento istruttorio disposto dalla Procura tramite i servizi territoriali e/o le Aliquote di Polizia Giudiziaria specializzata, seguono poi possibili differenti esiti: oltre al ricorso per adottabilità, di cui si è detto, è possibile la proposizione di un ricorso di volontaria giurisdizione davanti al Tribunale per i Minorenni con il quale si chiedono limitazioni della responsabilità genitoriale (art. 333 c.c.) ovvero l’apertura di una procedura di decadenza dalla responsabilità genitoriale in caso di gravi violazioni dei doveri dalla stessa discendenti con grave pregiudizio per il figlio minorenne (art. 330 c.c.) ovvero ancora l’apertura di un procedimento amministrativo ai sensi dell’ art. 25 del R.D. 1404/1934 qualora vi siano gravi irregolarità nel comportamento di un minorenne non direttamente dipendenti dall’ambiente familiare in cui lo stesso vive e, infine, l’archiviazione qualora non ricorrano i presupposti per l’apertura di alcun procedimento davanti al Tribunale per i Minorenni.
Spesso, proprio l’archiviazione, richiede ed è preceduta da un lavoro preliminare a monte da parte della Procura teso ad attivare progetti di sostegno al minore e al suo nucleo familiare da parte degli enti pubblici competenti[2].
La diminuzione delle segnalazioni civili a cui si è assistito e si sta assistendo in questo anno non si accompagna, evidentemente, ad un calo oggettivo di situazioni meritevoli di segnalazione, calo che per essere valutato positivamente avrebbe bisogno di una dimostrazione reale in ordine ad un effettivo miglioramento delle condizioni di vita familiare e sociale dei minorenni che non solo non abbiamo ma di cui anzi abbiamo chiari elementi di segno contrario legati al periodo emergenziale in cui stiamo vivendo.
Più nel dettaglio:
- tra il 1° trimestre del 2019 e il 1° trimestre del 2020 (e quindi per i mesi di gennaio, febbraio, marzo) la diminuzione delle segnalazioni civili è stato del -3,59%;
- tra il 2° trimestre 2019 ed il 2° trimestre 2020 (mesi di aprile, maggio, giugno) la variazione è stata del -23,46%;
- tra il 3° trimestre 2019 ed il 3° trimestre 2020 la diminuzione è stata del -19,24%
In attesa di valutare il dato complessivo alla fine dell’anno, emerge già abbastanza chiaramente che il momento che più di tutti ha segnato la diminuzione di segnalazioni coincide con il periodo del lockdown e questo poiché, in tale periodo, si è verificata la totale interruzione di alcuni importanti canali attraverso i quali, di regola, la segnalazione civile perviene all’ufficio requirente minorile.
Il lockdown, infatti, ha comportato non solo la chiusura delle scuole e di tutti i centri aggregativi ed educativi per minori - soggetti questi che solitamente hanno con la Procura un dialogo costante in merito a situazioni di disagio minorile (abbandoni scolastici, segnali di comportamenti devianti degli adolescenti, situazioni familiari a vario titolo problematiche…) - ma ha ridisegnato anche le modalità di lavoro dei servizi socio-assistenziali riducendo, e in alcuni casi azzerando, le attività di segretariato sociale o attivandole con modalità “da remoto” che difficilmente riescono ad intercettare e a scavare pienamente nelle fragilità, spesso sfumate ed impercettibili anche ad un occhio attento, dei ragazzi e delle loro famiglie.
Chiaro segnale del totale o parziale arresto delle ordinarie fonti della segnalazione civile si avverte poi dall’analisi della natura delle segnalazioni che, dall’inizio della pandemia, stanno arrivando in Procura: la quasi totalità dei procedimenti di “affari civili” si apre su segnalazione delle Forze dell’Ordine e degli Ospedali, soggetti questi che tendenzialmente si trovano a dover intervenire rispetto a situazioni urgenti che necessitano di provvedimenti talvolta immediati dell’Autorità Giudiziaria Minorile.
Si pensi, a titolo esemplificativo, per quanto riguarda le forze dell’ordine, agli interventi per gravi maltrattamenti familiari con violenza diretta o assistita in danno di minori o per violenze sessuali intrafamiliari e, per gli ospedali, ad ingressi d’urgenza di minori che manifestano gravi problemi o addirittura patologie -spesso legati all’ambiente familiare in cui vivono- che esternano con gesti autolesivi (tentati suicidi, tagli autoinflitti, importanti disordini alimentari, consumo di alcol e di sostanze stupefacenti), attacchi d’ansia, agitazione motoria, crisi pantoclastiche.
Far fronte in via principale a situazioni d’urgenza, che sino all’inizio della pandemia costituivano un’eccezione rispetto al lavoro ordinario, non solo comporta la necessità di dover prendere spesso decisioni drastiche (e talvolta impopolari) quali allontanamenti non programmati e non adeguatamente ragionati, ma soprattutto rischia di vanificare completamente l’importante ruolo di filtro preventivo che sino ad oggi la Procura per i Minorenni ha svolto ossia quel lavoro teso –il più delle volte- proprio ad evitare l’apertura di procedure davanti al Tribunale.
La pandemia, quindi, in questi nove mesi -da una prima analisi che dovrà necessariamente trovare conferme o, come si spera, smentite- ha comportato un radicale decremento della segnalazione “ordinaria” ossia la segnalazione, non immediatamente caratterizzata dalla necessità di un intervento giurisdizionale urgente, relativa a forme di disagio vissute dai minori in ambito familiare per i più svariati motivi alla quale, tendenzialmente, seguiva un approfondimento della vicenda.
Approfondimento a cui si accompagnava poi sempre l’attivazione di interventi tesi a “correggere il tiro” di situazioni dannose per i minori, stimolando la collaborazione dei genitori con i servizi sociali territoriali sotto la supervisione dell’ufficio requirente minorile, situazioni queste a cui molto spesso, tramite un lavoro sinergico tra i vari soggetti coinvolti, seguiva l’archiviazione del procedimento.
Se davvero questa tendenza verrà confermata assisteremo, da un lato, certamente ad una diminuzione delle procedure davanti al Tribunale per i Minorenni essendo diminuite a monte il numero di segnalazioni ma, dall’altro lato, ad un aumento percentuale del rapporto tra numero di segnalazioni che giungono in Procura e numero di procedure giudiziarie che si aprono davanti al Tribunale con l’inevitabile aumento degli affidamenti di minori agli enti territoriali.
L’assenza sul territorio di soggetti in grado di percepire con tempestività il disagio dei minori e delle loro famiglie e quindi di attivarsi efficacemente con interventi di sostegno correttivi e preventivi rischia quindi di portare il proliferare di procedure giudiziarie drastiche e certamente stressanti, per le famiglie e soprattutto per i minori.
Del resto che il disagio minorile non sia venuto meno con la pandemia, nonostante, come si è detto le ordinarie segnalazioni civili siano diminuite per i motivi sopra delineati, si evince dalla lettura dei dati dei procedimenti penali che nel 2020 si sono aperti presso la Procura per i Minorenni di Genova per reati commessi da minorenni.
Sappiamo tutti noi “addetti ai lavori” che la commissione di un reato da parte di un minore non è mai circostanza neutra ma spesso è un grave segnale di assenza alle spalle di adulti capaci di svolgere efficacemente ruoli educativi e protettivi: la scuola è chiusa, il settore educativo extrascolastico ha rallentato e modificato la tipologia dei propri interventi, i genitori sono spesso ripiegati su loro stessi ad affrontare il quotidiano e, in numerosi casi, la crisi economica che sta accompagnando l’emergenza sanitaria e, pertanto, a volte anche incolpevolmente, assenti.
Nel 2020, il numero dei procedimenti penali -e quindi dei reati- non solo non è diminuito ma è addirittura in crescita rispetto agli anni precedenti e ciò nonostante le forti limitazioni alle uscite che i minorenni, così come gli adulti, hanno subito nei mesi di lockdown totale e ora di lockdown parziale che, a rigor di logica, avrebbero dovuto determinare anche una minor possibilità di uscire e di commettere illeciti penali.
Un ulteriore dato indicativo di malessere non precocemente intercettato dalle famiglie e, in generale, dalle istituzioni che a ciò dovrebbero essere preposte, su cui sembra importante una riflessione è quello relativo alle denunce per reati commessi da infraquattordicenni non imputabili che quest’anno nel distretto ligure sono aumentate rispetto agli anni passati (+7,33%[3]).
Anche la natura dei reati commessi dai minori durante la pandemia, sempre più caratterizzati da violenza, scarsissima empatia nei confronti dell’altro e del diverso, utilizzo improprio dei social media, bulimia e aggressività sessuale, suona come un forte campanello di allarme e chiama noi adulti ad elaborare e sollecitare, senza indugio, interventi tesi ad attivare adeguati strumenti di protezione nei confronti dei ragazzi e ciò al fine di impedire che la pandemia e i suoi strascichi li travolgano irrimediabilmente.
[1] Save the Children, Proteggiamo i bambini. Whatever it takes, al seguente link: https://s3.savethechildren.it/public/files/uploads/pubblicazioni/proteggiamo-i-bambini-whatever-it-takes.pdf
[2] Nell’esperienza della Procura per i Minorenni di Genova circa solo il 25/30% delle segnalazioni sfociano poi in un ricorso davanti al Tribunale.
[3] L’aumento è considerato al 30.6.2020 rispetto al 30.6.2019.