L’istituzione del nuovo tribunale unico per le persone, i minorenni e le famiglie: un progetto di riforma tra luci e ombre
Il progetto di riforma della giustizia civile incide profondamente anche sulla materia del diritto della famiglia, delle persone e dei minori. In particolare, si prevede l’istituzione di un unico tribunale denominato «per le persone, per i minorenni e per le famiglie», destinato ad occuparsi, nelle sue diverse articolazioni sezionali, di tutte le materie ora ripartite fra tribunale ordinario, tribunale per i minorenni e giudice tutelare. Se l’obiettivo di realizzare una centralizzazione e semplificazione del riparto di competenze pare raggiunto, emerge invece un ritratto in chiaroscuro degli ulteriori punti qualificanti del ddl. In particolare, pare opportuno auspicare e suggerire al legislatore un ripensamento circa l’esclusione della componente onoraria dal collegio chiamato ad assumere le decisioni – e anche una miglior distribuzione delle materie tra sezioni circondariali e distrettuali – o sull’esclusione della collegialità avanti alle sezioni circondariali, per evitare che provvedimenti assai delicati siano assunti da un giudice non soltanto “unico”, ma proprio “solo”.
La riforma prevede l’istituzione del cd. «Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie» (cfr. art. 1, comma 24 dell’articolato del ddl AS 1662, approvato dal Senato della Repubblica[1] e dal 5 ottobre 2021 assegnato alla Commissione giustizia della Camera dei deputati per l’esame in sede referente in prima lettura quale ddl AC 3289), una denominazione perfetta, inclusiva anche del termine «famiglie», innovativa e di forte significato, che comporterà grandi e importanti trasformazioni, non tutte però altrettanto luminose.
La metamorfosi dell’attuale assetto poggia su due pilastri: l’aspetto del procedimento, ovvero le regole del nuovo tribunale della famiglia, improntate al principio di razionalizzazione e miglior efficienza, e l’aspetto dell’ordinamento, con l’istituzione di un tribunale unico, al fine di garantire unitarietà di giurisdizione.
Quanto agli elementi positivi, non si può non sottolineare, in maniera innegabilmente favorevole, tra gli altri, la previsione dell’unificazione dei riti (quindi non si avranno più riti diversi per procedimenti diversi, a eccezione di alcuni specifici procedimenti, quali quelli relativi alle adozioni e agli allontanamenti, come stabilito dall’ art. 1, comma 23, che introduce un nuovo titolo - IV-bis - all’interno del libro II del codice di rito): una riforma procedurale che si attendeva da tempo, perché incongruente e discriminatoria l’attuale disparità di procedure e, dunque, di diritti. Inoltre, qualora la riforma fosse approvata in via definitiva, si avrebbe per le situazioni di conflittualità familiari, le separazioni di coppie coniugate e di ex-conviventi e per il divorzio (art. 1, comma 23, lett. a ss.) un rito più snello e più celere, sulla falsariga del rito del lavoro.
La progettata novella prevede altresì, opportunamente, che in questo tipo di procedimenti le parti debbano scambiarsi e fornire al giudice tutte le informazioni riguardanti i minori e le condizioni patrimoniali dei genitori; nella riforma ci si riferisce specificamente a un progetto di «piano genitoriale» (cfr. art. 1, comma 23, lett. f): la definizione non è perfettamente aderente, perché normalmente il “piano genitoriale” richiama il concetto di accordo tra genitori. Tuttavia, la sostanza è che ogni parte debba portare all’interno dei propri atti difensivi, nei procedimenti cosiddetti separativi, tutte le informazioni relative alla vita quotidiana e alle esigenze dei figli minori: questo, appunto, è il reale focus del giudizio. Si contempla, inoltre, la disclosure di tutte le informazioni relative alla situazione economica (cfr. art. 1, comma 23, lett. f e h), traslando sul piano normativo quanto già di fatto introdotto da alcune prassi consolidate della giurisprudenza di merito. Viene così concessa la possibilità al giudice di prima udienza di emettere i provvedimenti più aderenti possibili alla realtà di vita del minore e più confacenti al suo interesse (cfr. art. 1, comma 23, lett. m)[2].
La novella ha il pregio di aver regolamentato l’istituto della mediazione con la predisposizione sia di albi sia di un rafforzamento della tutela per quanti vi accedono (cfr. art. 1, comma 23, lett. p), ampliando inoltre, come era dovuto, le ipotesi di negoziazione assistita, senza più disparità di trattamento tra coniugati e non coniugati (art. 1, comma 35, lett. b).
Ha anche meglio disciplinato la figura del «curatore speciale del minore», che era stata già oggetto di attenzione giurisprudenziale, non solo nelle adottabilità e nelle azioni di stato, ma anche in altri procedimenti, prevedendo una tipizzazione di interventi, e specificatamente: negli allontanamenti, nelle decadenze e anche nei procedimenti nei quali si ravvisi che la responsabilità genitoriale non appare correttamente esercitata (cfr. art. 1, comma 23, lett. dd e comma 26, nonché commi 30 e 31, che riformano gli artt. 78 e 80 cpc)[3].
Manca ancora la disciplina della formazione specifica della figura del curatore speciale, anche se è lecito ritenere che tale materia costituirà oggetto della decretazione delegata.
Così come si auspica un chiarimento, nella medesima sede, della soppressione, prevista al comma 4 dell’art. 336 cc, dell’inciso «il minore» nella frase «i genitori e il minore sono assistiti da un difensore»; pare che la novella non contempli più come obbligatoria, anche per il minore, la difesa tecnica necessaria, prevista invece sempre per i genitori, in palese contrasto con principi espressi dalla normativa nazionale e internazionale[4].
Superflua, per quanto riguarda il curatore, la previsione che lo stesso debba anche ascoltare il minore (cfr. art. 1, comma 31, lett. b): questo compito appartiene al ruolo del curatore, che rappresenta gli interessi del minore e quindi ne valuta sicuramente l’interesse in accordo con il suo assistito, qualora possibile, in considerazione anche dell’età dello stesso[5]. È da considerare che non vi è una disciplina analoga per il legale degli adulti, e sembra che questo rafforzativo denoti un po’ di diffidenza verso la professionalità del curatore; un ruolo che, per vero, è viceversa molto valorizzato, in quanto si arriva anche a riconoscere la possibilità di attribuirgli poteri sostanziali ad hoc, tali da consentirgli di operare anche al di fuori del processo, ogniqualvolta sia necessario adottare scelte di rilievo per la vita del minore (art. 1, comma 31, lett. b).
Questi – con le dovute eccezioni cui si è fatto cenno – sono, in via di estrema sintesi, gli aspetti positivi di una riforma che ha comunque un piano di intervento più ampio e, per quanto riguarda l’assetto del diritto di famiglia, delle persone e minori, almeno dal punto di vista procedimentale, porterà sicuramente degli innegabili vantaggi.
Altro pilastro è costituito dalla riforma ordinamentale che risponde alla domanda: chi sarà il giudice che si occupa di dare attuazione a questo progetto legislativo di nuovo rito giurisdizionale?
Allo stato abbiamo una suddivisione tra TO e TM dei procedimenti in materia di responsabilità genitoriale, a volte con problemi di conflitti negativi o positivi di competenza e duplicazioni delle procedure, il tutto dovuto non solo a un’incerta formulazione dell’art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile, ma anche, e più semplicemente, derivante dal fatto che le due banche dati SIGMA (TM) e SICID (TO), inspiegabilmente, in un mondo iperconnesso, non dialogano tra loro. Il che comporta un grande svantaggio per l’efficienza del sistema giustizia, senza contare che ad oggi i TM non sono stati dotati, ancora una volta inspiegabilmente, dell’importante strumento del PCT.
Con la riforma avverrà un cambiamento di questa struttura giudiziaria: si avrà un unico tribunale articolato in sezioni distrettuali e circondariali, e finalmente anche un’informatizzazione unica, con l’introduzione della consolle del magistrato e del pubblico ministero per tutti i procedimenti civili (art. 1, comma 24, lett. bb).
Anche l’ufficio della Procura sarà unico, prevedendosi che le funzioni del pubblico ministero siano svolte sia presso le sezioni distrettuali sia presso le sezioni circondariali, anche con modalità di collegamento da remoto (art. 1, comma 24, lett. t).
L’attuale tribunale per i minorenni non sarà più tale, ma si trasformerà, di fatto, in sezione distrettuale.
Alla sezione distrettuale non verranno più assegnate tutte le materie oggi di competenza del TM, ma solo le adozioni, i procedimenti penali e la materia di protezione internazionale e cittadinanza (cfr. art. 1, comma 24, lett. b e l), mantenendo l’attuale composizione multidisciplinare nel collegio decidente. Si occuperà, inoltre, e certo diventerà il suo ruolo principale, sostanzialmente del riesame di tutti i provvedimenti, sia definitivi sia provvisori con contenuto decisorio (art. 1, comma 24, lett. o e q), che verranno emessi dalle sezioni circondariali, competenti per tutte le altre materie riguardanti i minori, la famiglia e le persone.
Appare evidente come le competenze del tribunale per i minorenni andranno a perdersi a favore delle sezioni circondariali, che opereranno come giudici specializzati. Dunque alcuni procedimenti, peraltro strettamente collegati tra loro, come affidamenti e adozioni, o decadenze e adozioni, verranno decisi de sezioni diverse, anche se riguardanti lo stesso minore.
Le sezioni circondariali decideranno sempre con giudice monocratico; questo significa che, se prima vi erano dei procedimenti di cui si occupavano quattro giudici (due togati e due non togati) nei tribunali per i minorenni, ora gli stessi procedimenti andranno a essere assegnati, per competenza funzionale, alla sezione circondariale, ma a un solo giudice. Il che implica che non solo scomparirà la collegialità, e dunque il confronto nel momento della decisione, ma anche l’apporto delle competenze multidisciplinari che erano importantissime nei tribunali per i minorenni, e che hanno sempre contraddistinto, con una contaminazione virtuosa, non solo la giustizia ma anche, arricchendola, la cultura minorile nel nostro Paese.
Il legislatore, con un evidente tentativo di compromesso, ha previsto che anche nelle sezioni circondariali sarà istituito un ufficio del processo (cfr. art. 1, comma 24, lett. h e i).
Occorre ricordare che l’ufficio del processo verrà istituito in tutti i tribunali unici della famiglia, con l’obiettivo di incrementare l’efficienza del tribunale stesso e abbattere l’arretrato. All’interno dell’ufficio del processo confluiranno gli attuali giudici onorari, che ora nei TM espletano attività istruttorie e di ascolto del minore, su delega del giudice procedente, e che sempre nei TM, ora, partecipano obbligatoriamente all’assunzione in camera di consiglio di tutte le decisioni che riguardano i minori.
Invece, secondo la riforma, gli stessi si ritroveranno ad avere competenze ridimensionate e “ancillari” del giudice; infatti, nell’ufficio del processo, solo su specifica richiesta del giudice togato i giudici onorari potranno assumere delle funzioni, che sono funzioni di conciliazione, di informazione sulla mediazione, di ausilio all’ascolto del minore e di sostegno al minorenne e alle parti (definizione di difficile traduzione processuale), senza mai poter partecipare alla decisione (art. 1, comma 24, lett. i). Dai compiti delegati ai giudici onorari esperti è stata, peraltro, eliminata la possibilità di poter ascoltare i minori, ipotesi che nell’esperienza si è dimostrata invece di grande utilità, soprattutto per minori in tenera età o con vissuti traumatici (l’ascolto non potrà essere delegabile ex art. 1, comma 23, lett. f).
Un primo dubbio sorge spontaneo: attesa la mancanza di previsione di aumenti di organico, come sarà possibile che le funzioni prima espletate dai GO ricadano completamente sui giudici togati? È evidente che verranno effettuate molte meno istruttorie – dunque accertamenti – a danno di un percorso decisionale corretto, ovvero che, se tutti gli adempimenti istruttori verranno condotti dal solo giudice togato, questo non potrà che tradursi in un rallentamento importante del sistema giustizia, a danno dell’utenza.
Inoltre, come detto, è stato previsto che ogni decisone potrà essere reclamata avanti alla sezione distrettuale, che diviene quindi un giudice del riesame. Anche in questo caso, la visione che ne avrà la sezione distrettuale non sarà più una visione composita che coniuga saperi diversi, ma avrà una composizione sì collegiale, tuttavia esclusivamente togata (cfr. art. 1, comma 24, lett. o e p).
In sintesi, la nuova riforma ordinamentale si basa su un meccanismo di eccessiva semplificazione della fase decisoria iniziale, potenziando e aumentando la fase del controllo secondario, in un sistema che rischia di diventare più complesso e farraginoso, contraddicendo così la finalità della riforma di maggior efficienza.
Per una riforma senza luci e ombre, ma solo luminosa, è necessario dunque, ad avviso di chi scrive, intervenire con provvedimenti correttivi, sia con una migliore suddivisione di competenze che tenga conto della naturale connessione tra procedimenti, sia con la previsione di collegialità e multidisciplinarità, almeno per le decisioni più di rilievo relative alla vita dei minori. Non deve essere sottovalutata, inoltre, la necessità di implementazione di organico con stanziamento di fondi adeguati, destinati necessariamente anche al potenziamento della rete del welfare, luogo di prima accoglienza e intervento sul disagio sociale. Solo così verranno uniti ai criteri di razionalizzazione ed efficienza, finalità precipue della riforma, anche quelli di effettività della tutela e della giurisdizione, che deve sempre essere improntata al benessere sociale in modo etico, soprattutto se rivolta a soggetti vulnerabili.
1. In prosieguo, i riferimenti normativi non ulteriormente specificati devono intendersi effettuati in relazione al ddl AS 1662 e al testo del ddl AC 3289, nella versione trasmessa dal Senato della Repubblica alla Camera dei deputati il 22 settembre 2021 per l’esame in prima lettura, con assegnazione dal 5 ottobre 2021 alla Commissione giustizia in sede referente.
2. In linea con richieste dell’Uncm (Unione nazionale delle camere minorili), formulate già nel 2014 e codificate nelle linee guida (a cura del gruppo internazionale Uncm) Per una separazione dei genitori a misura dei minori, 14 giugno 2014, (https://lnx.camereminorili.it/linee-guida-separazione-misura-minori/).
3. Molti dei punti trattati dalla riforma, ivi comprese la giurisdizionalizzazione del procedimento ex art. 403 cc e la regolamentazione della figura del curatore, rientrano nelle richieste avanzate dall’Uncm da tempo e in più sedi. Da ultimo, vds. il comunicato Uncm Recovery fund e strumenti operativi per una giustizia a misura di minore, 19 aprile 2021 (https://lnx.camereminorili.it/wp-content/uploads/2021/04/Recovery-fund-e-strumenti-operativi-per-una-giustizia-a-misura-di-minore-definitivo-1.pdf).
4. Vds., in proposito, il comunicato Uncm Riforma sì, ma nel rispetto dei principi di specializzazione, collegialità e multidisciplinarietà, 19 settembre 2021 (https://lnx.camereminorili.it/wp-content/uploads/2021/09/comunicato-19-settembre-2021.pdf).
5. D’altronde l’Uncm, già dal 2009, aveva emanato le linee guida sul ruolo del curatore e del difensore del minore, con previsione della necessità e delle modalità di ascolto dei soggetti di età inferiore ai 18 anni da parte del curatore speciale – cfr. Uncm, Linee guida del curatore speciale del minore nei procedimenti civili aggiornate a settembre 2019, 28 settembre 2019 (https://lnx.camereminorili.it/linee-guida-curatore-speciale-del-minore/).