Magistratura democratica

La formazione decentrata: uno sguardo d’insieme

di Giacomo Fumu

Muovendo dal sistema della formazione decentrata costruito dal Consiglio superiore della magistratura, la Scuola superiore ha creato in autonomia una propria struttura la quale, pur ispirata sia nell’organizzazione territoriale sia nelle finalità a quella preesistente, si caratterizza tuttavia per il superamento – attuato con la previsione di una compagine unica composta da magistrati professionali ed onorari – del precedente assetto che distingueva l’offerta formativa, anche nell’attribuzione delle relative funzioni, a seconda dei destinatari.

Alle strutture periferiche unitarie sono quindi attribuiti vari e rilevanti compiti che, a partire dalla importante cura della formazione iniziale e continua della magistratura onoraria, si snodano attraverso la collaborazione alla formazione dei Mot, alla formazione internazionale, a quella di riconversione, all’innovazione tecnologica, per giungere alla formazione comune dei giovani laureati che, frequentando periodi di tirocinio negli uffici giudiziari, si apprestano ad intraprendere la propria attività nel campo delle professioni e del servizio allo Stato.

1. Le ragioni di un’iniziativa di formazione

La realizzazione del progetto della formazione decentrata risale alla risoluzione del Consiglio superiore della magistratura del 26 novembre 1998, con la quale l’organo di governo autonomo ne aveva individuato struttura, contenuti e caratteristiche essenziali, ritenendola strumento irrinunciabile per il potenziamento della crescita culturale e professionale di ciascun magistrato, dunque funzionale anch’essa al rafforzamento della sua indipendenza ed antidoto, per il pluralismo che la distingue, contro ogni rischio di omologazione e comodo conformismo.

Nell’occasione il Csm aveva sottolineato la necessità di integrare l’offerta formativa già erogata a livello elevato in sede centrale coinvolgendo nell’attività di formazione continua i molti magistrati che, per problemi personali o ragioni d’ufficio, avessero difficoltà a spostarsi dal proprio luogo di residenza. Ma non solo, perché veniva valorizzata anche la concorrente esigenza di creare sedi di confronto riservate a fasce specializzate di magistrati, di perfezionare l’attività di formazione in occasione del mutamento di funzioni, di ripensare le iniziative in tema di formazione dei dirigenti degli uffici giudiziari in termini di vera e propria “scuola per l’accesso alle funzioni”, di potenziare l’offerta di formazione complementare, di realizzare un programma organico di formazione della magistratura onoraria, di intensificare occasioni di formazione comune con gli altri operatori della giustizia ed in primo luogo con gli avvocati.

Era stata creata pertanto una rete di referenti per la formazione, di nomina consiliare, individuati sulla base delle particolari competenze di ciascuno sul terreno della formazione dei magistrati, da affiancarsi ad un’accertata e qualificata competenza professionale. Se ne era delineata la funzione di segmento periferico della struttura consiliare (Comitato scientifico – Commissione IX – Consiglio), e determinato l’organico, con la previsione di un numero di presenze da uno a tre, a seconda delle dimensioni del Distretto; si era altresì ipotizzato, in considerazione della prevista gravosità dell’attività, la possibilità di un esonero parziale dal lavoro giudiziario dei magistrati in essa coinvolti.

Il Csm aveva dunque fin dall’origine colto ed illustrato la natura fondante della formazione decentrata: quella della complementarietà con le iniziative di livello centrale e della necessaria contemporaneità e non fungibilità con esse, perché destinata a soddisfare esigenze qualitativamente diverse ed a perseguire obbiettivi differenti; fermo restando il principio che il costante e proficuo collegamento fra il centro e la periferia favorisce sempre e comunque la diffusione di contenuti e metodi sperimentati in sede centrale e contemporaneamente costituisce una preziosa fonte di conoscenza dei bisogni formativi più diffusi, delle prassi maturate nei vari Distretti e delle attitudini formative dei singoli magistrati suscettibili di valorizzazione anche a livello centrale.

Vi sono infatti bisogni ed obbiettivi della formazione che possono essere soddisfatti più efficacemente in unica sede comune: la centralità di un’iniziativa consente, pure per l’ampio bacino cui è possibile attingere, l’accesso ad un corpo docente al massimo delle proprie potenzialità – anche nell’ambito delle professioni e dell’Università – che garantisce il più ampio pluralismo delle culture e delle provenienze; e favorisce altresì l’opportunità dello scambio culturale ed operativo tra realtà giudiziarie diverse, il confronto tra costumi professionali differenti, la diffusione di soluzioni organizzative ed interpretative originali, spingendo verso l’alto i livelli di professionalità nell’esercizio della giurisdizione e la consapevolezza ”colta” nell’esercizio dell’autonomia di ciascuno, senza alcun cedimento verso l’imposizione dall’alto di un “modello” di magistrato.

Discorso diverso è da farsi invece per la formazione decentrata e per l’attività delle relative strutture periferiche, tipicamente indirizzata, per la maggior prossimità con i fruitori, verso un diverso approccio formativo: i corsi cd “emergenziali”, volti ad elaborare e condividere prime valutazioni “a caldo” su novità legislative e giurisprudenziali, la cui organizzazione richiede rapidità ed agilità; quelli di rilevanza territoriale, ossia strettamente connessi alle specifiche esigenze formative di alcuni Distretti, collegate a particolari peculiarità sociali o economiche; ed ancora i corsi di formazione della magistratura onoraria; i corsi di riconversione, riservati ai magistrati in passaggio da una funzione o da una materia ad un’altra; i corsi di lingue straniere e quelli in materia organizzativa collegati a iniziative e progetti di innovazione giudiziaria in sede locale; le iniziative dei “formatori europei” (progetto European Gaius) disciplinate dalla delibera consiliare del 13 aprile 2011.

Da rimarcare, altresì, come elemento caratterizzante la formazione decentrata sia stato, fin dall’inizio dell’esperienza consiliare, anche il riconoscimento di un’ampia autonomia – non solo didattica, ma anche sotto il profilo della spesa e del supporto amministrativo – ai singoli referenti, tale da consentire loro una risposta duttile ed immediata alle esigenze formative dei magistrati che operano in contesti giudiziari e territoriali spesso profondamente diversi.

2. La successione nel tempo

Il d.lgs n. 26 del 30 gennaio 2006 ha assegnato «in via esclusiva» la materia dell’aggiornamento e della formazione dei magistrati alla competenza della Scuola superiore della magistratura (art. 1, commi 2 e 3), indicando specificamente, tra le diverse finalità cui l’Ente è preposto, la formazione dei magistrati incaricati dei compiti di formazione e le attività di formazione decentrata (art. 2, lett. e ed f).

Le norme non offrono una definizione positiva di «formazione decentrata», ma l’art. 24, comma 2-bis, espressamente prevede che il Comitato direttivo ed i responsabili dei settori in cui la Scuola è articolata possano avvalersi («usufruiscono») delle strutture per la formazione decentrata «eventualmente esistenti» presso i vari distretti di Corte di appello per la realizzazione delle attività di formazione decentrata e per la definizione dei relativi programmi.

È dunque evidente come il legislatore abbia inteso operare espresso riferimento ad una realtà preesistente all’istituzione della Scuola, e cioè alla rete dei formatori decentrati di cui si è detto, creata nel tempo dal Consiglio superiore della magistratura e diffusa a livello distrettuale su tutto il territorio nazionale; ed allo stesso modo appare conseguente il riferimento anche al sistema di formazione iniziale e permanente della magistratura onoraria, curata dal Csm in sede periferica attraverso il sistema delle Commissioni per la formazione della magistratura onoraria, diretta emanazione dei Consigli giudiziari (circolare P-5707 del 16 aprile 2004, aggiornata con circolare P-28261 del 14 novembre 2008).

Mutato il quadro normativo e ordinamentale, della formazione decentrata sono dunque rimasti invariati i tratti essenziali quanto a finalità ed organizzazione, e ciò ha consentito una proficua interlocuzione, ispirata ai principi della leale collaborazione, tra Csm, Ministero della giustizia e Ssm per definire i rispettivi ambiti di azione e rendere agevole il trasferimento delle funzioni alla nuova istituzione.

Gli esiti delle riunioni del tavolo tecnico in cui tale interlocuzione si è articolata sono stati formalizzati nella delibera consiliare del 22 maggio 2013 (Delibera quadro riguardante i rapporti tra il Consiglio superiore della magistratura e la Scuola superiore della magistratura nell’ambito dell’attività di formazione decentrata), nella quale è stato riconosciuto che nel nuovo ordinamento la formazione decentrata costituisce parte integrante della struttura didattica in cui si sostanzia la Scuola, che la relativa attività è compresa tra quelle cui l’ente è preposto per legge e che le strutture territoriali sono divenute compartecipi di tutti i suoi fini istituzionali pur conservando l’elevato grado di autonomia organizzativa, didattica e gestionale che da sempre hanno caratterizzato il settore.

Si è ritenuto, conseguentemente, di precisare formalmente che la struttura delle formazioni decentrate – con particolare riguardo al numero dei referenti per ogni distretto, alla loro collocazione nel territorio, alle specifiche competenze di ciascuno ed alle caratteristiche professionali richieste per il conferimento dell’incarico – è disciplinata dalla Scuola, eventualmente mediante l’adozione di atti regolamentari, nel rispetto delle linee programmatiche fissate dal Csm e dal Ministro della giustizia ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.lgs n. 26/2006.

Quanto alla selezione dei formatori, la considerazione che essi agiscano in nome della Scuola, sia pur con autonomia di programmazione e di spesa, ha portato alla conclusione condivisa che la loro individuazione spetti alla Scuola, la quale opera le sue valutazioni sulla base delle specifiche attitudini formative, didattiche ed organizzative documentate dall’aspirante all’incarico nonché di ogni altro elemento già in suo possesso.

Le prerogative del Consiglio superiore, tuttavia, riservano all’organo di governo autonomo di effettuare un proprio vaglio sulla compatibilità dell’incarico con le esigenze oggettive degli uffici giudiziari nonché sull’esistenza di eventuali impedimenti soggettivi dell’aspirante; e quindi, all’esito positivo della valutazione, di procedere alla nomina proposta dalla Scuola, potendo, in caso contrario, formulare rilievi dei quali la Scuola deve tenere conto nel rimodularla.

3. La formazione decentrata nell’organizzazione della Scuola

La Scuola ha dunque ereditato ex lege le strutture di formazione decentrata e le Commissioni per la formazione della magistratura onoraria costituite dal Csm; fermo l’evidente tratto di continuità, ha provveduto comunque nella sua autonomia a modellare l’organizzazione delle nuove strutture territoriali. Le regole del rinnovato assetto sono state poste con la Risoluzione sulle attività di formazione decentrata, adottata dal Comitato direttivo il 10 settembre 2013 ed aggiornata con delibera del 28 ottobre 2015.

La principale nota di discontinuità organizzativa rispetto al regime previgente è costituita dall’unificazione delle differenti componenti venutesi a stratificare nel tempo, sul presupposto che sia indispensabile, per favorire la diffusione di una comune cultura della giurisdizione, non distinguere più tra formatori “ordinari”, “europei” ed “onorari”; e che sia più efficace e completo l’esame di ogni tema quando sia trattato tenendo conto degli eventuali risvolti comunitari e coinvolgendo i magistrati onorari.

È stato così superato il preesistente sistema “a binario plurimo”, ritenuto non rispondente ad alcuna effettiva esigenza formativa, e perseguito l’obbiettivo della unitarietà della formazione decentrata, rispondente all’idea di fondo di un’unica cultura della giurisdizione comune a tutte le compagini, professionali ed onorarie, giudicanti e requirenti, civili e penali; ed è stata disegnata a tal fine una struttura unitaria in ambito decentrato, competente per la formazione, anche europea, sia della magistratura professionale, compresa quella in tirocinio, sia di quella onoraria.

Muovendo dalla considerazione che le articolazioni periferiche compartecipano di tutte le funzioni e gli scopi della Scuola e dunque hanno compiti ancora più ampi rispetto a quanto in precedenza sperimentato, la loro pianta organica è stata determinata in relazione al numero dei magistrati in servizio in ogni distretto e decisamente potenziata rispetto alla fase consiliare.

Sono previsti, innanzi tutto, almeno tre componenti provenienti dalla magistratura professionale per i distretti più piccoli (organico fino a centocinquanta unità) per giungere, progressivamente, fino ai sette per quelli più grandi (organico superiore alle cinquecento unità); fanno altresì parte integrante della struttura con pari dignità dei componenti professionali un giudice di pace, un giudice onorario di tribunale ed un vice procuratore onorario, anch’essi selezionati dalla Scuola mediante apposito interpello e nominati dal Consiglio superiore.

Il nuovo assetto delle strutture decentrate non prevede rigide ripartizioni di materie, ma un dinamico sistema di deleghe e responsabilità all’interno della compagine unitaria dei formatori, ad esclusione del formatore con delega al progetto Gaius che viene individuato direttamente dal Comitato direttivo per la specificità dei requisiti richiesti per la nomina; a tal fine sono stati definiti i settori di intervento, individuati nella formazione dei giudici onorari, nella formazione dei magistrati in tirocinio, nella riconversione, nelle attività internazionali e nella contabilità e spesa. Le restanti competenze sono suddivise in autonomia tra i formatori sulla base di accordi interni. La Scuola si limita ad assicurare che, in linea tendenziale, tra i componenti di ciascuna struttura siano parimenti rappresentate tutte le varie esperienze professionali (civile e penale e, nei distretti più grandi, requirente e lavoro).

Anche le deleghe costituiscono tuttavia un semplice criterio di individuazione di un magistrato di riferimento per l’attuazione degli obbiettivi di ogni settore ed il raccordo con il Comitato direttivo per l’attività cui sono preposti; ciascuno dei referenti è infatti chiamato secondo le proprie esperienze professionali a dare un apporto personale all’azione formativa nel suo complesso, al di là di ogni rigida collegialità, nell’ambito di una autonomia ideativa ed organizzativa che si deve confrontare lealmente ed in spirito di collaborazione con quella degli altri componenti e si alimenta dalla circolazione delle idee e delle notizie sia all’interno della struttura, sia con le altre formazioni periferiche e con la sede centrale.

Proprio per rispettare e garantire l’autonomia delle strutture e dei singoli formatori che le compongono la Scuola si è astenuta dall’adottare un regolamento didattico e impartire direttive generali in tema di contenuti e metodologia.

La formazione decentrata ha invero dimostrato nel tempo di costituire un notevole laboratorio di innovazioni e pratiche virtuose (forum di discussione, diffusione di novità normative e giurisprudenziali, di studi e relazioni, di indici di riviste, laboratori di ricerca, convenzioni con l’Università ed altri enti), che vanno ben al di là della semplice organizzazione periodica, più o meno frequente, di incontri di studio ed esprimono potenzialità legate al territorio che non possono essere irrigidite in schemi prestabiliti ma anzi vanno salvaguardate e sviluppate; e, altresì, ha dato prova di saper valorizzare rapporti e legami con il mondo universitario, l’avvocatura, gli enti locali ed altre realtà associative e culturali.

Quest’ultimo, particolare aspetto dell’attività della formazione decentrata risponde ad un compito istituzionale che la legge istitutiva assegna alla Scuola (art. 2, comma 1, lett. i, «realizzazione di programmi di formazione in collaborazione con analoghe strutture di altro organi istituzionali o di ordini professionali») e che deve attuarsi anche in sede periferica. Proprio al fine di arricchire il contenuto dell’offerta formativa con la partecipazione ed il confronto con diverse esperienze professionali, il Comitato direttivo ha espressamente previsto, nella Risoluzione di cui si è detto, la possibilità di sollecitare l’università e l’avvocatura ad individuare figure di riferimento, eventualmente specializzate in diversi settori giuridici, con il compito di fornire ai formatori decentrati possibili spunti di approfondimento e suggerire iniziative comuni. Si è ipotizzata dunque anche la costituzione di una rete di collaboratori “esterni” alla struttura, comunque espressione del territorio, in funzione propositiva e consultiva.

Si deve prendere atto che l’iniziativa della Scuola di richiedere ai Consigli forensi di individuare uno o più professionisti di riferimento cui attribuire il compito di rapportarsi stabilmente con le strutture territoriali per offrire suggerimenti ed eventualmente cooperare nell’organizzazione e nella redazione dei programmi formativi, non ha avuto l’accoglienza che ci si aspettava. Risulta che meno della metà degli Ordini abbia indicato propri referenti; è comunque proseguita la collaborazione con l’avvocatura in sede periferica, ove molti eventi sono co-organizzati e comunque aperti alla partecipazione degli avvocati, con il riconoscimento in loro favore di crediti formativi.

Dalla apertura alla collaborazione con realtà diverse, anche non strettamente inserite nel mondo del diritto, esce rafforzata la funzione della formazione decentrata come «formazione di prossimità», in grado di cogliere con immediatezza i bisogni del territorio e di provvedere ad essi e reagire alle novità in tempi rapidi e con agilità, fornendo una integrazione non tanto “quantitativa”, quanto piuttosto “qualitativa” di quella proposta in sede centrale.

4. La formazione della magistratura onoraria

L’art. 2, comma 1, lett. c), del decreto legislativo n. 26 del 2006 attribuisce alla competenza esclusiva della Scuola superiore anche la formazione iniziale e permanente della magistratura onoraria, che costituisce dunque nel disegno del legislatore funzione equivalente rispetto a quella della formazione dei magistrati di professione.

La norma assegna così alla Scuola il compito di rimuovere ogni elemento strutturale tale da determinare un diverso livello qualitativo e quantitativo nella formazione dei magistrati onorari, pur nell’ottica delle oggettive difficoltà di ciascuno di essi – derivanti dal suo status, dalle inerenti modalità retributivee dal suo legame professionale con il territorio – di frequentare i corsi svolti in sede centrale.

Per questo motivo – parallelamente ad una innovativa linea d’azione che ha portato all’organizzazione, in sede centrale, di vari corsi riservati ai magistrati onorari ed alla previsione di una consistente “riserva” di ammissioni in loro favore nei corsi centrali della formazione permanente professionale aventi ad oggetto materie di specifico interesse – la formazione della magistratura onoraria ha avuto il suo più incisivo sviluppo nella sede decentrata ove operano le articolazioni periferiche (composte, come si è detto, anche da magistrati onorari) che hanno integralmente sostituito, in attuazione della nuova normativa, sia i Consigli giudiziari a composizione “allargata” – già competenti per la formazione iniziale e permanente dei giudici di pace – previsti dagli artt. 4 bis e 6 della legge 21 novembre 1991, n. 374, sia le Commissioni distrettuali per la formazione della magistratura onoraria istituite dal Csm con la circolare P-7507/2004 del 16 aprile 2004, modificata in parte con la circolare P-28261 del 13 novembre 2008.

L’opzione strategica della Scuola, in questo particolare settore, è stata infatti quella di andare oltre il sistema delineato dalla precedente disciplina primaria e secondaria che comportava, scindendo la formazione decentrata onoraria da quella destinata ai magistrati professionali, il rischio di depotenziamento della prima e di una profonda divaricazione fra esse quanto a finalità, risorse finanziare e metodologie.

In tale contesto è intervenuta apposita interlocuzione tra Csm e Ssm all’esito della quale il Consiglio, con la delibera del 24 luglio 2013 (Risoluzione sui rapporti tra Consiglio superiore della magistratura e Scuola superiore della magistratura nel settore della formazione decentrata della magistratura onoraria), ha preso atto del mutato assetto normativo e dell’esigenza di superare la pregressa pluralità di funzioni in un settore tendenzialmente destinatario di un intervento unitario, riconoscendo che, in applicazione degli artt. 1 e 2 d.lgs n. 26 del 30 gennaio 2006, competono alla Scuola superiore della magistratura le modalità strutturali ed organizzative della formazione decentrata della magistratura professionale ed onoraria; ed ha valutato altresì favorevolmente, così condividendo l’impostazione proposta, la previsione di un’unica struttura territoriale a ciò deputata, tale da consentire una maggiore praticità gestionale delle attività formative ed una proficua interazione fra le offerte destinate alla platea di tutti i magistrati operanti in ambito distrettuale.

La formazione dei magistrati onorari, dunque, non si caratterizza per essere “diversa”, ma semmai “complementare” rispetto a quella dei magistrati ordinari. L’utilità evidente di un comune percorso culturale e formativo rende infatti irragionevole ogni limitazione alla partecipazione dei magistrati onorari alle iniziative di formazione decentrata rivolte ai magistrati professionali; al contempo, per la efficace realizzazione della “complementarietà” della formazione della magistratura onoraria ed in considerazione sia della diversità di reclutamento e di tirocinio dei magistrati onorari sia della peculiarità di alcune materie affidate alla loro competenza esclusiva, devono essere proposti percorsi formativi ulteriori, di contenuto generalista ma anche specialistici e dedicati (si pensi, esemplificando, alle questioni sull’immigrazione, al risarcimento del danno da sinistro stradale ed alla tutela dei consumatori), che si affianchino, senza sostituirla, a quelli della formazione decentrata ordinaria.

Tali iniziative, differenziate nel caso a seconda degli argomenti per tipologia di magistrati onorari (got, vpo, giudici di pace e componenti privati), costituiscono il valore aggiunto della formazione decentrata, atto a consentire il costante aggiornamento di operatori non professionali ai quali è comunque affidata la decisione di gran parte degli affari giudiziari in tutti i tribunali. La composizione unitaria della struttura, peraltro, da un lato rafforza la capacità di cogliere “dall’interno” i bisogni formativi, distinguibili anche per specificità territoriale, dei vari magistrati onorari del Distretto; e da un altro favorisce in concreto l’integrazione culturale e professionale fra operatori che, pur provenienti da diversi sistemi di reclutamento, sono uniti dalla identità dell’attività svolta sia con riferimento alle funzioni sia con riferimento all’immagine offerta agli occhi del cittadino.

Certo è missione non semplice perseguire un elevato livello di integrazione fra componenti provenienti dalla magistratura professionale e componenti provenienti dalla magistratura onoraria. Allo stato, tranne alcune virtuose realtà in cui una effettiva collegialità può dirsi raggiunta, si evidenzia ancora una separatezza diffusa che ancora appare necessario superare, nella consapevolezza – al di là di ogni diffidenza o metus – che solo la condivisione dell’impegno, ciascuno per la sua parte e con reciproca fiducia, può consentire di operare al meglio per il perseguimento delle finalità che anche in questo specifico campo la legge assegna alla Scuola ed alla sua funzione di formazione decentrata.

Per quanto attiene più specificamente alla formazione iniziale della magistratura onoraria, si è detto della delibera del 24 luglio 2013 con la quale il Csm ha ritenuto superata dal nuovo quadro normativo la disciplina che contemplava le competenze ed il funzionamento dei Consigli giudiziari “allargati” e delle Commissioni distrettuali.

Si deve sottolineare in proposito come la normativa secondaria contenuta nei dd.mm. 26 settembre 2007 (che avevano recepito il contenuto delle circolari Csm P-17794 e P-17795 del 2007), vigente anche successivamente alla piena operatività della Scuola superiore, non prevedesse l’intervento delle strutture periferiche ma continuasse ad affidare ai capi degli uffici (presidenti di tribunale e procuratori della Repubblica) la gestione e la valutazione del periodo di tirocinio dei got e dei vpo, delegando altresì ai Consigli giudiziari l’individuazione di un “magistrato di riferimento” e “la periodica organizzazione di incontri teorico-pratici”.

La palese contraddittorietà di tale sistema con il rinnovato assetto della formazione decentrata anche della magistratura onoraria ha indotto il Consiglio superiore e la Scuola ad un costruttivo confronto all’esito della quale, nell’occasione recentissima di una più generale riscrittura dei criteri per la nomina e la conferma dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari, si è espressamente contemplato il ruolo attivo delle strutture periferiche sia nella fase del tirocinio iniziale sia in quella della formazione permanente, nel cui ambito la partecipazione ai corsi è definita obbligatoria almeno una volta all’anno per tutta la durata dell’esercizio delle funzioni e costituisce elemento di valutazione ai fini della conferma e della verifica di idoneità (Circolari P-792/2016 e P-793/2016 del 19 gennaio 2016).

Allo stesso modo sono affidate alle risorse della formazione decentrata la formazione e il tirocinio dei giudici ausiliari presso le Corti di appello (istituiti dal dl 21 giugno 2013, n. 69), che la circolare Csm P-17202 del 24 ottobre 2014 ha coerentemente attribuito alla cura delle strutture periferiche della Scuola; ad esse è anche attribuito il compito di partecipare, d’intesa con i Consigli giudiziari, all’individuazione dei magistrati di riferimento ed all’organizzazione di corsi teorico-pratici.

È evidente, tuttavia, come l’ambizioso obbiettivo di un’adeguata formazione della magistratura onoraria richieda la piena disponibilità e la preziosa collaborazione dei dirigenti degli uffici giudiziari. Di questa esigenza si è fatto carico il Consiglio superiore il quale, nella circolare sulla composizione delle tabelle organizzative per il triennio 2014-2016 (P-19199 del 27 luglio 2011 e successive modificazioni) ha espressamente stabilito (punto 61.5) che «i dirigenti degli uffici dovranno, in ogni caso, sia in sede centrale che in sede decentrata, favorire le attività dirette alla formazione professionale dei magistrati onorari».

5. La formazione internazionale

Nell’attuazione del Progetto European Gaius per il rafforzamento della cultura giuridica europea dei magistrati italiani, il Csm, con delibera del 13 aprile 2011, aveva introdotto la figura di un magistrato esperto in diritto europeo, collocato presso gli uffici della formazione decentrata, cui era assegnato il compito di collaborare all’organizzazione dei corsi sui temi in materia e fornire ai colleghi in tempi rapidi informazioni specifiche sul diritto europeo e la relativa giurisprudenza, raccogliendo e diffondendo sia le pronunce delle corti territoriali in argomento sia quelle nazionali ed europee sul diritto dell’Unione e sulla Convenzione Edu.

Come si è già sottolineato, la Scuola, subentrando al Csm anche nella gestione del Progetto Gaius, ha conservato la specificità della funzione del formatore decentrato referente per il settore, riservandosi di selezionarlo appositamente per ciascuna struttura periferica e conferirgli direttamente la delega in base ai titoli specifici posseduti. Anche nel nuovo assetto sono state quindi valorizzate per intero le competenze definite nella citata risoluzione del Csm, sul presupposto che la normativa sovranazionale si integri con quella nazionale tanto che ormai può dirsi che non esistano fattispecie del diritto interno che non abbiano relazioni con il diritto europeo: con la conseguenza che l’effettiva diffusione della relativa conoscenza si deve attuare anche mediante l’inserimento di relazioni o approfondimenti sul tema nell’ambito di corsi che trattano questioni “ordinarie” sia di diritto sostanziale e processuale civile, sia di diritto e procedura penale.

I compiti del formatore in diritto europeo non si limitano tuttavia alla organizzazione di incontri di studio su temi di rilievo eminentemente transnazionale, alla cooperazione con gli altri formatori decentrati nella definizione dei programmi degli incontri di studio ed alla diffusione di novità normative e giurisprudenziali.

Anzitutto, l’attivazione di numerosi programmi di scambio nell’ambito della formazione internazionale, nonché di altri progetti per la conoscenza del sistema giudiziario italiano da parte di magistrati stranieri, impone che i formatori europei assolvano al compito di referenti della Scuola nei distretti in cui tali iniziative trovano attuazione. Si tratta di un’attività particolarmente coinvolgente, poiché richiede non solo la predisposizione in favore degli ospiti di un programma di apprendimento del nostro sistema e lo svolgimento di un ruolo di tutoraggio, ma anche impegno organizzativo di tipo logistico.

In secondo luogo, i formatori europei hanno la responsabilità della diffusione della conoscenza di lingue straniere e dell’organizzazione dei relativi corsi di apprendimento.

L’importanza della formazione linguistica quale strumento per permettere alle autorità giudiziarie di comunicare tra loro è stata sottolineata anche dalla Comunicazione della Commissione europea del 29 giugno 2006 sulla formazione giudiziaria nell’Unione europea (COM(2006)0356), per cui alla formazione decentrata è attribuito, al fine di perseguire tale specifico scopo, il compito di promuovere i corsi di studio ed approfondimento delle lingue di comune impiego nell’ambito europeo. A tal fine i referenti sono autorizzati ad utilizzare i fondi della dotazione finanziaria assegnata annualmente ad ogni singola struttura territoriale, e richiedendo ai discenti la compartecipazione alla spesa.

6. La formazione iniziale

L’art. 18, comma 1, d.lgs n. 26 del 2006 prescrive che il tirocinio dei magistrati di nuova nomina si articoli in due sessioni, una delle quali, della durata di sei mesi anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola. Il regolamento per la formazione iniziale dei magistrati ordinari, approvato con dm del 13 giugno 2012, specifica che la sessione presso la Scuola – nel rispetto delle direttive formulate dal Csm – possa prevedere stage esterni, realizzati avvalendosi delle strutture della formazione decentrata, presso organizzazioni di utile riferimento per i magistrati in tirocinio.

I formatori decentrati sono quindi chiamati istituzionalmente a cooperare con la Scuola nella gestione della sessione formativa ad essa riservata che si svolge in sede territoriale, organizzando gli stage destinati ai Mot in servizio nel distretto e coordinandosi in questa attività con i magistrati collaboratori nominati dal Csm su indicazione del Consiglio giudiziario.

Si tratta, all’evidenza, di operazioni tese a contribuire alla realizzazione della più ampia apertura alle esperienze diverse ed ai saperi extra-giuridici che deve caratterizzare la formazione del magistrato e consentirgli un approccio consapevole alla realtà sempre più complessa in cui è destinato ad operare. La varietà delle iniziative che risultano già poste in essere dai referenti distrettuali (visite di studio agli istituti penitenziari, agli uffici dell’esecuzione penale esterna, alle varie articolazioni della polizia giudiziaria, alle cancellerie e segreterie degli uffici giudiziari, alla Corte di cassazione, alla Banca d’Italia, all’avvocatura di Stato, agli uffici del lavoro, all’Agenzia delle entrate, ai servizi sociali, agli enti locali) segnano l’inizio di un percorso destinato a sviluppi sempre più significativi. Peraltro lo stesso Csm, nella delibera del 21 febbraio 2013 (Linee programmatiche sulla formazione decentrata), ha espressamente chiarito che le strutture territoriali possono essere direttamente delegate dalla Scuola a svolgere anche altre attività relative alla formazione iniziale dei magistrati in tirocinio; e che il coinvolgimento dei referenti in iniziative individuate, con ampia discrezionalità, dal Comitato direttivo è funzionale alla piena integrazione della formazione territoriale all’interno del circuito complessivo della formazione facente capo alla Scuola.

7. I corsi interdistrettuali ed i corsi territoriali

La integrazione fra centro e periferia, di cui si è appena detto, trova invero una completa espressione nei corsi “interdistrettuali” ed in quelli “territoriali”.

I primi, derivanti dalla pregressa esperienza consiliare, sono quelli organizzati d’intesa fra formatori di diversi Distretti (anche più di due), su autorizzazione del Comitato direttivo della Scuola; non è più necessario, con il nuovo assetto, che i Distretti siano limitrofi, ma solo che esitano esigenze formative omogenee.

La progettazione di incontri di studio a livello interdistrettuale costituisce il modo di valorizzare un evento formativo di particolare rilievo e favorire la partecipazione di un maggior numero di utenti: ma anche una risposta alle esigenze di formazione dei magistrati addetti ad uffici di rilevanza distrettuale, incaricati della trattazione di materie specialistiche (come ad esempio le direzioni antimafia nel campo penale e le sezioni specializzate nel diritto industriale e societario), che possono così fruire di un più ampio e proficuo confronto professionale.

Altro livello “intermedio” fra la formazione di prossimità svolta in sede decentrata e quella esercitata in sede centrale è costituito dalle iniziative organizzate dalle strutture territoriali ma aperte alla partecipazione di un certo numero di magistrati provenienti da altri distretti.

In sostanza questi corsi (cosiddetti “territoriali”) valgono come attività di formazione decentrata per i magistrati del Distretto che li organizza e come corsi di formazione permanente per i magistrati provenienti dall’esterno, i quali vengono selezionati dalla Scuola secondo i criteri generali di ammissione. Si tratta anche qui della concreta attuazione della circolarità delle esperienze fra la formazione centrale e quella decentrata, chiamata a fornire contributi nuovi ed originali che arricchiscono l’offerta formativa annuale fornita dalla Scuola.

Le proposte provenienti dalle strutture periferiche sono vagliate dal Comitato direttivo che ne approva lo svolgimento ed autorizza la relativa spesa, indicando nel programma annuale il tema, la data ed il luogo di svolgimento dei corsi.

L’iniziativa ha riscontrato un elevato livello di gradimento degli utenti e segna un costante trend di crescita che esprime un sempre maggior coinvolgimento dei formatori decentrati e conferma la buona riuscita delle precedenti esperienze, tanto che si registra un incremento dei corsi territoriali cd “fuori sacco”, perché non programmati ad inizio anno, specie su materie di particolare interesse per la magistratura onoraria.

8. L’attività di “riconversione” in caso di mutamento delle funzioni

L’art. 13, comma 3, d.lgs n. 160 del 2006 prevede l’obbligatorietà di un corso di riconversione in caso di mutamento delle funzioni (da requirenti a giudicanti o viceversa): nell’esperienza comune, tuttavia, risulta talvolta ben più complesso il passaggio da un settore ad un altro, magari del tutto disomogeneo, all’interno della stessa funzione.

Il Consiglio superiore, nelle Linee programmatiche sulla formazione e l'aggiornamento professionale dei magistrati per l'anno 2016, ha rilevato in proposito come, sul punto, le iniziative di formazione a livello decentrato siano in genere fortemente condizionate dal numero limitato dei magistrati di ciascun Distretto da riconvertire, di talché solo gli incontri di studio organizzati a livello centrale possono assicurare un numero di partecipanti che permetta in maniera efficace una “osmosi” di vecchie e nuove conoscenze.

La Scuola ha affrontato il problema prevedendo la possibilità per i magistrati che abbiano cambiato di recente o stiano per cambiare funzioni o settore di essere ammessi in sovrannumero ai corsi di formazione permanente in materie pertinenti con le nuove attribuzioni, ma ha assegnato anche alle strutture decentrate il compito di assicurare al magistrato in “mobilità” – anche “interna” – un’adeguata riqualificazione professionale.

Si tratta di un campo della formazione del tutto particolare, perché non riguarda una platea, più o meno vasta, di utenti con le medesime esigenze bensì singoli magistrati con bisogni formativi ed esperienze professionali differenti, il cui tramutamento si realizza in tempi diversi e non sempre prevedibili, tanto che le strutture degli uffici a quo e ad quem potrebbero essere alternativamente coinvolte.

È comunque evidente che il contenuto della riconversione professionale del magistrato in mobilità debba essere di volta in volta concordato con l’interessato tenendo conto delle sue specifiche esigenze, non essendo ipotizzabile che un programma formativo possa essere autoritativamente determinato. Ciò presuppone che l’intervento della struttura decentrata debba essere sollecitato da chi intenda avvalersene.

9. La formazione nella materia dell’innovazione e dell’informatizzazione

La grande novità rappresentata dal processo civile telematico, la via ormai aperta verso il processo penale telematico, la diffusione degli applicativi informatici a disposizione del magistrato e delle cancellerie richiedono uno sforzo comune per rendere effettiva l’innovazione tecnologica e l’informatizzazione negli uffici giudiziari.

In quest’ottica tra il Consiglio superiore e la Scuola è intervenuta un’intesa, sancita nella delibera Csm del 14 ottobre 2015, per la collaborazione a livello Distrettuale fra i referenti dell’informatica di emanazione consiliare (i referenti distrettuali – Rid – ed i referenti dei singoli uffici – MagRif) ed i formatori decentrati per un progetto di formazione comune nelle sedi periferiche nelle materie dell’innovazione e dell’informatizzazione.

Il progetto contempla uno stretto collegamento tra referenti di diversa estrazione teso, da un lato, alla formazione dei MagRif da parte dei Rid e, da un altro, all’alfabetizzazione ed all’aggiornamento continuo di tutti i magistrati mediante iniziative realizzate in sinergia con le strutture decentrate. L’approfondimento di tale specialistica materia anche da parte degli aspiranti agli uffici direttivi si profila come il solo ambito in cui è realisticamente ipotizzabile un intervento della formazione decentrata in questo specifico settore formativo (assegnato alla Scuola dall’art. 2, comma 1, lett. d-bis, d.lgs n. 26/2006), il cui percorso concernente lo studio della gestione di organizzazioni complesse è tale da poter essere sviluppato esclusivamente in sede centrale.

10. Le prospettive della formazione decentrata

L’art. 73 dl 21 giugno 2013 n. 69 (cd «decreto del fare») disciplina il «tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari» al quale possono essere ammessi, sulla base di titoli valutati dal capo dell’ufficio in seguito a semplice domanda (dunque senza la necessità di stipula di apposta convenzione con gli enti di provenienza), i laureati in giurisprudenza più meritevoli.

Lo stage ha la durata di diciotto mesi e gli ammessi sono affidati ad un magistrato formatore che essi «assistono e coadiuvano nel compimento delle ordinarie attività»; non sono loro preclusi il contestuale svolgimento del tirocinio per l’accesso alla professione di avvocato e notaio, la frequenza delle Scuole di specializzazione per le professioni legali ed il dottorato di ricerca.

L’esito favorevole dello stage costituisce titolo per l’accesso al concorso in magistratura, è valutato per il periodo di un anno ai fini del compimento del tirocinio professionale ed ai fini della frequenza dei corsi delle SSPL, determina preferenza per la nomina a giudice onorario di tribunale e vice procuratore onorario oltre che nei concorsi pubblici.

La norma (comma 5) prevede dunque la figura di un magistrato affidatario al quale è assegnata la guida ed il controllo dell’attività dei tirocinanti; è tuttavia contemplato l’intervento della Scuola ed in particolare delle sue strutture decentrate perché gli stagisti sono «ammessi ai corsi di formazione decentrata organizzati per i magistrati dell’ufficio ed ai corsi di formazione decentrata loro specificamente dedicati e organizzati con cadenza almeno semestrale secondo programmi che sono indicati per la formazione decentrata da parte della Scuola superiore della magistratura».

La Scuola è quindi chiamata a un doppio compito: l’uno di natura programmatica, che si esplica nella predisposizione di un programma semestrale di formazione del tirocinante; l’altro, di carattere esecutivo, consistente nell’organizzare in sede locale, tramite le proprie strutture territoriali, di incontri di studio specifici riservati agli stagisti, i quali sono comunque ammessi alla frequenza dei corsi aperti a tutti i magistrati.

All’interno degli uffici giudiziari svolgono tuttavia (e svolgeranno a breve, come si dirà) un periodo di perfezionamento anche altre figure di giovani laureati, per la cui formazione è richiesto l’intervento della Scuola ed in particolare delle sue articolazioni periferiche.

L’art. 37, commi 4 e 5, dl 6 luglio 2011 n. 98, prevede infatti la possibilità per i dirigenti degli uffici giudiziari di stipulare convenzioni con le facoltà universitarie di giurisprudenza, con le Scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'art. 16 del dl n. 398/1997 e con i Consigli dell'Ordine degli avvocati, per lo svolgimento presso gli uffici giudiziari del primo anno del corso di dottorato di ricerca, del corso di specializzazione per le professioni legali o della pratica forense per l'ammissione all'esame di avvocato.

Questa forma di tirocinio presuppone dunque una convenzione con l’ente di riferimento (ordine avvocati, SSPL, Università per il dottorato), senza alcuna limitazione in ordine alla tipologia degli uffici giudiziari che possono essere coinvolti. La frequenza non può superare un anno ed è sostitutiva del pari periodo del percorso formativo svolto presso l’ente convenzionato (dottorato, frequenza alla SSPL e pratica forense).

Anche per questi tirocinanti è normativamente previsto il compito di coadiuvare i magistrati che ne facciano richiesta «nel compimento delle loro ordinarie attività»: diversi dunque i percorsi di reclutamento, differenti arco temporale ed effetti premiali, ma sostanziale identità di funzioni con gli stagisti reclutati ai sensi del dl n. 69 del 2013, come peraltro testualmente ratificato dal legislatore che, nel delineare la struttura dell’«ufficio per il processo» (art. 16-octies d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, introdotto dall’art. 50 d.l. 24 giugno 2014, n. 90), ha espressamente previsto che siano impiegate in esso, senza distinzione alcuna, entrambe le figure professionali.

La normativa del 2011 non contiene invero alcun riferimento all’attività di formazione erogata dalla Scuola; tuttavia il Csm, nella Risoluzione sui tirocini formativi presso gli uffici giudiziari del 29 aprile 2014, ha optato per una disciplina il più possibile unitaria sostanzialmente equiparando, quanto alla formazione, i tirocini in esame con gli stage previsti dalla legislazione successiva. L’impegno delle articolazioni periferiche della Scuola, dunque, si dovrà sviluppare anche in loro ausilio.

Nel sistema così delineato si innesta l’attuazione del nuovo ordinamento forense (legge n. 247 del 2012), che all’art. 44 prevede un’attività di praticantato presso gli uffici giudiziari disciplinata con regolamento emanato dal Ministro della giustizia.

La bozza di tale regolamento (non ancora adottato, ma su cui ha già espresso parere globalmente favorevole il Consiglio di Stato – affare n. 994/2015) prevede che il tirocinio presso gli uffici giudiziari abbia la durata massima di dodici mesi e che il praticante avvocato assista e coadiuvi il magistrato affidatario tramite lo studio dei fascicoli, l’approfondimento delle questioni sul piano giurisprudenziale e dottrinale, la partecipazione alle udienze ed alle camere di consiglio. Si tratta sostanzialmente della medesima attività che caratterizza i tirocini di cui si è detto finora, tanto che nell’art. 1 dello schema («Oggetto») è espressamente previsto che le norme contenute nel regolamento disciplinano anche l’attività di praticantato negli uffici giudiziari svolta in base alle convenzioni ex art. 37 dl n. 98 del 2011.

Alla Scuola ed alle strutture decentrate, dunque, il compito delicato e complesso di affiancare nella loro formazione giovani professionisti che, muovendosi sul terreno concreto dell’attività svolta fianco e fianco negli uffici giudiziari, affinano le proprie capacità professionali e partecipano, agendo insieme, di una comune cultura della giurisdizione, ispirata – al di là dell’incremento del bagaglio di conoscenze tecniche di ciascuno – al rispetto delle regole e della deontologia.

Dai tirocini formativi, di qualsiasi tipologia ma di analoga sostanza, proverranno magistrati professionali ed onorari, avvocati, notai, dirigenti e funzionari amministrativi. Questa è la più pregnante sfida della Scuola e delle sue strutture decentrate per il futuro: una formazione comune, sperimentata sul campo.