Qualche considerazione sulle procedure esecutive dopo la “riforma Cartabia”
Il settore delle procedure esecutive è stato oggetto, negli ultimi decenni, di una serie interminabile di interventi legislativi. A causa del ritmo convulso delle modifiche, si è finito per privilegiare l’analisi e il commento ai singoli provvedimenti e si è un po’ perso di vista il quadro generale della materia. L’auspicio è che, con l’ultima riforma, si arresti la frenetica produzione normativa e che si possa ricercare un filo comune nelle riforme di questi anni, provando a valutare in maniera più sistematica una disciplina che incide pesantemente sulla funzionalità complessiva della giurisdizione civile, sul sistema economico del nostro Paese, ma anche sulla vita di coloro che, a diverso titolo, ne sono coinvolti.
1. Premessa / 2. Le espropriazioni mobiliari / 3. Le espropriazioni presso terzi / 4. Le espropriazioni immobiliari / 5. Considerazioni conclusive
1. Premessa
L’entrata in vigore, anticipata al 28 febbraio 2023, delle disposizioni del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, attuativo della legge delega 26 novembre 2021, n. 206, ha completato l’ennesimo intervento legislativo di modifica della disciplina delle procedure esecutive[1]. A distanza di un quarto di secolo dalla legge 3 agosto 1998, n. 302 («Norme in tema di espropriazione forzata e di atti affidabili ai notai»), che diede il via alla stagione di riforme in questa materia, dopo quasi sessant’anni di applicazione della originaria disciplina codicistica, si sente la necessità di una stasi di questa convulsa macchina riformatrice e di provare a riflettere sullo “stato delle cose” in una materia che è andata assumendo una centralità in precedenza insospettata, come indice dell’efficienza della giurisdizione civile e della sua capacità di incidere sul sistema economico nel suo complesso.
In questi anni la riflessione si è inevitabilmente concentrata, per un verso, sulle disposizioni nuove, a volte contraddittorie, in qualche caso non perfette tecnicamente e, per altro verso, sugli orientamenti della giurisprudenza, soprattutto di legittimità, che ha assunto una nuova centralità[2], e sulle prassi[3].
In questi mesi, il confronto tra gli interpreti ha ad oggetto soprattutto l’intervento operato dalla Grande Camera della Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza 17 maggio 2022 (cause riunite C-693/19 e C-831/19, causa C-725/19, causa C-600/19 e causa C-869/19) e con le altre sentenze emesse in pari data, che rischia di avere un ruolo dirompente nel sistema con l’affermazione della rilevabilità ex officio, anche da parte del giudice dell’esecuzione, dell’abusività delle clausole relative a un contratto concluso con il consumatore nel caso in cui sia stata promossa l’azione esecutiva sulla base di un decreto ingiuntivo non opposto[4].
L’ultimo intervento riformatore ha preso le mosse dalla legge delega 26 novembre 2021, n. 206, che si poneva l’obiettivo di dare attuazione, nell’ambito della giurisdizione civile, al Piano nazionale di ripresa e resilienza, con un’attenzione particolare al settore dell’esecuzione forzata, «in ragione della centralità della realizzazione coattiva del credito ai fini della competitività del sistema paese» e dell’esigenza «di rendere più celeri e spediti i procedimenti esecutivi»[5].
Queste indicazioni riprendono in realtà un’elaborazione che si è andata sviluppando negli ultimi vent’anni, che ha individuato il settore del “recupero crediti” e, in particolare, delle procedure espropriative e concorsuali come indice della funzionalità del sistema economico.
Le istituzioni internazionali, monetarie e non solo, hanno segnalato come l’enorme differenza di efficienza rispetto agli altri Paesi europei fosse un elemento negativo per la competitività del sistema economico. I citati interventi normativi, succedutisi nell’ultimo quarto di secolo, sono stati un tentativo di dare una risposta a questa preoccupazione[6].
Come si è più volte rilevato, i risultati non sempre hanno corrisposto alle aspettative e le riforme hanno, talvolta, prodotto effetti diversi od opposti rispetto a quelli enunciati[7].
Tuttavia vi è stata, a partire dal 2015, quantomeno per le esecuzioni immobiliari, una significativa e importante riduzione del numero delle procedure pendenti (da 298.704 al 31 dicembre 2014 a 218.364 al 31 dicembre 2019 e a 166.103 al 31 marzo 2021, con una diminuzione rispettivamente del 26,6% in cinque anni e del 44,39% in sette anni e nove mesi, nonostante il rallentamento conseguente alle sospensioni delle procedure nel periodo dell’emergenza Covid)[8].
Hanno certamente prodotto effetti positivi gli interventi legislativi operati sia con il dl 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2015, n. 132, sia con il dl 3 maggio 2016, n. 59, convertito con modificazioni dalla l. 30 giugno 2016, n. 119, nonché le delibere adottate dal Consiglio superiore della magistratura nel periodo 2018-2020[9].
L’esame, sia pur sommario, dello stato attuale della materia riguarderà le procedure esecutive disciplinate dal codice di procedura civile, con esclusione delle procedure regolate da leggi speciali (anche se uno studio sistematico meriterebbero pure le espropriazioni esattoriali, che scontano non solo il succedersi frenetico di interventi legislativi, legati spesso a contingenze sociali e politiche, ma un andamento ondivago della giurisprudenza, non solo di merito ma anche di legittimità, che fa fatica a individuare e a mantenere stabilite anche solo le coordinate base della materia).
2. Le espropriazioni mobiliari
Le espropriazioni mobiliari sono tradizionalmente considerate, nella pratica giudiziaria e nell’attenzione degli operatori, come procedure esecutive minori, lasciate, in buona parte degli uffici giudiziari, alla gestione più o meno esclusiva della magistratura onoraria, che è andata acquisendo una specializzazione nella materia (pur scontando una scarsa attenzione delle strutture della formazione centrale e periferica).
Anche il legislatore ha preso atto di questa situazione, attribuendo al giudice di pace, con d.lgs 13 luglio 2017, n. 116, la competenza sulle espropriazioni mobiliari, pur differendone poi l’entrata in vigore al 31 ottobre 2025, in considerazione della necessità di una riorganizzazione degli uffici del giudice di pace e della magistratura onoraria nel suo complesso[10].
L’osservazione della vicenda storica delle espropriazioni mobiliari evidenzia come l’importanza delle stesse sia andata riducendosi con le trasformazioni delle caratteristiche economiche della società italiana. È scontato osservare che il codice del 1940 guardava a una società ancora in gran parte agricola[11] o comunque legata al lavoro manuale, nella quale avevano una assoluta centralità i beni destinati al consumo immediato e al servizio o alla coltivazione dei fondi, o gli strumenti indispensabili per la professione, l’arte o il mestiere[12].
A oltre ottant’anni di distanza, vi è stata una completa trasformazione delle caratteristiche dei beni di consumo, destinati a un uso precario e limitato nel tempo e a un rapido svilimento in termini di valore; l’espropriazione dei beni mobili non è in grado di realizzare il diritto del creditore, se non con procedure aventi ad oggetto specifiche categorie di beni di valore, e ha assunto un ruolo molto marginale nella pratica[13], finendo per essere utilizzata quasi unicamente come strumento di pressione.
Per questo, in una logica di reale modernizzazione del sistema e di razionalizzare dei mezzi giuridici e delle risorse disponibili, si dovrebbe pensare a ridurre questa forma di espropriazione ai soli beni di valore da cui si possano ricavare importi certamente superiori alle spese di procedura.
Mantengono una reale funzione soprattutto le ipotesi di pignoramento di beni aziendali[14] e due tipi di espropriazione mobiliare regolati da una normativa speciale: l’esecuzione forzata su navi e aeromobili, disciplinata dal codice della navigazione[15], e l’espropriazione di autoveicoli, regolata dall’art. 521-bis del codice di procedura civile.
Con riguardo a quest’ultima, deve osservarsi che, dopo una iniziale difficoltà operativa del nuovo meccanismo di pignoramento disciplinato dall’art. 521-bis[16], introdotto dal dl 12 settembre 2014, n. 132, convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162, che aveva indotto il legislatore in sede di conversione a prevedere il procedimento regolato dall’art. 521-bis cpc, non come esclusivo per il pignoramento di autoveicoli ma come alternativo al procedimento ordinario, i risultati sono migliorati a seguito dell’emanazione della circolare 8 agosto 2016 del Ministero dell’interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, che ha previsto l’inserimento degli estremi del pignoramento nel Sistema di indagine (Sdi) del Centro elaborazione dati, per renderli visibili sul cruscotto operativo (c.ope) in dotazione alle forze di polizia.
L’art. 521-bis cpc stabilisce che, in mancanza di consegna spontanea del veicolo da parte del debitore nel termine di dieci giorni, la polizia potrà intervenire nella ricerca dello stesso e, ove lo rinvenga in circolazione, procedere al ritiro della carta di circolazione e dei titoli di proprietà o uso del veicolo e alla coattiva asportazione dello stesso e consegna all’Ivg del luogo in cui è stato rinvenuto.
Si tratta di un procedimento che acquisirà certamente una maggiore efficacia quando, finalmente, il Ministero della giustizia predisporrà le strutture tecnologiche necessarie a consentire l’accesso diretto da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati, ed emanerà i decreti di autorizzazione degli Unep a consultare in via diretta le banche dati gestite da altre pubbliche amministrazioni, rendendo operativo il disposto dell’art. 492-bis cpc.
Con la modifica di questa norma operata dal d.lgs 10 ottobre 2022, n. 149 non sarà, di regola, necessaria l’autorizzazione del presidente del tribunale[17], ma l’ufficiale giudiziario addetto al tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, su istanza del creditore, munito del titolo esecutivo e del precetto, procederà alla ricerca con modalità telematiche del bene da pignorare accedendo mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nel PRA, e procederà a pignoramento mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale saranno indicati gli estremi richiesti dalla legge speciale per l’iscrizione nei pubblici registri; inoltre, «gli si fa l’ingiunzione prevista nell’articolo 492», con l’intimazione a consegnare entro dieci giorni il bene pignorato, nonché i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso dei medesimi, all’istituto vendite giudiziarie autorizzato a operare nel territorio del circondario.
Ove non vi sia la consegna, vi sarà l’inserimento degli estremi del pignoramento nella banca dati delle forze di polizia, sopra indicata.
Quando sarà pienamente operativo, il procedimento realizzerà una modalità di aggressione del bene del debitore inadempiente che, con limitatissimo dispendio di risorse umane e materiali, consentirà di vincolare al soddisfacimento del credito un bene con reale valore economico, e di farlo in modo immediato e poco invasivo della sfera personale del debitore.
Se questo procedimento sarà efficace, verrà verosimilmente abbandonata la modalità tradizionale di pignoramento dei veicoli.
Resta l’indubbia rilevanza che mantengono le ipotesi di pignoramento di azioni e di quote societarie che, in alcune delle ipotesi possibili, sono riconducibili alla categoria generale delle espropriazioni mobiliari.
Nell’ipotesi di azioni “non dematerializzate”, le quote di partecipazione sono liberamente trasferibili e normalmente rappresentate da documenti che circolano secondo la disciplina dei titoli di credito e sono pignorate mediante diretta apprensione del documento incorporante il diritto, da parte dell’ufficiale giudiziario, secondo la forma del pignoramento mobiliare presso il debitore (oppure nella forma del pignoramento presso terzi, quando il titolo è detenuto da terzi come nel caso di titolo detenuto da istituto di credito o altri gestori o intermediari autorizzati).
Nel caso di azioni dematerializzate, il pignoramento si esegue, invece, nelle forme del pignoramento presso terzi poiché, ai sensi dell’art. 34 d.lgs 24 giugno 1998, n. 213, la costituzione di vincoli sugli strumenti finanziari si realizza attraverso le registrazioni in apposito conto tenuto dall’intermediario.
Più complessa è l’ipotesi di esecuzione sulle azioni di società a responsabilità limitata, disciplinata dall’art. 2471 cc, che si esegue come pignoramento “diretto” mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese. Infatti, pur trattandosi di un pignoramento con una disciplina specifica riconducibile, in senso lato, alla categoria del pignoramento mobiliare[18] e sebbene, come rilevato anche dalla giurisprudenza della Corte di cassazione[19], non si “trascriva” nei pubblici registri, ma si “iscriva” nel registro delle imprese e non vi sia dubbio che la pubblicità commerciale, quanto agli effetti traslativi, non sia equiparabile alla pubblicità immobiliare, la disciplina dei conflitti tra creditore pignorante e terzo acquirente deve assimilarsi a quella del pignoramento immobiliare. Si tratta, quindi, di un procedimento che non è riconducibile puramente e semplicemente a una delle categorie generali.
3. Le espropriazioni presso terzi
Lo sviluppo storico dell’espropriazione presso terzi è esattamente opposto a quello delle espropriazioni mobiliari.
Nella formulazione del codice di procedura civile, a questo tipo di esecuzione sono dedicate solo poche disposizioni (artt. da 543 a 554) a fronte dei trenta articoli che regolano l’esecuzione mobiliare (artt. da 513 a 542) e ai quarantaquattro articoli che regolano l’esecuzione immobiliare (artt. da 555 a 598), e tuttavia, ormai da molto tempo, nella prassi questo tipo di procedura ha acquisito, non solo dal punto di vista numerico (è largamente la procedura esecutiva più in uso), una notevole rilevanza.
Ciò è legato alla maggiore facilità di aggressione dei crediti verso terzi, soprattutto nella forma del deposito su conto corrente, e alla facilità di soddisfazione. E il fenomeno andrà certamente ampliandosi per la progressiva eliminazione del denaro contante per i pagamenti, sostituito della cd. “moneta elettronica”, che rende necessaria l’utilizzazione di strumenti digitali per le transazioni di ogni genere e, di conseguenza, comporta l’inevitabile deposito delle disponibilità individuali sui conti correnti bancari nonché la tracciabilità di tutte le operazioni.
Ma non si tratta solo di una rilevanza numerica, dato che attraverso questo tipo di procedura vengono pignorate somme anche molto rilevanti, come avviene per i pignoramenti nei confronti della pubblica amministrazione, talvolta per centinaia di migliaia o milioni di euro[20], o per i pignoramenti nei confronti dei conti operativi di aziende private, che le possono mettere in gravi difficoltà operative.
E la rilevanza di queste procedure non è meramente economica; basti considerare che, talvolta, i pignoramenti presso terzi riguardano crediti verso Stati stranieri, talvolta interessati da eventi bellici o da sommovimenti sociali[21], oppure hanno riguardato i crediti verso la Repubblica Federale Tedesca[22], il che ha portato di recente all’emanazione del discutibile[23] art. 43 dl 30 aprile 2022, n. 36, convertito in l. 29 giugno 2022, n. 79, con l’istituzione del Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità compiuti dalle forze del Terzo Reich sul territorio italiano o, comunque, in danno di cittadini italiani nel periodo compreso tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945[24].
Ma le procedure esecutive presso terzi spesso hanno ad oggetto somme di denaro aventi la finalità di garantire le esigenze primarie, come stipendi e pensioni, altre volte riguardano crediti di valore ingente, in qualche occasione portano al congelamento di tutte le disponibilità del debitore, in maniera magari esorbitante rispetto ai crediti per i quali si agisce; altre volte ancora, danno luogo a fenomeni di abuso della procedura, soprattutto nei confronti delle pubbliche amministrazioni.
Si tratta, quindi, di procedimenti che talvolta presentano aspetti delicati e difficoltà tecniche, e per i quali andrebbe apprestato, magari attraverso il meccanismo dell’ufficio per il processo, un controllo e un presidio efficace da parte della magistratura professionale.
In generale deve, tuttavia, considerarsi che il procedimento di espropriazione presso terzi, pur scontando la situazione di difficoltà in cui si trovano alcuni uffici giudiziari, è complessivamente abbastanza efficace e consente una soddisfazione rapida dei crediti, nel caso in cui il debitore vanti, a sua volta, dei crediti verso terzi.
Ciò premesso, questo tipo di espropriazione presenta ancora alcune criticità che, negli ultimi anni, il legislatore ha provato a eliminare, non sempre con successo.
Il primo problema che la l. 26 novembre 2021, n. 206 ha cercato di risolvere riguarda la distribuzione non uniforme tra gli uffici giudiziari delle procedure nelle quali debitore è la pubblica amministrazione e terzo pignorato è il tesoriere.
Prima dell’entrata in vigore, in data 22 giugno 2022, dell’art. 26-bis nella formulazione attuale introdotta, appunto, dalla l. n. 206/2021[25], era previsto che, qualora il debitore fosse una delle pubbliche amministrazioni, per l’espropriazione forzata di crediti era competente, in deroga alla competenza generale e salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo ove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede[26].
La l. n. 206/2021 ha riscritto l’art. 26-bis, comma 1, cpc – «Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti» – come segue: «Quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’art. 413, quinto comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede».
Si tratta quindi di una scelta ragionevole, tenuto conto della necessità di operare una perequazione nel carico di lavoro tra gli uffici.
Un secondo ambito di problemi riguarda la posizione del creditore.
Il meccanismo del pignoramento presso terzi opera in maniera efficace quando si tratta di aggredire somme dovute con continuità (come, appunto, stipendi e pensioni, ma anche canoni di locazione o incassi che hanno una periodicità stabile) perché, con la previsione della estensione del vincolo su tutti i versamenti successivi al pignoramento anche non ancora maturati al momento dell’assegnazione (“crediti futuri”), si crea un vincolo stabile che attribuisce al creditore la possibilità di incassare direttamente le somme dovute dal debitor debitoris fino all’esaurimento del credito.
Quando, invece, è possibile sottrarre le somme nel periodo intercorrente tra la notifica del precetto e la notifica del pignoramento (come nell’ipotesi di pignoramento del saldo di un conto corrente sul quale sono accreditati pagamenti occasionali), il meccanismo è molto meno efficace.
Anche in questo ambito, tuttavia, può portare a risultati utili – quando sarà operativo – il pignoramento conseguente alla ricerca sulle banche dati, previsto dall’art. 492-bis cpc.
Infatti, quando saranno predisposte le strutture tecnologiche necessarie a consentire l’accesso diretto da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati e emanati i decreti di autorizzazione degli Unep a consultarle in via diretta, l’ufficiale giudiziario che riceverà l’istanza ex art. 492-bis cpc potrà effettuare una ricerca a tappeto sulle banche dati, cosicché un eventuale spostamento delle somme disponibili da uno all’altro conto non consentirà al debitore esecutato di sottrarsi al pignoramento, che peraltro avverrà in tempo reale non appena l’ufficiale giudiziario abbia individuato l’esistenza di un attivo su qualsiasi conto corrente.
Sarà ovviamente possibile per il debitore, a legislazione invariata, acquisire le somme in contanti o trasferire, dopo il pignoramento, le sopravvenienze su conti non esistenti al momento del pignoramento, ma certamente il procedimento ne guadagnerà in termini di efficacia.
Il terzo ordine di problemi riguarda, invece, la posizione del debitore.
Prima della riforma del 2015 accadeva, infatti, che il creditore potesse aggirare i limiti di pignorabilità dei crediti derivanti da stipendi e pensioni, previsti dall’art. 545 cpc.
In particolare, facendo leva sulla giurisprudenza della Corte di cassazione, che riteneva pignorabili per intero le somme dovute per crediti di lavoro o pensionistici che fossero già affluite sul conto corrente o sul deposito bancario del debitore esecutato – in quanto il credito alla restituzione delle somme depositate trovava titolo nel rapporto di conto corrente, essendo del tutto irrilevanti le ragioni per le quali quelle “somme” erano state versate su quel conto[27] –, e sulla disposizione che aveva introdotto l’obbligatorietà dell’accredito sul conto corrente dei trattamenti stipendiali e pensionistici[28], si operava una completa elusione dei vincoli di pignorabilità su retribuzioni e pensioni previsti dall’art. 545 cpc, pignorando per intero le somme accreditate sui conti correnti per stipendi e pensioni.
Con la modifica degli artt. 545 e 546 cpc introdotta dal dl 27 giugno 2015, n. 83, convertito dalla l. 6 agosto 2015, n. 132, si sono fissati i limiti di pignorabilità anche nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme dovute «a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza».
Si è trattato di un intervento che ha operato un corretto bilanciamento degli interessi in gioco, che sono, da un lato, quello del creditore a ottenere la realizzazione del suo diritto e, dall’altro, quello del debitore (lavoratore dipendente o pensionato) a mantenere un trattamento economico che garantisca mezzi adeguati alle sue esigenze di vita.
Un altro problema che si poneva per il debitore era quello della sorte del vincolo apposto sui crediti verso terzi a seguito della notifica al terzo dell’atto di pignoramento, nel caso in cui la procedura non fosse stata iscritta a ruolo o fosse stata abbandonata senza alcuna comunicazione al terzo pignorato. L’effetto era che il terzo pignorato non aveva notizia del venir meno del vincolo, con un effetto di indisponibilità delle somme che sopravviveva all’efficacia del pignoramento.
Il fenomeno ha riguardato, peraltro, anche molti pignoramenti fatti a suo tempo presso la Banca d’Italia quale tesoriere dei Ministeri, tra i quali lo stesso Ministero della giustizia, per somme molto rilevanti rimaste bloccate.
Un primo tentativo di ovviare a questa situazione era stato operato con il dl 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla l. 10 novembre 2014, n. 162, che aveva introdotto l’art. 164-ter disp. att. cpc, in base al quale: «Quando il pignoramento è divenuto inefficace per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo nel termine stabilito, il creditore entro cinque giorni dalla scadenza del termine ne fa dichiarazione al debitore e all’eventuale terzo, mediante atto notificato. In ogni caso ogni obbligo del debitore e del terzo cessa quando la nota di iscrizione a ruolo non è stata depositata nei termini di legge».
Questa previsione non conteneva sanzioni, aveva prodotto effetti molto limitati, e il fenomeno dei crediti vincolati in mancanza di pignoramenti efficaci era proseguito.
La legge n. 206 del 2021 ha completato la disciplina, introducendo il novellato articolo 543, comma 5, cpc, che prevede: «Il creditore, entro la data dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di pignoramento, notifica al debitore e al terzo l’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l’avviso notificato nel fascicolo dell’esecuzione. La mancata notifica dell’avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell’esecuzione determina l’inefficacia del pignoramento»[29].
Si tratta di una disposizione che si combina con l’art. 164-ter disp. att. cpc e, alla mancata notifica dell’avviso di iscrizione a ruolo, comporta l’immediata inefficacia del pignoramento e la conseguente liberazione del bene pignorato. In questo modo si rafforza la tutela del debitore, si evita un’indebita protrazione della procedura, la permanenza di un vincolo sui beni anche in caso di mancata iscrizione a ruolo della procedura, e si determina anche la cessazione del generale obbligo di collaborazione del terzo[30].
L’ultimo tema da affrontare in materia di espropriazione presso terzi è quello dell’abuso del pignoramento.
Gli abusi emersi nella pratica sono molteplici: si va (per restare ai comportamenti scorretti, ma leciti) dal frazionamento dei crediti ai comportamenti volti a impedire o rendere oltremodo gravoso il pagamento da parte dei terzi pignorati, divenuti a loro volta, a seguito dell’assegnazione del credito, debitori, in modo da poter espletare immediate azioni esecutive nei loro confronti.
Riguardo al frazionamento del credito, la Corte di cassazione ha espressamente sancito che si estende anche al processo esecutivo il principio del divieto di frazionamento del credito originariamente unitario in più parti, «ove tanto comporti un’indebita maggiorazione dell’aggravio per il debitore, in quanto non giustificata da particolari esigenze di tutela effettiva del credito»[31].
I comportamenti volti a impedire o rendere gravoso il pagamento da parte dei terzi pignorati sono i più diversi: dall’evitare di fornire le indicazioni necessarie al pagamento, all’azionare i crediti dopo lungo tempo per rendere più difficile il controllo da parte dei terzi obbligati o, al contrario, a provvedere all’immediata notifica contestuale del precetto e del pignoramento subito dopo l’emissione del provvedimento di assegnazione.
Anche rispetto a questi comportamenti, la giurisprudenza della Corte di cassazione, sia pur con qualche diversità di accenti, ha affermato alcuni principi che compiscono gli abusi.
In particolare, si è affermato che l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 533 cpc, assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo e a favore dell’assegnatario, ma acquista tale efficacia soltanto dal momento in cui sia portata a conoscenza del terzo assegnatario o dal momento successivo a tale conoscenza, che sia specificamente indicato nell’ordinanza di assegnazione; di conseguenza, «soltanto dopo che il terzo, messo a conoscenza dell’ordinanza di assegnazione, sia perciò messo in condizione di darvi spontanea esecuzione, potrà configurarsi un inadempimento del terzo nei confronti del creditore assegnatario e quindi, soltanto dopo questo momento potrà essere avviata l’azione esecutiva nei confronti del terzo che non abbia spontaneamente adempiuto»[32].
Si è poi affermato, in tema di esecuzione forzata nei confronti di pubbliche amministrazioni ed enti previdenziali, che il termine di decadenza annuale per mettere in esecuzione l’ordinanza di assegnazione, di cui all’art. 14, comma 1-bis, dl 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in l. 28 febbraio 1997, n. 30, come modificato dall’art. 44 dl 30 settembre 2003, n. 269, convertito in l. 24 novembre 2003, n. 326, in vigore dal 25 novembre 2003, si applica anche alle ordinanze di assegnazione emesse prima di tale data[33].
Resta da segnalare come vi sia ancora nel sistema, nonostante vari tentativi – mai portati a termine – di superarlo, un difetto nella formulazione dell’art. 546 cpc nella parte in cui si prevede che, nel pignoramento presso terzi, il vincolo del debitore verso il terzo pignorato riguarda l’importo del credito precettato aumentato della metà.
Questa disposizione comporta che per crediti di basso importo la somma pignorata (credito precettato aumentato della metà) non sia in grado di coprire integralmente il credito per cui si agisce e le spese di procedura, anche se liquidate nel minimo o nella media prevista dai vigenti decreti ministeriali, con la conseguenza che all’esito della procedura esecutiva, dovendosi soddisfare prima le spese e poi il credito, residua una parte del credito fondato sul titolo esecutivo non soddisfatto e il creditore ha la possibilità di iniziare una nuova procedura esecutiva.
Ciò comporta non solo la mancata soddisfazione integrale del creditore, ma anche l’inutile moltiplicazione delle procedure esecutive e delle relative spese.
In questo caso sarebbe opportuna una modifica della disposizione attualmente vigente, molte volte richiesta, ma mai realizzata.
4. Le espropriazioni immobiliari
Le procedure di espropriazione immobiliare sono da tempo al centro dell’attenzione del legislatore che, anche in occasione della “riforma Cartabia”, ha previsto alcuni interventi che in origine sembravano essere “di dettaglio”, ma poi hanno inciso in maniera significativa sulla disciplina.
Si è già osservato[34] come alcuni degli interventi previsti dalla legge delega sui tempi della procedura apparissero velleitari, soprattutto con riferimento ai termini per il compimento delle attività preliminari alla vendita, come la relazione di stima che è legata non tanto alla maggiore o minore rapidità dell’esperto incaricato della stima quanto alla tempestività degli uffici amministrativi chiamati a fornire la documentazione urbanistico-edilizia necessaria, o con riferimento ai tempi tecnici delle operazioni di vendita che sono precedute da attività complesse, difficilmente realizzabili nei tempi indicati dal legislatore.
In ogni caso, le procedure di espropriazione immobiliare, come disegnate dalla legge delega e dal decreto legislativo, hanno una durata in astratto ragionevole e dovrebbero concludersi in tempi accettabili[35].
Siamo ancora lontani dalla durata dei procedimenti di espropriazione previsti in altri Paesi, e, tuttavia, la salvaguardia di una serie di garanzie per le parti che sono tipiche del nostro ordinamento processuale e l’incidenza del funzionamento della pubblica amministrazione e del mercato immobiliare impediscono di ipotizzare ulteriori riduzioni generalizzate dei tempi.
In questa fase, comunque, sono gli uffici giudiziari (che negli ultimi anni, come si è visto, hanno dato una buona prova in questo settore) a essere chiamati a rispettare i termini indicati dal legislatore (magari con un’accorta utilizzazione delle possibilità offerte dall’ufficio per il processo, che può essere previsto anche in questo settore, che pure non rientra tra quelli monitorati ai fini del PNRR).
Dal punto di vista sistematico, la maggiore novità operata dalla riforma è l’introduzione dell’istituto della “vendita diretta”.
Il legislatore delegato, muovendosi nell’ambito della delega ma ridefinendo alcuni passaggi della procedura, ha disegnato un procedimento che consente al debitore, con il consenso dei creditori, di evitare completamente la vendita pubblica attraverso un sistema di individuazione diretta dell’acquirente.
Gli artt. 568-bis e 569-bis introdotti dalla riforma prevedono, in sintesi, che il debitore, con istanza depositata non oltre dieci giorni prima dell’udienza prevista dall’art. 569, primo comma, cpc, possa chiedere al giudice dell’esecuzione di disporre la vendita diretta dell’immobile pignorato (o di uno degli immobili pignorati) per un prezzo non inferiore al valore indicato nella relazione di stima, depositando a pena di inammissibilità, unitamente all’istanza, l’offerta di acquisto nonché una cauzione non inferiore al decimo del prezzo offerto.
L’offerta è irrevocabile per centoventi giorni dalla data del provvedimento che dispone la vendita.
L’istanza e l’offerta sono notificate a cura dell’offerente o del debitore, almeno cinque giorni prima dell’udienza prevista dall’art. 569 cpc, al creditore procedente, ai creditori di cui all’art. 498 cpc e a quelli intervenuti prima del deposito dell’offerta medesima.
All’udienza di cui all’art. 569 cpc il giudice, se ritiene congruo il prezzo di stima e nessuno dei creditori titolati o di quelli intervenuti di cui dall’art. 498 cpc si oppone, dichiara ammissibile l’offerta e aggiudica l’immobile all’offerente. Se non ritiene congruo il prezzo di stima e nessuno dei creditori sopra indicati si oppone, determina il prezzo ai sensi dell’art. 568 e fissa un termine di dieci giorni per integrare l’offerta e la cauzione, adeguandole al prezzo base. Se l’offerta e la cauzione sono integrate entro tale termine, il giudice aggiudica l’immobile all’offerente. Se l’offerta non è integrata, dispone la vendita nelle forme ordinarie previste dagli artt. 569 ss.
Se i creditori titolati o quelli intervenuti di cui all’art. 498 cpc si oppongono, viene introdotta una gara sul prezzo base caratterizzata da tempi brevi e predeterminati dalla legge.
In sostanza, l’offerta di acquisto effettuata da un terzo ma “presentata” dal debitore introduce una procedura che, in mancanza di opposizione dei creditori, porta all’aggiudicazione del bene al prezzo di stima o a quello diverso determinato dal giudice ai sensi dell’art. 568 cpc[36]; nel caso di opposizione dei debitori, è previsto lo svolgimento di una gara in tempi accelerati sulla base dell’offerta già formulata; nel caso di mancanza di uno dei presupposti di ammissibilità o di mancata integrazione dell’offerta sul prezzo base rideterminato dal giudice, la procedura ritorna infine sui binari della normale vendita esecutiva.
Il legislatore delegato si è in parte distaccato dalle previsioni specifiche contenute nella legge delega, ritenendo che la predisposizione di una normativa estremamente minuziosa, in sede di delega, non potesse avere il senso di un’indicazione vincolante (non essendovi altrimenti alcuna ragione per prevedere la predisposizione di decreti delegati meramente riproduttivi), ma di una indicazione di modalità generale volta a realizzare gli obiettivi posti dalla legge.
Il nuovo istituto introduce una forma diversa di vendita che riprende la prassi, molto diffusa, di alienare l’immobile a terzi, con un’operazione che si svolge a margine della procedura esecutiva con il consenso dei creditori (che in questi casi raggiungono un accordo “a saldo e stralcio” del credito), ridefinendola, tipizzandola e portandola all’interno della procedura esecutiva.
L’interesse del debitore è quello di evitare la vendita pubblica, con la pubblicità negativa connessa, e di ottenere che il bene pignorato sia aggiudicato a prezzo pieno e a un soggetto da lui stesso introdotto nella procedura, con la conseguente ipotesi di realizzare una soluzione per lui più soddisfacente (anche eventualmente per le caratteristiche soggettive dell’aggiudicatario). Il procedimento ha, poi, il vantaggio di evitare che comportamenti emulativi anche di uno solo dei creditori possano impedire eventuali accordi e portare la procedura verso una la vendita a prezzo ridotto.
In sostanza, come il creditore, in base al disposto degli artt. 588 ss. cpc, può evitare la vendita a prezzo ridotto presentando un’istanza di assegnazione, il debitore può evitarla con l’istanza di vendita diretta ex art. 568 cpc.
L’interesse dei creditori a questa procedura può essere quello di ottenere un prezzo di aggiudicazione pari al valore del bene, evitando i rischi connessi con una gara, che consente l’aggiudicazione già alla prima asta a un prezzo minore anche del 25% del prezzo di stima, situazione che si sta diffusamente verificando nella pratica.
5. Considerazioni conclusive
Molti degli interventi riformatori degli ultimi anni hanno sollevato osservazioni e rilievi critici, spesso fondati, anche per la modalità affrettata con cui sono stati, in qualche caso, adottati e per il contenuto e la formulazione tecnica imprecisa di alcune norme.
Ma forse è il momento di fare un passo avanti e valutare se gli interventi legislativi e le prassi che sono andate formandosi in questi anni abbiano ottenuto anche risultati positivi.
Sotto il profilo della funzionalità delle procedure, come si è visto[37], vi è stato certamente un miglioramento che, con riguardo alle esecuzioni immobiliari, a partire dal 2015 ha prodotto un’inversione di tendenza (anche grazie a una oggettiva riduzione dei procedimenti sopravvenuti)[38] la quale, a sua volta, ha portato quasi al dimezzamento delle procedure esecutive pendenti.
Nel settore delle esecuzioni su autoveicoli e delle espropriazioni presso terzi, l’auspicabile piena operatività del procedimento disegnato dall’art. 492-bis cpc può realizzare buoni risultati in termini di efficienza.
Resta il problema dell’alto numero delle espropriazioni presso terzi, soprattutto a causa dell’alto numero di procedure “seriali”. Una delle cause è senza dubbio lo scarso impegno dei soggetti che più spesso sono destinatari di questa tipologia di pignoramenti (enti pubblici e soggetti particolarmente esposti, come gli istituti di credito o Poste italiane Spa) nell’affrontare e risolvere il problema, predisponendo strutture idonee a provvedere tempestivamente ai pagamenti o anche alla difesa in giudizio, di fronte a comportamenti strumentali.
In mancanza di un’adeguata presenza nel processo delle parti interessate, è difficile risolvere il problema.
Si deve, in conclusione, riconoscere che alcuni degli interventi legislativi degli ultimi anni hanno reso più corrette ed equilibrate le procedure espropriative.
Attraverso le procedure esecutive (deputate funzionalmente alla realizzazione dei diritti di credito o di altro genere non soddisfatti e già “consacrati” in un titolo esecutivo), non si possono garantire gli interessi di soggetti che hanno una posizione di debolezza nei rapporti negoziali (nei quali lo squilibrio tra chi concede credito e chi vi accede è nei fatti) né si possono realizzare diritti essenziali come quello all’abitazione; è l’ordinamento statale (in qualche caso, quello comunitario) e, più in generale, il sistema politico, a doversi porre questi obiettivi.
Le procedure esecutive devono realizzare il diritto del creditore garantendo tuttavia la dignità e la posizione del debitore, senza dare spazio a comportamenti ostruzionistici, ma consentendogli di conoscere ciò che accade nella procedura, informandolo sui suoi diritti e le sue facoltà, evitando l’utilizzo delle esecuzioni per danneggiare la sua immagine pubblica.
Gli interventi normativi di questi anni, pur con limiti e cadute, con contraddizioni e ripensamenti e con non pochi difetti tecnici, hanno provato a realizzare tutte queste esigenze, a coniugare efficienza e correttezza, e di questo è giusto dare atto.
1. Per un commento specifico alla riforma, cfr. G. Cataldi, La vendita diretta, in questo fascicolo.
2. In questo senso, un ruolo importante ha assunto il “progetto esecuzioni”, realizzato a partire dalla primavera del 2018 – divenendo operativo con la prima udienza del 13 luglio 2018 – dalla III sezione civile della Corte di cassazione. Per una prima riflessione sugli esiti, cfr. F. De Stefano, I primi due anni del “progetto esecuzioni” della terza sezione civile della Cassazione, In executivis, luglio 2020 (agg. 25 luglio 2022: www.inexecutivis.it/approfondimenti/2020/luglio/i-primi-due-anni-del-progetto-esecuzioni-della-terza-sezione-civile-della-cassazione/).
3. Il Consiglio superiore della magistratura, con la delibera dell’11 ottobre 2017, ha approvato le «Linee guida funzionali alla diffusione di buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari» e ha istituito, presso la VII Commissione, l’Osservatorio permanente per l’efficienza delle procedure esecutive e l’attuazione delle buone prassi.
La successiva delibera dell’8 novembre 2017 ha introdotto nelle linee guida per la formazione dei programmi di gestione ex art. 37 dl n. 98/2011, per l’anno 2018 e nel relativo format, una specifica sezione dedicata alle procedure esecutive immobiliari. Con la delibera del 25 maggio 2018, si sono precisate le modalità di pubblicazione delle vendite sul portale delle vendite pubbliche e le modalità di realizzazione delle vendite telematiche, introdotte nel sistema dalla nuova formulazione dell’art. 569 cpc e operative a partire dal 10 aprile 2018. Con le delibere del 18 giugno 2018 e del 3 luglio 2019, il Consiglio ha operato una ricognizione sugli esiti dell’applicazione delle linee guida, rilevando un’accelerazione considerevole della tempistica delle procedure e l’adozione, da parte degli uffici, di prassi applicative conformi al contenuto delle linee guida, con una riduzione molto rilevante dell’arretrato.
Successivamente, le linee guida sono state aggiornate con la delibera del 7 dicembre 2021.
4. La questione è oggetto di un vivacissimo confronto in dottrina, anche in vista della pronuncia sul punto delle sezioni unite della Corte di cassazione, attesa per i prossimi mesi. Cfr., limitandosi agli ultimi interventi sul tema: E. Scoditti, Quando il diritto sta nel mezzo di due ordinamenti: il caso del decreto ingiuntivo non opposto e in violazione del diritto dell’Unione europea, in Questione giustizia online, 17 gennaio 2023 (www.questionegiustizia.it/articolo/di-non-opposto); F. De Stefano, Le sentenze di Chicxulub: il decreto ingiuntivo contro il consumatore dopo le sentenze della Corte di giustizia dell’U.E., in Giustizia insieme, 24 febbraio 2023; A. Soldi e B. Capponi, Le soluzioni ermeneutiche percorribili per realizzare l’integrazione del diritto unionale in tema di decreto ingiuntivo e tutela del consumatore con il diritto interno, in Labirinto del diritto, n. 1/2023, pp. 4 ss. (www.labirintodeldiritto.it/wp-content/uploads/2023/02/Contributo-di-Anna-Maria-Soldi-e-Bruno-Capponi.pdf) e Judicium, 10 febbraio 2023 (www.judicium.it/consumatore-e-decreto-ingiuntivo-le-soluzioni-ermeneutiche-percorribili-per-lintegrazione-tra-diritto-eurounitario-e-diritto-interno/); E. D’Alessandro, Il decreto ingiuntivo non opposto emesso nei confronti del consumatore dopo Corte di giustizia, grande sezione, 17 maggio 2022 (cause riunite C-693/19 e C-831/19, causa C-725/19, causa C-600/19 e causa C-869/19): in attesa delle Sezioni Unite, in Judicium, n. 3/2022 (2 novembre 2022, www.judicium.it/il-decreto-ingiuntivo-non-opposto-emesso-nei-confronti-del-consumatore-dopo-corte-di-giustizia-grande-sezione-17-maggio-2022-cause-riunite-c-693-19-e-c-831-19-causa-c-725-19-causa-c-600-19-e-caus/).
5. Cfr. «Piano nazionale di ripresa e resilienza», p. 58.
6. Per una trattazione riassuntiva degli interventi legislativi in materia esecutiva, mi permetto di rinviare a F. Vigorito, Le procedure esecutive dopo le riforme: analisi e prospettive, in questa Rivista trimestrale, n. 4/2015, pp. 135-147 (www.questionegiustizia.it/data/rivista/articoli/282/qg_2015-4_19.pdf). Più diffusamente, vds. A. Saletti - S. Vincre - M.C. Vanz (a cura di), Le nuove riforme dell’esecuzione forzata, Giappichelli, Torino, 2016, e A. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, CEDAM-Wolters Kluwer, Milano, 2023.
7. Per qualche considerazione problematica, mi permetto di rinviare a F. Vigorito, Il sistema bancario e le procedure esecutive individuali, in questa Rivista trimestrale, n. 3/2017, pp. 195-192 (www.questionegiustizia.it/data/rivista/articoli/457/qg_2017-3_24.pdf).
8. Si tratta di un’elaborazione dai dati pubblicati sul sito del Ministero della giustizia, nelle pagine dedicate al monitoraggio statistico degli uffici. Bisogna, tuttavia, considerare che i dati possono essere in parte imprecisi per il computo dei procedimenti sospesi ex art. 54-ter l. 24 aprile 2020, n. 27.
9. Cfr. nota 3.
10. L’art. 27 d.lgs 13 luglio 2017, n. 116 introduce l’art. 15-bis del cpc, che attribuisce al giudice di pace la competenza per l’espropriazione forzata di cose mobili. Si tratta, tuttavia, di una disposizione la cui entrata in vigore è stata differita al 31 ottobre 2025 dall’art. 32, comma 3 della legge 28 febbraio 2020, n. 8.
11. La popolazione agricola italiana era pari a circa il 43% della popolazione totale nel 1951, mentre ora è circa del 6%.
12. Basta guardare alla minuziosa elencazione dei beni assolutamente o relativamente impignorabili contenuta nell’art. 514 cpc, alla disciplina contenuta nell’art. 516 cpc delle cose pignorabili in particolari circostanze di tempo: per cui i frutti non ancora raccolti o separati dal suolo non possono essere pignorati separatamente dall’immobile, se non nelle ultime sei settimane anteriori al tempo ordinario alla loro manutenzione, e ciò per evitare di interrompere il ciclo produttivo; o, ancora, alla disposizione sulle modalità di pignoramento dei bachi da seta, che viene spesso citata da Giorgio Costantino come divertissement e, ovviamente, definita «retaggio del passato».
13. Ad esempio, nella sezione esecuzioni mobiliari e presso terzi del Tribunale di Roma, il rapporto tra procedure esecutive mobiliari e pignoramenti presso terzi è minore di 1 : 20.
14. Tuttavia, molto spesso i beni aziendali non sono di proprietà del debitore esecutato, ma sono oggetto di contratti di leasing, di locazione, di comodato cosicché il pignoramento mobiliare di beni aziendali non è particolarmente diffuso. Peraltro, rispetto alle attività imprenditoriali, una situazione di inadempimento è di regola un indice di una situazione complessiva che porta all’apertura di una procedura concorsuale.
15. Di questo tipo di procedura, regolato dal codice della navigazione, non si tratterà in questa sede. Per una illustrazione della disciplina, cfr. A. Soldi, Manuale, op. cit., pp. 1985 ss.
16. Cfr. S. Vincre, Pignoramento e custodia di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, in A. Saletti - S. Vincre - M.C. Vanz (a cura di), Le nuove riforme, op. cit.
17. Necessaria unicamente nel caso in cui l’autorizzazione alla ricerca dei beni sia richiesta prima della notificazione del precetto ovvero prima che sia decorso il termine di cui all’art. 482, se vi è pericolo nel ritardo (art. 492-bis, comma 2, cpc).
18. Cfr. M. Acone, Note in tema di pignoramento di quote di società a responsabilità limitata, in Riv. esec. forz., n. 4/2004, pp. 628 e 634; V. Buonocore, La società a responsabilità limitata, in Id. (a cura di), La Riforma del diritto societario. Commento ai D.Lgs. n. 5-6 del 17 gennaio 2003, Giappichelli, Torino, 2003, p. 154; A. Soldi, Manuale, op. cit., pp. 1985 ss.; nella giurisprudenza di merito, Trib. Parma 20 maggio 2013, Il caso, 17 luglio 2013 (www.ilcaso.it/sentenze/societario/9292?Espropriazione-della-quota-di-S.r.l.-e-termine-per-il-deposito-dell%27istanza-di-vendita).
19. Cfr. Cass., 18 agosto 2017, n. 20170; Cass., 29 maggio 2020, n. 16496.
20. Ad esempio, è ancora pendente dinanzi al Tribunale di Roma una procedura esecutiva nei confronti di un Ministero per un credito di oltre un miliardo e duecento milioni di euro, con un pignoramento per oltre ottocento milioni di euro.
21. In questi anni vi sono state procedure esecutive nei confronti, ad esempio, dello Stato della Libia e dello Stato dell’Iraq, con qualche difficoltà a individuare anche i soggetti legittimati passivi e a operare le notifiche; in generale, i pignoramenti nei quali vi sono Stati esteri pongono delicati problemi in ordine alla pignorabilità dei conti correnti. In dottrina, cfr. L. Baiada, Ancora sull’esecuzione su beni di Stato estero, in Questione giustizia online, 20 settembre 2019 (www.questionegiustizia.it/articolo/ancora-sull-esecuzione-su-beni-di-stato-estero_20-09-2019.php); M. Morgese, L’esecuzione forzata nei confronti di Stati esteri: il limite della notifica ex art. 142 c.p.c. e l’impignorabilità delle somme ex art. 19-bis del d.l. n. 132/2014, in Judicium, 16 marzo 2022 (www.judicium.it/wp-content/uploads/2022/03/Morgese.pdf).
22. Cfr. sulla vicenda C. Asprella, Aspetti processuali dell’art. 43 del decreto legge 36/2022: l’istituzione del Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità dalle forze del Terzo Reich, in Questione giustizia online, 20 giugno 2022 (www.questionegiustizia.it/articolo/fondo-ristoro-1).
23. Soprattutto nel comma 3 dell’art. 43, in cui si prevede che, in deroga all’art. 282 cpc, anche nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della norma, le sentenze «aventi ad oggetto l’accertamento e la liquidazione dei danni di cui al comma 1 acquistano efficacia esecutiva al momento del passaggio in giudicato», con conseguente improcedibilità delle esecuzioni iniziate sulla base di sentenze non passate in giudicato; e nel comma 6, in cui si prevede lo strettissimo termine di decadenza di centottanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge per l’esercizio delle azioni di accertamento e liquidazione dei danni, previsione di dubbia legittimità costituzionale.
24. Procedure esecutive, sia immobiliari che presso terzi, erano pendenti dinanzi al Tribunale di Roma; tuttora è pendente una procedura che riguarda danni provocati a cittadini greci e che è stata oggetto anche della pronuncia della Corte di cassazione 3 settembre 2018, n. 21995.
25. La l. 26 novembre 2021, n. 206 ha disposto (con l’art. 1, comma 37) che «Le disposizioni dei commi da 27 a 36 del presente articolo si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge»; la modifica dell’art. 26-bis è prevista dal comma 29.
26. Questa disposizione era stata giustificata dalla necessità di deflazionare il Tribunale di Roma, ma la norma aveva poi dato luogo a un contrasto interpretativo per l’ipotesi in cui le funzioni di tesoreria erano espletate da un istituto di credito con sede legale nelle maggiori città, soprattutto Roma, Torino e Milano, poiché in una prima fase si era ritenuta la competenza negli uffici giudiziari dove hanno sede i principali istituti di credito nazionali che svolgono anche la funzione di tesoreria della pubblica amministrazione, in particolar modo delle Asl. Era sorto un contrasto interpretativo, definito dalla Corte di cassazione con l’esclusione della competenza del tribunale ove ha sede la banca che svolge funzioni di tesoreria (Cass., 4 aprile 2018, n. 8172, secondo cui il luogo di espletamento del servizio secondo gli accordi fra p.a. e il cassiere o tesoriere «si deve considerare in via esclusiva come il foro dell’espropriazione presso terzi di crediti a carico di tali pubbliche amministrazioni, restando esclusa, per il caso che cassiere o tesoriere sia una persona giuridica, la possibilità di procedere all’esecuzione alternativamente anche nel luogo della sua sede»).
27. Cfr. Cass., 9 ottobre 2012, n. 17178, in motivazione; Cass., 12 giugno 1985, n. 3518.
28. Art. 12, comma 4, lett. c, dl 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con l. 22 dicembre 2011, n. 214.
29. Una prima interpretazione, che riteneva indispensabile la notificazione dell’avviso a mezzo ufficiale giudiziario, è stata contestata dagli interpreti (cfr. A. Soldi, Manuale, op. cit., pp. 1228 ss.) ed è stata poi superata anche alla luce della circolare del Ministero della giustizia del 6 dicembre 2022, che ha chiarito i dubbi sorti dopo l’emanazione della precedente circolare del 20 settembre 2022.
30. A. Soldi, Manuale, op. cit., pp. 1224 ss.; A. Saletti, Novità nella fase introduttiva del pignoramento presso terzi, in Judicium, 1° luglio 2022; V. Colandrea e E. Mercurio, Le novità della legge n. 206 del 2021 in tema di espropriazione forzata presso terzi, ivi, 23 giugno 2022.
31. Cass., 9 aprile 2013, n. 8576; Cass., 14 novembre 2022, n. 33443.
32. Cass., 10 maggio 2016, n. 9390; un principio parzialmente diverso è affermato in alcune pronunce successive (Cass., 12 aprile 2018, n. 9173; Cass., 29 dicembre 2021, n. 41907), nelle quali si è affermato che il provvedimento di assegnazione «ha efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell’assegnatario anche prima della sua comunicazione o notificazione al terzo, e il creditore assegnatario può procedere alla notificazione di detta ordinanza anche unitamente all’intimazione dell’atto di precetto»; ma anche in tali pronunce si è chiarito che, «laddove il terzo debitore intimato provveda all’integrale pagamento di tutte le somme dovute in un termine ragionevole (anche eventualmente superiore a quello di dieci giorni previsto dall’art. 480 c.p.c.), da accertarsi in concreto in base a tutte le circostanze rilevanti nella singola fattispecie, dovrà ritenersi inapplicabile l’art. 95 c.p.c., e le spese di precetto e funzionali all’intimazione resteranno a carico del creditore intimante».
33. Cass., 6 giugno 2019, n. 15315.
34. Mi permetto di rinviare a F. Vigorito, Gli interventi sul processo esecutivo previsti dal ddl delega AS 1662/XVIII collegato al «Piano nazionale di ripresa e resilienza», in questa Rivista trimestrale, n. 3/2021, pp. 122-134 (www.questionegiustizia.it/data/rivista/articoli/964/3-2021_qg_vigorito.pdf).
35. Ipotizzando che le scansioni temporali vengano rispettate, una procedura esecutiva che si completa con aggiudicazione alla terza asta dovrebbe durare meno di due anni. Sembra più ragionevole tuttavia ipotizzare, in tal caso, una durata di almeno sei mesi superiore, negli uffici che siano in grado di operare tempestivamente.
36. Si è ritenuto di lasciare al giudice il potere di determinare un prezzo diverso dal valore indicato dall’esperto stimatore.
37. Vds., supra, par. 1
38. La cui causa non è agevolmente comprensibile da chi non conosce la realtà del sistema creditizio.