Il paradigma della procedura pilota con riguardo alle misure provvisorie indicate al Governo russo*
Il contributo analizza le misure provvisorie indicate alla Federazione russa dalla Corte di Strasburgo: quest’ultima, dapprima, ha emesso un provvedimento d’urgenza in relazione a un ricorso interstatale presentato dal Governo ucraino; in seguito, ha esteso la validità delle misure ivi contenute ai ricorsi individuali presentati dai civili ucraini. Tale modus operandi suggerisce diversi spunti di riflessione in ordine alla gestione sia delle violazioni strutturali nei ricorsi seriali, in sede cautelare nonché, nello specifico, nell’ambito dei conflitti armati (ove è sempre più frequente l’utilizzo della giurisdizione sui diritti umani), sia della conseguente sovrapposizione tra ricorsi individuali e interstatali.
1. Premessa: guerra in Ucraina e provvedimenti adottati in seno al Consiglio d’Europa / 2. Le misure provvisorie della Corte europea dei diritti dell’uomo / 3. La tutela cautelare nei ricorsi interstatali e la gestione dei ricorsi individuali paralleli / 4. L’estensione della cautela “generale” ai ricorsi individuali e le affinità con la procedura pilota / 5. Suggestioni conclusive
1. Premessa: guerra in Ucraina e provvedimenti adottati in seno al Consiglio d’Europa
Massima fermezza di fronte alla massima offesa alle relazioni internazionali, alla negazione stessa del diritto internazionale.
La presa di posizione del Consiglio d’Europa è immediata e concorde su due fronti: condannare le azioni della Federazione russa, dal riconoscimento delle autoproclamate “repubbliche popolari” di Donetsk e Lugansk quali entità indipendenti (22 febbraio 2022), all’attacco militare lanciato contro l’Ucraina (24 febbraio), nonché sostenere il popolo e il Governo ucraini[1].
Il 25 febbraio 2022, il Comitato dei ministri, dopo uno scambio di opinioni con l’Assemblea parlamentare, sospende la Federazione russa dai suoi diritti di rappresentanza nel Consiglio d’Europa ai sensi dell’art. 8 del suo Statuto, avviando la procedura d’esclusione prevista dalla medesima disposizione.
Tale decisione non interferisce con la competenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, dunque con la permanenza del giudice russo in seno a quest’ultima.
A partire dal 1° marzo, il presidente della Corte, su richiesta dell’Ucraina, indica al Governo russo misure provvisorie ai sensi dell’art. 39 del Regolamento, perché siano garantiti il diritto alla vita e gli altri diritti umani sanciti dalla Convenzione: in primo luogo, astenersi da attacchi militari contro civili e oggetti civili, compresi edifici residenziali, veicoli d’emergenza e altri oggetti civili “specialmente protetti”, come scuole e ospedali, e garantire immediatamente la sicurezza degli stabilimenti medici, del personale e dei veicoli d’emergenza all’interno del territorio sotto attacco o assedio da parte delle truppe russe[2]. L’indicazione del 1° marzo viene estesa, tre giorni dopo, a tutti i ricorsi individuali presentati nei confronti della Russia, unitamente alla seguente ulteriore misura provvisoria: assicurare il libero accesso della popolazione civile a vie d’evacuazione sicure, assistenza sanitaria, cibo e altri beni di prima necessità, nonché assicurare il passaggio rapido e senza ostacoli degli aiuti umanitari e la circolazione degli operatori umanitari[3]. Entrambi i provvedimenti d’urgenza sono ribaditi e “ampliati” (con comunicato del 1° aprile) su richiesta del Governo ucraino con riguardo alla minaccia di armi “proibite” o “con impatto sproporzionato” sui civili, quali armi nucleari, chimiche o biologiche, nonché con riguardo ai percorsi d’evacuazione e ai luoghi di rifugio, stante la denuncia di episodi di prelievo e trasferimento coattivo verso Russia e Bielorussia, piuttosto che in regioni ucraine maggiormente sicure o in altri Paesi terzi. Infine, la Corte interviene d’urgenza anche a garanzia del diritto d’informazione sul territorio russo, al di là dei core rights cui correntemente è riservata la tutela cautelare, in quanto minacciato da interventi statali tesi a interferire con la divulgazione delle notizie relative al conflitto (dal blocco di talune emittenti, all’introduzione di gravi sanzioni penali a carico di chi diffonda notizie consapevolmente false in merito)[4].
Il 15 marzo, la Russia dichiara la propria intenzione di ritirarsi dal Consiglio d’Europa, conformemente all’art. 7 dello Statuto, e di denunciare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il giorno successivo, durante una riunione straordinaria, il Comitato dei ministri decide, nel quadro della procedura avviata in virtù dell’art. 8 dello Statuto e conformemente al previo e unanime parere dell’Assemblea parlamentare, di escludere la Federazione russa, dopo ben 26 anni di adesione (risalente al 28 febbraio 1996)[5].
Così, se le decisioni della Corte militano per il pieno sostegno della popolazione civile russa, oltre che ucraina, il Consiglio dei ministri e l’Assemblea parlamentare si trovano costretti a deliberare il sacrificio della protezione dei diritti della medesima, al fine di opporsi al governo russo e, così, al perdurare del conflitto.
Il presente contributo intende soffermarsi sull’adozione di misure provvisorie da parte della Corte Edu, in quanto rivelatrice di un modus operandi che suggerisce diversi spunti di riflessione in ordine alla gestione delle violazioni strutturali e dei ricorsi seriali, in sede cautelare nonché, nello specifico, nell’ambito dei conflitti armati, ove è sempre più frequente l’utilizzo della giurisdizione sui diritti umani e, conseguentemente, la sovrapposizione tra ricorsi individuali e interstatali.
2. Le misure provvisorie della Corte europea dei diritti dell’uomo
Le “misure provvisorie” (interim measures)[6] sono indicazioni contenute nei provvedimenti con cui la Corte di Strasburgo esercita l’attività giurisdizionale in via cautelare, rivolte al governo convenuto o, meno frequentemente, al ricorrente[7]: al pari di quanto avviene dinanzi alle corti nazionali, sono adottate in via temporanea e urgente, al fine di evitare, almeno durante il tempo necessario ad approfondire nel merito la controversia, il verificarsi di un danno imminente, grave e irreparabile ai diritti dell’individuo.
Manca una previsione apposita nella Convenzione, sicché la Corte ha agganciato e sviluppato la tutela cautelare grazie all’art. 39 del Regolamento, che prevede la possibilità, per la sezione o il suo presidente, di indicare, su richiesta di una parte (ricorrente o governo convenuto), di altra persona interessata o d’ufficio, l’adozione di qualsiasi provvedimento ritenuto necessario nell’interesse delle parti o della corretta conduzione del procedimento.
Emerge, dunque, la duplice finalità di garantire le prerogative del richiedente o quelle dell’attività giurisdizionale. Benché inizialmente parte della dottrina rilevasse un rapporto di subordinazione della prima finalità rispetto alla seconda[8], la Corte, col tempo, ne ha valorizzato l’equi-ordinazione[9].
Accanto all’art. 39, che costituisce l’appiglio sostanziale della tutela cautelare, la realizzazione concreta o processuale è affidata all’art. 34 della Convenzione, ossia alla norma sul diritto al ricorso individuale da parte di chi sostenga di essere vittima di una violazione, l’unica in grado di far comunicare il singolo direttamente con la Corte. Le misure provvisorie sono quindi frutto di un’interpretazione teleologica del combinato disposto di queste due disposizioni e, per il loro tramite, della Convenzione, il cui scopo è «proteggere diritti che non sono teorici o illusori ma concreti o effettivi»[10]. In altre parole, l’effettività della tutela dei diritti della vittima, nei confronti di cui sia accertata una violazione in sede di condanna dello Stato convenuto, pretende e presuppone a monte la salvaguardia degli interessi della vittima “presunta” già in sede di presentazione del ricorso, mediante strumenti ulteriori[11].
L’effettività è l’asse dell’intero sistema convenzionale: non solo fonda l’adozione di misure atipiche, quali quelle cautelari, ma accorda a esse un ruolo primario, laddove il procedimento principale possa concludersi col riconoscimento di un’equa soddisfazione senza restitutio in integrum.
Se ne trae conferma analizzando i presupposti della cautela, la cui ricostruzione non può che muovere, sulla scorta di quanto detto, dalla prassi[12].
In primo luogo, è necessario sussista, almeno prima facie, la giurisdizione. In due occasioni, la Corte ha esemplificativamente rigettato le istanze cautelari poiché non rientranti ratione materiae nella propria giurisdizione: in via implicita, nel 2018, quando l’Ucraina ha chiesto di indicare alla Russia, inter alia, «that the [captured] sailors be treated as prisoners of war in accordance with the Third Geneva Convention of 1949»[13]; espressamente, nel 2020, rispetto alle richieste dell’Armenia su presunte violazioni del diritto internazionale umanitario, cui l’Azerbaijan eccepiva questioni attinenti al rispetto della propria integrità territoriale, «while based on serious concerns, the two inter-State requests address several subject matters that do not fall within the Court’s jurisdiction»[14].
Segue il presupposto del fumus boni iuris, un esame sommario e preliminare della fondatezza della pretesa, connesso al rischio reale e non eventuale di danno, con onere della prova spettante all’interessato. Così, non è sufficiente l’appartenenza a un gruppo minoritario o a un movimento di opposizione nel Paese d’origine per configurare il rischio di persecuzione e paralizzare il provvedimento di espulsione emesso dallo Stato convenuto[15]. Il fumus deve pertanto essere verificato in base all’apparente fondatezza delle prove prodotte[16], ai riscontri documentali[17]. Tuttavia, è possibile che l’illegittimità del trattamento sia connotato intrinseco alla condizione dell’interessato, di tal che le misure provvisorie vengono emesse indipendentemente da riscontri di certezza e imminenza.
Il secondo è l’urgenza, l’irreparabilità, il periculum in mora. La sua valutazione è connessa, da una parte, alla condizione/eccezione del previo esaurimento delle vie di ricorso interne, ai sensi degli artt. 13 e 35 della Convenzione[18]: solo in mancanza di strumenti interni adeguati ed effettivi, la Corte può intervenire “in via sostitutiva”. Ne discende, quale premessa di metodo, la sussidiarietà dell’intervento cautelare. Dall’altra, l’interessato deve prospettare un danno grave e irreparabile («real risk of serious, irreversible harm»). Si tratta di caratteri cumulativi: la gravità sta a indicare l’incidenza del pregiudizio sulla sfera d’interessi del ricorrente; l’irreparabilità, l’incapacità della sentenza definitiva di porre in concreto rimedio al danno, in virtù della peculiare natura di quest’ultimo. La Corte parla di mantenimento dello status quo ante[19] o di restitutio in integrum dei diritti delle presunte vittime[20]. Come anticipato, tali pronunce sottendono l’idea che la protezione effettiva del diritto minacciato debba prevalere sul principio di equa soddisfazione, idea comune alla giurisprudenza della Corte di Lussemburgo[21].
Quanto all’ambito di applicazione, siffatte misure non assistono qualsiasi diritto della Convenzione: la Corte, oltre a ribadirne puntualmente l’eccezionalità[22], sembra riservarle ai diritti fondamentali sanciti dagli artt. 2, 3 e 8: diritto alla vita, diritto a non essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, diritto al rispetto della vita privata o familiare[23]. Le disposizioni citate sono quelle che più si prestano a veicolare strumenti di tutela atipici e, d’altro canto, vantano portata assoluta, posto che solo di rado ammettono interferenze[24].
L’opportunità di porre un limite è legata non solo all’astratta legittimazione delle misure provvisorie, ma alla loro efficacia, di certo compromessa dall’eventuale indiscriminato ampliamento.
D’altronde, un limite non scritto, prevalentemente “simbolico”, era destinato a conformarsi all’inevitabile e auspicabile sviluppo della protezione dei diritti umani. Rispetto alla casistica iniziale, tesa a evitare l’espulsione o l’estradizione dello straniero in Stati entro cui corre il rischio di subire trattamenti inumani o degradanti[25], la Corte ha dato un’interpretazione evolutiva all’art. 3 in termini di diritto alla salute[26], anche mentale[27], ovvero ricomprendendovi le violazioni dell’equo processo (art. 6) suscettibili di determinare un trattamento contrario al divieto[28]. Ancor più significativo è il riconoscimento della tutela cautelare con riguardo ai diritti economici, sociali o culturali, se e in quanto riconducibili all’ambito di applicazione degli artt. 2 e 3: così la povertà è fattispecie incidente sia sul diritto alla vita che sul divieto di trattamenti inumani o degradanti[29]. Esegesi analoga ha interessato l’art. 8 perché copra casi di violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione[30], di violenza domestica[31] o impedisca la distruzione di embrioni congelati[32]. Eccezionalmente, la Corte ha concesso misure provvisorie anche a protezione della libertà d’espressione[33].
Ai fini del presente contributo, rileva l’adozione delle misure provvisorie quale strumento generale di tutela della popolazione civile, ancora una volta, drammaticamente, nei rapporti tra Ucraina e Russia. Già nel 2014, la Corte aveva adottato misure provvisorie nell’ambito della “crisi Ucraina”, a seguito di un ricorso interstatale introdotto contro il Governo russo, indicando (o meglio, intimando) a quest’ultimo di astenersi da azioni in violazione degli artt. 2 e 3 della Convenzione[34].
Infine, si sottolinea come, nella maggioranza dei casi, la Corte non si sia limitata ad adottare le misure richieste, ma ne abbia disposte proprio motu, ultra/extra petita, di contenuto diverso ovvero a tutela di diritti diversi da quelli invocati, sicché nella fase cautelare non sembra operare il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
L’impiego di provvedimenti cautelari, benché frequente nella prassi convenzionale, è costellato da criticità addebitabili, principalmente, all’esiguità del quadro normativo. In generale, emerge un approccio deformalizzato, con pronunce rese in brevissimo tempo e quasi sempre inaudita altera parte[35], senza udienza e senza motivazione.
Il Regolamento si limita a contemplare il dovere di informare immediatamente il Comitato dei ministri, nonché la facoltà di invitare le parti a fornire informazioni o sottoporre questioni rilevanti per l’attuazione delle misure.
Quanto all’efficacia, la Corte ne ha argomentato la vincolatività in virtù dell’impegno assunto dalle Alte Parti contraenti a non ostacolare in alcun modo l’effettivo esercizio del diritto al ricorso sovranazionale, ai sensi dell’art. 34 della Convenzione, nonché ad allinearsi alle sentenze definitive della Corte, ai sensi dell’art. 46. L’inosservanza delle misure indicate espone lo Stato convenuto alla condanna per la violazione, non solo dei diritti sostanziali di volta in volta coinvolti, ma del diritto al ricorso individuale ex art. 34 cit.[36].
I profili scoperti, maggiormente sofferti dagli Stati[37], attengono alla limitazione del contraddittorio col governo convenuto al momento della disamina dell’istanza cautelare (spesso emessa in base alla sola prospettazione del ricorrente); alla mancanza di motivazione del provvedimento con cui la Corte indica le misure provvisorie e alla connessa mancanza di mezzi d’impugnazione; all’indeterminatezza della loro durata, soprattutto qualora si sovrappongano con procedure ancora pendenti in ambito nazionale.
3. La tutela cautelare nei ricorsi interstatali e la gestione dei ricorsi individuali paralleli
Il contenzioso convenzionale russo s’inscrive a pieno titolo in quella che la dottrina più recente ha definito «esplosione del contenzioso interstatale sui diritti umani»[38], fenomeno che corre di pari passo con l’aumento sia dei ricorsi individuali seriali, su violazioni sistemiche o continuate, che delle istanze cautelari. Il contesto è quello dei conflitti armati, ove l’uso della giurisdizione sui diritti umani, soprattutto in via cautelare, avviene o nell’ottica diplomatica di proteggere i diritti dei propri cittadini o come strumento per ottenere un parziale riconoscimento delle proprie pretese entro la lite che oppone due o più Stati[39].
I ricorsi interstatali, formalmente contemplati dall’art. 33 della Convezione, sono classificabili in base all’interesse che sottendono, se volti a far valere la violazione d’un interesse collettivo ovvero la tutela degli interessi particolari dei singoli[40]. Nella seconda ipotesi, i beneficiari ultimi dell’iniziativa governativa sono gli individui.
La pertinente fase cautelare soggiace ai presupposti già esaminati con riguardo ai ricorsi individuali (sussistenza della giurisdizione, fumus boni iuris e periculum in mora), discostandosene quanto a standard probatorio e contenuto delle misure.
Il giudizio sommario della pretesa richiede, piuttosto che l’apparente fondatezza, la non manifesta infondatezza[41], in termini di fumus non mali iuris[42]. L’attenuazione dello standard probatorio trova conferma nelle cautele emesse nell’attuale attacco russo: il provvedimento del 4 marzo 2022 estende le misure provvisorie indicate su richiesta del Governo ucraino anche ai ricorsi dei civili «who provide sufficient evidence showing that they face a serious and imminent risk of irreparable harm to their physical integrity and/or right to life».
In ordine al contenuto delle misure provvisorie, si tratta spesso di inviti a rispettare doveri già esistenti, contestualizzati mediante obblighi di astensione da azioni militari che mettano a rischio i diritti dei civili, accompagnati dalla richiesta d’informazioni sull’attuazione delle misure[43].
L’attitudine “dichiarativa” discende altresì dalla circostanza che l’eventuale violazione non comporta una responsabilità specifica dello Stato[44], laddove, viceversa, la violazione delle cautele emesse con riguardo ai ricorsi individuali determina l’addebito dell’art. 34 della Convenzione. Genericità e mancanza di una responsabilità aggravata giustificano i dubbi della dottrina sull’effettiva efficacia delle misure provvisorie nei ricorsi interstatali, ad alto rischio d’inadempimento[45].
Il profilo maggiormente critico[46] attiene al rapporto coi ricorsi individuali sul medesimo oggetto (cd. overlapping o related applications)[47], non disciplinato né dalla Convenzione né dal Regolamento, emerso dinanzi alla Corte sin dal conflitto insorto in Irlanda del Nord negli anni settanta[48].
La Corte riconosce, in primo luogo, la ricevibilità dei ricorsi individuali che sottopongono le medesime questioni affrontate da un ricorso interstatale, non ostandovi la preclusione di cui all’art. 35, par. 2, lett. b della Convenzione: «The Court shall not deal with any application submitted under Article 34 that (b) is substantially the same as a matter that has already been examined by the Court or has already been submitted to another procedure of international investigation or settlement and contains no relevant new information». Dopo l’iniziale vaghezza della Commissione sul punto[49], la Grande Camera ha escluso che ricorsi introdotti da soggetti diversi possano considerarsi «essenzialmente identici»[50].
Quanto ai criteri per la gestione delle due tipologie di contenzioso, una volta ammessa la loro sovrapponibilità, l’unica costante sembra essere il differimento della valutazione dei ricorsi individuali fino alla decisione dei ricorsi interstatali, così da stabilire un precedente di riferimento[51]. Non è chiaro tuttavia il dies ad quem del differimento, se copra la sola decisione di merito o anche quella sull’equa soddisfazione, posto che a monte non è chiaro il destino dei ricorsi individuali qualora quello interstatale contenga una domanda di equa soddisfazione in favore delle singole vittime di violazione.
La giurisprudenza sul punto è oscillante. Laddove la Corte si è pronunciata sulla domanda di equa soddisfazione contenuta nel ricorso interstatale, ciò è avvenuto a distanza di anni dalla decisione di merito[52], scelta che lascia perplessità quanto al rischio di mancata esecuzione (soprattutto a fronte di tensione politica tra gli Stati coinvolti), alla natura dell’indennizzo e alla sua distribuzione tra le vittime, alla necessità di cancellare dal ruolo i ricorsi individuali con posizioni già prese in considerazione, ai sensi dell’art. 37, § 1 della Convenzione[53] ovvero, in senso diametralmente opposto, di stralciare dal ricorso interstatale la posizione di chi abbia presentato ricorso individuale[54]. Altrove la Corte ha proceduto all’esame del ricorso individuale immediatamente dopo la decisione di merito del ricorso interstatale, nelle more dell’equa soddisfazione[55], opzione potenzialmente foriera di difformità di trattamento.
In definitiva, le interferenze tra ricorsi interstatali e individuali, qualora attengano alla medesima violazione sistemica o continuata, non hanno trovato che soluzioni parziali e necessariamente “casistiche”.
Nel caso in esame, l’interferenza si è posta in sede cautelare ed è stata “gestita” dalla Corte mediante l’estensione della misura provvisoria generale, indicata con riguardo al ricorso interstatale, ai ricorsi individuali, sottoponendo però quest’ultimi a oneri probatori in grado di “legittimare” il precedente nei confronti dei singoli. Si ritiene che tale modus operandi sottenda un “approccio” già sperimentato nella prassi convenzionale e potenzialmente replicabile, ai fini del coordinamento tra ricorsi interstatali e individuali, anche in sede di merito ed equa soddisfazione.
4. L’estensione della cautela “generale” ai ricorsi individuali e le affinità con la procedura pilota
Il 4 marzo 2022 la Corte dichiara la validità della misura richiesta dal Governo ucraino e indicata nel provvedimento del 1° marzo, in quanto avente natura e scopo generale, con riguardo a qualsiasi istanza individuale avanzata da persone rientranti nella nozione di «civili»[56], purché corredata da prove sufficienti di un rischio grave e imminente di irreparabile danno all’integrità fisica e/o al diritto alla vita.
L’efficacia del provvedimento cautelare viene dunque estesa a ricorsi diversi da quello in cui il medesimo è stato emesso, secondo un principio non nuovo nella giurisprudenza convenzionale, ma qui intercorrente tra ricorso interstatale e individuali, espressamente ricollegato allo scopo e alla natura “generale” della misura, nonché subordinato all’adempimento dell’onere di provare il periculum in mora.
La Corte si avvale del precedente NA. c. Regno Unito (ric. n. 25904/07, 17 luglio 2008), in cui il ricorrente, di etnia tamil, chiedeva e otteneva la sospensione provvisoria della decisione inglese di espulsione in Sri Lanka, considerato il rischio d’incorrere in maltrattamenti contrari agli artt. 2 e 3 della Convenzione. In pendenza del ricorso, alla luce del numero crescente di istanze provvisorie da parte di tamil avverso i rimpatri in Sri Lanka, il cancelliere di sezione chiedeva al Governo inglese di astenersi dall’emettere ordini di espulsione, fintanto che la Corte non avesse adottato una sentenza principale rispetto a una o più delle domande presentate. Tuttavia, poiché il Regno Unito opponeva l’impossibilità di astenersi, in virtù degli accertamenti nazionali circa il grado (ridotto) di rischi effettivi per i tamil in Sri Lanka, l’art. 39 veniva applicato nei confronti di ben 342 ricorrenti.
Il passaggio di maggiore interesse nella sentenza è il collegamento funzionale tra l’estensione della tutela cautelare e l’adozione di una sentenza “principale” (lead judgment), in grado di definire l’esistenza o meno di una violazione ripetuta e continuata, riconducibile alla medesima prassi nazionale.
Ne discende la curiosità di sperimentare, su terreno cautelare, il paradigma della “sentenza pilota”, o meglio del contenzioso sulle violazioni strutturali, quanto a presupposti, connotati ed effetti, per saggiarne l’identità e vagliarne un dialogo tra fasi.
La procedura pilota nasce, in via pretoria[57], come particolare «tipo di approccio giurisprudenziale» («kind of adjudicative approach») «quando i fatti all’origine di un ricorso (…) rivelano l’esistenza, nella Parte contraente interessata, di un problema strutturale o sistemico o di un’altra disfunzione simile che ha dato luogo o potrebbe dare luogo alla presentazione di altri ricorsi analoghi», sicché la Corte non si limita a condannare il governo convenuto nei confronti del singolo ricorrente, ma individua misure “generali” idonee a garantire l’effettiva esecuzione della propria sentenza, in termini di adeguamento interno. L’art. 61 del Regolamento, come modificato nel 2011, ne ha recepito la disciplina.
Accanto alle sentenze pilota in senso stretto, la giurisprudenza individua quelle “quasi pilota”, nell’ambito delle quali la Corte non richiama l’art. 61 del proprio Regolamento né fornisce un quadro normativo o misure rimediali allo Stato, ma invoca l’art. 46, § 1 della Convenzione per imporre l’adozione di misure atte a risolvere in radice la violazione e a prevenire il ripetersi della condotta illecita. Come rilevato da attenta dottrina, la distinzione ha portata solo descrittiva, considerando elemento determinante l’accertamento di una violazione strutturale, benché “invisibile”, in mancanza di collegamento espresso tra l’illecito e la situazione sistemica interna[58].
Ai fini del presente contributo si guarda all’istituto nella sua accezione funzionale, più ampia, riconducibile ai seguenti elementi: ripetizione nel tempo di più illeciti di diversa natura (scaturenti da un difetto della legislazione o di una “prassi amministrativa”), accertamento dell’esistenza di una violazione sistemica o strutturale e necessità di misure generali per porre rimedio al sistema. Così scomposto, esso rappresenta la risposta a un problema di teoria generale del diritto, quello delle procedure giurisdizionali di risoluzione di controversie standard, affrontate nel panorama internazionale secondo due possibili paradigmi[59]: nel procedimento “test” o “pilota” (il Pilotverfahren austriaco o il test-claim anglosassone), un tribunale individua un criterio di affinità tra diversi casi (un problema generale o sistemico), definisce una soluzione standard (la ratio decidendi del precedente giudiziario) e traduce la soluzione sui casi selezionati, con l’effetto di velocizzare e uniformare la decisione in altri processi aventi il medesimo oggetto; nel procedimento “modello” (quale il Musterverfahren tedesco) vi è una divisione effettiva della decisione giudiziaria, poiché un giudice decide solo la questione in comune, quale pregiudiziale, e altri giudici si conformano a essa per decidere le questioni peculiari dei singoli ricorsi.
La procedura europea appartiene, evidentemente, alla prima tipologia, poiché la Corte, dopo aver individuato e deciso la questione comune e generale, si pronuncia successivamente sul caso. In questo modo, da una parte, la Corte potrà decidere più rapidamente e uniformemente eventuali successivi ricorsi che sottendano questioni analoghe (lasciando la trattazione dei casi ripetitivi alla competenza dei Comitati, composti da tre giudici, ovvero orientando gli Stati a raggiungere un regolamento amichevole con i ricorrenti o a riconoscere la responsabilità mediante dichiarazione unilaterale); dall’altra, lo Stato convenuto potrà individuare un rimedio interno che prevenga la condanna convenzionale ovvero, in radice, ulteriori violazioni.
Il carattere strutturale o sistemico della violazione, cui consegue l’esigenza di una misura generale, non consente però di ritenerla autonoma e distinta rispetto alle diverse violazioni individuali; piuttosto, ne rappresenta la somma[60]. In altre parole, il sistema convenzionale non riconosce la categoria internazionale del composite act, illecito complesso, continuato e indipendente dall’illiceità delle singole violazioni internazionali che lo compongono[61]. Ciononostante, la Corte può ricollegare alla tipologia “pilota” conseguenze, processuali e sostanziali, assenti nelle violazioni “ordinarie”: la flessibilità delle eccezioni relative all’esaurimento dei rimedi interni o al limite temporale di proposizione del ricorso[62], ovvero l’aumento dell’equo indennizzo[63].
Ciò posto, anche l’estensione della misura cautelare rappresenta una risposta a procedure giurisdizionali di risoluzione standard, ma in una fase incidentale. Muove da basi analoghe a quelle proprie del contenzioso sulle violazioni strutturali: esistenza di plurime denunce, prospettazione di violazioni ripetute, in relazione a una prassi o a una legislazione nazionale, possibilità di intervenire con misure di scopo e natura “generale”. I ricorsi coinvolti sono verosimilmente destinati a essere risolti in modo analogo, anche tramite la procedura pilota.
L’applicazione estensiva consente, quindi, di anticipare l’approccio pilota e i relativi effetti, potendosi rivelare ben più utile della stessa definizione di merito: congela immediatamente la fonte della violazione strutturale in modo da interromperne la continuatività; assicura l’effettività dei diritti e la restitutio in integrum su larga scala; massimizza la sussidiarietà dell’intervento della Corte, riducendone il carico di lavoro e consentendo agli Stati di evitare il protrarsi delle violazioni o del contezioso convenzionale su di esse.
5. Suggestioni conclusive
I giudici europei dapprima hanno emesso un provvedimento d’urgenza in relazione a un ricorso interstatale presentato dal Governo ucraino, in seguito
hanno esteso la validità delle misure ivi contenute ai ricorsi individuali dei civili ucraini.
L’estensione della tutela cautelare del ricorso interstatale ai ricorsi individuali rappresenta una scelta significativa nella misura in cui si presta alla seguente lettura: da una parte, anticipa alla fase incidentale l’approccio giurisprudenziale già sperimentato per le violazioni strutturali, paradigmaticamente la procedura pilota; dall’altra, offre una chiave di gestione dei rapporti tra ricorsi interstatali e individuali.
Il modus operandi della Corte riflette un approccio tipico di risoluzione delle controversie seriali o standard, quello della procedura pilota, che taluno in dottrina ha proposto di utilizzare, ai fini del coordinamento tra ricorsi interstatali e individuali, anche in sede di merito ed equa soddisfazione: limitare la pronuncia interstatale alle questioni generali, delegando al contenzioso individuale, da svolgere in forma abbreviata, l’accertamento delle violazioni subite da specifici individui e l’eventuale decisione sull’equa soddisfazione[64].
Non è una misura del Consiglio d’Europa a influenzare la guerra, benché possa essere fondamentale prendere posizione. Ad ogni modo, perseverare nella costruzione di un sistema di tutela dei diritti umani tra gli Stati significa tessere una cultura giuridica capace di influenzare, su lungo periodo e in chiave preventiva, il modo di intendere le relazioni internazionali.
* Il presente contributo è stato pubblicato in anteprima su Questione giustizia online il 26 aprile 2022 (www.questionegiustizia.it/articolo/il-paradigma-della-procedura-pilota).
1. Sulle prime reazioni della comunità internazionale, in termini di “ritorsioni”, laddove non incidano su obblighi internazionali precedentemente in vigore, ovvero “contromisure collettive”, adottate unilateralmente dagli Stati, anche per il tramite di organizzazioni intergovernative, vds. M. Pedrazzi, L’aggressione russa all’Ucraina, l’Europa e la comunità internazionale, in Eurojus, 14 marzo 2022. A titolo esemplificativo, si richiamano: l’invio di armi e la fornitura di carburante e dispositivi di protezione alle forze ucraine da parte dell’Unione europea (decisioni PESC 2022/338 e 339), il congelamento di beni del Presidente Putin, del Ministro degli esteri Lavrov e di altri esponenti del regime e oligarchi sostenitori dello stesso, la chiusura dei cieli dell’Unione agli aeromobili di nazionalità russa, l’interruzione di transazioni finanziarie con la Banca centrale russa, l’esclusione di alcune banche russe dall’accesso al circuito dei pagamenti internazionali SWIFT; la chiusura della procedura di adesione della Russia all’Ocse, già sospesa nel 2015; il coinvolgimento della Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Vds. i primi commenti di M. Dogliani, La guerra in Ucraina tra tabù nucleare e oltranzismo politico-mediatico, in Questione giustizia online, 11 aprile 2022 (www.questionegiustizia.it/articolo/la-guerra-in-ucraina-tra-tabu-nucleare-e-oltranzismo-politico-mediatico), nonché M.G. Giammarinaro, Violenza sessuale e tratta in relazione all’invasione dell’Ucraina, ivi, 12 aprile 2022 (www.questionegiustizia.it/articolo/violenza-sessuale-e-tratta-in-relazione-all-invasione-dell-ucraina), ora entrambi in questo fascicolo.
2. Cancelleria della Corte Edu, The European Court grants urgent interim measures in application concerning Russian military operations on Ukrainian territory, comunicato n. 68, 1° marzo 2022.
3. Cancelleria della Corte Edu, Decision of the Court on requests for interim measures in individual applications concerning Russian military operations on Ukrainian territory, comunicato n. 73, 4 marzo 2022.
4. Cancelleria della Corte Edu, European Court applies urgent interim measure in the case of the Russian daily newspaper Novaya Gazeta, comunicato n. 84, 10 marzo 2022. I ricorrenti (n. 11884/22) sono due società operanti nei settori dell’editoria e radiofonico (ANO RID Novaya Gazeta e OOO Telekanal Dozhd), il direttore della prima (Dmitriy Andreyevich Muratov, Nobel per la pace 2021), nonché la proprietaria di una società televisiva (Natalya Vladimirovna Sindeyeva, proprietaria di Telekanal Dozhd).
5. Tra i primi commenti al preannunciato recesso della Federazione russa, I. Arno, La Russia annuncia (senza sorpresa) il recesso dal Consiglio d’Europa, in Eurojus, 10 marzo 2022.
6. M. Aversano, Tutela d’urgenza e ambito di intervento della Corte, in questa Rivista, numero monografico a cura di M.G. Civinini e F. Buffa, La Corte di Strasburgo, aprile 2019, pp. 370-375 (www.questionegiustizia.it/speciale/articolo/tutela-d-urgenza-e-ambito-di-intervento-della-corte_80.php).
7. Nel caso Sentsov c. Russia, ric. n. 48881/14, 25 luglio 2018, il ricorrente, detenuto in Siberia con l’accusa di terrorismo, in sciopero della fame per reclamare il rilascio di prigionieri politici detenuti in Crimea e in Russia, veniva invitato a cessare lo sciopero della fame e lo Stato convenuto invitato a fornire al ricorrente, senza ritardo, i trattamenti sanitari più adeguati.
8. E. García de Enterría, De la légitimité des mesures provisoires prises par la Commission et la Cour européennes. L’affaire Cruz Varas, in RTDH, 1992, p. 251: «notre époque s’est révélée particulièrement sensible à la nécessité pour les tribunaux de disposer d’un ensemble de mesures provisoires suffisantes pour éviter l’échec de ses décision dans certaines circonstances».
9. Chamaïev et al. c. Georgia e Russia, ric. n. 36378/02, 12 aprile 2005, § 473; Mamatkulov e Abdurasulovic c. Turchia, ricc. nn. 46827/99 e 46951/99, 4 febbraio 2005, § 125; Chtoukatourov c. Russia, ric. n. 44009/05, 27 marzo 2008, § 104; Ben Khemais c. Italia, ric. n. 246/07, 24 febbraio 2009, § 82; Paladi c. Moldavia, ric. n. 38806/05, 10 marzo 2009, § 86.
10. Von Hannover c. Inghilterra, ric. n. 59320/71, 24 giugno 2004, § 71; Klass et al. c. Inghilterra, ric. n. 5029/71, 6 settembre 1978, § 74.
11. In merito alla centralità dell’idea di effettività nella tutela dei diritti dell’uomo, non solo dinanzi alla Corte di Strasburgo, ma presso altre organizzazioni internazionali, F. Salerno, Rapporti fra procedimenti concernenti le medesime istanze individuali presso diversi organismi internazionali di tutela dei diritti umani, in Riv. dir. internaz., n. 2/1999, pp. 363 ss.
12. Sui presupposti cautelari, L. Acconciamessa, Le misure cautelari nei giudizi interstatali sui diritti umani: la prassi più recente della Corte internazionale di giustizia e della Corte europea dei diritti umani, in Dir. umani e dir. internaz., n. 2/2021, pp. 413 ss.
13. Cancelleria della Corte Edu, ECHR grants interim measure in new inter-State case brough by Ukraine against Russia concerning events in the Kerch Strait, comunicato n. 421, 4 dicembre 2018.
14. Cancelleria della Corte Edu, The Court makes a statement on requests for interim measures concerning the conflict in and around Nagorno-Karabakh, comunicato n. 314, 4 novembre 2020.
15. Vilvarajah et al. c. Regno Unito, ricc. n. 13163/87 e altri, 30 ottobre 1991; in un caso istruito dalla Commissione, K. c. Svizzera, ric. n. 12364/86, 17 ottobre 1986.
16. Sulla verosimiglianza delle allegazioni del ricorrente, M.S.S. c. Belgio e Grecia, ric. n. 30696/08, 21 gennaio 2011, § 40: «On 2 July 2009, having regard to the growing insecurity in Afghanistan, the plausibility of the applicant’s story concerning the risks he had faced and would still face if he were sent back to that country and the lack of any reaction on the part of the Greek authorities, the Court decided to apply Rule 39 and indicate to the Greek Government, in the parties’ interest and that of the smooth conduct of the proceedings, not to deport the applicant pending the outcome of the proceedings before the Court».
17. Çonka c. Belgio, ric. n. 51564/99, 13 marzo 1999.
18. NA. c. Regno Unito, ric. n. 25904/07, 17 luglio 2008, § 90.
19. Aoulmi c. Francia, ric. n. 50278/99, 17 gennaio 2006; Trabelsi c. Italia, ric. n. 50163/08, 13 aprile 2010; Toumi c. Italia, ric. n. 25716/09, 5 aprile 2011.
20. Chamaïev et al. c. Georgia e Russia, ric. n. 36378/02, 12 aprile 2005.
21. Ordinanza della Corte di giustizia dell’Unione europea, Istituto Chemioterapico italiano SpA e Commercial Solvents Corporation c. Commissione, cause 6-7/73, 14 marzo 1973.
22. L’eccezionalità è sancita dalle Practice directions – Requests for interim measures, individuate, ai sensi dell’art. 32 del Regolamento, il 5 marzo 2003, modificate il 16 ottobre 2009 e il 7 luglio 2011 (www.echr.coe.int/documents/pd_interim_measures_eng.pdf).
23. Mamaktulov e Askarov c. Turchia, § 104.
24. Sull’ambito di applicazione delle misure provvisorie, C. Quattrocchi, Le misure provvisorie secondo la Cedu e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, Aracne, Roma, 2019, pp. 41 ss.
25. Soering c. Regno Unito, ric. n. 14038/88, 7 luglio 1989, §§ 85 ss.; Öcalan c. Turchia, ric. n. 46221/99, 12 maggio 2005; Al-Saadoon e Mufdhi c. Regno Unito, ric. n. 61498/08, 4 ottobre 2010.
26. Ebedin Abi c. Turchia, ric. n. 10839/09, 13 marzo 2018; Miguel Dala c. Paesi Bassi, ric. n. 47880/07, 4 maggio 2010.
27. Jashi c. Georgia, ric. n. 10799/06, 8 gennaio 2013; Einhorn c. Francia, ric. n. 7155/01, 16 ottobre 2001; Prezec c. Croazia, ric. n. 7508/05, 28 agosto 2008; Guram Elizbarashvili c. Georgia, ric. n. 28263/07, 9 novembre 2010.
28. X. c. Croazia, ric. n. 11223/04, 17 luglio 2008, § 61, ove la Corte ha indicato al Governo convenuto la nomina di un avvocato in favore del ricorrente; Othman (Abu Qatada) c. Regno Unito, ric. n. 8139 /09, 17 gennaio 2012, ove la Corte ha basato l’ordine di non espulsione di un cittadino giordano sospettato di collegamenti con l’organizzazione di Al-Qaeda sul concreto pericolo che nel Paese di destinazione venisse sottoposto a un giudizio basato su prove acquisite mediante tortura.
29. Budina c. Russia, ric. n. 45603/05, 18 giugno 2009; M.S.S. c. Belgio e Grecia, cit. (21 gennaio 2011), § 252.
30. V.C. c. Italia, ric. n. 54227/14, 1° febbraio 2018; S.M. c. Croazia, ric. n. 60561/14, 19 giugno 2018.
31. Talpis c. Italia, ric. n. 41237/14, 2 marzo 2017; D.M.D. c. Romania, ric. n. 23022/13, 3 ottobre 2017.
32. Evans c. Regno Unito, ric. n. 6339/05, 10 aprile 2007; Knecht c. Romania, ric. n. 10048/10, 2 ottobre 2012, § 19.
33. ANO RID Novaya Gazeta et al. c. Russia, ric. n. 11884/22.
34. Ucraina c. Russia, ric. n. 20958, 13 marzo 2014.
35. Rappresenta un’eccezione il caso Georgia c. Russia (III), ove la Corte ha chiesto informazioni allo Stato convenuto prima di emettere le misure provvisorie.
36. I leading case sul punto sono: Mamatkulov e Askarov c. Turchia [GC], ricc. nn. 46827/99 e 46951/99, 4 febbraio 2005; Paladi c. Moldavia [GC], ric. n. 39806/05, 10 marzo 2009; Kondrulin c. Russia, ric. n. 12987/15, 20 settembre 2016.
37. Comitato direttivo per I diritti dell’uomo (CDDH), Report on interim measures under rule 39 of the Rules of Court, R77, 22 marzo 2013, Addendum III.
38. Così celebrata da M. Buscemi e C. Pitea, L’esplosione del contenzioso interstatale sui diritti umani tra aspettative e realtà, in Dir. umani e dir. internaz., n. 2/2021, p. 355; analogamente, L. Acconciamessa, Le misure cautelari, op. cit., p. 414.
39. La Corte europea ha indicato misure cautelari in procedure di ricorso interstatale nei seguenti casi: per la prima volta, in relazione al conflitto armato nelle regioni dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia, Georgia c. Russia (II), ric. n. 38263/08; Georgia c. Russia (III), ric. n. 61186/09, per l’immediato rilascio di quattro minori georgiani detenuti dalle autorità separatiste nelle suddette regioni, sotto il controllo della Russia (a seguito di ulteriori informazioni richieste dalla Corte, il caso è stato radiato dal ruolo e le misure non adottate, in ragione del rilascio dei minori); Ucraina c. Russia (I), ric. n. 20958/14, chiamato “re Crimea” a seguito della riunione col procedimento relativo al conflitto armato in Crimea, Ucraina c. Russia (IV), ric. n. 42410/15; Ucraina c. Russia (II), ric. n. 49537/14, sul rapimento di un gruppo ucraino di minori e degli adulti che li accompagnavano, da parte di gruppi armati separatisti sotto il controllo della Russia (le misure sono state revocate quando sono stati rilasciati e hanno fatto ritorno in Ucraina); Ucraina c. Russia (VIII), ric. n. 55855/2018, relativo all’incidente navale nello Stretto di Kerch e alla successiva detenzione dell’equipaggio di una nave militare ucraina da parte delle autorità russe; infine, i ricorsi nell’ambito del conflitto armato nella regione del Nagorno-Karabakh, ossia: Armenia c. Azerbaijan, ric. n. 42521/20; Armenia c. Turchia, ric. n. 43517/20; Azerbaijan c. Armenia, ric. n. 47319/20.
40. In dottrina si parla di ricorsi “interessati” o “disinteressati”, “puri” o “impuri”, “d’ordine pubblico” o “di protezione diplomatica”. Cfr. P. Palchetti, Ricorsi interstatali in materia di diritti umani: uno strumento da maneggiare con cura, in Dir. umani e dir. internaz., n. 2/2021, pp. 361 ss. Anche la Corte menziona siffatta distinzione, mediante l’argomentare del Governo croato, in Slovenia c. Croazia [GC], ric. n. 54155/16, 18 novembre 2020, § 46.
41. Vds. Georgia c. Russia (II), ric. n. 38263/08, 13 dicembre 2011, § 88: «In determining the existence of prima facie evidence, the Court must ascertain – in the light of the criteria already applied by the Commission and the Court in inter-State cases – whether the applicant Government’s allegations are wholly unsubstantiated (“pas du tout étayées”) or are lacking the requirements of a genuine allegation in the sense of Article 33 of the Convention (“feraient défaut les éléments constitutifs d’une véritable allégation au sens de l’article 33 de la Convention”)».
42. A. Saccucci, Le misure provvisorie della Corte europea dei diritti umani nell’ambito della procedura di ricorso interstatale Georgia c. Russia, in Dir. umani e dir. internaz., n. 1/2009, pp. 129 ss.
43. Cancelleria della Corte Edu, European Court of Human Rights grants request for interim measures, comunicato n. 581, 12 agosto 2008; Interim measure granted in inter-State case brought by Ukraine against Russia, com. n. 073, 13 marzo 2014; The Court grants an interim measure in the case of Armenia v. Azerbaijan, com. n. 265, 30 settembre 2020, poi estese anche alla Turchia (The Court’s decision on the request for an interim measure lodged by Armenia against Turkey, com. n. 276, 6 ottobre 2020).
44. Georgia c. Russia (II) [GC], ric. n. 38263/08, 21 gennaio 2021, § 8.
45. K. Dzehtsiarou, Ukraine - Russia Inter-State Application, in ECHR Blog, 24 marzo 2014: «whether the ECHR is institutionally capable of preventing a war and ensuring the effectiveness of such interim measures (…) if the Court becomes too ambitious, it might damage its reputation and legitimacy».
46. Letteralmente: «the most crucial issue to be addressed» nell’ambito del «Drafting Group on Effective Processing and Resolutions of Cases Relating to Inter-State Disputes», creato dal Comitato direttivo per i diritti umani del Consiglio d’Europa nel novembre 2019, con lo scopo di elaborare proposte per gestire in modo efficace i ricorsi interstatali e individuali scaturenti da controversie tra Stati.
47. Sul tema, E. Carpanelli, Il rapporto tra ricorsi interstatali e individuali dinnanzi alla Corte europea dei diritti umani, in Dir. umani e dir. internaz., n. 2/2021, pp. 389 ss.
48. Irlanda c. Regno Unito, n. 5310/71, 18 gennaio 1978 (con revisione del 20 marzo 2018).
49. Decisioni Donnelly et al. c. Regno Unito, ricc. nn. 5577/72 e 5583/72, 5 aprile 1973, nonché Varnava et al. c. Turchia, ricc. n. 16064/90 e altri, 14 aprile 1998.
50. Così, in Varnava et al. c. Turchia [GC], 18 settembre 2009, § 117, nell’interpretare il previgente art. 27 della Convenzione (attuale art. 35), «[t]he Court notes that in its decision on admissibility in these applications the Commission left open the general question whether it was precluded under the former Article 27 § 1 (b) from examining in the context of an individual application a “matter” which had already been examined in an inter-State case (see Varnava and Others v. Turkey, nos. 16064/90, 16065/90, 16066/90, 16068/90, 16069/90, 16070/90, 16071/90, 16072/90 and 16073/90, Commission decision of 14 April 1998, Decisions and Reports (DR) 93-A, p. 5, referring to Donnelly and Others v. the United Kingdom, nos. 5577/72-5583/72, Commission decision of 5 April 1973, Yearbook 16, p. 212). It considered in any event that it had not been established that its previous findings in the third inter-State application concerned the missing men in the present applications and that as the examination of the merits remained to be carried out in the pending fourth inter-State application, the matter could not be regarded as having already been examined in that context either».
51. Rispetto al contenzioso promosso dalla Georgia contro la Federazione russa, nel ricorso individuale Dzidzava c. Russia, ric. n. 16363/07, 20 dicembre 2016, § 7, «[t]he application was allocated to the former Fifth Section of the Court. On 9 February 2010 a Chamber of the former Fifth Section decided to communicate the application to the Government for information and to adjourn its examination pending the outcome of the proceedings in the interState case Georgia v. Russia (I) [GC] (no. 13255/07)».
52. In Cipro c. Turchia (IV), la sentenza sull’equa soddisfazione viene emessa nel 2014, ossia 13 anni dopo la pronuncia nel merito del 10 maggio 2001; in Georgia c. Federazione russa (I), la sentenza sull’equa soddisfazione viene emessa il 31 gennaio 2019, 5 anni dopo la sentenza sul merito del 3 luglio 2014. In entrambi i casi, la Corte ha ritenuto, in sede di decisione nel merito, di non avere elementi sufficienti per decidere sull’equa soddisfazione e di rinviare la decisione ex art. 41 della Convenzione
53. Possibilità esclusa in Varnava et al. c. Turchia, cit., §§ 119 ss., poiché nel precedente interstatale Cipro c. Turchia (IV) le vittime non erano state identificate.
54. In Berdzenishvili et al. c. Russia, ric. n. 14594/07, 26 marzo 2019, la Corte ha accolto le richieste di equa soddisfazione avanzate dai ricorrenti sulla base delle indicazioni provenienti dal contenzioso interstatale.
55. Dzidzava c. Federazione russa, cit.
56. «These persons include those taking refuge in shelters, houses and other buildings, fearing for their lives due to ongoing shelling and shooting, without or with limited access to food, healthcare, water, sanitation, electricity and other interconnected services essential for survival, in need of humanitarian assistance and safe evacuation».
57. Con riguardo, esemplificativamente, al procedimento contumaciale italiano, Sejdovic c. Italia, ric. n. 56581/00, 1° marzo 2006, § 120: «In Broniowski v. Poland ([GC], no. 31443/96, §§ 188-94, ECHR 2004-V) the Court considered that, where it found that a violation had originated in a systemic problem affecting a large number of people, general measures at national level could be called for in the execution of its judgments. This kind of adjudicative approach by the Court to systemic or structural problems in the national legal order has been described as a “pilot-judgment procedure”. The procedure is primarily designed to assist the Contracting States in fulfilling their role in the Convention system by resolving such problems at national level, thereby securing to the persons concerned the Convention rights and freedoms as required by Article 1 of the Convention, offering them more rapid redress and, at the same time, easing the burden on the Court, which would otherwise have to take to judgment large numbers of applications similar in substance». Vds. S. Pazienza, Sentenze Pilota della Corte Edu e revisione del processo: spunti di riflessione dalla Corte di Cassazione, in Questione giustizia online, 8 gennaio 2015, www.questionegiustizia.it/articolo/sentenze-pilota-della-corte-edu-e-revisione-del-processo_spunti-di-riflessione-dalla-corte-di-cassazione_8-01-2015.php.
58. A. Saccucci, La responsabilità internazionale dello Stato per violazioni strutturali dei diritti umani, Editoriale Scientifica, Napoli, 2018, pp. 42 ss.; A. Gianelli, A proposito di violazioni strutturali dei trattati di garanzia dei diritti dell’uomo, in Riv. dir. internaz., n. 4/2019, pp. 1109 ss.
59. Tema affrontato nell’ambito della giustizia civile, con taglio internazionale, da A. Cabral, Procedure di risoluzione standard e conflitti di massa, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2/2020, pp. 611 ss.
60. Irlanda c. Regno Unito [plenaria], ric. n. 5310/71, 18 gennaio 1978, § 159: «A practice incompatible with the Convention consists of an accumulation of identical or analogous breaches which are sufficiently numerous and inter-connected to amount not merely to isolated incidents or exceptions but to a pattern or system; a practice does not of itself constitute a violation separate from such breaches». Anche quando la Corte ha attribuito rilevanza alla natura ripetitiva o continuativa della violazione, non è arrivata a riconoscere l’esistenza di un’autonoma violazione della Convenzione – vds. Bottazzi c. Italia, ric. n. 34884/97, 28 luglio 1999, § 22: «The frequency with which violations are found shows that there is an accumulation of identical breaches which are sufficiently numerous to amount not merely to isolated incidents. Such breaches reflect a continuing situation that has not yet been remedied and in respect of which litigants have no domestic remedy. This accumulation of breaches accordingly constitutes a practice that is incompatible with the Convention».
61. Tale categoria è disciplinata dall’art. 15 del progetto di articoli sulla responsabilità internazionale del 2001. Sul rapporto tra composite act e violazione sistemica della Convenzione europea, sull’utilità di quest’ultima nel definire il primo (e non viceversa), M. Barnabò, Le violazioni sistematiche della Convenzione europea dei diritti dell’uomo come composite act ai sensi dell’art. 15 del progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati, in Riv. dir. internaz., n. 3/2018, pp. 753 ss.
62. Varnava et al. c. Turchia, cit., § 159: «Nonetheless, it has been said that the six-month time-limit does not apply as such to continuing situations (see, for example, Agrotexim Hellas S.A. and Others v. Greece, no. 14807/89, Commission decision of 12 February 1992, DR 72, p. 148, and Cone v. Romania, no. 35935/02, § 22, 24 June 2008); this is because, if there is a situation of ongoing breach, the time-limit in effect starts afresh each day and it is only once the situation ceases that the final period of six months will run to its end. In the fourth inter-State case, where it was implicit that a similar approach was applicable to a continuing practice – and in that case it was a continuous failure to comply with the obligation to investigate disappearances – the Court notes that the issue of the six-month rule had been joined to the merits by the Commission and neither Government had since made any submissions on the point (see Cyprus v. Turkey, cited above, §§ 103-104)».
63. Cocchiarella c. Italia, ric. n. 64886/01, 29 marzo 2006, § 67: «All this has led the Court to award higher levels of compensation than those awarded by the Convention institutions prior to 1999, and which may differ from those applied in the event of a finding of other violations. This increase, far from being a punitive measure, was intended to serve two purposes. On the one hand it encouraged States to find their own, universally accessible, solution to the problem, and on the other hand it allowed applicants to avoid being penalised for the lack of domestic remedies».
64. I. Risini, The Inter-State Application under the European Convention on Human Rights. Between Collective Enforcement of Human Rights and International Dispute Settlement, Brill (Nijhoff), Leida, 2018, pp. 208-209; vi aderisce E. Carpanelli, Il rapporto tra ricorsi, op. cit., p. 410.