Il film di Massimiliano Bruno concentra, con amarezza e dolcezza, un dramma noto ma sempre nuovo perché rinnova, ogni volta, una mossa di ribellione, anche in chi guarda il film tranquillo, consapevole che dopo tornerà a casa e l’indomani si alzerà presto e forse bestemmierà perché preferirà restare sotto il piumone e magari scorderà il film preso dalle incombenze del quotidiano e del lavoro perché un lavoro, un qualunque lavoro, lo ha.
E, per questo, “non puzza”.
Gli ultimi saranno gli ultimi racconta con levità e partecipazione la vicenda di una donna operaia che sconterà il suo desiderio e il suo diritto di avere allo stesso tempo un lavoro e un figlio, in un precipitare di tragedie economiche e affettive.
E’ un film dolce e amaro, che racconta la perdita del lavoro di questa donna e la deriva che segue a questa perdita, deriva cui diventa difficile resistere quando la stanchezza raggiunge il limite e il film coniuga bene tensione e sorriso in modo toccante perché la deriva è infatti a un passo ed è ammirevole come Bruno riesca a rendere questa tensione in modo, ciononostante, lieve.
Il film nasce come pièce teatrale ma nella trasposizione cinematografica diventa una commedia all’italiana, una commedia luminosa, colorata dal contesto energico di un paesino della provincia laziale, dalla giostra dei diversi caratteri dei personaggi che ciascuno ritrova noti e cari: gli amici fedeli, il vecchio professore saggio e disincantato, la single stravagante, la poliziotta goffa,tenera e sfortunata, i vicini di casa,il compagno di lavoro affettuoso e premuroso.
Sullo schermo si incontrano le vicende di tre personaggi e delle loro storie in qualche modo parallele: quella centrale della protagonista, Paola Cortellesidolce, intensa e anche buffa nella sua interpretazione, quella di un grande e bentornato Fabrizio Bentivoglio che tocca in quanto figura tenera e triste con la sua grave vicenda personale alle spalle e quella di Alessandro Gassmann, compagnofannullone che rifiuta l’idea di “stare sotto padrone”, ma che all’ultimo rivede la propria vita giungendo ad una scelta diversa e stavolta positiva.
Notevoli sono anche le figure che ruotano attorno ai tre personaggi principali in quanto contribuiscono a descrivere efficacemente il genere di vita, semplice, densa e paradossalmente ben strutturata,dei protagonisti: gli amici, quelli veri, solidali e presenti, figure incisive nella loro straordinaria spontaneità.
Il film disegna la realtà di questa donna che si dibatte strenuamente nell’opprimente attuale sistema lavorativo che la conduce, nel momento più atteso e più felice per una donna (grazie ad una gravidanza finalmente arrivata) - ad una lotta assurda tra la speranza e la disperazione che infine si traduce nella folle violenza verso l’altro.
E questo disegno viene condotto attraverso un racconto reso con estrema onestà e franchezza tanto dolce quanto dolente.
In ballo vi è la perdita della dignità e della identità, perché senza lavoro si può arrivare a non esistere, perché … “senza un lavoro si puzza”. Parole semplici, nette quelle pronunciate dalla protagonista in un momento in cui sfoga la sua rabbia furiosa verso il marito, parole quasi fastidiosema che, proprio per questo, colpiscono perché crude nella loro chiarezza e verità.
Il film non è retorico né aspira ad essere film-denuncia, è semplicemente una commedia che racconta, con una forza semplice e potente, le infinite “mancanze” nelle quali annaspa la vita di molti di noiquando manca il lavoro, perché quando manca il lavoro viene a mancare molto di più.
E la Cortellesi è straordinaria nel rendere questa fatica quotidiana offrendoci meravigliosi sorrisi ed espressioni disperate.
Ancora una volta quindi, la crisi economica che si tenta di rifiutare ma che impera e stritola e spinge verso scelte obbligate e non volute.
Ancora una volta la crisi economica che mette in crisi le relazioni umane: non riterrei infatti che il film parli solo della crisi economica ma piuttosto di come questa rischi la crisi delle relazioni umane in una spietata confusione dove tutti, a ben vedere, sono ultimi, in quanto tutti, allo stesso modo, vittime e carnefici di un sistema.