Il senso della giustizia penale internazionale di fronte alla guerra in Ucraina
Di fronte alla brutale invasione russa dell’Ucraina, è legittimo chiedersi che senso abbia ragionare in termini di diritto e di responsabilità penali individuali. In realtà, mai come ora è importante interrogarsi sul ruolo della giustizia internazionale di fronte a un conflitto in corso. Il contributo in oggetto delinea i meccanismi di esecuzione del diritto penale internazionale, sia a livello internazionale (ICC) che domestico, con specifico riferimento ai gravi crimini commessi sul territorio ucraino.
1. Una premessa / 2. L’immediata reazione del diritto internazionale / 3. Le leggi di guerra e il diritto penale / 4. Le indagini della Corte penale internazionale / 5. Istituire un Tribunale penale internazionale ad hoc? / 6. Il ruolo delle corti nazionali / 7. Conclusioni
1. Una premessa
Di fronte alla brutale invasione dell’Ucraina da parte del Presidente russo Vladimir Putin, mentre i carri armati avanzano, le bombe esplodono sulle città, i civili vengono uccisi e la minaccia di un conflitto nucleare incombe su tutti noi, ha senso interrogarsi su quale sia il ruolo della giustizia internazionale? È realistico ragionare di diritto, e più precisamente di responsabilità penali individuali, di fronte a uno scenario tanto complesso, di inestricabili intrecci politico-economici, che sta minando il nostro (perduto) ordine mondiale?
In realtà, mai come ora ha senso. Mai come ora occorre riaffermare i (molti) principi di diritto violati. Mai come ora abbiamo bisogno di ragionare in termini di norme e di sanzioni, anche penali. Del resto, l’opzione militare (anche in funzione difensiva) sta mostrando tutti i suoi limiti in questo scacchiere nucleare.
2. L’immediata reazione del diritto internazionale
Che, a dispetto dei suoi detrattori, il diritto internazionale non sia affatto morto lo dimostra la miriade di azioni legali che sono state intraprese in questi pochi giorni a livello internazionale. Diviene persino difficile tenerne traccia, tante sono le iniziative a più livello. Accanto alle varie opzioni penalistiche, di cui si dirà dopo, altre importanti iniziative sono state intraprese sul piano del diritto internazionale. Anzitutto, l’urgente richiesta dell’Ucraina alla Corte di giustizia internazionale (ICJ), presentata in data 26 febbraio 2022, che ha avviato la disputa contro la Russia per avere manipolato e falsamente utilizzato accuse di genocidio per giustificare la sua «special military operation» in Ucraina[1]. Il 1° marzo la Corte europea dei diritti dell’uomo ha disposto misure urgenti («interim measures») in relazione all’operazione militare russa in Ucraina, disponendo che la Russia debba assicurare la salvaguardia dei civili, astenersi da attacchi contro i civili e le infrastrutture civili, tra cui in particolare scuole e ospedali[2]. Il Consiglio d’Europa, organo dedicato al rispetto dei diritti umani, della Rule of Law e della democrazia, il 1° marzo ha adottato una dichiarazione sulla situazione, condannando nei termini più forti l’attacco militare della Russia all’Ucraina[3]. Già il 25 febbraio, il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa aveva annunciato la decisione di sospendere il diritto della Russia a essere rappresentata in quella sede[4]. Varie iniziative si sono susseguite in sede Onu, tra cui, molto brevemente: l’Alto Commissariato per i Diritti umani (OHCHR) si è riunito urgentemente il 3 marzo, tra l’altro, per votare una commissione di indagine incaricata di «documentare le serie violazioni dei diritti umani, preservare le prove e identificare i sospetti responsabili dei gravi crimini»[5]. Tale commissione di indagine potrebbe essere istituita dal Consiglio dei Diritti umani (UNHRC), ma anche dall’Assemblea generale. È fondamentale ricordare che il 2 marzo un’importante risoluzione è stata adottata in questa sede – con la maggioranza di ben 141 voti a favore – che impone alla Russia di «immediately, completely and unconditionally withdraw all of its military forces from the territory of Ukraine within its internationally recognized borders». Solo cinque Paesi – Bielorussia, Corea del Nord, Eritrea, Russia e Siria – hanno votato contro, mentre 35 si sono astenuti[6].
3. Le leggi di guerra e il diritto penale
Che il diritto non taccia in guerra è ormai assodato da secoli. Sono lontani i tempi del detto “silent enim leges inter arma” dei filosofi romani. La guerra non è affatto uno spazio sottratto al diritto[7]. Con i codici militari prima, e il diritto internazionale umanitario poi, la guerra è stata regolata minuziosamente per limitarne gli effetti devastanti e i danni su coloro che vi partecipano (i combattenti) e su coloro che non vi partecipano (i civili).
Tale corpus normativo, confluito nel ramo del diritto internazionale chiamato Ius in bello e codificato nelle varie Convenzioni dell’Aia e di Ginevra del secolo scorso, è affiancato dall’altrettanto importante Ius ad bellum, che sancisce le (strette) condizioni sotto le quali il ricorso alla forza armata da parte degli Stati può essere legittimo. A seguito della Seconda guerra mondiale, gli Stati hanno solennemente deciso che il ricorso alla guerra è proibito, salvo che per autodifesa o in caso di autorizzazione dell’Onu all’uso della forza, come previsto dalla Carta delle Nazioni Unite del 1945.
Il passo successivo è stata la criminalizzazione delle violazioni di queste regole, in origine rivolte solo agli Stati. Non più, dunque, solo una responsabilità degli Stati sul piano internazionale ma, in caso di gravi violazioni di tali regole, anche una responsabilità individuale di natura penale per i responsabili di tali violazioni. Tutti concordano in questi giorni che l’invasione russa dell’Ucraina sembra prima facie integrare la definizione di «aggressione» di cui all’art. 8-bis dello Statuto della Corte penale internazionale, in forza del quale «il crimine di aggressione è un atto di aggressione che, per il suo carattere, gravità e scala, costituisce una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite».
I crimini di guerra e il crimine di aggressione (supremo “crimine contro la pace”) vanno dunque letti come una tutela rafforzata apprestata rispettivamente alle regole dello Ius in bello e dello Ius ad bellum.
Questo è il cuore del diritto penale internazionale, che da Norimberga ad oggi continua a espandersi e rafforzarsi.
Dai processi di Norimberga e Tokyo – passando per Eichmann in Israele, Pinochet in Spagna, Hissène Habré in Senegal, Milošević e le altre centinaia di casi davanti ai tribunali ad hoc per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda, i processi ai Khmer rossi in Cambogia, a Charles Taylor alla Corte Speciale per la Sierra Leone, i processi in Kosovo – fino ai tanti casi davanti alla Corte penale internazionale e ai diversi procedimenti condotti da procuratori nazionali per crimini internazionali commessi all’estero (come in Germania per i crimini del regime di Assad in Siria), sono ormai innumerevoli gli esempi.
Se c’è un momento in cui è chiaro che questa guerra è legata alle scelte criminali di un singolo individuo (coadiuvato dai suoi stretti apparati) è questo. Potrebbe quindi Putin (con i suoi uomini) finire a giudizio?
Le possibilità teoriche non mancano, anzitutto all’Aia ma anche altrove, ad esempio di fronte a un tribunale internazionale ad hoc o a un giudice nazionale in base al principio della giurisdizione universale. Il problema, semmai, sono i meccanismi di esecuzione di eventuali decisioni.
Ma vediamo in breve quali sono le principali alternative.
4. Le indagini della Corte penale internazionale
L’attivazione di una indagine davanti alla Corte penale internazionale (ICC) è sicuramente il più concreto – e, a mio parere, promettente – strumento attualmente a disposizione. Tra le molte ragioni, in primo luogo il fatto che è un tribunale indipendente, quindi non imbrigliato dalla paralisi dell’Onu. In secondo luogo, l’irrilevanza davanti alla Corte di qualsiasi immunità, compresa quella dei capi di Stato o di governo, ai sensi dell’art. 27 dello Statuto.
In effetti, la situazione ucraina è stata oggetto di analisi da parte della Procura dell’Aia già dall’aprile 2014, a seguito dei ben noti fatti connessi alle proteste di Maidan del novembre 2013, che avevano portato l’allora Governo ucraino ad avvicinarsi all’ICC. Pur non essendo l’Ucraina uno Stato parte della Corte, non avendone (ancora) ratificato il trattato istitutivo – lo Statuto di Roma del 1998 –, ne ha accettato la giurisdizione ad hoc, un meccanismo previsto dall’art. 12, comma 3 dello Statuto e già utilizzato da altri Stati in passato per dare giurisdizione alla Corte su fatti specifici[8]. Nel 2015 l’Ucraina aveva presentato una seconda dichiarazione di accettazione della giurisdizione della Corte con effetto retroattivo, sostanzialmente un invito rafforzato alla Procura ad aprire le indagini sui gravi crimini commessi sul proprio territorio, a far data appunto dal 2013[9].
All’esito di tale analisi preliminare, già alla fine del 2020 l’allora procuratrice della Corte, Fatou Bensouda, aveva concluso che tutti i criteri previsti dallo Statuto di Roma per l’apertura di un’indagine erano integrati[10]. L’indagine, che includeva oltre ai presunti crimini contro l’umanità legati alle proteste di Maidan anche l’occupazione russa della Crimea, non era tuttavia stata ritenuta degna di priorità («prioritized») rispetto ad altre, e dunque non era di fatto stata avviata.
Il 28 febbraio 2022 il nuovo procuratore della Corte penale internazionale, l’inglese Karim Khan, ha finalmente annunciato la decisone di avviare le indagini sui gravi crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in Ucraina. A tal fine, ha sollecitato l’iniziativa degli Stati parte per velocizzare l’iter processuale: in presenza di una richiesta (tecnicamente un referral, ai sensi dell’art. 13 Statuto ICC) di uno Stato (o del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, opzione chiaramente esclusa nel caso in questione), in base a quanto previsto all’art. 14 dello Statuto, il procuratore può infatti avviare le indagini immediatamente, senza dovere attendere un’autorizzazione in tal senso da parte della Camera preliminare (la quale autorizzazione, analizzando la prassi della Corte, impiega circa 4 mesi ad arrivare).
Due giorni dopo, il 2 marzo, lo stesso procuratore ha confermato che 39 Stati membri della Corte avevano presentato un referral congiunto sulla situazione Ucraina, chiedendo alla Corte dell’Aia di indagare i crimini internazionali commessi nell’ambito del conflitto. All’iniziale referral della Lituania[11] si è, infatti, presto aggiunta la comunicazione inviata formalmente dalla Gran Bretagna a nome di 38 Stati, inclusa l’Italia e tutti gli altri Paesi dell’Unione europea, insieme ad Australia, Canada, Colombia, Costa Rica, Georgia, Islanda, Lichtenstein, Nuova Zelanda, Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Irlanda[12].
Nella breve lettera di referral, gli Stati firmatari affermano di avere:
«deciso di riferire la situazione in Ucraina al procuratore della Corte penale internazionale al fine di richiedere al procuratore di indagare ogni atto integrante crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio, potenzialmente commessi sul territorio dell’Ucraina dal 21 novembre 2013 in avanti, incluse le attuali denunce di commissione di crimini in corso su tutto il territorio ucraino, con ciò chiedendo alla Corte di esercitare la sua giurisdizione rispetto all’ambito di accettazione [di giurisdizione della Corte] da parte dell’Ucraina»[13].
Si tratta di una notizia di grande rilevanza, che va valutata assai positivamente in quanto vede i Paesi europei compatti nel ricorrere al diritto, alla giustizia penale internazionale, non a posteriori, ma nel vivo del conflitto.
Il procuratore non nasconde la «miriade di ostacoli» che l’indagine in Ucraina rappresenta, ma si mostra determinato a procedere[14]. Premesso che, come subito chiarito dalla Procura, l’indagine sarà a 360 gradi, e riguarderà anche potenziali crimini commessi dalle forze ucraine, tra i maggiori limiti all’intervento della Corte certamente vi è il fatto che non potrà avere giurisdizione sul crimine di aggressione. Tale fattispecie, la cui definizione è stata inserita nello Statuto di Roma, all’art. 8-bis, in un secondo momento (a Kampala nel 2010, in occasione della Conferenza di revisione dello Statuto), prevede un regime particolare. Ai sensi dell’art 15-bis, comma 5, perché vi sia giurisdizione si richiede che gli Stati coinvolti siano membri della Corte (cosa che né la Russia né l’Ucraina sono). Né, del resto, è ovviamente pensabile in questo caso un referral del Consiglio di Sicurezza dell’Onu ai sensi dell’art. 15-ter dello Statuto.
5. Istituire un Tribunale penale internazionale ad hoc?
Il 4 marzo è stata diramata una interessante iniziativa, sottoscritta da eminenti giuristi e guidata dall’ex-Primo ministro britannico Gordon Brown, per la creazione di un Tribunale ad hoc per il conflitto Russia-Ucraina[15].
Tra i promotori vi è Philippe Sands, docente di diritto e autore del bellissimo East West Street. On the origins of genocide and crimes against humanity, ambientato proprio a L’viv (Leopoli) negli anni della Seconda guerra mondiale[16].
Ed è chiaramente a Norimberga che Sands si richiama quando, retoricamente, chiede:
«Why not set up a dedicated international criminal court to investigate Putin and his friends for this crime?»[17].
L’iniziativa è motivata dall’impossibilità, cui si accennava sopra, per la Corte penale internazionale di giudicare eventuali responsabilità russe per il crimine di aggressione. In tal senso i promotori ritengono che istituire un tribunale ad hoc separato potrebbe rappresentare una valida alternativa per chiudere il gap di impunità. Inoltre, mentre è in dubbio il sostegno degli Usa alla ICC, di cui come è noto non sono Stati parte e, come tali, si oppongono strenuamente all’estensione della giurisdizione della Corte sui cittadini di Stati non parte, è prevedibile che il Governo statunitense appoggerebbe un tale tribunale ad hoc[18].
Per quanto suggestiva, l’idea ha subito sollevato numerose perplessità e attratto critiche[19], in particolare per due ordini di ragioni, che possono essere riassunte in: (1) mancanza di opportunità di istituire un secondo tribunale internazionale e (2) dubbia utilità dello strumento.
Tra le prime rientrano anche considerazioni di tipo meramente economico, nel senso che il budget (consistente) che sarebbe richiesto per l’istituzione di questo tribunale potrebbe essere meglio impiegato per rafforzare meccanismi già esistenti, in primis le indagini avviate dalla Corte penale internazionale. È pur vero che la ICC non ha giurisdizione sul crimine di aggressione, ma i crimini di guerra e quelli contro l’umanità non rappresentano certo un ripiego in termini di responsabilità degli attori coinvolti. Se si considera poi che, data la (ahimè) necessaria selettività della giustizia penale internazionale – ove, a fronte di moltissime situazioni di commissione di gravi crimini internazionali, non si riesce a istituire neanche un meccanismo d’indagine – prospettarne ora due o più per la stessa situazione può apparire fuori luogo. Certamente è difficile immaginare come i due tribunali potrebbero convivere senza cannibalizzarsi a vicenda: è presumibile che le stesse persone sarebbero “wanted” sia dalla Corte penale internazionale (come responsabili per i crimini di guerra e contro l’umanità di sua competenza), sia dal tribunale ad hoc (come responsabili del crimine di aggressione). L’unica soluzione in tal senso sarebbe riservare a quest’ultimo i processi nei confronti dei soggetti in posizione apicale, Putin e pochissimi altri, essendo in effetti l’aggressione per definizione un crimine che può essere commesso solo da individui a livello di comando, e lasciando all’ICC i processi contro i soggetti di rango inferiore. Altrimenti occorrerebbe sequenziare i processi, con un allungamento a dismisura dei tempi della giustizia.
Quanto alle ragioni di dubbia utilità, esse si legano a quanto appena notato: posto che sarebbe necessario arrestare i presunti responsabili del crimine di aggressione per celebrarne il processo, trattandosi dei massimi vertici del Governo russo, tale tribunale potrebbe realisticamente funzionare solo una volta assicurato un cambio di regime (come in effetti è stato per tutti i tribunali ad hoc del passato)[20]. A quel punto, tuttavia, probabilmente alcuni degli ostacoli che rendono oggi non processabile l’aggressione davanti alla Corte penale internazionale potrebbero essere rimossi, con la conseguenza che tutti i procedimenti potrebbero essere accentrati davanti all’ICC.
6. Il ruolo delle corti nazionali
Occorre infine considerare il possibile ruolo delle corti interne nel perseguire i crimini commessi in Ucraina, inclusa l’aggressione.
Sia il codice penale russo sia quello ucraino prevedono la fattispecie di aggressione nonché i crimini di guerra. Lo stesso vale per il codice penale bielorusso[21]. In teoria, pertanto, i responsabili di tali crimini potrebbero essere portati a giudizio davanti alle corti interne dello Stato territoriale (l’Ucraina) o dello Stato di nazionalità (la Russia e la Bielorussia). Escludendo che le corti dello Stato di nazionalità dei responsabili abbiano intenzione di procedere in tal senso, la fattibilità di tali processi dipenderà da come evolverà la situazione militare sul campo e dalla capacità dell’Ucraina di arrestare i responsabili.
Accanto a ciò, sono emerse interessanti notizie riguardanti l’apertura di indagini in altri Paesi, tra cui la Polonia[22], la Spagna[23] e la Germania[24], sulla base del principio della giurisdizione universale.
Tale principio, come noto, è stato alla base degli importanti processi celebrati in Germania negli ultimi anni, riguardanti i crimini contro l’umanità commessi in Siria (da cittadini siriani contro cittadini siriani)[25]. Avendo la Germania adottato un principio di giurisdizione universale puro, non è formalmente richiesto alcun legame territoriale né di nazionalità con la commissione del crimine e nemmeno la presenza del sospettato sul suolo tedesco. Chiaramente, tuttavia, la circostanza che molti siriani – tra cui alcuni responsabili dei crimini e molte vittime – fossero presenti in Germania ha pesato molto nella decisione del procuratore federale tedesco di avviare le indagini e poi i processi.
Crimini di guerra e contro l’umanità possono essere perseguiti in molti Stati europei ed extraeuropei in base al principio della giurisdizione universale. Sono più rari i Paesi (come, ad esempio, l’Olanda) che estendono la propria giurisdizione penale, in assenza di link territoriali, al crimine di aggressione[26].
In Italia, in mancanza di un vero e proprio principio della giurisdizione universale, occorre interrogarsi sull’effettiva portata della nozione di “tendenziale universalità” della legge italiana[27]. La giurisprudenza si è già confrontata con tale quesito, in particolare rispetto all’interpretazione degli artt. 7, comma 1, n. 5, cp e 10, comma 2, cp, in occasione di procedimenti aperti in Italia per gravi crimini internazionali commessi all’estero, nel contesto delle dittature dell’America Latina (un esempio su tutti: il processo per il Plan Condor[28]) e, più di recente, per i crimini contro i migranti in Libia[29].
A prescindere dai criteri di giurisdizione, il problema maggiore è la mancanza nel nostro ordinamento di fattispecie adeguate a inquadrare i crimini in questione, mancando ancora le disposizioni di diritto penale sostanziale in materia di crimini internazionali nell’ordinamento penale italiano[30].
7. Conclusioni
Tutto ciò dimostra, a mio parere, che il diritto internazionale è uno strumento vivo, che i suoi principi ancora costituiscono il punto di riferimento a cui richiamarsi, anche e soprattutto nei momenti di crisi totale della politica e della diplomazia. Nonostante gli ostacoli, un mandato di arresto internazionale spiccato dall’ICC, in ipotesi anche nei confronti dei massimi vertici militari e politici russi per crimini di guerra o crimini contro l’umanità, non è affatto impossibile. Forse occorrerà attendere anni per la sua esecuzione, ma ciò non deve distogliere dalla importanza della decisione in sé, anche nel presente.
Sta agli Stati rafforzare i meccanismi di esecuzione del diritto internazionale, inclusi quelli di natura penale. In questo senso, i 39 Stati, Italia inclusa, che hanno presentato il referral alla Corte penale internazionale hanno ora il dovere di adottare tutte le misure necessarie, in termini di cooperazione ma anche di risorse e fondi messi a disposizione della Corte, per far sì che le indagini siano efficaci ed effettive. In questo senso, sono apprezzabili le parole della Ministra Cartabia che, parlando a Bruxelles al Consiglio giustizia e affari interni, ha sottolineato la determinazione dei Ministri della giustizia ivi riuniti «a non lasciare nessuna zona di impunità e a rafforzare la cooperazione fra di loro soprattutto nell’ambito di Eurojust»[31].
È inoltre chiaro che l’architettura disegnata a Roma nel 1998 può funzionare solo se basata su tutti i suoi pilastri, e quindi in primo luogo gli Stati, che dovranno fare la loro parte in questi anni per assicurare che i gravi crimini in corso non rimangano impuniti. Fondamentali saranno, quindi, le indagini e gli eventuali procedimenti a livello domestico, inclusi quelli fondati sul principio della giurisdizione universale, come in Germania, in Spagna o altri Paesi europei. Tutto ciò andrà chiaramente coordinato con possibili meccanismi investigativi istituiti dall’Onu, che avranno il delicato compito di affiancare le procure internazionali e nazionali nel documentare e mettere al sicuro le prove dei crimini commessi in Ucraina.
Il percorso è lungo e tortuoso, ma non dobbiamo demordere: a poco a poco la giustizia farà il suo corso.
1. Vds. la documentazione del caso davanti alla ICJ (www.icj-cij.org/public/files/case-related/182/182-20220227-APP-01-00-EN.pdf).
2. www.echr.coe.int/Documents/FS_Interim_measures_ENG.pdf.
3. https://rm.coe.int/declaration-pdf-eng/1680a5ab66.
4. www.coe.int/en/web/portal/-/council-of-europe-suspends-russia-s-rights-of-representation.
5. www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=28197&LangID=E.
6. https://news.un.org/en/story/2022/03/1113152
7. Si vedano anche le riflessioni di F. De Gregorio e G. Della Morte, Nonostante impedimenti e limiti, tra le armi il diritto non tace più, in Domani, 5 marzo 2022 (www.editorialedomani.it/idee/commenti/corte-penale-internazionale-crimini-ucraina-russia-cg1fcvvm).
8. Vds. la lettera del 6 aprile 2014, ai sensi dell’art. 12, comma 3 dello Statuto (www.icc-cpi.int/itemsDocuments/997/declarationRecognitionJuristiction09-04-2014.pdf).
9. Vds. la lettera dell’8 settembre 2015, sempre ai sensi dell’art. 12, comma 3 dello Statuto (www.icc-cpi.int/iccdocs/other/Ukraine_Art_12-3_declaration_08092015.pdf).
10. www.icc-cpi.int/Pages/item.aspx?name=201211-otp-statement-ukraine.
11. www.icc-cpi.int/itemsDocuments/ukraine/1041.pdf.
12. www.icc-cpi.int/itemsDocuments/ukraine/Article-14-letter.pdf.
13. www.icc-cpi.int/itemsDocuments/ukraine/State-Party-Referral.pdf.
14. www.reuters.com/world/icc-faces-myriad-challenges-prosecute-war-crimes-ukraine-2022-03-04/#main-conten.
15. https://gordonandsarahbrown.com/2022/03/calling-for-the-creation-of-a-special-tribunal-for-the-punishment-of-the-crime-of-aggression-against-ukraine/; https://gordonandsarahbrown.com/wp-content/uploads/2022/03/Combined-Statement-and-Declaration.pdf.
16. Il libro è anche tradotto in italiano da Guanda (2017). Per una recensione in inglese: www.theguardian.com/books/2016/may/22/east-west-street-origin-genocide-crimes-against-humanity-philippe-sands-review.
17. www.dailymail.co.uk/news/ukraine/article-10579137/PHILIPPE-SANDS-need-new-Nuremberg-trial-make-Putin-pay.html.
18. Si vedano, in tal senso, anche le riflessioni di L.D. Johnson, United Nations Response Options to Russia’s Aggression: Opportunities and Rabbit Holes, in Just Security, 1° marzo 2022 (www.justsecurity.org/80395/united-nations-response-options-to-russias-aggression-opportunities-and-rabbit-holes/).
19. Vds., con posizioni molto nette, K.J. Heller, Creating a Special Tribunal for Aggression Against Ukraine Is a Bad Idea, in Opinio Iuris, 7 marzo 2022 (https://opiniojuris.org/2022/03/07/creating-a-special-tribunal-for-aggression-against-ukraine-is-a-bad-idea/).
20. Vds. S. Vasiliev, Aggression against Ukraine: Avenues for Accountability for Core Crimes, in EJIL:Talk!, 3 marzo 2022 (www.ejiltalk.org/aggression-against-ukraine-avenues-for-accountability-for-core-crimes).
21. S. Vasiliev, op. ult. cit.
22. www.thefirstnews.com/article/polish-prosecutors-launch-investigation-into-russias-attack-on-ukraine-28331.
23. www.justiceinfo.net/fr/88438-ukraine-enquete-de-la-justice-espagnole-sur-des-violations-graves-du-droit-international-humanitaire-par-la-russie.html.
24. www.justiceinfo.net/en/88416-german-prosecutors-launch-probe-into-ukraine-war-crimes.html.
25. Più diffusamente su questi processi, vds. C. Meloni e M. Crippa, Torture di Stato in Siria. I procedimenti in corso in Germania per crimini internazionali commessi sotto il regime di Bashar al-Assad, in Sistema penale, 27 luglio 2020 (www.sistemapenale.it/it/articolo/meloni-crippa-torture-stato-siria-procedimenti-germania-crimini-internazionali-assad).
26. S. Vasiliev, Aggression, op. cit.
27. G. Marinucci - E. Dolcini - G.L. Gatta, Manuale di Diritto Penale, Giuffrè, Milano, 2020 (IX ed.), pp. 156 ss.
28. Corte assise Roma, 17 gennaio 2017 (dep. 10 aprile 2017), n. 31079.
29. Cass., sez. V, 12 settembre 2019 (dep. 27 novembre 2019), n. 48250, con commento di G. Mentasti, La Cassazione interviene sull’applicabilità della legge penale italiana ai reati commessi nei campi di detenzione in Libia, in Sistema penale, 4 febbraio 2020 (www.sistemapenale.it/it/scheda/cassazione-48250-2019-applicabilita-legge-penale-italiana-campi-detenzione-libia).
30. Per approfondire vds. il report relativo al convegno «Domesticating International Criminal Justice», svoltosi presso l’Università degli Studi di Milano lo scorso ottobre 2021 e interamente dedicato a tale argomento: https://sistemapenale.it/it/documenti/video-convegno-domesticating-international-criminal-justice-current-challenges-milano-2021-30-9.
31. www.gnewsonline.it/cartabia-al-gai-nessuna-impunita-per-i-crimini-in-ucraina/.