Magistratura democratica

La riforma del processo civile e il mondo minorile: alcuni spunti migliorativi e molti effetti paradosso

di Cristina Maggia

La riforma del processo civile, approvata con d.lgs n. 149/2022, pur presentando per la parte che attiene alla giustizia minorile alcuni aspetti positivi, ha introdotto modifiche che produrranno difficoltà organizzative tali da determinare, non l’auspicata riduzione dei tempi processuali, ma un loro considerevole allungamento, una minore specializzazione dei giudicanti e una tutela meno rapida e adeguata dei minori in grave difficoltà.

1. Una breve premessa / 2. Cosa non cambierà / 3. Le tre fasi della riforma del processo civile / 3.1. La prima fase: le norme immediatamente precettive (entrata in vigore: 22 giugno 2022) / 3.2. La seconda fase: la riforma processuale – unificazione del rito (entrata in vigore: 30 giugno 2023) / 3.3. La terza fase. La riforma ordinamentale: il tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie (entrata in vigore prevista: dal 17 ottobre 2024 al 1° gennaio 2030) / 4. Conclusioni 

 

1. Una breve premessa

Utilizzando la medesima schiettezza del Professor Andrea Proto Pisani, pur consapevole di non possederne i medesimi titoli, da antico giudice minorile, oggi presidente di un tribunale per i minorenni di media grandezza e della Associazione italiana magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, posso dire di avere provato una profonda meraviglia nel leggere, in un recente suo articolo apparso su questa stessa Rivista, l’impietoso giudizio di un indiscusso maestro del diritto sui magistrati minorili e, in particolare, sulla intera categoria dei presidenti dei tribunali per i minorenni. 

Se non ho mal compreso, secondo la descrizione offerta ai lettori dall’illustre giurista, i ventinove presidenti dei tribunali per i minorenni italiani, senza distinzione di provenienza, da Bolzano a Catania a Sassari, costituirebbero un manipolo di invasati dediti a contrastare ingiuste sottrazioni di bambini da famiglie perfettamente in grado di fronteggiare le proprie recuperabili fragilità; ciò che farebbero in spregio delle regole poste a tutela del principio del contraddittorio, affiancati da assistenti sociali altrettanto sprovvisti di competenza, e tutti illuminati da una personale e unilaterale guida divina. 

È mio costume accettare con gratitudine e disponibilità al confronto ogni diverso punto di vista, e riconosco che vi possano essere stati in passato tempi e luoghi in cui il principio del contraddittorio sia stato poco presente nelle procedure minorili; ma non posso non sottolineare come da parte specialmente dei critici più severi occorrerebbe quantomeno un aggiornamento delle proprie convinzioni, dal momento che, a far tempo dalla modifica dell’art. 111 della Costituzione, nessuna procedura, neppure in attuazione del diabolico art. 336, ult. comma, cc, si è mai più aperta al tribunale per i minorenni di ufficio, ma esclusivamente su ricorso di parte o, molto più di frequente, del pubblico ministero. 

La terzietà del tribunale per i minorenni è ormai presente in tutti gli uffici, anche nelle procedure limitative della responsabilità genitoriale che si aprono, pur in assenza di norme dedicate, su ricorso di parte da almeno vent’anni. Al contempo, consiglierei ai medesimi critici una corretta e aggiornata informazione sulla sempre maggiore tragicità delle situazioni in cui vive l’infanzia nel nostro Paese, frequentemente causata dalla dilagante e narcisistica immaturità degli adulti di riferimento, incapaci di vedere, oltre ai propri, i bisogni più profondi dei loro figli. La gravità delle vicende in esame è accentuata dalla crescente povertà di mezzi e di cultura e dalla conseguente fatica evolutiva dei bambini, sempre ignorati dalla politica, che negli anni ha insensatamente depauperato i sistemi di welfare, i sistemi sanitari e anche quelli della giustizia, ponendo al centro sempre e soltanto i diritti degli adulti. Sin dalle prime fasi di troppo veloce costruzione di questa riforma, abbiamo invitato chiunque nei nostri tribunali trasparenti, non solo i pochissimi avvocati addetti ai lavori per pura passione (perché negli uffici minorili non ci si arricchisce), ma ogni altro che fosse interessato a capire: purtroppo l’invito non è stato raccolto da alcuno. Del resto, se non si accetta di partecipare alle travagliate camere di consiglio, di studiare i fascicoli – ahimè sempre inesorabilmente di carta –, se non ci si immerge nelle storie di disperata umanità che in essi sono contenute, accettando per un poco di dismettere i panni dell’algido teorico, riesce davvero difficile immaginare l’urgenza e la tragicità di quasi tutte le situazioni che arrivano sui nostri tavoli. Come si usa dire, “noi vediamo solo ciò che siamo”: questo è stato il peccato originario di una riforma predisposta da chi si è sempre rifiutato anche solo di vedere il diverso da sé con sguardo disposto al cambiamento. 

La stessa Ministra Cartabia ha infine dovuto ammettere, in presenza dei cinquantotto capi degli uffici minorili italiani (tutti i presidenti e i procuratori), che la mancanza di collegialità e multidisciplinarietà nelle procedure più delicate costituiva un serio vulnus della riforma, purtroppo non più rimediabile: magra consolazione. 

Analoga magra consolazione ho personalmente provato nel dialogare con un ottimo avvocato, componente della Commissione Luiso, già strenuo nemico dei tribunali per i minorenni, il quale, dopo essere stato nominato più volte curatore speciale e avendo toccato con mano il dolore di tante storie, ha lealmente ammesso l’errore nelle proprie critiche, purtroppo troppo tardi. 

La conseguenza è che i decreti attuativi non si sono discostati quasi per nulla dalla linea tracciata dalla legge delega, e il dl n. 149/2022 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 17 ottobre 2022. Come ho già in varie sedi affermato, la riforma sconta una visione centrata principalmente sulla conflittualità di coppia, trascurando e misconoscendo le problematiche della tutela e della protezione dei minori, che sono ben altra cosa. Con un movimento ideologicamente regressivo, non strano in questa epoca storica, in cui si parla sempre di più del “legame di sangue” e dei “diritti dei genitori più che del bimbo”, entrambi di sapore datato, questa riforma ha posto l’accento con forza sulla supremazia del sapere giuridico rispetto agli altri saperi che, con pari dignità, hanno finora svolto un ruolo importante nella composizione del collegio giudicante dei tribunali per i minorenni, finalizzata alla migliore tutela del soggetto di minore età. 

Diversamente da quanto sostenuto dai riformatori, l’autorità giudiziaria minorile negli ultimi vent’anni ha saputo garantire il rispetto delle garanzie processuali, mantenendo al contempo una particolare vicinanza alle situazioni reali delle persone, proprio grazie alla positiva fusione fra giudici giuristi e giudici portatori di altri saperi. L’approccio snello, la semplicità delle forme delle procedure hanno reso possibili interventi protettivi urgenti mirati sul benessere del bambino e sul suo diritto ad avere la migliore relazione possibile con i suoi genitori. 

Tutto ciò è stato fortemente ridimensionato con una riforma, prima processuale e quindi ordinamentale, precipitosa, non abbastanza meditata anche nelle sue conseguenze pratiche. Ormai, però, è legge dello Stato e come tale va affrontata e interpretata, cercando modalità di attuazione della normativa che siano il più possibile adeguate al compito di protezione dell’infanzia che la Costituzione ci assegna.

 

2. Cosa non cambierà 

Prima di affrontare i diversi gradi della riforma civile e ordinamentale, tengo a precisare che nel processo penale minorile i collegi dell’udienza preliminare, del dibattimento e del tribunale di sorveglianza manterranno l’attuale composizione multidisciplinare, con la possibilità per i giudici onorari di svolgere verifiche e udienze di sostegno ai ragazzi in messa alla prova.

Anche in futuro, quando sarà attiva la parte ordinamentale della riforma, cioè in epoca successiva al 17 ottobre 2024, i collegi penali a composizione mista comporranno la sezione distrettuale del tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie mantenendo le attuali invariate competenze. Del resto, plurime sentenze della Corte costituzionale, una delle quali la n. 139/2020 (presidente Cartabia), descrivono la irrinunciabilità della presenza dei giudici onorari nei collegi minorili penali al fine di valutare il grado di evoluzione di un minore imputato di reato nel suo cammino verso la maturità. 

Non è semplice comprendere perché ciò che nella materia penale è definito “irrinunciabile”, non possa esserlo invece nella materia civile “de potestate”, nei collegi che dovranno decidere se allontanare un bambino dalla sua famiglia o meno, scelta certamente altrettanto delicata e suscettibile di competenze altre, oltre a quella giuridica. 

 Analogamente, resterà di competenza degli attuali tribunali per i minorenni e, poi, della sezione distrettuale del futuro tribunale per le persone, i minori e le famiglie, la trattazione in composizione collegiale e multidisciplinare delle procedure tese all’accertamento dello stato di abbandono di un minore, delle procedure per le sottrazioni internazionali di minori, delle procedure di ricerca delle origini da parte del soggetto adottato ai sensi dell’art. 28 legge adozione, della valutazione delle coppie per l’adozione nazionale e internazionale, dei procedimenti amministrativi e delle tutele per i minori stranieri non accompagnati in applicazione della l. n. 47/2017.

In questi importantissimi settori, la ricchezza delle competenze altre portate dai giudici onorari continuerà ad accompagnare i togati con una funzione giudicante paritaria e orizzontale.

 

3. Le tre fasi della riforma del processo civile

 

3.1. La prima fase: le norme immediatamente precettive (entrata in vigore: 22 giugno 2022)

Il 22 giugno 2022 sono entrate in vigore: la modifica dell’art. 403 cc, che ha regolato gli allontanamenti urgenti di minori posti in essere dalla pubblica autorità; la modifica dell’art. 38 disposizioni di attuazione al cpc, finalizzato a superare la frammentazione delle procedure fra tribunale per i minorenni e tribunale ordinario; la modifica degli artt. 78 e 80 cpc, relativi alla nomina di un curatore speciale al minore nella maggior parte delle procedure. 

Avevo già affrontato, in altro precedente articolo, i profili critici di queste norme, che non ripeterò.

 

3.2. La seconda fase: la riforma processuale – unificazione del rito (entrata in vigore: 30 giugno 2023)

a) Un salto nel vuoto in assenza delle necessarie risorse organizzative

Tra circa sei mesi, il rito processuale sarà lo stesso sia per le procedure limitative/ablative della responsabilità genitoriale pendenti avanti al tribunale per i minorenni, che per quelle separative, divorzili, familiari pendenti avanti al tribunale ordinario. 

Va ritenuto che facciano eccezione all’unificazione del rito le procedure ai sensi dell’art. 31 del testo unico sull’immigrazione (Tui), che proseguiranno come procedure di volontaria giurisdizione, e così pure le tutele dei minori stranieri non accompagnati, che non hanno ovviamente natura contenziosa. 

Le norme dedicate al nuovo rito sono gli artt. 473-bis ss., che prevedono la composizione collegiale dell’organo giudicante con possibilità di delega di trattazione e istruzione a uno dei membri del collegio. 

Quanto alla particolare materia minorile, pur restando il collegio giudicante composto sia da togati che da onorari (giudici anch’essi a tutti gli effetti), si evidenzia come, in base alle nuove disposizioni nelle procedure ex artt. 330 e 333 cc, possano essere delegati ai giudici onorari solo specifici adempimenti (ascolto dei servizi, sostegno alla famiglia, attività di conciliazione), mentre è sottolineata – a differenza che in passato – l’impossibilità di delegare ai colleghi onorari la trattazione della prima udienza, dell’ultima udienza prima della chiusura della procedura e di tutte le udienze intermedie prodromiche all’adozione di provvedimenti urgenti. 

Poiché, in media, in ogni procedura limitativa della responsabilità genitoriale si celebrano due/tre udienze, ciò significa che nessuna di queste potrà essere delegata al giudice onorario. 

Il legislatore, licenziando una riforma ad invarianza finanziaria senza aumento degli organici, riducendo al contempo il ruolo dei giudici onorari nelle procedure limitative della responsabilità genitoriale, ha mostrato di ignorare la situazione reale degli uffici. 

Tali previsioni normative, infatti, avulse dalla realtà, renderanno semplicemente impossibile il mantenimento degli attuali tempi di trattazione. 

Ciò in diretto contrasto con l’obiettivo della riforma, che si propone la più celere definizione dell’arretrato con l’obiettivo della ragionevole durata del processo. 

Va chiarito, infatti, che gli organici dei togati di ogni tribunale per i minorenni, in particolare di alcuni uffici giudiziari del centro-nord situati in Regioni ad alta densità di popolazione, con una forte presenza multietnica, con imponenti numeri di cittadini di minore età e servizi molto presenti e attivi, sono ad oggi assolutamente insufficienti ad affrontare l’enorme carico di lavoro, che sta aumentando in modo esponenziale, così come è aumentato il disagio sociale a seguito della pandemia e del lockdown

Se gli uffici giudiziari minorili sono stati finora in grado di fare decorosamente fronte alle costanti emergenze, è stato solo attraverso la possibilità di delega di alcune istruttorie ai giudici onorari: l’impossibilità futura della loro utilizzazione creerà certamente imponenti ritardi nelle trattazioni e disservizi proprio laddove sono più urgenti gli interventi (artt. 330 cc, 403 cc, affidi etero-familiari).

Va detto, infatti, che la percentuale di giudici onorari in ogni tribunale per i minorenni è tendenzialmente di quattro, in ogni caso mai meno di due, per togato. Mentre i quattro o due onorari, due o tre mattine a settimana, tengono udienza in esecuzione delle direttive del togato assegnatario del fascicolo, il togato fa dell’altro (udienze penali, istruttorie di adottabilità, camere di consiglio, etc.). 

È difficile immaginare come potremo noi soli togati assorbire un simile carico di lavoro aggiuntivo senza aumentare a dismisura i tempi di trattazione. 

Oggi abbiamo tempi di trattazione mediamente congrui e ragionevoli, del resto non era certo il minorile il settore del quale i ritardi preoccupavano l’Europa. 

Ebbene, da luglio 2023 non riusciremo più a mantenerli. Ciò è molto preoccupante, vista la gravità e la tragicità delle situazioni che arrivano sui nostri tavoli. 

Il divieto di delegare un grande numero di attività ci farà precipitare nel caos, con buona pace della riduzione dei tempi dei procedimenti, indicata come obiettivo centrale della riforma.

Inoltre, non sarà neppure delegabile al giudice onorario (psicologo, pedagogista, neuropsichiatra infantile, etc.) l’ascolto del minore. È, invece, incomprensibilmente imposto sempre l’ascolto del minore da parte del curatore speciale, avvocato, un giurista spesso del tutto digiuno di capacità comunicative con il soggetto di minore età. 

Non posso sottacere come, riservando ai soli giuristi l’ascolto dei minori, non vi sia stato alcun apprezzamento, da parte del legislatore, dei possibili conflitti di lealtà esistenti per il bambino inserito in una procedura giudiziaria altamente stressante, del possibile condizionamento subito dai genitori, delle modalità di reazione poste in essere da parte di un minore traumatizzato da una famiglia maltrattante, o anche solo della fatica per un bambino di sintonizzarsi sul linguaggio dei giuristi e dell’ansia che un simile evento può produrre, se gestito da persone prive della competenza necessaria. Sembra non si sia voluto accettare che, in base alla normativa europea e convenzionale nonché alle plurime pronunzie della Corte di cassazione, l’ascolto del minore non debba essere considerato un mezzo di prova, bensì un modo per acquisire la sua opinione rispetto alla vicenda esistenziale che sta vivendo, e che l’opinione del minore non possa essere circoscritta alle aspettative e alle regole processuali degli adulti. 

Non si è compreso che il minore ha modalità di funzionamento differenti dall’adulto: a domanda, spesso, non risponde o non risponde come noi ci aspettiamo, porta le sue angosce talora in modo confuso e poco razionale, specie se si sente non accolto e pressato dalla presenza ingombrante, anche simbolica, dei genitori. 

Credo poi che, proprio con riferimento alla obbligatorietà dell’ascolto da parte del togato, sorgeranno difficoltà di natura pratica e organizzativa. Supponendo, in base all’esperienza pratica, che l’ascolto di un bambino non possa impegnare meno di mezz’ora, mi chiedo se sia stato considerato il numero di bambini che il giudice togato dovrà sentire e i tempi richiesti da questa attività perché non sia solo una formalità senza significato. 

Forse sono pessimista, ma temo che il tanto decantato ascolto si trasformi in un paio di domande formulate da un giudice distratto, o non fornito di adeguate modalità di approccio, a un ragazzino che non ha voglia di rispondere o che manifesta una forte inibizione e difficoltà di comunicazione, così da diventare una formalità quantomeno poco utile.

b) I dati

A supporto delle precedenti considerazioni, penso sia utile condividere alcuni dati, elemento fondante che dovrebbe essere posto alla base di qualsiasi processo riformatore. Poiché il Ministero di giustizia, nella fretta data dalla necessità di completare la riforma, non era parso interessato a valutare i dati e i numeri delle procedure pendenti avanti ai tribunali per i minorenni, i presidenti di molti uffici giudiziari minorili hanno deciso di raccogliere artigianalmente alcuni dati, che vi ripropongo nella tabella che segue. 

Vi sono descritti, per l’anno 2021, il numero degli abitanti per distretto, il numero dei minorenni censiti, la pianta organica teorica di ciascun tribunale (quasi mai coperta), il numero dei provvedimenti provvisori emessi nelle procedure de potestate, il numero dei provvedimenti definitivi, le istruttorie svolte dai giudici onorari su delega del togato, il numero delle procedure sopravvenute e di quelle definite nell’anno. La tabella evidenzia l’impossibilità per i giudici togati, già a partire dal prossimo 30 giugno 2023, di sostituire gli onorari come previsto dalla riforma, senza che i tempi delle procedure si moltiplichino in modo del tutto contrario all’interesse del soggetto minorenne a vedere riconosciuta la tutela che gli deve essere tempestivamente riservata.

c) La mancata digitalizzazione degli uffici minorili: ulteriore nodo critico

Alla seria preoccupazione per l’imminente aumento esponenziale dei tempi di trattazione delle procedure si aggiunge quella, non meno grave, data dalla perdurante assenza di digitalizzazione degli uffici giudiziari minorili, che continuano a non disporre di processo civile telematico e si avvalgono di un sistema informatico che risale ai primi anni novanta del secolo scorso, in allora già obsoleto. Con la riforma, si è posto mano alle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile introducendo il titolo V-ter, intitolato «Disposizioni relative alla giustizia digitale». Vi si prevede il ricorso esclusivo alle modalità telematiche per i tribunali, le corti d’appello, la Corte di cassazione e i giudici di pace; nulla, però, si dice dei tribunali per i minorenni, perennemente sommersi dalla carta. Per tutti gli uffici è previsto che la obbligatoria modalità digitale debba entrare in vigore all’inizio del 2023, salvo per i tribunali per i minorenni, per i quali entrerà in vigore «a partire dal momento in cui il Ministero della Giustizia accerterà la funzionalità dei servizi»: immagino si tratti di funzionalità digitale e, viste le esperienze pregresse, temo non sarà imminente. Intanto noi continueremo, ai sensi del nuovo art. 38 disp. att. cpc, a trasmettere ai tribunali ordinari fascicoli di carta, che dovranno essere scansionati e caricati sul pct a cura dei destinatari, con ulteriore aggravio di tempi. La situazione di continua marginalizzazione degli uffici minorili, lasciati in condizioni superate e obsolete, rischia poi di produrre un appesantimento dell’attività difensiva. Infatti, mentre negli uffici ordinari, con l’utilizzo del pct, i difensori possono operare tempestivamente depositando e visionando atti anche da remoto, nelle procedure che restano al tribunale per i minorenni saranno costretti ancora ad accedere materialmente agli uffici e a utilizzare la modalità cartacea, anche laddove fossero fissate udienze in tempi assai ravvicinati, come la riforma prescrive. In ogni caso, se anche la digitalizzazione fosse resa operativa, mi chiedo se e quando si potrà provvedere alla digitalizzazione di tutti i fascicoli cartacei ancora pendenti. 

d) Elementi della riforma migliorativi dell’esistente

- Ruolo civile del pubblico ministero. Esistono, tuttavia, modifiche certamente migliorative: è positivo che la riforma si sia occupata di definire la tipologia di intervento civile del pubblico ministero minorile, normando all’art. 473-bis.27 finalmente quel ruolo di filtro nelle attività civili che non era svolto dalle procure in modo uniforme su tutto il territorio italiano, prevedendo che il ricorso introduttivo sia corredato di elementi raccolti nella fase preliminare, sui quali il ricorso medesimo dovrà essere basato. La mera trasmissione al tribunale per i minorenni della segnalazione di pregiudizio non potrà più essere sufficiente. Con l’introduzione della norma, si è dato ingresso formale a prassi ormai da anni molto diffuse in tante procure minorili che svolgono un ruolo più impegnativo nel settore civile che in quello penale. La nota critica è sempre legata all’insufficiente misura degli organici delle procure minorili, da sempre in affanno in ragione della complessità e della numerosità dei loro incarichi, che poco hanno a che spartire con le funzioni di pubblico ministero ordinario. 

Peraltro, la riforma ordinamentale attribuisce al pubblico ministero minorile, a invarianza di organici, anche tutto il ruolo oggi svolto in modo solo formale dalle procure ordinarie nelle procedure di famiglia. 

 Si tratta di migliaia e migliaia di procedimenti in cui il pubblico ministero dovrà svolgere, in modo possibilmente non solo formale, il ruolo di parte pubblica, in aggiunta al carico attuale, che resta invariato, con le medesime scarsissime forze. Non sembrano necessari commenti.

- Attività dei servizi sociali e sanitari. Quanto all’attività dei servizi sociali, pare positiva la previsione che impone al giudice di conferire incarichi circostanziati, ossia di definire il perimetro dei compiti loro assegnati, e contestualmente innova e precisa il contenuto delle relazioni predisposte dai servizi su incarico del giudice delegato. Si dispone infatti che le relazioni dei servizi debbano distinguere, descrivendoli puntualmente, da un lato i fatti accertati, dall’altro le dichiarazioni delle parti e, infine, le valutazioni degli operatori che, ove attengano a profili di personalità delle parti, devono essere fondate su dati oggettivi e su metodologie e protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica, da indicare espressamente in relazione. Le relazioni devono essere rese pubbliche senza ritardo e leggibili dalle parti, salvo che sussistano ragioni di segretezza. Credo che queste modalità dovranno essere fatte proprie anche dagli operatori delle comunità che accolgono i minori e delle comunità madre-bambino, che spesso sono chiamati a relazionare accanto ai servizi e le cui relazioni sono, di frequente, ancor più dettagliate ed esaustive. Lo stesso obbligo compete ai consulenti tecnici d’ufficio.

Sempre riferite alle attività dei servizi sono le modifiche apportate alla l. n. 184/83 (legge adozione). Viene finalmente disciplinato dalla norma l’«affido del minore al servizio sociale», sia per minori allontanati da casa sia per minori che convivono con uno o entrambi i genitori.

Disponendo l’affido del minore ai servizi, è previsto che il giudice eviti definizioni generiche, specificando i limiti e l’entità dei poteri del servizio, quelli degli affidatari, quelli dei genitori non decaduti, quelli eventualmente anche sostanziali del curatore, individuando un termine all’affido disposto che dovrà essere rivisitato alla scadenza per deciderne la proroga o meno. 

Con riferimento ai minori collocati in comunità o in affido etero-familiare, si sottolinea la necessità di mantenere un monitoraggio delle finalità del collocamento, decorsi dodici mesi dall’inserimento, con l’obiettivo di evitare lunghe istituzionalizzazioni senza obiettivi da raggiungere e, quindi, possibili dimenticanze di minori in struttura o in ogni caso fuori famiglia.

- Procedure connotate da violenza domestica e di genere (art. 473-bis.40) nei confronti del partner o dei figli minori. La riforma ha certamente dedicato opportuno spazio alla violenza intra-familiare, riservando un’intera sezione alla violenza di genere e domestica, al fine di assicurare un’attenzione maggiore alla possibilità per la vittima di uscire dal circuito della soggezione violenta e disporre di una corsia preferenziale con percorsi giurisdizionali più rapidi e specializzati, che ritengo potranno essere esperiti anche nei confronti dei minori, ove siano vittime essi stessi di violenza assistita. È prevista per queste procedure la necessità di un ampio coordinamento fra le autorità giudiziarie civili, minorili e penali che trattano, a vario titolo, le medesime vicende, coordinamento in cui il pubblico ministero minorile dovrà svolgere un ruolo di regia, ovviamente risorse digitali e di organico permettendo. Per limitare il rischio di possibile vittimizzazione secondaria, sono stabilite apposite regole per l’attività di competenza dei servizi e dei consulenti.

 

3.3. La terza fase. La riforma ordinamentale: il tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie (entrata in vigore prevista: dal 17 ottobre 2024 al 1° gennaio 2030)

La terza fase della riforma ha previsto l’istituzione del «tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie», organismo unico, composto da una sezione distrettuale situata presso ogni sede di corte d’appello e tante sezioni circondariali collocate presso le sedi di tutti i centoquaranta circondari italiani, che sancirà la definitiva sparizione degli attuali tribunali per i minorenni. 

Quanto alle competenze, la sezione distrettuale, corrispondente all’ex-tribunale per i minorenni, continuerà a trattare con un collegio multidisciplinare (togati più onorari) il processo penale minorile, le procedure di adottabilità, le sottrazioni internazionali di minori, le procedure amministrative, le procedure tese ad accertare l’idoneità delle coppie all’adozione, la ricerca delle origini dei figli adottati, le tutele dei minori stranieri non accompagnati. 

A ciò si aggiungeranno i reclami avverso tutti i provvedimenti monocratici delle sezioni circondariali del distretto, che saranno trattati da un collegio composto da tre togati. 

Come si è detto, del tribunale unico faranno parte anche le sezioni circondariali presenti in ognuno dei centoquaranta circondari italiani. Esse tratteranno tutta l’attuale materia della famiglia e tutelare, cui vanno aggiunte le procedure limitative della responsabilità genitoriale (artt. 330 e 333 cc), gli allontanamenti dei minori ai sensi dell’art. 403 cc, gli affidi etero-familiari ex l. n. 184/83 e le procedure ai sensi dell’ art. 31 Tui. 

Tutte queste competenze saranno affrontate da un solo giudice togato monocratico, in assenza delle garanzie della collegialità e della multidisciplinarietà. Ogni suo provvedimento potrà essere impugnato avanti a un collegio di soli togati presso la sezione distrettuale. 

I giudici onorari, nominati per il triennio, che comporranno il collegio della sezione distrettuale, potranno comporre l’ufficio per il processo nelle sedi circondariali. 

La specializzazione del giudice togato monocratico sarà assicurata, secondo il legislatore, dall’esclusività delle sue competenze familiari e minorili e dal venir meno della necessità di cambiare ufficio dopo dieci anni.

Come si è già detto, la riforma, anche per la parte ordinamentale, sottolinea l’invarianza finanziaria e il mantenimento delle attuali piante organiche dei magistrati e del personale amministrativo.

La parte ordinamentale della riforma suscita fortissime perplessità da molteplici punti di vista, più volte in varie sedi evidenziati, che proverò qui a sintetizzare. 

a) Una grande mole di lavoro si abbatterà sulle sezioni distrettuali chiamate a gestire, in aggiunta ai processi penali e alle delicate procedure tese ad accertare lo stato di abbandono di un minore, una enorme mole di reclami come giudice dell’impugnazione dei provvedimenti monocratici dei giudici dei circondari, aventi ad oggetto un’amplissima varietà di argomenti, dall’allontanamento di un minore all’entità dell’assegno di mantenimento. È facile immaginare che si trasformerà in un “sentenzificio”, non potendo i pochi magistrati, assorbiti dai reclami e dalle relative motivazioni da redigere, dedicare il tempo necessario alle altre assai pregnanti competenze senza un importante aumento degli organici. Attribuendo questo particolare ruolo alla sezione distrettuale, si è voluto eliminare il collo di bottiglia presso la sezione minori della corte di appello, ottenendo semplicemente uno spostamento della strozzatura senza incidere sul quantum reclamabile.

b) Appare enorme anche la mole di lavoro destinata ai giudici che comporranno le sezioni circondariali. Abbiamo visto – dalla tabella dei dati – i numeri delle attività ora svolte dai tribunali per i minorenni che si aggiungeranno a quelle tipiche di un giudice della famiglia. Senza il contributo degli onorari, il giudice monocratico della sezione circondariale, in assenza di competenze nelle scienze umane, nei casi più complessi dovrà ricorrere a molte e assai costose consulenze, da porre a carico delle parti che se le possono permettere. Con la sparizione di collegialità e multidisciplinarietà nelle decisioni più delicate, che possono portare all’allontanamento del minore e al suo inserimento in affido etero-familiare o comunità, la riforma ha attribuito la responsabilità di delicatissime scelte a un giudice privo del conforto di un collegio e della presenza di altri giudici esperti nelle scienze umane. Si tratta di una scelta che, diminuendo la competenza specializzata del giudicante, si rivelerà certamente dannosa, specie se vista dal punto di vista dei minori che hanno bisogno di giudici che li comprendano a fondo e sappiano anche assumere decisioni forti e urgenti.

c) Da un punto di vista meramente organizzativo, riesce difficile immaginare come, nei circondari di piccole dimensioni, possa essere costituita una sezione circondariale con competenze esclusive interamente dedicate alla famiglia e ai minori. Forse si ricorrerà ad accorpare più sezioni circondariali con necessità di continui spostamenti da un luogo all’altro dei magistrati addetti, oltre che a spostamenti dei giudici onorari dalla sede distrettuale (ove operano con lo status di giudice a tutti gli effetti) alle sedi circondariali in cui sono previsti solo come componenti dell’ufficio del processo. Da qui la necessità anche di razionalizzare i diversi sistemi di reclutamento fra i membri dell’Upp e i giudici onorari nominati dal Csm.

Altro tema pratico di difficile soluzione attiene all’edilizia dedicata: occorrerà, infatti, individuare in ciascuno dei centoquaranta circondari una sede opportuna, che non potrà ovviamente essere collocata presso i locali del tribunale ordinario, che resta un ufficio autonomo e diverso, libero di destinare i suoi spazi ai propri uffici. La sezione circondariale è parte di un tribunale autonomo e pluri-composito, che nelle sue varie articolazioni deve disporre di sedi dedicate, anche e proprio tenuto conto della vulnerabilità dei destinatari dei suoi interventi. 

d) Poca chiarezza si riscontra nell’attribuzione dei poteri tabellari fra il ruolo del presidente del tribunale unico e quello dei presidenti delle sezioni circondariali. Preoccupa molto anche la lunga fase prevista per la definitiva entrata in vigore, circa cinque anni, durante i quali i due sistemi continueranno a coesistere. Saranno indispensabili norme transitorie che facciano definitiva chiarezza, se si vorrà continuare una attività giurisdizionale degna di questo nome.

e) Sono state, peraltro, introdotte modifiche all’ordinamento giudiziario che provocano ulteriori ansie negli operatori, prevedendo che: 

- i magistrati in servizio presso i tribunali per i minorenni passino automaticamente al tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie;

-i magistrati in servizio presso le corti d’appello, invece, possano passare a loro domanda al tribunale per le persone i minorenni e le famiglie;

- e così pure i magistrati delle attuali sezioni famiglia possano passare al tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie a loro domanda; essi potranno quindi essere destinati anche a più sezioni circondariali considerate unica sede lavorativa, e costretti perciò a spostarsi un po’ qui un po’ lì. Il decreto prende in esame, regolamentandole, situazioni legate a una possibile pluralità di aspiranti a questi posti: io temo al contrario che, vista la fatica e la solitudine della funzione, ben pochi aspireranno a ricoprire quei posti. Saranno sezioni destinate a giovanissimi giudici con un conseguente elevato turnover.

Incerta appare anche la sorte del personale amministrativo, nel senso che il personale attualmente in servizio presso i tribunali minorili potrà passare solo a sua domanda al tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie, con il serio rischio che nessuno aspiri a posti connotati da tanta scarsa chiarezza.

 

4. Conclusioni 

Si è approvata una riforma ordinamentale di questa portata a costo zero, senza aumento di risorse, a organici invariati, in assenza di una ricognizione sulle ricadute pratiche e concrete di una così imponente trasformazione.

Usando un approccio metodologico minimamente scientifico, sarebbe stata necessaria una preventiva analisi dei flussi di lavoro, uno studio delle piante organiche esistenti alla luce dei carichi che si produrranno, accanto a una verifica delle strutture, anche materiali, disponibili, fatte di immobili, mezzi e persone. 

Non consola, ma provoca amarezza quanto è descritto in chiusura della relazione illustrativa dei decreti attuativi: «Dalla interlocuzione della Commissione ministeriale con il DOG è emerso che: la soluzione praticata dalla legge delega non è materialmente praticabile in quanto sottrarre personale ai TTOO che non dispongano di una sezione esclusiva in materia di famiglia potrebbe portare alla paralisi e certo non alla riduzione dei tempi dei processi civili necessaria al PNRR».

La sola condizione affinché la macchina possa funzionare è che, finalmente, sia dedicata a questa parte negletta del sistema giudiziario italiano una attenzione tecnicamente competente e pragmatica, con la irrinunciabile adozione di mezzi e risorse adeguati. 

Senza interventi significativi e di ampio respiro da parte del Ministero di giustizia, da porre in essere previa interlocuzione e confronto con gli addetti ai lavori e previa verifica delle differenti situazioni di ciascun territorio, la riforma definita “epocale” è destinata a segnare il tracollo di un sistema di tutela dell’infanzia più sfortunata, certamente migliorabile, ma finora funzionante ed unico al mondo per la sua composizione multidisciplinare.