Crisi della democrazia costituzionale e dello Stato di diritto in Europa: uno sguardo cronologico e uno sguardo sincronico
Il principio dello Stato di diritto, da concetto astratto e legato alla elaborazione del Consiglio d’Europa, è in modo imponente divenuto questione centrale del dibattito politico e politico-giudiziario nell’Ue.
La tutela dello Stato di diritto nell’Ue è affidata a molti strumenti, e la crisi sistemica in alcuni Stati membri ha determinato un’elaborazione giurisprudenziale da parte della Corte di Lussemburgo molto approfondita.
In un sistema come quello Ue, fondato sulla fiducia reciproca più che sulla legislazione comune, anche nei rapporti tra autorità giudiziarie e circolazione dei procedimenti penali rimane fondamentale affinare gli strumenti di conoscenza e potenziare quelli di reazione.
1. Uno sguardo cronologico / 2. I riferimenti / 3. Checks and balances e benchmarks / 4. Alcune fondamentali sentenze della Cgue / 5. La crisi costituzionale polacca / 6. Il caso Ungheria (cenni) / 7. La condizionalità / 8. Il Rule of Law Report / 9. Uno sguardo sincronico
1. Uno sguardo cronologico
Il principio dello Stato di diritto (Rule of Law, État de Droit, Rechtsstaat), da concetto piuttosto astratto e principalmente legato alla (importantissima) elaborazione del Consiglio d’Europa sugli standard democratici, è in modo imponente passato, in poco più di dieci anni, a questione centrale del dibattito politico e politico-giudiziario nell’Ue.
È stato elaborato, nella giurisprudenza della Corte di giustizia di Lussemburgo, ma non solo, un concetto di Stato di diritto anche operativo, strutturato, oggetto di monitoraggio annuale, anche attuato dai giudici europei mediante il meccanismo del rinvio pregiudiziale.
La tutela giurisdizionale del principio dello Stato di diritto scolpito nell’art. 2 TUE è stata ancorata all’enfasi sulla necessità di protezione dell’indipendenza della magistratura, mediante il collegamento, per certi versi sorprendente, e comunque in precedenza non scontato, con il disposto dell’art. 19 TUE e la sua lettura espansiva in chiave di fiducia reciproca tra sistemi giudiziari in relazioni continue, ma tutt’altro che omogenei da un punto di vista ordinamentale e di equilibrio con gli altri poteri dello Stato.
È stata raggiunta la consapevolezza della limitata deterrenza e delle scarse possibilità di funzionamento effettivo del complesso meccanismo di autotutela previsto dall’art. 7 TUE, che forse presuppone un livello di democrazia integrata più maturo e coeso, e la cui attuazione si scontra con logiche nazionaliste e sovraniste.
2. I riferimenti
Sono moltissimi i documenti delle organizzazioni internazionali sullo Stato di diritto, così come è ovviamente sterminata la bibliografia in materia.
Cercherò di concentrarmi su alcuni documenti essenziali e di individuare, se possibile, un filo rosso che segua gli snodi e alcuni passaggi centrali, a mio avviso, per i quali si è arrivati alla – e che sono a base della – situazione attuale.
E quindi:
- la comunicazione della Commissione del 2014, «Un nuovo quadro UE per rafforzare lo Stato di diritto», e le comunicazioni del 2019, «Rafforzare lo Stato di diritto nell’Unione», «Il contesto attuale e possibili nuove iniziative», con il «Programma d’azione»;
- la Rule of Law Checklist della Commissione di Venezia del 2016;
- gli esercizi annuali della Commissione: «Justice Scoreboard» (dal 2013) e «Rule of Law Report» (dal 2020);
- la sentenza ASJP e le sentenze sulla Polonia della Corte di giustizia.
Nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, lo Stato di diritto è menzionato solo nel preambolo, sempre insieme alla democrazia, come nei trattati precedenti: «l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto»
Nel TUE è citato:
- nel preambolo: «confermando il proprio attaccamento ai principi della libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nonché dello Stato di diritto»;
- nell’art. 2: «L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini»;
- nell’art. 21 (due volte): «1. L’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e l’allargamento e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo: democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. 2. L’Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di: (…) b) consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo e i principi del diritto internazionale (…)».
Infatti, ci si è chiesti se vi siano due distinte concezioni, interna ed esterna, di Rule of Law europea.
La delega, per così dire, da parte dell’Ue al Consiglio d’Europa in materia di diritti umani comincia dunque a venire superata con la comunicazione 158 del 2014, in cui si leggono i principi tutt’ora validi secondo cui:
- lo Stato di diritto è la spina dorsale di ogni democrazia costituzionale moderna. È uno dei principi fondanti che discendono dalle tradizioni costituzionali comuni di tutti gli Stati membri dell’Ue e, in quanto tale, è uno dei valori principali su cui si fonda l’Unione;
- la fiducia reciproca tra gli Stati membri dell’Ue e i rispettivi sistemi giuridici è il fondamento dell’Unione e in questo ambito riveste un ruolo essenziale il modo in cui lo Stato di diritto è attuato a livello nazionale. La fiducia di tutti i cittadini dell’Unione e delle autorità nazionali nel funzionamento dello Stato di diritto è particolarmente cruciale per l’ulteriore sviluppo dell’Ue come spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne;
- il principio dello Stato di diritto è diventato progressivamente il modello organizzativo predominante del diritto costituzionale moderno e delle organizzazioni internazionali (compresi ONU e Consiglio d’Europa) per disciplinare l’esercizio dei pubblici poteri. Esso garantisce che tutti i pubblici poteri agiscano entro i limiti fissati dalla legge, rispettando i valori della democrazia e i diritti fondamentali, e sotto il controllo di un giudice indipendente e imparziale;
- il nucleo sostanziale dello Stato di diritto come valore comune dell’Ue ai sensi dell’art. 2 TUE include i seguenti principi: principio di legalità (secondo cui il processo legislativo deve essere trasparente, responsabile, democratico e pluralistico); certezza del diritto; divieto di arbitrarietà del potere esecutivo; indipendenza e imparzialità del giudice; controllo giurisdizionale effettivo, anche per quanto riguarda il rispetto dei diritti fondamentali; uguaglianza davanti alla legge;
- i diritti fondamentali sono effettivi solo se sono azionabili dinanzi a un organo giurisdizionale. La democrazia è tutelata se la funzione fondamentale della magistratura, comprese le corti costituzionali, può garantire la libertà di espressione e di associazione e il rispetto delle norme che disciplinano il processo politico ed elettorale;
- la Corte di giustizia non fa riferimento allo Stato di diritto in quanto mero requisito formale e procedurale, bensì ne evidenzia il valore sostanziale specificando che «Unione di diritto» implica che le istituzioni Ue sono soggette al controllo giurisdizionale della conformità dei loro atti non solo rispetto al trattato ma anche rispetto «ai principi generali del diritto di cui fanno parte i diritti fondamentali»;
- una sentenza in materia civile o commerciale di un organo giurisdizionale nazionale dev’essere automaticamente riconosciuta ed eseguita negli altri Stati membri, così come un mandato d’arresto europeo emesso in uno Stato membro nei confronti di un presunto criminale deve essere eseguito in quanto tale negli altri Stati membri. Sono questi chiari esempi del motivo per cui è necessario che tutti gli Stati membri si sentano chiamati in causa se in uno di essi non viene pienamente rispettato lo Stato di diritto. Per questo motivo l’Ue ha forte interesse a salvaguardare e rafforzare lo Stato di diritto al suo interno;
- quando i meccanismi istituiti a livello nazionale per garantire lo Stato di diritto cessano di funzionare in modo efficace, si delinea una minaccia sistemica allo Stato di diritto e, di conseguenza, al funzionamento dell’Ue come spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne. In tali situazioni è necessario che l’Ue intervenga per tutelare lo Stato di diritto in quanto valore comune dell’Unione.
Già nella comunicazione del 2014 si evidenziava che i meccanismi e le procedure dell’Ue non sono sempre idonei ad assicurare una risposta efficace e tempestiva alle minacce allo Stato di diritto; si parlava allora di dicotomia tra il “potere leggero” della persuasione politica e l’“opzione nucleare” dell’art. 7 TUE (Barroso, Discorso sullo stato dell’Unione, 2012); si faceva riferimento alla procedura di infrazione, fondata sull’art. 258 del TFUE, come strumento importante per affrontare taluni aspetti problematici inerenti allo Stato di diritto, e la Commissione dichiarava di voler utilizzare tutti i mezzi di cui dispone per garantire il rispetto della Carta dei diritti fondamentali da parte degli Stati membri, in particolare dell’art. 47, ai sensi del quale ogni persona i cui diritti garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente, sebbene esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione, come stabilisce esplicitamente l’art. 51 della Carta, e quindi, per far fronte alle minacce allo Stato di diritto aventi carattere sistemico, mediante una procedura in tre fasi: valutazione della Commissione, raccomandazione della Commissione e follow-up della raccomandazione.
3. Checks and balances e benchmarks
Nel 2016, la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, l’organismo accademico-consultivo di alta consulenza costituzionale per le cd. “nuove democrazie”, elabora una completa e assai sistematica Rule of Law Checklist.
Nel quadro dei checks and balances dei diversi sistemi costituzionali, la Commissione di Venezia spiega che la natura sovranazionale dell’Unione europea ha portato a sviluppare il concetto dello Stato di diritto con un principio giuridico generale applicabile al proprio sistema legale, e che la Corte di giustizia dell’Ue ha stabilito che lo Stato di diritto comprende la preminenza della legge, il bilanciamento istituzionale, la revisione giudiziale, i diritti processuali, e il principio di eguaglianza e proporzionalità.
In questo contesto, la Commissione di Venezia sviluppa una serie di parametri (benchmarks) di verifica dello Stato di diritto in un sistema legale, articolati in domande e raccomandazioni, che riguardano:
A) principio di legalità
B) certezza del diritto
C) prevenzione dell’abuso di potere
D) uguaglianza davanti alla legge e non discriminazione
E) accesso alla giustizia, comprendente: 1) indipendenza e imparzialità, esterna e interna, del singolo giudice e del giudiziario, autonomia e controllo del pubblico ministero, indipendenza e imparzialità dell’avvocatura; 2) giusto processo, accesso alla giustizia, presunzione di innocenza, effettività delle decisioni giudiziali; 3) giustizia costituzionale.
Intanto, la Commissione – DG Giustizia – aveva iniziato (dal 2013: nel 2024 uscirà la 12° edizione) a pubblicare il Justice Scoreboard (quadro di valutazione UE sulla giustizia), esercizio di valutazione comparativa dei dati di sistemi di giustizia nei Paesi membri dell’Unione europea sulla base dei dati del – e in collaborazione con il – CEPEJ (Comitato europeo per l’efficienza della giustizia, organismo del Consiglio d’Europa).
Nato in prospettiva economica per rafforzare la fiducia reciproca e costruire un ambiente business and investment-friendly nel mercato unico, nel quadro del ciclo annuale di coordinamento della politica economica, il rapporto Justice Scoreboard identifica gli elementi chiave di un sistema di giustizia effettivo (indipendenza, qualità, efficienza) e fornisce una overview comparativa dei sistemi, anche in funzione dell’applicazione del diritto Ue da parte delle corti nazionali in aree specifiche (esame e analisi delle statistiche sui carichi di lavoro delle corti europee in materia civile, commerciale e amministrativa; lunghezza delle procedure; livello di informatizzazione; spese per il funzionamento delle corti; numero di giudici e avvocati; formazione; sistemi di monitoraggio).
La qualità della giustizia viene misurata anche con riferimento alla protezione dei consumatori, alla lotta alla corruzione, ai processi antiriciclaggio, al patrocinio a spese dello Stato, all’accesso alle procedure ADR, alle procedure per i minori.
Nelle ultime edizioni, nello Scoreboard è contenuto un capitolo sull’indipendenza giudiziaria, qualificata come un elemento fondamentale di un sistema di giustizia effettivo, vitale per sostenere lo Stato di diritto, la giustizia delle procedure e la fiducia dei cittadini e del mondo degli affari nel sistema legale dell’Ue; in questo senso, il documento fornisce dati statistici comparativi sull’indipendenza del giudiziario, come percepita sia dal pubblico in generale che dalle compagnie, nonché sull’indipendenza strutturale, sulla base dei sistemi di reclutamento dei giudici, dell’esistenza di consigli superiori, dei sistemi di valutazione dei giudici, del principio di inamovibilità, dei sistemi disciplinari.
4. Alcune fondamentali sentenze della Cgue
La sentenza ASJP («Associação Sindical dos Juízes Portugueses») del 2018, sulle misure di austerità riguardanti il Portogallo, chiarisce in modo approfondito che:
- il requisito dell’indipendenza dei giudici attiene al contenuto essenziale del diritto fondamentale a un equo processo, che riveste importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE;
- l’Unione è un’Unione di diritto, in cui i singoli hanno il diritto di contestare in sede giurisdizionale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione di un atto dell’Unione nei loro confronti;
- compete ai giudici nazionali e alla Corte garantire la piena applicazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri nonché la tutela giurisdizionale dei diritti spettanti ai soggetti dell’ordinamento in forza di detto diritto, e l’esistenza stessa di un controllo giurisdizionale effettivo, destinato ad assicurare il rispetto del diritto dell’Unione, è intrinseca a uno Stato di diritto;
- ogni Stato membro deve garantire che gli organi rientranti, in quanto «giurisdizione», nel senso definito dal diritto dell’Unione, nel suo sistema di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva;
- l’indipendenza dei giudici nazionali è essenziale per il buon funzionamento del sistema di cooperazione giudiziaria costituito dal meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE, in quanto tale meccanismo può essere attivato unicamente da un organo, incaricato di applicare il diritto dell’Unione, che soddisfi tale criterio di indipendenza.
La sentenza, sempre del 2018, sul rinvio pregiudiziale richiesto dall’Irlanda in materia di mandato d’arresto europeo verso la Polonia, chiarisce che:
- il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno Stato UE, per quanto riguarda lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo;
- quando attuano il diritto dell’Unione, gli Stati membri possono quindi essere tenuti, in forza di tale diritto, a presumere il rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, con la conseguenza che risulta loro preclusa la possibilità non solo di esigere da un altro Stato membro un livello di tutela nazionale dei diritti fondamentali più elevato di quello garantito dal diritto dell’Unione, ma anche, salvo in casi eccezionali, di verificare se tale altro Stato membro abbia effettivamente rispettato, in un caso concreto, i diritti fondamentali garantiti dall’Unione;
- poiché circostanze eccezionali possono limitare i principi di riconoscimento e di fiducia reciproci tra Stati membri, può essere necessario verificare se, al pari di un rischio reale di violazione dell’art. 4 della Carta, un rischio reale di violazione del diritto fondamentale dell’interessato a un giudice indipendente e, quindi, del suo diritto fondamentale a un equo processo, come enunciato all’art. 47, secondo comma, della Carta, consenta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di astenersi, a titolo eccezionale, dal dare seguito a un mandato d’arresto europeo, in base all’art. 1, par. 3 della decisione quadro in materia.
Nella procedura d’infrazione iniziata dalla Commissione per il pensionamento forzato dei giudici della Corte di cassazione polacca, già con ordinanza urgente inaudita altera parte del 19 ottobre 2018, la Corte ingiungeva alla Polonia di sospendere l’applicazione delle disposizioni della legge sulla Corte suprema e della legge di riforma sull’organizzazione giudiziaria, ricordando che le garanzie di indipendenza e di imparzialità presuppongono l’esistenza di regole, relative in particolare alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti, e che il requisito di indipendenza richiede che il regime disciplinare di coloro che hanno una funzione giurisdizionale presenti le garanzie necessarie per evitare qualsiasi rischio di utilizzo di un siffatto regime come sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie.
Nel 2019, pronunciandosi su una serie di questioni pregiudiziali sollevate dalla sezione per il lavoro e la previdenza sociale della Corte suprema polacca, la Corte di giustizia censura le riforme in materia di nomina dei componenti del Consiglio nazionale della magistratura polacco (KRS) e di istituzione di una Sezione disciplinare della Corte suprema, per «le condizioni oggettive nelle quali è stato creato l’organo (…) e le caratteristiche del medesimo nonché il modo in cui i suoi membri sono stati nominati», idonei «a generare dubbi legittimi, nei singoli, quanto all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni, in particolare rispetto a influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo, e quanto alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti», e che, pertanto, possono «portare a una mancanza di apparenza di indipendenza o di imparzialità di detto organo, tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare a detti singoli in una società democratica».
5. La crisi costituzionale polacca
La crisi costituzionale polacca si è realizzata a partire dal 2015, mediante una serie di riforme promosse dal partito di governo che hanno stravolto il principio di separazione dei poteri e sottoposto a continue pressioni e indebolimento l’indipendenza del potere giudiziario polacco.
Tra i dati più notevoli di tale involuzione si può ricordare che:
- il Ministro della giustizia ha cumulato la carica e le funzioni di Procuratore generale dello Stato, con poteri di intervento nei singoli casi;
- è stato modificato il sistema di elezione dei consigli superiori di giudici e pubblici ministeri;
- è stato alterato il meccanismo di nomina dei giudici della Corte costituzionale;
- è stata riformata la Corte suprema, mediante abbassamento dell’età pensionabile dei suoi componenti con effetto retroattivo ed eventuale trattenimento in servizio a discrezione del Presidente della Repubblica;
- è stata approvata la cd. “legge museruola”, che prevede la responsabilità disciplinare del giudice che solleva una questione pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia Ue, e sono stati promossi numerosi procedimenti disciplinari;
- non sono state pubblicate alcune sentenze della Corte costituzionale e il presidente della Corte costituzionale è stato nominato con una procedura al di fuori della Costituzione;
- è stata scoperta un’unità segreta all’interno del Ministero della giustizia per organizzare campagne social contro magistrati associati sgraditi al Governo;
- sono stati trasferiti in modo massiccio decine di pubblici ministeri.
Tutto questo è avvenuto in un Paese membro dell’Unione europea, ad opera di un partito che si chiama “Legge e Giustizia”!
Lo smantellamento sistematico dei checks and balances nel sistema polacco ad opera della maggioranza di governo ha portato a svariate procedure di infrazione promosse dalla Commissione davanti alla Cgue e all’attivazione, nel dicembre 2017, della procedura di cui all’art. 7 TUE, oltre a numerose richieste di rinvio pregiudiziale promosse dai tribunali polacchi, nonostante i rischi disciplinari e personali per i giudici remittenti.
In queste procedure, le autorità polacche davanti alla Corte di giustizia hanno sostenuto che le disposizioni del diritto dell’Unione non definiscono la nozione di “organo giurisdizionale indipendente” e non contengono norme relative alla competenza dei giudici nazionali e ai consigli nazionali della magistratura, aspetti che rientrerebbero, pertanto, nella competenza esclusiva degli Stati membri e sottratti a qualsiasi controllo da parte dell’Unione.
Rispetto a questi argomenti, la Corte di giustizia ha ribadito che, sebbene l’organizzazione della giustizia negli Stati membri rientri nella competenza di questi ultimi, ciò non toglie che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri siano tenuti a rispettare gli obblighi per essi derivanti dal diritto dell’Unione.
Ha spiegato anche che il requisito di indipendenza della magistratura implica due aspetti: il primo, di carattere esterno, richiede che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, con la conseguenza di essere tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterni idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni; il secondo aspetto, di carattere interno, si ricollega alla nozione di imparzialità e concerne l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo all’oggetto di quest’ultima, imponendo il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica.
Peraltro, il Tribunale costituzionale polacco (organismo nominato probabilmente in modo incostituzionale) ha affermato, su ricorso del Presidente della Repubblica, che una serie di disposizioni del Trattato sull’Unione europea, così come interpretate dalla Corte di giustizia, non sono compatibili con la Costituzione polacca, negando quindi il principio di primazia del diritto Ue, e senza alcun dialogo con la Corte (come avvenuto, per esempio, in situazioni problematiche in Germania, in materia di bilancio, o in Italia, in materia di prescrizione penale), e che anche l’art. 6 della Cedu sarebbe contrario alla Costituzione polacca.
Le sentenze della Corte di giustizia sono state platealmente ignorate dal precedente Governo polacco.
Oggi, dopo le recenti elezioni che hanno portato al cambio di maggioranza in Polonia, il lavoro di ricostruzione democratica è ripartito non senza difficoltà, per fortuna in un Paese in cui la società civile è sempre rimasta attiva e l’associazionismo giudiziario ha garantito davvero coraggiosamente il presidio dei valori dello Stato di diritto (anche con la “marcia delle mille toghe” del gennaio 2020). Ma il livello di regressione democratica raggiunto è stato, e resta, giuridicamente e politicamente preoccupante.
6. Il caso Ungheria (cenni)
Anche per l’Ungheria, Paese con un Governo che rivendica la propria vocazione autoritaria e che ha proceduto alla modifica della Costituzione, è stata aperta la procedura dell’art. 7 TUE (nel 2018) per la difesa dei valori comuni dell’Ue, consentendo al Consiglio, eventualmente, di constatare l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave dei valori dell’Unione e di agire di conseguenza.
La procedura presenta i limiti che derivano dal suo carattere intergovernativo e dall’unanimità richiesta per adottare sanzioni, ed è abbastanza palesemente influenzata da scambi politici con altre materie per le quali è parimenti richiesta l’unanimità (dal bilancio pluriennale, ad esempio, alle risorse per la guerra in Ucraina).
Sono in discussione di fronte alla Commissione e al Parlamento europeo le questioni riguardanti lo sblocco – parziale o totale – di una serie di fondi nell’ambito dei progetti del Recovery Plan in relazione alla valutazione delle condizioni abilitanti orizzontali della Carta dei diritti concernenti l’indipendenza del potere giudiziario.
La Corte di giustizia si è pronunciata, più che in riferimento all’assetto istituzionale, in materia di diritto di asilo, libertà accademica e libertà di stampa in Ungheria.
7. La condizionalità
Ulteriore strumento per la protezione dello Stato di diritto è il regolamento sulla condizionalità, approvato a dicembre 2020, per la protezione del bilancio dell’Unione, proprio per coniugare le esigenze di tutela degli interessi finanziari dell’Unione e di rispetto dello Stato di diritto.
Tra l’altro, il regolamento fornisce (per la prima volta in una norma di diritto Ue) una definizione espressa dello “Stato di diritto”: «il valore dell’Unione sancito nell’articolo 2 TUE. In esso rientrano i principi di legalità, in base alla quale il processo legislativo deve essere trasparente, responsabile, democratico e pluralistico; certezza del diritto; divieto di arbitrarietà del potere esecutivo; tutela giurisdizionale effettiva, compreso l’accesso alla giustizia, da parte di organi giurisdizionali indipendenti e imparziali, anche per quanto riguarda i diritti fondamentali; separazione dei poteri; non discriminazione e uguaglianza di fronte alla legge. Lo Stato di diritto è da intendersi alla luce degli altri valori e principi dell’Unione sanciti nell’articolo 2 TUE».
Il regolamento si propone di stabilire le norme necessarie per la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri, con riferimento a una nozione di “bilancio” in senso ampio, che comprende anche le risorse assegnate attraverso lo strumento dell’Unione per la ripresa e le risorse assegnate mediante prestiti e altri strumenti garantiti dal bilancio dell’Unione.
Lo strumento è stato all’inizio indebolito dal compromesso adottato dal Consiglio europeo dell’11 dicembre 2020, richiedendo per la sua applicazione l’elaborazione da parte della Commissione di linee-guida, tenendo conto degli elementi pertinenti derivanti da eventuali sentenze della Corte di giustizia qualora venga introdotto un ricorso di annullamento in relazione al regolamento.
I ricorsi di annullamento introdotti da Polonia e Ungheria sono stati respinti (cause C-156/21 e C-157/21) dalla Corte con due sentenze di febbraio 2022, e le linee-guida elaborate.
Segnalo anche il meccanismo ex art. 260 TFUE (somma forfettaria o penalità per inottemperanza) e la proposizione, da parte di quattro associazioni di giudici europee, di un’azione per l’annullamento della decisione del Consiglio di giugno 2022 che approvava la positiva valutazione della Commissione su alcune riforme in Polonia collegate ai fondi PNRR in riferimento ai principi dello Stato di diritto, ritenute incoerenti con i principi e ineffettive.
8. Il Rule of Law Report
Dal 2020 la Commissione presenta annualmente la Relazione sullo Stato di diritto e la situazione dello Stato di diritto nell’Unione europea.
A luglio è attesa la quinta edizione, articolata in quattro settori (1. Sistemi giudiziari, 2. Lotta alla corruzione, 3. Pluralismo e libertà dei media, 4. Altre questioni istituzionali connesse al bilanciamento dei poteri), basata anche sui contributi della società civile e delle associazioni (anche di magistrati), strutturata in comunicazione, Country chapters, raccomandazioni.
Già nella prima edizione del 2020 si leggeva che: «Nessuna democrazia può prosperare senza organi giurisdizionali indipendenti che garantiscano la tutela dei diritti fondamentali e delle libertà civili, né senza una società civile attiva e mezzi di comunicazione liberi che garantiscano il pluralismo. L’UE gode in questi settori di standard riconosciuti globalmente come molto elevati, che però non sono sempre applicati allo stesso modo, potrebbero essere migliorati e corrono sempre il rischio di regredire», e che lo Stato di diritto «è un principio consolidato, il cui significato essenziale è identico in tutti gli Stati membri dell’UE, nonostante le diverse identità nazionali, i diversi ordinamenti e le diverse tradizioni giuridiche», ed è la pre-condizione della parità di trattamento di fronte alla legge e della difesa dei diritti dei cittadini dell’Ue.
Nell’ultima edizione, si legge che: «Ogni anno il ciclo dello Stato di diritto apporta un contributo a una democrazia europea solida e sana. La relazione annuale sullo Stato di diritto fa il punto sulla situazione dello Stato di diritto in ciascuno Stato membro e nell’UE nel suo complesso, individuando e prevenendo le sfide emergenti e sostenendo le riforme dello Stato di diritto».
Per quanto riguarda il settore dei sistemi giudiziari negli Stati membri, il rapporto si concentra su indipendenza, qualità ed efficienza, come parametri fondamentali ai fini dell’efficacia dell’applicazione e dell’attuazione del diritto dell’Ue e della difesa dello Stato di diritto. Sottolinea che sistemi giudiziari ben funzionanti e totalmente indipendenti sono fondamentali affinché la giustizia funzioni a beneficio dei cittadini e delle imprese, e che sono altresì essenziali per la cooperazione giudiziaria nell’Ue, per il funzionamento del mercato unico e per l’ordinamento giuridico dell’Ue nel suo complesso. Afferma anche che: «Dato che la guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina continua a infuriare, la necessità di difendere e preservare in modo proattivo la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto sia all’interno che all’esterno dell’Unione è una priorità fondamentale».
Il rapporto è una miniera di informazioni, e la periodicità annuale consente di seguire l’attuazione (o inattuazione) progressiva delle raccomandazioni per ciascun Paese.
Lo stile è simile a quello dei progress report in materia di allargamento, in cui da qualche anno, parallelamente, ha assunto pregnanza centrale il capitolo 23 (su sistema giudiziario e diritti fondamentali), in materia di valutazione di indipendenza, imparzialità, integrità ed efficienza del sistema giudiziario, verifica dell’impegno per l’eliminazione di influenze esterne sul sistema giudiziario, dell’allocazione di risorse finanziarie adeguate, dell’esistenza di garanzie procedurali per il giusto processo.
Nel rapporto sullo Stato di diritto, nel pilastro sui sistemi giudiziari, vengono analizzate la percezione dell’indipendenza della magistratura, i consigli di giustizia e le procedure di nomina e di destituzione dei giudici, le garanzie strutturali dell’indipendenza della magistratura, l’indipendenza delle procure dal potere esecutivo, le procedure di accertamento delle responsabilità e di salvaguardia dell’indipendenza nei procedimenti disciplinari che coinvolgono giudici e pubblici ministeri, i progressi nella digitalizzazione dei sistemi giudiziari, gli investimenti nella giustizia per risolvere i problemi di efficienza, l’accesso alla giustizia e il ruolo degli avvocati nel sistema giudiziario.
9. Uno sguardo sincronico
La tutela dello Stato di diritto nell’Ue è affidata a molti strumenti che ho cercato di delineare in sintesi anche nel loro sviluppo nell’ultimo decennio.
Sicuramente la crisi sistemica in alcuni Stati membri ha determinato un’elaborazione giurisprudenziale da parte della Corte di Lussemburgo molto approfondita e raffinata.
Gli strumenti di tutela per l’integrazione tramite il diritto vanno dalle procedure previste dagli artt. 7 e 50 TUE ai rapporti annuali della Commissione sulla valutazione dei sistemi di giustizia e sullo Stato di diritto, al possibile intervento della Corte di giustizia mediante rinvio pregiudiziale (art. 267 TFUE), procedure di infrazione (art. 258 TFUE), procedure accelerate e cautelari, pagamento di penalità e somme forfettarie (artt. 260 e 279 TFUE), al regolamento sulla condizionalità.
In un sistema come quello Ue, fondato sulla fiducia reciproca più che sulla legislazione comune, anche nei rapporti tra autorità giudiziarie e circolazione dei procedimenti penali, ad esempio in materia di mandato d’arresto europeo, valutazione delle condizioni di detenzione, valutazione di eventuali carenze sistemiche nei sistemi di accoglienza dei migranti nel sistema europeo di asilo e protezione internazionale, crisi sistemiche e crisi specifiche nei sistemi di giustizia e negli ordini giudiziari dei Paesi membri possono pregiudicare l’intero sistema di cooperazione e integrazione.
A me pare che gli strumenti di conoscenza esistano, che quelli di reazione non siano sempre efficaci, e che rimanga centrale il momento politico.
L’alternativa tra la crisi esistenziale del federalismo e del principio di primazia del diritto Ue e una rinnovata integrazione nel quadro dei valori democratici comuni passa per la volontà politica di conferma dell’Unione di diritto e dell’integrazione tramite il diritto, e per il voto dei cittadini europei nelle elezioni per il Parlamento europeo.