Una testimonianza
Il resoconto inedito della transizione all’ultimo conflitto, tuttora in atto, nella percezione di una protagonista della ricostruzione del sistema giudiziario ucraino.
1. Ho lavorato a Kyiv dal luglio 2018, da quando partecipo a “Pravo Justice”, il maggior progetto UE di supporto della riforma della giustizia in Ucraina, come key international expert sul sistema giudiziario. È stato un periodo sempre intenso e impegnativo, ma che mi ha fatto sentire che Maydan Nezalezhnosti (“Piazza dell’Indipendenza”) è diventata, in un certo senso, casa mia, in un mondo dove non solo c’è ancora il mio ufficio, ma dove abitavo in un appartamento con vista su questo spazio storico, nel pieno centro di Kyiv.
Pravo Justice ha coinvolto i processi cruciali di riforma del sistema giudiziario ucraino, compresi il controllo (vetting) dei membri del Consiglio superiore di giustizia e (attestation) dei pubblici ministeri, così come la formazione di una nuova «Alta Commissione di qualificazione» (High Qualification Commission) per i giudici, con un importante ruolo nella loro selezione, valutazione e promozione. Gli esperti hanno fornito consulenza su progetti di legge e documenti strategici rilevanti per l’operatività del sistema giudiziario (tribunali, pubblici ministeri, avvocati, mediatori, polizia). Sono onorata di essere stata nominata dal Presidente Zelensky membro internazionale del Comitato per la riforma del sistema giudiziario.
Molto lavoro è stato fatto dal nostro progetto anche a livello di tribunali in tutta l’Ucraina, con cui abbiamo lavorato direttamente sul campo. Circa 80 tribunali hanno partecipato a una delle nostre più importanti attività – Model Court Initiative – diretta al miglioramento della qualità del servizio nei tribunali ucraini. Assieme ai nostri colleghi – giudici, funzionari dei tribunali, servizio di sicurezza dei tribunali – e in stretta cooperazione con la Scuola nazionale per i giudici, abbiamo attuato le migliori pratiche nei settori della comunicazione, del supporto per i gruppi vulnerabili di utenti dei tribunali, del miglioramento dell’organizzazione interna, del rafforzamento della sicurezza. Questa iniziativa è diventata un marchio riconosciuto in Ucraina. Grazie ai tre principi fondamentali su cui è basata – rispetto, inclusività, sostenibilità –, abbiamo costruito una rete di “agenti del cambiamento” impegnata a migliorare la qualità dei tribunali, che è anche cruciale per promuovere la fiducia nel sistema giudiziario ucraino.
2. La guerra è sempre stata presente, in una certa misura, nelle nostre attività, perché dura in Ucraina dal 2014, da quando la Crimea è stata annessa dalla Russia e, poi, il Donbass è stato occupato dalle forze ribelli con il sostegno russo. Eravamo noi, in Europa occidentale e negli Stati Uniti, a fingere di non vedere cosa stava accadendo nell’Est dell’Ucraina. Per i miei amici e colleghi ucraini, la guerra era in corso senza interruzione. Ogni giorno i telegiornali mostravano informazioni dal fronte sul numero di persone uccise in Donbass, civili e soldati. Forse è per questo che, quando a novembre ho cominciato a essere sempre più sotto stress per gli avvertimenti di Joe Biden sull’imminente invasione da parte della Russia, i miei amici e colleghi erano molto più calmi di me, talvolta anche scherzosi. Così stavamo continuando il nostro lavoro, specialmente il cruciale processo di vetting dei membri del Consiglio superiore di giustizia, appena lanciato, con la partecipazione del Comitato etico composto da tre giudici ucraini e tre esperti internazionali. Stavamo preparando le interviste ai membri, raccogliendo e analizzando informazioni su di loro, sviluppando regole interne e la metodologia per questo processo molto delicato. Ma l’orologio ticchettava non solo per la riforma della giustizia, con i suoi stretti termini, ma anche per l’imminente invasione.
3. Sono stata in Ucraina per l’ultima volta alla fine di gennaio 2022. Abbiamo avuto una riunione con i membri della Commissione di selezione, un altro organismo con tre giudici ucraini e tre esperti internazionali, con l’incarico di controllare i candidati per l’Alta Commissione di qualificazione per i giudici. Era a Leopoli, poco dopo la fine delle celebrazioni per il nuovo anno. Era in qualche modo surreale, perché la città era coperta di bianca neve fresca, nei ristoranti si suonavano ancora canzoni natalizie, la gente pattinava nella piazza principale davanti al Municipio. Strana impressione che si stessero ancora preparando per Natale, e non per l’invasione in arrivo con i tamburi di guerra, colpiti sempre più forte.
Da Leopoli sono volata a Kyiv. C’erano molte cose da fare, anche connesse alla riapertura del tribunale di Avdyyivka, a soli 15 km dalla linea del fronte in Donbass. Il nostro progetto supportava la ricostruzione di questo tribunale, di cruciale importanza per i cittadini ucraini che vivevano nei territori del Donbass non controllati dall’Ucraina. Solo quando sono atterrata all’aeroporto Boryspil a Kyiv ho saputo che, per la prima volta, gli americani avevano consigliato ai loro cittadini di lasciare il Paese il più presto possibile.
Sono stata a Kyiv tre giorni, lavorando anche alla preparazione di una cerimonia di premiazione della Model Court dell’anno. Questa volta, con il mio gruppo di lavoro, abbiamo parlato molto dell’invasione, ma c’era ancora la convinzione che, se ci fosse stata, sarebbe stata limitata solo al Donbass, forse per creare un collegamento via terra con la Crimea. Il peggior scenario allora immaginato era un attacco a Kharkiv, la bella città nell’Est dell’Ucraina, a soli 40 km dal confine russo. C’era anche la convinzione che l’Ovest dell’Ucraina fosse sicuro, specialmente Leopoli, perché tutti credevano che fosse sotto l’ombrello della Nato grazie alla sua posizione, a soli 60 km dal confine polacco. Quando chiedevo loro notizie sulla preparazione per la guerra, i miei amici e colleghi ammettevano di aver fatto qualcosa, tutti loro avevano preparato una borsa per l’evacuazione, preso accordi per fuggire nell’Ovest dell’Ucraina, ma comunque scherzavano sulla necessità di comprare più grano per sopravvivere.
Gli ultimi giorni prima dell’attacco russo erano ancora calmi, ma si era nell’attesa che qualcosa succedesse. Non ero a Kyiv (pressoché tutti gli stranieri avevano lasciato l’Ucraina), ma stavamo ancora lavorando al controllo dei membri del Consiglio superiore di giustizia. La settimana dal 21 febbraio era programmata per le loro audizioni da parte del Comitato etico, acquisite online per ragioni di sicurezza. L’ultima audizione era in agenda per il 24 febbraio, e c’era ancora la speranza che saremmo riusciti a procedere…
Il 23 febbraio, la sera, la mia collega più vicina ed amica, Polina Li, mi ha chiamato dicendomi che, probabilmente, non ci saremmo incontrate il giorno successivo perché qualcosa di molto brutto stava per accadere. Penso sia stata la prima volta che ho sentito dalla sua voce che era veramente spaventata. Al mattino, alle 5.00 antimeridiane, ora di Kyiv, l’invasione è iniziata, e tutti sappiamo che è stata molto più ampia di quanto ci si aspettasse, perché l’intero territorio dell’Ucraina è stato posto sotto attacco. Anche Leopoli, che per molti ucraini rappresentava un porto sicuro.
4. L’Ucraina ha sorpreso il mondo con la sua resistenza, forza, dignità e coraggio. Nonostante la guerra in corso, le atrocità commesse dalle forze russe, i milioni di rifugiati e la catastrofe umanitaria, che così tanti luoghi ha colpito, lo Stato continua a operare guidato dal Presidente Zelensky, divenuto il simbolo della lotta contro il male. Nel giudiziario, si tengono processi penali, vengono raccolte le prove dei crimini di guerra, i tribunali stanno lavorando perché, anche in tempo di guerra, deve essere resa giustizia. A giudici e pubblici ministeri non è permesso di lasciare l’Ucraina, devono rimanere a lavorare per il Paese. Alcuni di loro si sono uniti alle forze armate, hanno cambiato le loro toghe per le uniformi, e i loro martelletti per i fucili. Indossano giubbotti anti-proiettile nelle aule di tribunale, vengono trasferiti dai tribunali distrutti in quelli in cui possono ancora operare. Dopo lo choc iniziale, il giudiziario ucraino sta facendo del suo meglio per servire il Paese, qualche volta per il prezzo più alto: si contano già in numero i giudici e membri del personale dei tribunali uccisi dai russi.
Anche Pravo Justice sta continuando le sue operazioni. Inizialmente, ci siamo soprattutto concentrati nel fornire aiuti umanitari, compresa la consegna di equipaggiamenti di sicurezza necessari in ogni tribunale, e successivamente abbiamo ristrutturato le nostre attività, per adattarle alla nuova realtà e ai nuovi problemi. Continuiamo a sostenere gli organi del giudiziario ucraino nell’esercizio delle loro funzioni cruciali per assicurare che il sistema giudiziario continui ad operare. Questo significa anche stretta collaborazione con l’amministrazione giudiziaria dello Stato, responsabile della logistica dei tribunali ucraini. I nostri esperti stano contribuendo allo sviluppo dei progetti di legge e degli altri regolamenti diretti alla facilitazione delle operazioni giudiziarie in tempo di guerra. Assieme alla Scuola nazionale per i giudici siamo tornati a svolgere formazione per i magistrati su vari argomenti rilevanti nel lavoro quotidiano. Tutte queste attività sono anche importanti per mantenere lo spirito, per mostrare che, nonostante la guerra, l’orientamento europeo del giudiziario ucraino non è cambiato e sarà, anzi, rafforzato.
Il Progetto ha ricompreso anche attività in risposta alla guerra in corso. Stiamo partecipando alla costruzione di un meccanismo volto ad accertare le responsabilità della Russia per crimini di guerra e violazioni del diritto umanitario commesse in Ucraina. Sono state intensificate le attività di formazione sulle indagini e i giudizi su tali casi per investigatori, pubblici ministeri e giudici, come diretta risposta alle loro necessità. Il nostro progetto si è unito alla coalizione delle organizzazioni formata per creare una rete di avvocati che partecipino alla raccolta di informazioni dai rifugiati ucraini nei vari Paesi europei, necessarie per documentare i crimini di guerra commessi dalle forze russe. Contribuiamo anche al sistema di aiuto legale per i rifugiati, così come alla facilitazione del networking di avvocati ucraini all’estero, non solo tra di loro, ma anche con i professionisti dei Paesi ospitanti.
Un altro aspetto molto importante del Progetto è la costruzione di una rete di supporto all’estero per il giudiziario ucraino. I nostri colleghi ucraini sono grati per l’assistenza che stanno ricevendo dalle associazioni professionali di molti Paesi europei, che li aiuta a sentirsi riconosciuti come parte della civiltà europea.
Gli ucraini stanno pagando un prezzo orrendo per questa guerra, in cui combattono non solo per se stessi, ma anche difendendo l’Unione europea dall’attacco. È per noi un obbligo morale aiutarli ora, mentre la guerra è ancora in corso, fornendo loro tutto il necessario. Ma dobbiamo essere consapevoli che, quando la guerra sarà finita, dovremo contribuire a ricostruire l’Ucraina. È il nostro obbligo morale verso questo popolo coraggioso.
Slava Ukraini!