L’ufficio per il processo nelle sezioni distrettuali specializzate di immigrazione e protezione internazionale: una straordinaria occasione di innovazione a supporto della tutela dei diritti fondamentali degli stranieri
Le sezioni specializzate di protezione internazionale e immigrazione costituiscono una straordinaria occasione per sperimentare un modello ampio, flessibile e aperto di ufficio per il processo, a supporto di un coordinamento orizzontale del lavoro di tutti i diversi protagonisti e delle loro differenti professionalità.
1. Premessa / 2. La specificità del contenzioso delle sezioni specializzate / 2.1. L’arretrato attuale e la durata prospettica / 2.2. Urgenza dei procedimenti trattati e rango dei diritti violati / 3. Le diverse figure di staff necessarie / 3.1. Le attività di staff del presidente di sezione / 3.2. Le attività di staff del giudice / 3.3. Staff di documentazione e archiviazione permanente / 4. Conclusioni
1. Premessa
L’«ufficio per il processo» (UPP) evoca progetti ormai risalenti e variegati, ma che oggi acquistano nuovamente, in tutto o in parte, attualità nella costruzione di una nuova architettura organizzativa della giustizia ordinaria e nella re-ingegnerizzazione della funzione giurisdizionale.
Le nuove norme[1] e le consistenti risorse sono destinate a produrre un’accelerazione in grado davvero di far lievitare le buone prassi organizzative e processuali, che sono state elaborate e sperimentate in oltre venti anni di impegno di molti magistrati, avvocati e funzionari amministrativi, con il prezioso ausilio dell’università, nel vivo della giurisdizione e nelle più svariate sedi associative, professionali o interprofessionali, di settore o generaliste[2] – a partire dagli Osservatori sulla giustizia civile, che hanno dedicato molte sessioni delle loro assemblee nazionali al tema.
Gli uffici giudiziari si trovano istantaneamente di fronte a un nuovo inizio che, seppur non privo di rischi, è certamente in grado di determinare un salto di qualità nell’attuazione dell’art. 110 Cost., norma che, nel passato, ha incontrato numerosi fallimenti[3].
L’obiettivo di questo mirato contributo è quello di provare a proiettare il nuovo ufficio per il processo, come disegnato dalle riforme in corso di adozione o già in attuazione, all’interno del settore del contenzioso riservato alle sezioni specializzate distrettuali, competenti in materia di protezione internazionale e immigrazione.
Non è questa la sede per descrivere i piccoli e incerti passi mossi dal legislatore prima della recente accelerazione. Né per ricostruire la cornice normativa che ha preso le mosse dal dl 24 giugno 2014, n. 90 («Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari») convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, ove fu previsto per la prima volta l’UPP con l’inserimento dell’art. 16-octies nella l. n. 221/2012, nell’ambito, non a caso, di disposizioni volte a sostenere la digitalizzazione della giustizia civile.
Vale solo la pena ricordare che l’ufficio per il processo muove i primi passi nelle esperienze decentrate caratterizzate da iniziative promosse dal basso nei singoli uffici giudiziari[4]. Su queste convergenti iniziative il legislatore ha innestato i propri interventi fondati sulle esperienze locali, connotate dalla prevalente finalità formativa che, dapprima mediante convenzioni con enti locali e ordini professionali, poi anche con tirocini formativi aventi valore legale a norma dell’articolo 73 dl 21 giugno 2013, n. 69, avevano arato il terreno e mostrato risultati incoraggianti pur in un contesto inizialmente artigianale. Ne è seguito il primo investimento finanziario (borse di studio per tirocinanti) e il titolo di preferenza, nei concorsi indetti dalla pubblica amministrazione, previsto nel dl 27 giugno 2015, n. 83 («Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria»), convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2015, n. 132.
Il primo vero e proprio assetto organizzativo fu introdotto dal d.m. 1° ottobre 2015, con il quale il Ministro della giustizia, adottando le «Misure organizzative necessarie per il funzionamento dell’ufficio per il processo», ha previsto all’art. 2, comma 3, che «Il presidente della Corte di appello o del Tribunale assegna le strutture organizzative di cui al comma 1 a supporto di uno o più giudici professionali, tenuto conto in via prioritaria del numero delle sopravvenienze e delle pendenze, nonché, per il settore civile, della natura dei procedimenti e del programma di gestione di cui all’articolo 37, comma 1, del decreto legge n. 98 del 2011»; nonché, al comma 4, che «Il coordinamento e il controllo delle strutture organizzative di cui al comma 1 sono esercitati dai presidenti di sezione, o dai giudici delegati allo svolgimento dei predetti compiti».
Nel d.lgs 13 luglio 2017, n. 116 è stata poi disposta l’assegnazione anche dei giudici onorari di pace alla struttura organizzativa denominata «ufficio per il processo»[5].
Successivamente, il Consiglio superiore della magistratura ha dedicato la delibera 15 maggio 2019 alle linee guida per l’ufficio del processo, specificate nella circolare per la formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici per il triennio 2020-2022, offrendo così l’occasione per puntualizzare le linee guida attraverso regole tabellari nelle quali è previsto l’obbligo per i capi degli uffici, sentiti i presidenti di sezione e il dirigente amministrativo, di costituire uno o più UPP, definito come «struttura tecnica in grado di affiancare il giudice nei suoi compiti e nelle sue attività, costituendo uno staff al servizio del giudice e/o dell’ufficio», «individuando gli obiettivi da perseguire, le risorse da destinarvi, le loro concrete modalità di utilizzo e la loro collocazione nell’ufficio, anche dal punto di vista logistico».
In sintesi, «l’UPP che emerge dalle norme si caratterizza per i seguenti elementi: a. Modello operativo di management incentrato sul gruppo o team, sull’interoperabilità, sull’agile distribuzione e interazione delle competenze. b. Obbiettivo: garanzia di ragionevole durata dei processi. c. Adozione obbligatoria. d. Coerenza tra progetto tabellare, programma di gestione e progetto organizzativo dei servizi amministrativi. e. Applicazione, previa analisi dei settori che necessitano maggior supporto, non generalizzata a tutto l’ufficio ma solo laddove è richiesto un intervento di eliminazione dell’arretrato e miglioramento dei tempi di durata dei processi. f. Struttura a servizio dell’ufficio e di suoi settori e obbiettivi specifici e non dei singoli magistrati. g. Composizione: giudici, personale amministrativo, tirocinanti, GOP h. Coordinamento: Presidenti di Sezione o Coordinatore UPP»[6].
Al flusso, tracciato da questi interventi normativi, è stata impressa l’accelerazione repentina prodotta dal dl n. 80, adottato dal Governo il 9 giugno 2021, contenente «Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia», convertito con modificazioni in legge 29 luglio 2021, n. 108. L’art. 11 prevede in particolare che, per favorire la piena operatività delle strutture organizzative denominate «ufficio per il processo», il Ministero della giustizia può avviare procedure di reclutamento con contratto di lavoro a tempo determinato di 16.500 unità di addetti all’ufficio per il processo (laureati in giurisprudenza o, in quota minoritaria, economia e scienze politiche), con qualifiche di funzionario amministrativo, informatico, statistico, per i quali il servizio prestato varrà come titolo per l’accesso al concorso in magistratura, sostituirà un anno di tirocinio per l’esame di avvocato o notaio, sarà titolo preferenziale per l’accesso alla magistratura onoraria e potrà dar luogo a punteggi aggiuntivi in concorsi per l’amministrazione giudiziaria.
La facoltà attribuita per legge al Ministero della giustizia è stata esercitata in tempo reale, tant’è che, mentre stiamo scrivendo, sono in corso le procedure di selezione della prima tranche di assistenti di studio, destinati a prendere servizio nei primi mesi del 2022 e il Csm ha appena approvato le nuove linee guida con le modalità operative aggiornate alla luce della nuova disciplina[7].
2. La specificità del contenzioso delle sezioni specializzate
2.1. L’arretrato attuale e la durata prospettica
Una riflessione sull’ufficio per il processo delle sezioni di immigrazione e protezione internazionale richiede la disamina di alcune particolarità del contenzioso loro riservato dalla legge. Senza dimenticare che, se per legge le sezioni immigrazione e protezione internazionale hanno una competenza esclusiva, esse o, meglio, i giudici chiamati a comporle, per previsione di normazione secondaria possono e, di fatto, sono generalmente assegnatari anche di altre materie, secondo quanto disposto dal provvedimento tabellare attraverso il quale può essere compiuta la scelta di prevedere l’attribuzione anche di procedimenti attinenti a materie diverse da quelle riservate dalla legge alla sezione distrettuale[8].
E ciò nonostante che il Consiglio superiore avesse, sin dal 2017[9], sulla base dell’analisi dei dati, affermato che «la priorità ex lege nella trattazione dei procedimenti di protezione internazionale impone da subito, ed ancor più nell’ambito delle sezioni specializzate, l’individuazione di un numero di giudici e di risorse adeguato alla qualità e alla necessaria celerità della risposta giurisdizionale. Le scelte di allocazione delle risorse, da parte dei dirigenti, potranno implicare un inevitabile rallentamento nella trattazione degli altri procedimenti, almeno finché non troverà soluzione l’arretrato da protezione internazionale. Occorre, di conseguenza, che, accanto al dimensionamento adeguato per numero di giudici della sezione o del gruppo di magistrati addetti alla protezione internazionale, per far fronte nei tempi previsti dal legislatore alla definizione della sopravvenienze, vengano anche predisposte misure straordinarie per lo smaltimento dell’arretrato». Una precisa direttiva, quella del Csm, che tuttavia, occorre constatare, non ha trovato riscontro nelle scelte organizzative dei tribunali distrettuali, come si evince dai dati statistici sui flussi e pendenze, raccolti ed elaborati dall’ufficio statistico del Consiglio superiore della magistratura e pubblicati nel sito web di quest’ultimo.
Non importa, in questa sede, comprendere se questo sia avvenuto per una scelta consapevole, oppure a causa della mera incomprensione del rango dei beni tutelati, in gran parte annoverabili tra i diritti fondamentali della persona o, ancora, per la sottovalutazione della serietà della situazione e dell’impatto organizzativo che il nuovo filone di contenzioso portava e porta ancora con sé.
Sta di fatto che, nel quinquennio 2016-2020, i tribunali hanno ricevuto 247.744 sopravvenienze di casi contenziosi nella materia dell’immigrazione e protezione internazionale, definendone 164.395, così mostrando una tendenza opposta a quella che ha caratterizzato le altre materie del contenzioso civile[10].
Nella protezione internazionale la media annua di sopravvenienze è pari a 49.549 (50.404 con la volontaria giurisdizione). La media annua di definizioni è pari a 32.879 (33.700 con volontaria giurisdizione). Le pendenze complessive al termine del quinquennio sono salite a 99.586; mentre erano 16.254 al primo gennaio 2016 e 49.502 al 31 dicembre 2016.
Nel triennio 2018-2020, il trend di sopravvenienze e definizioni presenta un andamento simile a quello del quinquennio 2016-2020, nonostante i dati delle sopravvenienze del 2020 siano stati condizionati dalla sospensione delle attività da parte delle commissioni territoriali e dalla sospensione dei termini processuali (dal 9 marzo all’11 maggio) per i ricorsi giurisdizionali, oltre che dal rallentamento delle procedure nel periodo anteriore al 9 marzo e successivo all’11 maggio, a causa della pandemia da Covid-19. Il significativo decremento delle sopravvenienze nel 2020 (29.017 sopravvenienze totali) è tuttavia compensato dai flussi poderosi del 2019, che hanno generato complessivamente 73.527 sopravvenienze.
La media annua nazionale di sopravvenienze nel triennio 2018-2020 è stata pari a 52.021. La media annua di definizioni è stata pari a 37.702.
E questo nonostante che anche le tabelle dei tribunali del triennio 2017-2019, adottate dopo la cristallina risoluzione del Csm sopra citata, abbiano previsto risorse ampiamente insufficienti a far fronte alle sopravvenienze del settore[11].
La macroscopica inadeguatezza delle risorse rispetto alle sopravvenienze nel quadriennio 2016-2020, stigmatizzata anche dal Csm[12], ha determinato una crescita abnorme dell’arretrato, passato dai 16.254 fascicoli di inizio 2016 ai circa 100.000 alla fine del biennio 2019-2020, con un forte aumento della durata prospettica dei procedimenti, che può essere calcolata utilizzando l’indice della durata media – disposition time (DT) –, come segue[13]:
INDICE DELLA DURATA MEDIA – DISPOSITION TIME (DT) a livello nazionale nel quadriennio 2017-2020:
Rispetto al temine di legge di centoventi giorni, al 31 dicembre 2020 la durata prospettica di un procedimento di protezione internazionale è di circa dieci volte superiore. La durata prospettica è superiore anche al termine triennale (1095 giorni), assunto come riferimento per la ragionevole durata di processi ordinari civili contenziosi che non siano considerati prioritari o «urgenti», come la legge definisce, invece, i procedimenti di protezione internazionale.
Il progressivo affaticamento delle sezioni specializzate è, infine, reso evidente dalla lettura dell’ultimo indice, quello di smaltimento[14]:
INDICE di SMALTIMENTO a livello nazionale nel quadriennio 2017-2020:
In conclusione, torniamo a ricordare che la nozione di “arretrato” (come numero di processi ultra-triennali) in questa speciale materia deve essere reinterpretata alla luce della previsione nazionale, di derivazione europea, che impone agli Stati membri di prevedere e ottenere una durata molto più breve di quella ordinaria. Ma anche a non voler considerare questo sensibile dato, ai fini della verifica dell’obiettivo del PNRR la dimensione del contenzioso di protezione internazionale avrà un significativo rilievo per il secondo indicatore di risultato concordato dalla Ue. Giacché appare del tutto evidente che l’obiettivo della riduzione percentuale del 40% dei tempi del processo civile sarà fortemente condizionato dalla capacità che avrà il sistema (amministrativo nelle commissioni territoriali e giudiziario nelle sezioni specializzate e nella Corte di cassazione) di affrontare il carico di lavoro in materia di immigrazione e protezione internazionale.
La dimensione di questa relazione (tra arretrato complessivo e arretrato della protezione internazionale e tra durata complessiva e durata del settore in esame) è mostrata da due dati entrambi significativi.
Sul totale dei tribunali, la materia della protezione internazionale come numero di pendenti supera l’8% del totale dei pendenti di contenzioso e si colloca al terzo posto tra le materie.
Se si considerano invece solo le sedi distrettuali (competenti per legge), il dato è ancora più significativo. In otto tribunali distrettuali la protezione è la materia con il maggior numero di pendenti, e per altri tre è al secondo posto.
In ogni caso, la pendenza di procedimenti dei tribunali distrettuali è costituita, per oltre il 16% del totale, dalla materia della protezione internazionale.
Se ne deve desumere che per raggiungere, in primo grado, il target nazionale oggetto dell’impegno assunto con la Commissione europea, sia in termini di durata che di smaltimento dell’arretrato, le risorse umane delle sezioni specializzate di immigrazione e protezione internazionale dovranno essere molto accresciute.
Ciò perché i procedimenti iscritti nel 2019 (anno nel quale è stato registrato un totale di 73.527 sopravvenienze[15], con molti tribunali che si stanno ancora concentrando sulla definizione di procedimenti iscritti nel 2018) supereranno, dal 2022, la durata triennale, andando a pesare in modo significativo sulle statistiche dei procedimenti di durata ultra-triennale dell’intero sistema giudiziario[16].
Così, in mancanza di un investimento serio di risorse umane nelle cause devolute alle sezioni specializzate di immigrazione e protezione internazionale, sarà inevitabilmente elevato il rischio di registrare il fallimento dell’obiettivo concordato in sede europea.
Il Csm, nella recentissima risoluzione del 13 ottobre 2021, mostra di averne piena consapevolezza e ha indicato agli uffici giudiziari coinvolti e al Ministero della giustizia le necessità immediate del settore anche in termini di risorse costituite da magistrati, giacché solo in parte le necessità sin qui evidenziate potranno esser soddisfatte con le nuove strutture organizzative e di assistenza al giudice previste attraverso l’ufficio del processo[17].
2.2. Urgenza dei procedimenti trattati e rango dei diritti violati
L’ufficio per il processo dovrà, nel settore in esame fare i conti anche con ulteriori peculiarità.
La legge stabilisce precisi termini di durata per le procedure giurisdizionali nei procedimenti di protezione internazionale: quattro mesi dalla presentazione del ricorso per il procedimento davanti alle sezioni specializzate[18]; sei mesi dalla presentazione del ricorso per il procedimento davanti alla Corte di cassazione[19]. E stabilisce che, nei procedimenti di protezione internazionale, «la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale non operi»[20] e che «la controversia sia trattata in ogni grado in via di urgenza»[21].
Si tratta di un’opzione di valore fondata sul rango di diritti fondamentali coinvolti nelle controversie in esame, nelle diverse forme che le situazioni giuridiche assumono nella previsione di fonti nazionali e sovranazionali[22] secondo la ricostruzione sistematica offerta dai massimi organi giurisdizionali: Corte Edu, Cgue, Corte costituzionale e, infine, della Corte di cassazione, esposta a un flusso significativo di ricorsi da una disciplina processuale che ha privato le parti del secondo grado di merito.
È sufficiente richiamare l’ultima delle ormai numerose sentenze delle Sezioni unite della Corte di cassazione (la n. 24413/2021), volta a dare attuazione all’art. 10, comma 3, Cost. Radicando al suo interno, indissolubilmente, anche la protezione umanitaria, assieme a quella di matrice sovranazionale, essa ha rappresentato la complessità dell’istruttoria sottoposta al dovere di cooperazione gravante sul giudice che dovrà concernere:
1) la condizione generale del Paese o dell’area di origine, con riferimento alla situazione politica istituzionale, alla sicurezza, alla tutela dei diritti umani, ai violenti conflitti locali di matrice etnica, religiosa, per l’accaparramento della terra e delle altre risorse;
2) la condizione individuale che può aver determinato la fuga del richiedente per le ragioni di cui al punto 1) o per altre minacce, tutte da valutare sotto il profilo del rischio connesso al respingimento (comprese condizioni socio-ambientali);
3) la condizione attuale del richiedente in Italia e i riflessi che il respingimento potrebbe determinare sotto il profilo del sacrificio connesso alla condizione maturata in Italia.
Senza dimenticare che, al diritto alla protezione per ragioni riferibili alla situazione nel Paese di origine, si aggiunge la multiforme tutela, derivante dall’art. 8 Cedu, del diritto alla vita privata e familiare, alla coesione familiare.
Ma l’assetto organizzativo delle sezioni di immigrazione e protezione internazionale risente anche della struttura del procedimento, melius dei differenti riti, che disciplinano le domande giudiziali di loro competenza.
La materia è improntata dalla necessità di verificare i presupposti del diritto al momento della decisione, dal principio di doverosa cooperazione istruttoria del giudice condizionata solo dall’ammissibilità della domanda, dal principio di alleggerimento dell’onere della prova mediante il conferimento di piena efficacia probatoria alle dichiarazioni rese dalla parte richiedente, se munite di certi connotati[23].
E si tratta di procedimenti che nascono come riesami integrali di provvedimenti amministrativi e si snodano secondo i due riti: il processo sommario ai sensi degli artt. 702-bis ss. cpc, ma a cognizione collegiale, e il rito camerale di cui agli artt. 737 ss. cpc[24].
Il tratto essenziale di entrambi è l’assenza di rigide preclusioni, l’esiguità delle forme, l’obbligo di cooperazione del giudice, anche se declinato con modalità differenti in relazione alle situazioni giuridiche tutelate, la tendenziale collegialità dell’organo decidente.
Affiancano i due percorsi processuali le istanze interinali di sospensione dei provvedimenti amministrativi o giudiziari che abbiano negato il diritto legittimando l’espulsione immediata. Decisioni interinali che possono pregiudicare in via definitiva l’esercizio del diritto garantito dalla Costituzione. Si tratta di istanze con necessità di celere trattazione e di particolare delicatezza, perché dirette a incidere anche sulla effettiva possibilità del richiedente di rimanere sul territorio per coltivare il processo nella fase di merito.
In definitiva, a fianco ai procedimenti urgenti volti ad accertare il merito del diritto con istruttoria deformalizzata e dovere di cooperazione istruttoria da parte del giudice, le sezioni specializzate sono spesso chiamate a decidere della possibilità che il richiedente permanga sul territorio nazionale nel corso del procedimento. Lo stesso avviene anche in fase di controllo giurisdizionale dell’adozione di provvedimenti amministrativi di allontanamento immediato dello straniero per ragioni di sicurezza dello Stato.
Questa sommaria rappresentazione del contenzioso delle sezioni specializzate, in gran parte connotate dalla necessità di decidere collegialmente la controversia, ha lo scopo di aiutare a comprendere le necessità operative, i flussi di produzione del lavoro delle sezioni e dei loro giudici, il ritmo accelerato del processo, ma anche la sua struttura tendenzialmente composta da una sola udienza di trattazione.
Non solo la dimensione e anzianità del carico complessivo e di ciascun ufficio, ma anche la struttura concentratissima del procedimento sono dati rilevanti per costruire e impostare il lavoro dell’ufficio per il processo in materia di protezione internazionale, a partire dal modello di agenda della sezione e dei giudici eventualmente delegati per l’istruttoria.
A ben vedere, l’analisi degli elementi strutturali del processo sopra indicati è condizione indefettibile per l’organizzazione di qualsiasi ufficio giudiziario: ciascuno con le sue particolarità di contenzioso e di struttura del processo di lavorazione. Tuttavia, le sezioni specializzate presentano peculiarità ulteriori e diverse.
Si è già accennato al dovere di cooperazione istruttoria che – pur nel quadro dei fatti allegati – responsabilizza il giudice, anche personalmente, dal richiedente, attribuendo ad esso il compito di svolgere un’attività maieutica diretta a far emergere le ragioni del temuto pericolo, traducendo condizioni sociali, bagagli culturali, identità etniche, storie individuali in linguaggio e categorie utili alla decisione giurisdizionale. Ma anche il compito, più incisivamente dialettico, di verifica dell’efficacia probatoria delle sue dichiarazioni, attraverso una procedimentalizzata operazione di controllo della credibilità volta a proteggere il giudizio dal rischio di fraintendimenti e pregiudizi[25].
Queste due leve del giudizio, da una parte l’attività volta a far affiorare i fatti rilevanti, spesso confusi e sottovalutati dallo stesso richiedente, e, dall’altra, l’operazione logica di verifica di credibilità, implicano uno sforzo cognitivo che i giudici delle sezioni specializzate sono tenuti a compiere con la profondità necessaria a decidere del diritto fondamentale della persona straniera. Uno sforzo che implica anche l’impiego di strumenti culturali che non sono patrimonio tradizionale dei magistrati.
In assenza di adeguata mediazione linguistica e culturale, è assai complessa l’attività di comprensione e ricostruzione del quadro antropologico, del contesto naturale e ambientale, economico, sociale, di geografia politica e militare.
Altri Paesi di più risalente esperienza in materia di asilo e immigrazione si sono dotati di strumenti adeguati. L’Italia ha lasciato solo il giudice davanti al richiedente, ma anche solo il richiedente e il suo avvocato davanti al giudice.
Anche se, per iniziativa sostenuta dal basso, con l’impegno di alcuni uffici e, in particolare, di alcuni presidenti di sezione specializzata, si è ottenuto il temporaneo impegno di Easo[26]: prima alcune e poi tutte le sezioni di protezione internazionale hanno ottenuto per un certo periodo il consistente contributo di esperti in ricerca di informazioni sui Paesi di origine, appositamente formati come “Coi Research Officer”. Inoltre, alcuni uffici hanno potuto beneficiare di un servizio di fornitura di interpreti di madre lingua, non sempre del tutto adeguati alle esigenze del caso, ma sicuramente di necessario ausilio nel corso delle audizioni, sino a quel momento tenute con la mediazione linguistica di operatori dei centri di accoglienza o Sprar (o di loro collaboratori), o di semplici amici dei richiedenti[27].
Il progetto di cui sopra ha trovato anche riconoscimento nel recente dl 9 giugno 2021, n. 80, laddove individua all’art. 14, tra i titoli valutabili nelle selezioni del personale da assumere a tempo determinato quali addetto all’ufficio per il processo, anche «il servizio prestato presso le sezioni specializzate (…) quali Reaserch Officers, nell’ambito del piano operativo dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo EASO».
Attualmente, la scarsa qualità delle istruttorie compiute – soprattutto nei primi anni –, a causa delle difficoltà sopra esposte, è in via di tendenziale superamento, ma uno standard accettabile di cognizione dei fatti allegati deve ancora essere raggiunto e doverosamente perseguito.
E questo è un obiettivo sicuramente qualitativo, ma direttamente connesso anche agli obiettivi quantitativi oggetto dell’impegno europeo per quel che in seguito si dirà.
Prima di affrontare questo profilo, che lega tra loro i diversi piani del ragionamento, è necessario articolare nel dettaglio le necessità funzionali delle sezioni specializzate.
3. Le diverse figure di staff necessarie
Le conseguenze operative di quanto sopra esposto sia in termini di risultati qualitativi che in termini di obiettivi quantitativi si possono individuare, prima di tutto, nella costruzione delle diverse figure di collaboratori necessari alle sezioni specializzate immigrazione e protezione internazionale.
3.1. Le attività di staff del presidente di sezione
Come per le altre sezioni giudicanti, sarà necessario raccogliere intorno al presidente di sezione[28] un nucleo di competenze organizzative tecnologicamente attrezzate, in grado di realizzare l’attività di permanente monitoraggio dei procedimenti, in entrata e in uscita. Nelle sezioni di protezione è assolutamente necessario sin dall’inizio distinguere i procedimenti che seguono un ritmo di urgenza ordinaria (in gergo, i 702-bis e i 737 cpc con oggetto i procedimenti di cui all’art. 35 d.lgs n. 25/2008) dai procedimenti di urgenza straordinaria che hanno per oggetto le diverse istanze di sospensiva, nonché i ricorsi ex art. 700 cpc per le ipotesi residuali, non infrequenti, di rischio di pregiudizio irreparabile, oltre che i procedimenti di controllo giurisdizionale dei decreti di trasferimento emessi dalla “unità Dublino” del Ministero dell’interno ai sensi del regolamento “Dublino III”[29]. Si tratta di competenze funzionali all’organizzazione della distribuzione del lavoro all’interno dell’ufficio, alla costruzione di un calendario tabellare orientato dall’obiettivo di smaltimento dell’arretrato, alla creazione di eventuali sub-specializzazioni interne alla sezione, eventualmente fondate sulla distinzione in collegi o sottosezioni[30].
Ma si tratta, soprattutto, di attività che rendono l’ufficio in grado di rappresentare il lavoro fatto e da farsi, cioè di mostrare all’interno del sistema giudiziario, ma anche all’esterno e all’Ue, l’impegno profuso e la direzione verso la quale impiegare le risorse, vecchie e nuove.
3.2. Le attività di staff del giudice
Il collegio (o il giudice delegato all’istruttoria) hanno poi necessità prioritaria di costruire un’agenda del ruolo che, oltre a fondarsi sul criterio cronologico dell’anzianità di provvedimenti, consenta e contempli anche altre scelte di priorità. La prima verifica utile potrebbe essere quella della rilevazione del Paese di origine di ciascun richiedente protezione internazionale o umanitaria[31]. Allo scopo di programmare non solo udienze connotate dalla medesima area di provenienza ma anche udienze, o serie di udienze, destinate a trattare problematiche analoghe, come quella della tratta finalizzata allo sfruttamento della prostituzione o allo sfruttamento lavorativo, come la persecuzione per orientamento sessuale, come alcuni conflitti etnico-religiosi, come i filoni di procedimenti con richiesta assorbente di protezione umanitaria per disastri ambientali, per vulnerabilità psicofisica o per integrazione socio familiare[32].
Filoni di procedimenti mai del tutto omologabili, ma in relazione ai quali potrebbero emergere profili di prova documentale tali da consentire un accoglimento totale o parziale anche senza l’audizione del richiedente, in ossequio alla possibilità prevista per il procedimento amministrativo di evitare l’audizione in caso di prova acquisita aliunde. In altri casi, può anche rilevare la mancata contestazione della credibilità delle dichiarazioni del richiedente a opera della CT, nel provvedimento di diniego.
Queste attività di costruzione dell’agenda devono certamente esser svolte a fianco del giudice, collegiale o monocratico, designato per l’istruttoria e titolare dei poteri di direzione del processo, sotto il suo quotidiano coordinamento. Sono anche attività che richiedono la lettura (selettiva o integrale) degli atti del procedimento. E un’adeguata conoscenza delle fattispecie, degli oneri probatori attenuati che connotano la materia, dei doveri di cooperazione che gravano sul giudice. E, infine, anche delle aggiornate e specifiche informazioni sul Paese di origine (le cd. “COI”).
Necessariamente, a fianco al giudice va poi anche collocata l’attività di assistenza alla trattazione e decisione del caso che muove dai profili di identificazione dei fatti allegati, per rivolgersi poi alla preparazione della – tendenzialmente unica – udienza; ponendo l’attenzione sulla preparazione della rilevantissima audizione del richiedente, attraverso un’articolata scheda/dossier del procedimento che descriva: 1) le allegazioni del richiedente raccolte durante l’audizione amministrativa; 2) i motivi del diniego amministrativo; 3) le ragioni specifiche del ricorso introduttivo; 4) i documenti allegati e le COI richiamate; 5) i fatti oggetto di contestazione di credibilità del racconto da parte della CT; 6) le argomentazioni con cui la commissione territoriale si costituisce in giudizio; 7) le Coi già acquisite d’ufficio in procedimenti analoghi, ma calibrate sulla specifica storia del richiedente e aggiornate all’attualità; 8) la preparazione della traccia dell’audizione; 9) le allegazioni e le conclusioni del pm.
La scheda potrà eventualmente essere redatta anche secondo un modello pronto a essere integrato con le risultanze dell’udienza, la cui verbalizzazione potrà esser meglio redatta dall’assistente che conosce i fatti del processo; poi anche con i risultati dell’ulteriore attività di cooperazione istruttoria svolta dal giudice, con i motivi in fatto e in diritto della decisione, che in tutto o in parte potranno essere affidati a got inseriti nell’ufficio per il processo oltre che ai funzionari-assistenti di studio e ai tirocinanti[33] che abbiano maturato adeguata esperienza.
Va rammentato come la recente risoluzione del Csm di aggiornamento delle linee guida per l’UPP pone in evidenza che: «ai sensi dell’articolo 10 della circolare[34], i giudici professionali devono occuparsi, in via stabile e continuativa, della formazione dei soggetti che con loro collaborino all’ufficio per il processo, curando che essi siano messi in grado di rendere un contributo professionale utile per realizzare gli obiettivi fissati».
L’obiettivo di consentire al giudice di adottare un maggior numero di decisioni definitorie, obiettivo il cui raggiungimento condizionerà il risultato programmato nel PNRR, può esser raggiunto solo nella misura in cui si sgravi il giudice della necessità di scrivere integralmente tutti i provvedimenti decisori, oltre che quelli ordinatori.
Un ulteriore contributo potrà venire anche, nella protezione internazionale, dalla delega al got di udienze con audizione meno complesse o di udienze senza audizione.
È infatti evidente che il tempo impiegato dal giudice per coordinare il lavoro di quegli addetti all’ufficio per il processo che formeranno il suo staff di assistenza, per adottare la giusta decisione e per collazionare i provvedimenti selezionando, integrando e correggendo il materiale predisposto, dovrà necessariamente esser sottratto ad altre attività.
Questa re-ingegnerizzazione del lavoro delle sezioni specializzate dovrà, quindi, esser supportata da un efficiente sistema di condivisione degli strumenti di lavoro e, tra questi, anche – ma non solo – dei precedenti giudiziari del medesimo o di altri uffici. L’ufficio per il processo può, infatti, far crescere la qualità e la quantità delle decisioni se realizza economie di scala accumulando conoscenze e condividendole nel gruppo di lavoro.
3.3. Staff di documentazione e archiviazione permanente
Il bagaglio di documentazione e di informazioni qualificate che attraversa le sezioni specializzate, e in particolare quello riutilizzabile in casi analoghi, è molto superiore a quello di altre materie. Devono entrare nell’archiviazione tutti i casi trattati, con tutte le loro peculiarità (geografiche, culturali, antropologiche, religiose, etc.) e con i relativi i provvedimenti decisori.
Un enorme rilievo hanno poi le informazioni sui Paesi di origine e sui fenomeni complessi che li attraversano secondo confini a volte distinti da quelli politici. Ciò al fine di aiutare il giudice nella valutazione delle prove, in primis della credibilità delle dichiarazioni del richiedente, ma anche nell’attualizzazione del giudizio di prognosi di rischio in caso di rimpatrio forzato. Si tratterà di raccogliere e archiviare la documentazione prodotta non solo dai difensori e dalla stessa sezione specializzata, ma anche da altri soggetti non necessariamente organi di giustizia. In ogni caso, con particolare attenzione alle fonti di informazione e alle decisioni giudiziarie adottate non solo dalle corti nazionali, di merito e superiori, ma anche dalle corti europee (Corte Edu e Cgue) o di altri Stati.
La libreria della sezione può divenire sorgente di conoscenze e fonte di formazione permanente se saprà raccogliere e archiviare il materiale in modo tale da renderlo facilmente accessibile alle ricerche con parole testuali e, quindi, con documenti “navigabili”.
Ciò anche per consentire la verifica dei contrasti inconsapevoli e per la loro trattazione, unitamente alle questioni nuove, nelle riunioni ai sensi dell’art. 47-quater ord. giud., dedicate agli orientamenti dell’ufficio.
E, inoltre, la condivisione dovrà concentrarsi anche sui modelli di provvedimenti e sui punti di motivazione adottabili per la consolle del magistrato.
I modelli di provvedimento e i punti di motivazione potranno interagire consentendo la costruzione di motivazioni in diritto ricorrenti nei diversi provvedimenti.
Si pensi non solo ai provvedimenti ordinatori ricorrenti, ma soprattutto alla specifica citazione della giurisprudenza nazionale e sovranazionale nella ricostruzione delle fattispecie di diritto sostanziale. E si pensi anche ai criteri applicativi di istituti propri del diritto di asilo come le peculiari regole che connotano l’onere di allegazione, i criteri normativi di valutazione della credibilità del richiedente, la latitudine del dovere di cooperazione istruttoria, l’ambito applicativo del principio di attenuazione dell’onere della prova. Principi e regole che possono trovare originale applicazione nelle diverse fattispecie (ad esempio, nella tratta, nella persecuzione per orientamento sessuale, nelle violente minacce legate alle pratiche animiste o all’accusa di stregoneria, etc.).
Maggiore flessibilità al provvedimento (e al suo modello base) può essere garantita dall’uso dei punti di motivazione, nei quali – opportunamente accorpati per gruppo – possono trovare sede di meccanico richiamo le più recenti Country of origin information, distinte per tematiche o aree geografiche, che necessariamente devono integrare il provvedimento.
Tutti strumenti personalizzabili dal singolo giudice, ma da condividere nel percorso di accrescimento comune.
Sempre riservando la dovuta attenzione che la predeterminazione di parti delle motivazioni non sostituisca la motivazione in fatto, analitica, singolare, individuale, personalizzata del giudizio.
4. Conclusioni
Gli strumenti tecnologici di condivisione del serbatoio di esperienze chiudono il cerchio che abbiamo disegnato.
Dalla cabina di regia individuata nella presidenza di sezione, passando attraverso la socializzazione orizzontale delle attività e dei prodotti giuridici del lavoro di ogni articolazione organizzativa, si torna ad alimentare dal basso la funzione di coordinamento dell’ufficio che avrà modo di realizzarsi, più che mediante atti autoritativi, attraverso scelte adottate da tutti perché accettate in quanto condivise nel loro evolversi.
Questo complesso, ma necessariamente flessibile assetto organizzativo necessita di giudici e di personale amministrativo attrezzato e formato, in modo permanente.
Da ultimo, ma non per ordine di importanza, va sottolineato che quello che abbiamo di fronte sarà sì un percorso di crescita comune, necessariamente progressivo, ma che ha per condizione sin dall’inizio l’adeguata dotazione di attrezzature e spazi disegnati in consonanza con le funzioni dedicate: attrezzature e spazi saranno fattori di efficienza indefettibili.
Mentre scriviamo il sistema giudiziario sta facendo i primi passi lungo la road map[35] di questo tanto agognato quanto sofferto progetto collettivo. Sarà un percorso articolato che potrebbe incontrare ostacoli materiali, talvolta realmente insuperabili nel breve periodo.
E certamente si può, si deve, guardare con sospetto il pericolo di una curvatura aziendalistica volta ad ottenere risultati numerici purchessia, con il serio rischio di sacrificio di standard di tutela dei diritti imposti dalla Costituzione prima che dalle leggi. Il rischio c’è.
Ma stavolta accettare la sfida della qualità nell’innovazione dipenderà molto anche dai magistrati, che possono scegliere di non perseguire un risultato di corto raggio, magari apparentemente più economico nel breve periodo, ma privo di prospettive di consolidamento.
L’obiettivo del PNRR può esser reso effimero o duraturo, e dipenderà dalle scelte che l’intero circuito dell’autogoverno, il Ministero della giustizia, i singoli uffici e magistrati adotteranno, oltre che dalla sintonia che si realizzerà con l’avvocatura.
Per proiettare, non solo le speranze, ma anche i progetti concreti sul medio periodo, la stella polare anche in questo caso dovrà essere il punto di vista delle parti che chiedono la tutela dei diritti. Anche sotto il profilo organizzativo occorrerà guardare alla domanda di giustizia, al punto di vista esterno e non all’interesse del singolo ufficio o al dato formale da verificare alla scadenza del PNRR. A maggior ragione quando – come nel caso delle sezioni specializzate di immigrazione e protezione internazionale – parliamo di fenomeni duraturi, complessi, transnazionali come i flussi migratori determinati da drammatiche crisi umanitarie.
La posta in gioco è davvero alta, ma la missione è definita dal nitore adamantino dell’art. 10, commi 2 e 3 della Costituzione.
1. Dl 9 giugno 2021, convertito in legge 6 agosto 2021, n. 113.
2. I contributi nel tempo sono stati moltissimi, molti dei quali pubblicati su questa rivista. Tra gli altri, vds. B. Fabbrini, L’Ufficio per il Processo, in M. Sciacca - L. Verzelloni - G. Miccoli (a cura di), Giustizia in Bilico. I percorsi di innovazione giudiziaria: attori, risorse, governance, Aracne, Roma, 2013; nonché B. Fabbrini - C. Castelli - A. Cosentino - L. Minniti, L’ufficio per il processo: un’occasione da cogliere, in questa Rivista online, 5 luglio 2013, www.questionegiustizia.it/articolo/l-ufficio-per-il-processo_un-occasione-da-cogliere_05-07-2013.php; M. Ciccarelli, I mobili confini di un possibile Ufficio per il processo, ivi, 25 novembre 2020, www.questionegiustizia.it/articolo/i-mobili-confini-di-un-possibile-ufficio-per-il-processo; R. Braccialini, L’Ufficio per il processo tra storia, illusioni, delusioni e prospettive, ivi, 1° giugno 2020, www.questionegiustizia.it/articolo/l-ufficio-per-il-processo-tra-storia-illusioni-delusioni-e-prospettive_01-06-2020.php.
Si segnala anche il contributo di M.G. Civinini, Il “nuovo” ufficio per il processo tra riforma della giustizia e PNRR. Che sia la volta buona!, ivi, 8 settembre 2021, www.questionegiustizia.it/articolo/il-nuovo-ufficio-per-il-processo, ora in questo fascicolo, ove l’Autrice fornisce, oltre a un preciso inquadramento sistematico, indicazioni operative di estrema utilità per la concreta costruzione degli uffici per il processo. Infine, vds. l’intervista di E. Aghina a B. Fabbrini, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e risorse degli uffici giudiziari: il “nuovo” Ufficio per il processo, in Giustizia insieme, 8 agosto 2021.
Ma quella che si può definire una “materia prima”, costituita dai materiali sedimentati negli anni nei vari luoghi di confronto fisici o virtuali, è ancor più vasta: oltre al laboratorio permanente costituito dagli Osservatori sulla giustizia civile, si devono richiamare, in materia organizzativa, la lista “Organizzando”, per quanto riguarda le procedure concorsuali ed esecutive, la materia di famiglia, del lavoro, dei tribunali di sorveglianza. In relazione alla materia oggetto di questo articolo, particolarmente vivace e proficuo è stato lo scambio interprofessionale alimentato nella lista “Malta 2013”.
3. Misure come le revisioni parziali delle circoscrizioni giudiziarie, giudice unico di primo grado, progetti organizzativi e tabelle degli uffici giudiziari, inserimento massiccio di magistrati onorari non hanno ancora prodotto le sinergie organizzative necessarie a rifondare l’organizzazione della giustizia, anche se il cd. “Pct” ha cominciato a disegnare alcune nuove geometrie organizzative.
4. Tra le prime, merita ricordare la Convenzione del 20 marzo 2007, stipulata tra i presidenti della Corte d’appello, del Tribunale e dell’Ordine degli avvocati di Milano, la Convenzione tra Tribunale di Firenze e Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Firenze in data 8 luglio 2008, e la Convenzione tra Università di Firenze, Facoltà di Giurisprudenza e Tribunale di Firenze del 30 marzo 2009.
5. «L’impiego dei giudici onorari all’interno dell’ufficio per il processo nei Tribunali ordinari deve avvenire con le modalità e con i limiti di utilizzo di cui agli articoli 176 e seguenti della vigente circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti. In particolare, gli articoli 176 e 177 della circolare disciplinano dettagliatamente i compiti giurisdizionali che possono svolgere, rispettivamente, i giudici onorari di pace in servizio come giudici onorari di tribunale alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 116/2017 ed i giudici onorari di pace nominati dopo tale data» – vds. le linee guida UPP adottate dal Csm, pratica n. 55/VV/2016 - 81/VV/2016.
6. Così, testualmente, M.G. Civinini, Il “nuovo ufficio per il processo”, op. cit., par. 2.
7. Pratica n. 55/VV/2016 - 81/VV/2016 – Linee guida per l’ufficio per il processo ex art. 50 dl 24 giugno 2014, n. 90 (convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n. 114) ed ex art. 11 dl 9 giugno 2021, n. 80 (convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113) – «Modalità operative». Con riferimento ai nuovi addetti, nelle linee guida si afferma: «Nell’allegato II n. 1 al decreto legge 9 giugno 2021, n. 80 sono individuati i compiti cui possono essere adibiti gli addetti. Mette conto evidenziare che tali modalità di impiego, pur nell’ambito di una fisiologica flessibilità organizzativa che tenga conto delle diverse caratteristiche degli uffici giudiziari e che altresì favorisca l’emersione dal territorio di efficaci modelli organizzativi, dovranno in ogni caso assicurare il rispetto del disposto dell’art. 17 comma terzo del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80, a mente del quale il personale addetto all’ufficio per il processo presta attività lavorativa esclusivamente per la riduzione dell’arretrato».
8. Art. 60 della circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2020-2022.
9. Si tratta della delibera del 15 marzo 2017, pratica n. 643/VV/2015, «Risoluzione sulle linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi alla protezione».
10. Sia consentito rinviare a L. Minniti e G. Telloli, Le cause civili pendenti e l’arretrato civile nei tribunali italiani, in questa Rivista online, 21 aprile 2021, www.questionegiustizia.it/articolo/le-cause-civili-pendenti-e-l-arretrato-civile-nei-tribunali-italiani, e a C. Castelli, I luoghi comuni da sfatare della giustizia civile, ivi, 2 settembre 2021, www.questionegiustizia.it/articolo/i-luoghi-comuni-da-sfatare-della-giustizia-civile.
11. La circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2020-2022 è stata approvata dal Csm il 23 luglio 2020.
12. Nella risoluzione del 13 ottobre 2021, adottata nella pratica n. 535/VV/2020, troviamo scritto: «Le tabelle dei Tribunali del triennio 2017-2019 hanno dunque previsto risorse ampiamente insufficienti a far fronte alle sopravvenienze del settore».
13. Per la stima della durata media prospettica, sono due le formule utilizzate convenzionalmente: la prima, la cd. “formula di magazzino”, sviluppata dall’Istat e l’altra, più diffusa, il cd. disposition time, adottato a livello europeo dalla CEPEJ (Commissione europea per l’efficienza della giustizia) – Formula di magazzino (o giacenza media) - ISTAT: 365 * [(pendenti iniziali + pendenti finali)/(iscritti +definiti)]; Disposition time - CEPEJ: 365 * [pendenti finali/definiti].
La formula adottata dalla CEPEJ, seppur più semplice di quella dell’Istat, ha il vantaggio di avere un’interpretazione più immediata. Assumendo che ogni anno si definisca lo stesso numero di procedimenti (definiti), l’indice può essere interpretato come il tempo necessario per definire i procedimenti pendenti alla fine di un dato anno (procedimenti finali).
14. Tale indice esprime il numero di procedimenti esauriti negli uffici giudiziari nel corso dell’anno per ogni 100 procedimenti presenti nelle cancellerie (comprensivi, cioè, dei procedimenti pendenti e sopravvenuti) ed è così ottenuto:
Indice di smaltimento = procedimenti esauriti: (pendenti iniziali + procedimenti sopravvenuti) * 100.
In particolare, questo indice spiega la capacità di smaltimento degli uffici, ma deve essere considerato con molta cautela: qualsiasi valutazione sulla capacità di lavoro degli uffici va effettuata congiuntamente all’osservazione dell’indice di variazione percentuale delle pendenze; la capacità degli uffici di “smaltire” è infatti una variabile dipendente dal flusso di entrata dei procedimenti.
15. Dovuto in gran parte al numero elevatissimo di dinieghi adottati dalle Commissioni territoriali sull’erroneo presupposto dell’applicazione alle domande di asilo proposte prima del 5 ottobre 2021 dell’abrogazione dell’art. 5, comma 6, d.lgs n. 286/2008. Sulle diverse discipline transitorie che si sono succedute, sia permesso rinviare a L. Minniti, Prime note sull’immediata applicabilità ai procedimenti in corso di alcune norme del d.l. n. 130/2020, in questa Rivista online, 1° febbraio 2021, www.questionegiustizia.it/articolo/prime-note-sull-immediata-applicabilita-ai-procedimenti-in-corso-di-alcune-norme-del-d-l-n-130-2020.
16. Resta, peraltro, da comprendere quale sia il limite di durata oltre il quale la giurisprudenza riconoscerà il diritto al risarcimento del danno per irragionevole durata del processo, considerato il termine di durata legale di 120 giorni per i procedimenti di protezione internazionale. Vds., da ultimo, Corte d’appello di Catania, decreto del 27 settembre 2021 – inedito –, che ha riconosciuto l’indennizzo muovendo dal superamento del termine di sei mesi.
17. Risoluzione del 13 ottobre 2021 (prat. n. 535/VV/2020).
18. Comma 13 dell’art. 35-bis: «Entro quattro mesi dalla presentazione del ricorso, il Tribunale decide, sulla base degli elementi esistenti al momento della decisione, con decreto che rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria. Il decreto non è reclamabile».
19. Ibid.: «In caso di rigetto, la Corte di cassazione decide sull’impugnazione entro sei mesi dal deposito del ricorso».
20. Art. 35-bis, comma 14.
21. Art. 35-bis, comma 15.
22. Il «Sistema comune europeo dell’asilo», che non esaurisce la disciplina applicabile, si compone oggi di un tessuto normativo molto ampio, composto da tre regolamenti e quattro direttive: direttiva sulla protezione temporanea, n. 2001/55/CE, del 20 luglio 2001; direttiva qualifiche (rifusione), n. 2013/55/UE, del 20 novembre 2013; regolamento Eurodac (rifusione), n. 603/2013, del 26 giugno 2013; regolamento Dublino III (rifusione), n. 604/2013, del 26 giugno 2013 e relativo regolamento di applicazione n. 1560/2003; direttiva sulle condizioni di accoglienza (rifusione), n. 2013/33/UE, del 26 giugno 2013; direttiva sulle procedure di asilo (rifusione), n. 2013/32/UE, del 26 giugno 2013.
23. Sulla valutazione probatoria delle dichiarazioni del richiedente sia permesso rinviare a L. Minniti, La valutazione di credibilità come strumento di valutazione della prova dichiarativa. Ragioni e conseguenze, in questa Rivista trimestrale, n. 3/2020, www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/la-valutazione-di-credibilita-come-strumento-di-valutazione-della-prova-dichiarativa-ragioni-e-conseguenze.
24. I. Pagni, La tutela giurisdizionale in materia di protezione internazionale tra regole del processo ed effettività del diritto alla protezione, in questa Rivista online, 8 febbraio 2012, www.questionegiustizia.it/articolo/la-tutela-giurisdizionale-in-materia-di-protezione-internazionale-tra-regole-del-processo-ed-effettivita-del-diritto-alla-protezione; F. Del Rosso, Il dovere di cooperazione istruttoria officiosa e le “country of origin information” nel procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria, ivi, 15 ottobre 2020, www.questionegiustizia.it/articolo/il-dovere-di-cooperazione-istruttoria-officiosa-e-le-country-of-origin-information-nel-procedimento-per-il-riconoscimento-della-protezione-internazionale-e-umanitaria; M. Flamini, Il dovere di cooperazione istruttoria nel procedimento di protezione internazionale: il punto di vista del giudice di merito, ivi, www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/il-dovere-di-cooperazione-istruttoria-nel-procedimento-di-protezione-internazionale-il-punto-di-vista-del-giudice-di-merito.
25. L. Minniti, La valutazione di credibilità, op. cit.
26. L’«Ufficio europeo di sostegno per l’asilo», istituito quale agenzia dell’Unione europea (www.easo.europa.eu).
27. Il progetto è stato concordato tra Easo, Ministero della giustizia e Consiglio superiore. La fase pilota del progetto ha coinvolto, da gennaio 2020, dodici sezioni specializzate; a marzo 2020 è scattata la fase di attuazione della misura, con l’allocazione di 54 ricercatori in 26 sezioni specializzate. Il progetto è stato poi esteso alla Procura generale e alla Corte di cassazione.
28. Nelle linee guida di recente aggiornate dal Csm (cfr. nota 7) si evidenzia che, «[q]uanto al coordinamento dell’ufficio per il processo, in base all’art. 10 della circolare, il dirigente individua, secondo i criteri di cui all’art. 104 della circolare, i presidenti di sezione o, in caso di motivata impossibilità di questi ultimi, i giudici delegati ai compiti di coordinamento e controllo dell’ufficio per il processo».
29. Si tratta, come noto, di un controllo non formale che include anche l’esercizio della clausola discrezionale di cui all’art. 17 del regolamento Dublino, e il rispetto degli obblighi informativi. Sul tema, cfr. G. Michelini nel commento ai rinvii pregiudiziali della Corte di cassazione, dei Tribunali di Roma, Firenze, Trieste e Milano: Dublino, Lussemburgo, Bruxelles. Le Corti italiane interrogano la CGUE sui criteri di determinazione dello Stato UE competente all’esame delle domande di protezione internazionale, in questa Rivista online, 11 maggio 2021, www.questionegiustizia.it/articolo/dublino-lussemburgo-bruxelles.
30. In proposito, la recente risoluzione del Csm del 13 ottobre 2021 (prat. n. 535/VV/2020), nel raccomandare «a tutti gli uffici l’adozione di buone prassi volte all’individuazione dei casi prioritari e alla comunicazione dei tempi previsti per la fissazione dell’udienza e per la decisione, per ragioni di pubblica trasparenza» ha osservato che, «[a] tale ultimo riguardo, si registrano negli uffici prassi diverse. Alcune sezioni provvedono a fissare la data dell’udienza in tutti i fascicoli anche ad anni di distanza dal ricorso; mentre altri uffici fissano l’udienza, a distanza di qualche settimana, solo quando decidono di trattare il fascicolo. Il secondo metodo organizzativo è molto più flessibile, perché consente di inserire nel calendario nuovi fascicoli prioritari ed evita il dispendio di tempo ed energie connesso alla inevitabile spostamento, in ragione di sopravvenienze, di udienze fissate mesi se non anni prima. Tale metodo organizzativo sconta però un grave difetto di informazione per il richiedente protezione che non sa quando il proprio caso verrà trattato e potrebbe restare in attesa per anni senza informazioni. È pertanto necessario, per ragioni di trasparenza pubblica, che esso sia accompagnato da un sistema informativo, anche di carattere generale sui presumibili tempi di fissazione dell’udienza e di decisione del caso».
31. Il sistema informativo non prevede la registrazione del Paese di origine.
32. L’articolo 31, comma 7 della direttiva procedure (2013/32/EU) individua le seguenti procedure prioritarie:
«a) qualora la domanda sia verosimilmente fondata; b) qualora il richiedente sia vulnerabile ai sensi dell’art. 22 della Direttiva 2013/33/EU, o necessiti di garanzie procedurali particolari, specialmente se si tratta di un minore non accompagnato». La legge 18 dicembre 2020, n. 173, di conversione – con modificazioni – del dl 21 ottobre 2020, n. 130, all’articolo 28, comma 2, prevede che «La domanda è esaminata in via prioritaria, conformemente ai princìpi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, quando: a) ad una prima valutazione, è verosimilmente fondata; b) è presentata da un richiedente appartenente a categorie di persone vulnerabili, in particolare da un minore non accompagnato, ovvero che necessita di garanzie procedurali particolari».
33. Ossia coloro che svolgono lo stage ai sensi dell’art. 37, comma 5, dl n. 98/2011 (convertito con modifiche dalla l. n. 111/2011) e coloro che svolgono il tirocinio formativo di cui all’art. 73 dl n. 69/2013 (convertito con modifiche dalla l. n. 98/2013).
34. Il riferimento è alla circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2020-22.
35. È l’espressione adottata nell’ottimo contributo di M.G. Civinini, Il “nuovo” ufficio, op. cit., par 5.2.