Magistratura democratica

Stato di diritto e condizionalità finanziaria: un binomio ormai inscindibile per la tutela dei valori dell’Unione europea?

di Martina Coli

Le note difficoltà dell’Unione europea nell’assicurare il rispetto dei suoi valori fondanti, sanciti all’art. 2 TUE, da parte degli Stati membri hanno stimolato l’elaborazione di nuovi strumenti di enforcement. Oggetto del presente contributo è l’utilizzo sempre più pervasivo della condizionalità finanziaria quale strumento a tutela del valore dello Stato di diritto. Nell’analizzare il fenomeno, il contributo discute i tre principali strumenti a disposizione dell’Unione, evidenziandone pregi e limiti, anche alla luce della recente prassi di applicazione.

1. Introduzione / 2. Il regolamento condizionalità / 3. Il Dispositivo per la ripresa e la resilienza / 4. Il regolamento sulle disposizioni comuni / 5. Riflessioni conclusive

 

1. Introduzione

La tutela dello Stato di diritto ha rappresentato negli ultimi anni, e continua a rappresentare tutt’oggi, un banco di prova per l’Unione europea. Lo Stato di diritto è infatti uno dei valori fondanti dell’Unione quali sanciti dall’art. 2 del Trattato sull’Unione europea (TUE)[1]. Come la Corte di giustizia dell’Ue ha più volte sottolineato, lungi dal costituire «una mera enunciazione di orientamenti o di intenti di natura politica», questi valori «fanno parte dell’identità stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune» e «sono concretizzati in principi che comportano obblighi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri»[2]. Essi rappresentano dunque un principio costituzionale dell’Unione, il cui fondamento e funzionamento riposano sulla certezza che tali valori sono condivisi e rispettati da tutti gli Stati membri[3]. In questo senso, come sottolineato da Rossi, i valori di cui all’art. 2 TUE sono tanto «fondamentali» quanto «fondanti» l’Unione europea[4]. Non a caso, il rispetto di tali valori, nonché l’impegno a promuoverli, è anche espressamente previsto all’art. 49 TUE tra i criteri richiesti per l’adesione all’Unione.

E tuttavia, se per lungo tempo è stato possibile considerare l’osservanza dello Stato di diritto e, più in generale, dei valori europei da parte degli Stati membri come un aspetto acquisito del processo di integrazione, tale presunzione non è più valida oggi. Nel corso degli ultimi anni il rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati membri non solo si è rivelato di difficile attuazione pratica, ma è stato anche aspramente contestato. I casi più rilevanti sono quelli relativi alle vicende dell’Ungheria e della Polonia, dove si sono verificati episodi di sistematico e deliberato abbandono dei valori fondanti dell’Unione[5]. Si tratta del fenomeno ben descritto dall’espressione inglese rule of law backsliding[6], che efficacemente rimanda all’idea di una regressione rispetto allo standard di tutela dello Stato di diritto acquisito a livello europeo.

Nel generale contesto delle difficoltà registrate dall’Unione nel reagire davanti ai fenomeni nazionali di allontanamento dai valori fondanti ex art. 2 TUE, si è aperta la strada all’adozione di nuovi strumenti capaci di superare le criticità dei meccanismi tradizionali di enforcement del diritto dell’Ue e di reagire in modo più mirato, ma anche più rapido, alle sfide poste dalla crisi dello Stato di diritto[7]. Il presente contributo si focalizza sul più recente di questi strumenti: la condizionalità finanziaria. Quest’ultima si inserisce all’interno di un più ampio percorso di evoluzione degli strumenti di cui l’Unione europea dispone a tutela dei propri valori fondanti sanciti all’art. 2 del TUE. Lo sviluppo e l’utilizzo degli strumenti finanziari interviene infatti in un momento in cui le procedure politiche, in primis quelle ad hoc previste all’art. 7 TUE[8], si sono dimostrate inefficaci nell’evitare il regresso democratico in alcuni Stati membri, mentre i meccanismi giurisdizionali, quali la procedura di infrazione e il rinvio pregiudiziale, sebbene efficaci – soprattutto a seguito della lettura evolutiva di alcune disposizioni del diritto primario da parte della Corte di giustizia[9] –, presentano una serie di limiti congeniti, sia per le tempistiche, sia relativamente ai tradizionali limiti dell’enforcement del diritto europeo, che strutturalmente dipende dalla cooperazione delle autorità nazionali[10].

A partire da alcuni anni, ossia dall’ultima revisione della normativa relativa al Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027[11], contemporanea all’adozione del piano straordinario Next Generation EU[12], l’Unione ha introdotto alcuni nuovi strumenti capaci di interrompere il flusso dei finanziamenti europei nei confronti di quegli Stati membri che violano sistematicamente lo Stato di diritto, nella speranza di poter reagire in modo più mirato, persuasivo e rapido alle sfide poste dalla crisi della democrazia costituzionale e dello Stato di diritto a livello nazionale e, al contempo, trasmettendo il messaggio che i fondi del bilancio europeo non devono essere utilizzati per il consolidamento di progetti autoritari che minano i valori fondanti dell’Unione.

In particolare, nell’ultimo periodo, tre strumenti di condizionalità sono saliti alla ribalta nella strategia dell’Unione a tutela dei propri valori fondanti. Essi sono contenuti in altrettanti regolamenti: il regolamento condizionalità, il Dispositivo per la ripresa e la resilienza e il regolamento sulle disposizioni comuni. Attraverso questi tre strumenti, ciascuno dei quali è analizzato nei paragrafi seguenti, è stato possibile sospendere una serie di finanziamenti nei confronti di Polonia e Ungheria in ragione di carenze sistemiche dello Stato di diritto idonee a pregiudicare la corretta spesa dei programmi di finanziamento europei e dei loro obiettivi. Allo stesso tempo, l’utilizzo di questi strumenti segna un cambio di passo nel rapporto, ormai sempre più stretto, tra lo Stato di diritto quale valore condiviso e il rispetto della sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione. 

 

2. Il regolamento condizionalità

Il regolamento 2020/2092, meglio conosciuto come “regolamento condizionalità”, è il meccanismo istituito ad hoc dall’Unione per condizionare i finanziamenti europei al rispetto dello Stato di diritto[13]. Si tratta di uno strumento che ha attraversato complesse vicissitudini nella propria genesi, per essere infine adottato nel dicembre 2020. L’accordo sul regolamento è tuttavia arrivato a ben due anni e mezzo dalla proposta della Commissione e in occasione della scadenza imposta dalla necessità di adottarlo contestualmente al nuovo QFP 2021-2027. Il regolamento è stato infatti profondamente osteggiato da Polonia e Ungheria, che, facendo leva sulla minaccia di porre il veto al nuovo QFP[14], hanno ottenuto una serie di modifiche alla proposta della Commissione e anche un accordo in sede di Consiglio europeo[15], volto a procrastinare la data di effettiva applicazione del regolamento, posticipandola di oltre un anno, ossia fino all’adozione di una serie di orientamenti sulle modalità di applicazione del regolamento da parte della Commissione[16].

Il regolamento 2020/2092 istituisce un meccanismo di condizionalità orizzontale, ossia applicabile a ogni modalità di esecuzione del bilancio europeo, comprese le risorse straordinarie del NGEU[17], che consente all’Unione di adottare una serie di misure a protezione del proprio bilancio dalle violazioni dello Stato di diritto che ne compromettono la sana gestione finanziaria. Queste misure, specificate all’art. 5 del regolamento, includono, nel caso di esecuzione del bilancio in regime di gestione concorrente, la sospensione dell’approvazione di programmi nonché la sospensione di impegni e pagamenti. Tuttavia, tali misure, che devono essere proposte dalla Commissione e successivamente adottate dal Consiglio con decisione di esecuzione a maggioranza qualificata[18], sono attivabili solo nei confronti di quegli Stati membri dove sono in atto violazioni dello Stato di diritto «che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela degli interessi finanziari dell’Unione»[19]. Requisiti imprescindibili per l’attivazione del regolamento condizionalità sono dunque, da una parte, la presenza di violazioni dello Stato di diritto – attualmente unico valore fondante tutelabile attraverso questo meccanismo – e un nesso causale tra queste e il pregiudizio, attuale o potenziale, per il bilancio dell’Unione. Il regolamento indica altresì le condotte, tassativamente elencate, che possono portare all’adozione delle misure a protezione del bilancio[20]. Come sottolineato anche dalla Corte di giustizia, l’esistenza di un nesso causale rappresenta un elemento indispensabile per far rientrare il regolamento nell’ambito delle regole finanziarie e giustificare così la scelta della base giuridica, ossia l’art. 322, par. 1, lett. a, TFUE, il quale disciplina appunto l’adozione di regole finanziarie da parte dell’Unione[21].

Al fine della sua applicazione, il regolamento definisce lo Stato di diritto come «il valore dell’Unione sancito nell’articolo 2 TUE», nel quale «rientrano i principi di legalità, in base alla quale il processo legislativo deve essere trasparente, responsabile, democratico e pluralistico; certezza del diritto; divieto di arbitrarietà del potere esecutivo; tutela giurisdizionale effettiva, compreso l’accesso alla giustizia, da parte di organi giurisdizionali indipendenti e imparziali, anche per quanto riguarda i diritti fondamentali; separazione dei poteri; non-discriminazione e uguaglianza di fronte alla legge», precisando altresì che esso «è da intendersi alla luce degli altri valori e principi dell’Unione sanciti nell’articolo 2 TUE»[22]. Si tratta della prima definizione legislativa dello Stato di diritto, che, lungi dall’essere un esempio di esclusiva creatività del legislatore europeo, fa riferimento ai principi dello Stato di diritto enucleati dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza consolidata[23], già largamente ripresa dalle precedenti definizioni incluse in varie comunicazioni e documenti della Commissione[24]

Ad oggi il meccanismo condizionalità è stato attivato una sola volta, nei confronti dell’Ungheria, a causa essenzialmente delle gravi carenze e irregolarità nelle procedure di appalto pubblico, dell’inadempienza sistemica nel prevenire violazioni del diritto applicabile in materia di appalti pubblici e conflitto di interesse e delle carenze nel perseguimento dei fenomeni di corruzione, anche in ragione della mancanza di un ricorso giurisdizionale efficace assicurato da un organo giurisdizionale indipendente[25]. A seguito della proposta della Commissione, nel dicembre 2022 il Consiglio ha sospeso circa 6,3 miliardi di euro in impegni di bilancio all’Ungheria, corrispondenti al 55 % degli impegni di tre programmi operativi della politica di coesione[26]. Si tratta di programmi attuati principalmente mediante appalti pubblici e che, pertanto, in ragione delle violazioni dello Stato di diritto sopra descritte, costituiscono i settori dove il rischio per la sana gestione del bilancio dell’Unione è più significativo[27]

Inoltre, con la stessa decisione si è prevista una interruzione dei finanziamenti a numerose università ungheresi al fine della partecipazione a “Erasmus+”, il programma dell’Ue che promuove la mobilità di studenti e del personale del settore dell’istruzione. La decisione di esecuzione prevede infatti che, nell’abito dei programmi a gestione diretta, non siano assunti impegni giuridici con i trust di interesse pubblico costituiti sulla base della legge ungherese IX del 2021, né con enti da questi partecipati[28]. Tale riforma nazionale ha interessato numerose università statali, che hanno visto un cambiamento del loro modello di governance attraverso il passaggio da università pubbliche a private, ma poste sotto il controllo di un trust di interesse pubblico. Questi trust sono stati giudicati problematici dalla Commissione, in quanto ad essi non si applicano le norme previste dalle direttive in materia di appalti pubblici e ai cui membri, che sono di nomina governativa, non si applicano le prescrizioni sui conflitti di interesse[29].

La decisione relativa alla sospensione dei fondi è stata confermata nel dicembre 2023, in occasione del riesame annuale della situazione da parte della Commissione, la quale ha rinvenuto che, in ragione del persistere delle violazioni dello Stato di diritto, non ci siano ancora le condizioni per revocare le misure nei confronti dell’Ungheria[30]. Nessuna decisione ai sensi del regolamento condizionalità è, invece, stata adottata nei confronti della Polonia, neppure nei momenti di maggior gravità delle violazioni, nonostante alcune analisi avessero dimostrato come la situazione dello Stato di diritto fosse ben capace di recare danno al bilancio dell’Unione[31]. In questo caso sembrano aver prevalso le logiche (geo)politiche che, in un contesto profondamente mutato a seguito dello scoppio del conflitto russo-ucraino, hanno reso politicamente difficile l’attivazione del meccanismo di condizionalità nei confronti di Varsavia[32]

 

3. Il Dispositivo per la ripresa e la resilienza

Il secondo meccanismo di condizionalità per lo Stato di diritto è relativo alle risorse del programma Next Generation EU (NGEU), il piano straordinario di finanziamenti adottato dall’Unione per aiutare gli Stati membri a far fronte alla crisi economica conseguente alla pandemia da Covid-19[33]. Si tratta di un programma di finanziamento temporaneo, che ammonta in totale a 750 miliardi di euro, erogati agli Stati membri sotto forma di sovvenzioni e prestiti in un lasso temporale di 5 anni (2021-2026). Lo strumento principe per l’erogazione di tali risorse, attraverso il quale viene erogato quasi il 90% dei finanziamenti totali[34], è costituito dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza, istituito dal regolamento 2021/24[35].

Per avere accesso alle sovvenzioni e ai prestiti del NGEU, ciascuno Stato membro ha dovuto presentare un Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) dove ha definito il programma di riforme e investimenti che si impegna a realizzare per l’ottenimento dei finanziamenti[36]. Ogni piano nazionale è stato prima valutato dalla Commissione e, successivamente, approvato dal Consiglio attraverso l’adozione di una decisione di esecuzione[37]. Una volta approvato il piano, i progressi verso la realizzazione delle riforme da esso previste da parte dello Stato membro vengono misurate dalla Commissione sulla base di una serie di traguardi (milestones) e obiettivi (targets), dove per “traguardi” si intendono i risultati qualitativi mentre per “obiettivi” i risultati quantitativi[38]. L’erogazione delle varie tranche di pagamenti e prestiti dipende dunque dalla valutazione positiva della Commissione – a seguito del parere favorevole del Comitato economico e finanziario del Consiglio – sul raggiungimento dei corrispondenti traguardi ed obiettivi[39].

Ebbene, tra le riforme richieste agli Stati membri come condizione per l’approvazione dei PNRR, prima, e per l’erogazione dei finanziamenti, poi, non ci sono solo transizione ecologica e digitalizzazione[40], ma anche il rispetto dei valori europei. Tecnicamente, tale sviluppo è stato reso possibile grazie al fatto che i piani nazionali devono includere una spiegazione non solo del modo in cui contribuiscono alle aree di intervento e agli obiettivi del Dispositivo, ma anche del modo in cui affrontano le sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche per Paese (Country specific recommendations – CSRs) adottate nell’ambito del Semestre europeo, ossia il ciclo di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri[41]. A sua volta, la Commissione, nel valutare i piani nazionali e proporne l’approvazione al Consiglio, è tenuta a prendere in considerazione una serie di criteri, tra il contributo di ciascun piano nazionale «ad affrontare in modo efficace tutte, o un sottoinsieme significativo delle sfide, individuate nelle pertinenti raccomandazioni specifiche per Paese»[42]

Negli ultimi anni, e in particolar modo a seguito dell’avvio delle procedure ex art. 7, par. 1, TUE contro l’Ungheria e la Polonia, il Semestre europeo è diventato sempre di più anche un forum per discutere delle situazioni nazionali relative allo Stato di diritto, con le relative raccomandazioni specifiche che spesso richiedono riforme volte a ricostituire lo Stato di diritto e rispettare le sentenze della Corte di giustizia in materia[43]. L’istituzione del Dispositivo per la ripresa e la resilienza segna, però, un passaggio ulteriore, in quanto le CSRs perdono gran parte del loro carattere di soft law e diventano parametri vincolanti per l’ottenimento dei fondi NGEU: esse si configurano così come un nuovo strumento, tutt’altro che soft, per garantire l’enforcement dello Stato di diritto.

Grazie all’introduzione di tale meccanismo di condizionalità nel Dispositivo per la ripresa e la resilienza, l’Unione ha in un primo momento ritardato l’approvazione dei PNRR di Polonia e Ungheria, chiedendo ai due Paesi una serie di riforme relative allo Stato di diritto[44]. Successivamente, i due piani sono stati approvati[45], ma al loro interno è stata prevista una serie di milestones relative proprio al rispetto dello Stato di diritto, che sono dunque diventate condizione per l’erogazione di contributi e prestiti[46]. In aggiunta, sono state inserite alcune cd. “super milestones” – solo tre per la Polonia, ma ben 27 per l’Ungheria –, il rispetto delle quali è condizione necessaria per l’erogazione della prima tranche di pagamenti e prestiti[47]. A titolo di esempio, si possono citare come milestones relative allo Stato di diritto, per la Polonia, la richiesta di una riforma che garantisca un ricorso giurisdizionale effettivo contro le decisioni della sezione disciplinare della Corte suprema[48], e, per l’Ungheria, la rimozione degli ostacoli che ledono la discrezionalità dei giudici nel riferire questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia[49].

Attraverso questo sistema, per tutto il 2023 l’Unione ha bloccato la quasi totalità dei fondi NGEU all’Ungheria e alla Polonia. Se, per quanto riguarda Varsavia – il cui totale dei finanziamenti attraverso il Dispositivo ammonta a circa 60 miliardi di euro –, la situazione si è sbloccata a seguito della recente tornata elettorale e della formazione del nuovo Governo guidato da Donald Tusk[50], altrettanto non è avvenuto per l’Ungheria. Sono infatti ancora sospesi i fondi del Dispositivo nei confronti dell’Ungheria[51] – con la sola eccezione dei prefinanziamenti di “REPower-EU” –, che in totale ammontano a 10,4 miliardi di euro[52].

 

4. Il regolamento sulle disposizioni comuni 

L’ultimo strumento che prevede al suo interno un meccanismo di condizionalità che consente di tutelare i valori fondanti dell’Unione è il regolamento 2021/1060, noto come “regolamento sulle disposizioni comuni”, in quanto stabilisce le disposizioni finanziarie applicabili a otto fondi europei attuati in regime di gestione concorrente, ossia i fondi relativi ai settori della politica di coesione, della pesca e dell’asilo, nell’ambito dell’attuale QFP 2021-2027[53]. Tradizionalmente, per ottenere i fondi di coesione ogni Stato membro deve soddisfare una serie di requisiti, generalmente detti “condizioni abilitanti”, alcune di carattere orizzontale[54] e altre tematiche[55], ossia relative solo agli obiettivi specifici di alcuni fondi. In questo contesto, l’attuale regolamento sulle disposizioni comuni innova rispetto al suo predecessore, che copriva il periodo finanziario 2014-2020[56], prevedendo due significative novità. Innanzitutto, le condizioni abilitanti devono essere soddisfatte non solo al momento dell’approvazione del programma da parte della Commissione, ma durante l’intero periodo di programmazione. Mentre in precedenza agli Stati membri veniva richiesto il rispetto di una serie di condizionalità ex ante solo prima dell’attuazione dei programmi operativi, il regolamento 2021/1060 prevede che, qualora la Commissione ritenga che una condizione abilitante non sia più soddisfatta, essa non rimborsa le spese relative all’obiettivo specifico interessato finché perdura la carenza[57].

La seconda novità del regolamento riguarda l’inserimento, tra le condizioni abilitanti orizzontali, elencate all’allegato III del regolamento, di una condizione relativa all’«Effettiva applicazione e attuazione della Carta dei diritti fondamentali»[58]. Tale condizione richiede l’esistenza di «efficaci meccanismi» per garantire la conformità alla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue (da qui in avanti: “Carta”) tanto «dei programmi sostenuti dai Fondi e della loro attuazione» quanto «delle modalità di rendicontazione al comitato di sorveglianza in merito a casi di operazioni sostenute dai Fondi non conformi alla Carta e denunce riguardanti la Carta»[59]. Il riferimento al rispetto della Carta è ulteriormente rafforzato dall’inserimento, nell’art. 9 del regolamento, di una clausola contenente i principi orizzontali, che ribadisce che «[i]n sede di attuazione dei fondi, gli Stati membri e la Commissione garantiscono il rispetto dei diritti fondamentali e la conformità alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».

Se guardiamo alla prassi, l’utilizzo della condizione abilitante relativa alla Carta sembra giocare un ruolo di primo piano nel condizionare il rilascio dei fondi di coesione nei confronti di quegli Stati membri dove sono in atto violazioni dei valori europei. Difatti, grazie a questo sviluppo legislativo, nel 2022, in fase di approvazione dei programmi operativi nazionali, la Commissione ha sospeso l’erogazione dei fondi di coesione, asilo e pesca nei confronti dell’Ungheria e della Polonia per il mancato soddisfacimento della condizione abilitante relativa al rispetto della Carta. Se, anche in questo caso, la situazione per la Polonia si è sbloccata a seguito delle riforme intraprese dalla nuova maggioranza di governo[60], più complesso e problematico è invece il caso ungherese.

Nel caso dell’Ungheria, la Commissione ha inizialmente bloccato l’accesso a tutti i fondi di coesione, asilo e pesca, che in totale ammontano a circa 21,9 miliardi di euro, in relazione ai problemi relativi all’indipendenza della magistratura. Ciò è stato possibile in quanto i requisiti posti dall’art. 47 della Carta, che tutela il diritto fondamentale a un ricorso effettivo davanti a un giudice indipendente e imparziale, sono stati ritenuti non soddisfatti in Ungheria in relazione a tutti gli undici programmi operativi nazionali che implementano i fondi europei disciplinati dal regolamento 2021/1060[61]. Le violazioni dell’indipendenza della magistratura sono state infatti giudicate capaci di influire negativamente sulla corretta e uniforme applicazione del diritto dell’Unione, compresa la Carta, nell’attuazione dei vari programmi operativi nazionali[62]. Inoltre, la condizione abilitante orizzontale relativa al rispetto della Carta è stata ritenuta non soddisfatta anche con riguardo ad alcuni obiettivi specifici previsti dai regolamenti di alcuni fondi relativi alla politica di coesione e alla politica di asilo, e ciò in ragione delle restrizioni della libertà accademica[63], dei diritti dei richiedenti asilo[64] e dei diritti delle persone LGBTQ+[65] in atto in Ungheria, con conseguente violazione delle relative disposizioni della Carta.

La situazione è però mutata a dicembre scorso, quando è stata sbloccata una parte di questi fondi, per un ammontare di circa 10,2 miliardi, dopo che la Commissione ha ritenuto soddisfatta la condizione abilitante orizzontale relativa all’indipendenza della magistratura ex art. 47 della Carta[66]. Chiaramente, nello spiegare la decisione della Commissione non si può tacere il contesto politico: difficilmente può essere considerata una coincidenza il fatto che la decisione della Commissione sia arrivata alla vigilia del Consiglio europeo che ha dato il via libera all’avvio dei negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldavia[67]. Ciò soprattutto se si considerano, da un lato, le note resistenze e l’ostruzionismo di Viktor Orbán relativamente al conflitto russo-ucraino e, dall’altro, la critica di studiosi e attivisti ungheresi che hanno immediatamente bollato come “cosmetiche” le recenti riforme giudiziarie ungheresi[68].

Rimangono invece, ad oggi, ancora sospesi circa 11,7 miliardi di euro in fondi di coesione, asilo e pesca per l’Ungheria e ciò in ragione della concomitanza di tre fattori. Innanzitutto, sono bloccati i finanziamenti legati a quegli obiettivi specifici che risentono delle carenze relative ai settori della libertà accademica, dei diritti dei richiedenti asilo e dei diritti delle persone LGBTQ+. In secondo luogo, sono ancora considerate non soddisfatte una serie di condizioni abilitanti tematiche che interessano singoli obiettivi dei vari programmi di finanziamento. Infine, una parte dei fondi di coesione relativa a tre programmi operativi rimane congelata in ragione della decisione di sospensione presa ai sensi del regolamento condizionalità.

 

5. Riflessioni conclusive

Alla luce del quadro appena tracciato, appare evidente che il legame tra Stato di diritto e bilancio – che appariva così problematico al momento dell’approvazione del regolamento condizionalità, a lungo contrastato da Polonia e Ungheria – è ormai ampiamente sdoganato. La condizionalità è entrata a pieno titolo nell’arsenale di strumenti di cui l’Unione dispone per l’enforcement dei propri valori, primo fra tutti lo Stato di diritto. Appare evidente che non si possa più limitare il fenomeno della condizionalità relativa allo Stato di diritto al solo regolamento 2020/2092, basti pensare al fatto che, alla fine, attraverso questo meccanismo è stata congelata la quota minore dei finanziamenti sospesi all’Ungheria e nessuno per la Polonia. 

Certamente l’utilizzo della condizionalità presenta innumerevoli vantaggi di ordine pratico, soprattutto in termini di pragmatismo e celerità, essendo uno strumento attuabile in tempi ben più rapidi rispetto ai tradizionali meccanismi giurisdizionali. Esso si sta dimostrando anche efficace nel caso ungherese, dove è sostanzialmente l’unico strumento che ha spinto l’Ungheria di Orbán a mettere in atto alcune riforme che, seppur limitate e largamente insufficienti a ripristinare lo Stato di diritto, hanno portato qualche primo risultato concreto.

Tuttavia, a parere di chi scrive, l’utilizzo della condizionalità quale strumento di tutela dello Stato di diritto non deve portare a disconoscere la rilevanza e l’efficacia dei meccanismi tradizionali. L’approdo allo strumento della condizionalità è il risultato di un processo di progressiva riflessione da parte dell’Unione tanto sul significato e il contenuto giuridico dei propri valori sanciti all’art. 2 TUE, quanto sugli strumenti per la loro tutela. La condizionalità rappresenta un tassello di un più ampio processo ed è pertanto auspicabile che essa venga utilizzata in sinergia con gli altri strumenti esistenti. In tal senso, è interessante notare come il terreno per l’utilizzo della leva finanziaria sia stato preparato dall’operato degli strumenti giurisdizionali che hanno consentito una vasta azione interpretativa da parte della Corte di giustizia. Soprattutto grazie all’impulso delle corti nazionali, attraverso il meccanismo del rinvio pregiudiziale, riconfermatosi la «chiave di volta del sistema giurisdizionale»[69], la Corte di giustizia ha progressivamente fatto luce sul contenuto dello Stato di diritto quale nozione autonoma del diritto dell’Unione, e ancora oggi continua a ricostruirne il contenuto nonché a concretizzarlo in varie disposizioni del diritto primario[70]. Ed è proprio sulla nozione di “Stato di diritto” delineata dalla Corte di giustizia che la Commissione si è basata tanto nella definizione delle milestones, quanto nel descrivere i requisiti di indipendenza della magistratura che sono necessari per soddisfare la condizione abilitante orizzontale relativa all’art. 47 della Carta. Infine, non è poi un caso il fatto che la prima definizione legislativa dello Stato di diritto a livello dell’Unione, contenuta nel regolamento condizionalità, vada a codificare la precedente giurisprudenza del giudice di Lussemburgo.

Mettendo da parte i risvolti pratici, è innegabile che il ricorso agli strumenti finanziari nell’enforcement dei valori europei non sia privo di criticità. Difatti, se il regolamento condizionalità ha il pregio di instaurare una procedura chiara e trasparente per la sospensione dei fondi, altrettanto non si può dire degli altri due strumenti, legati ai fondi PNRR e, soprattutto, ai fondi del regolamento sulle disposizioni comuni. Specialmente nel caso delle condizioni abilitanti relative alla Carta, redatte in termini molto generici, non c’è nessun parametro di riferimento che orienti la condotta della Commissione e la metodologia di valutazione. Al contrario, la definizione di standard chiari di applicazione dei meccanismi, nel ridurre la discrezionalità della Commissione, andrebbe a rafforzare la legittimità dei vari strumenti di condizionalità[71].

La discrezionalità di cui gode la Commissione nell’ambito del Dispositivo e del regolamento sulle disposizioni comuni (rispetto ai quali, a differenza del regolamento condizionalità, non ha pubblicato nessuna guideline) le ha consentito di chiedere vaste riforme agli Stati membri, concernenti – tra gli altri – il tema sensibile dell’organizzazione della giustizia. Paradossalmente, la riduzione del rispetto dei valori europei al soddisfacimento di milestone e target pare quindi determinare, da un lato, un tentativo della Commissione di burocratizzare il tema della tutela dei valori e, dall’altro, un protagonismo della stessa, la quale gode di fatto di notevole discrezionalità nel decidere le misure che gli Stati membri devono adottare. Questa discrezionalità appare problematica non solo in termini di certezza del diritto, ma anche di trasparenza e accountability dell’operato della Commissione. Il rischio è che la Commissione dia l’impressione di risolvere la situazione sottobanco, negoziando il rispetto della rule of law in base alle esigenze politiche del momento e, così facendo, andando pregiudicare a sua volta il rispetto dello Stato di diritto nonostante – non bisognerebbe dimenticarlo – l’art. 2 TUE vincoli tanto gli Stati membri quanto le istituzioni europee.

A tal proposito, nel prossimo futuro la condizionalità si potrebbe rivelare un terreno interessante per misurare gli obblighi delle istituzioni europee in tema di tutela dei valori fondanti ex art. 2 TUE. In due recenti casi, gli obblighi e l’operato delle istituzioni europee – e, in particolare, della Commissione – nel tutelare i valori europei attraverso la condizionalità sono stati infatti portati davanti alla Corte di giustizia. Il primo è lo scenario dei ricorsi di annullamento presentati da quattro organizzazioni europee di giudici nei confronti del Consiglio e della Commissione, per aver approvato il PNRR polacco e sbloccato i relativi fondi ignorando le numerose sentenze della Corte di giustizia sulle violazioni della rule of law in Polonia[72]. Il secondo caso è invece relativo all’azione di annullamento presentata dal Parlamento europeo contro la decisione della Commissione di scongelare 10 miliardi in fondi di coesione, asilo e pesca all’Ungheria per il soddisfacimento della condizione abilitante orizzontale relativa all’art. 47 della Carta[73]. La condizionalità si conferma così un terreno di scontro politico tra le istituzioni europee, anche in relazione al dibattito sugli obiettivi e priorità politiche della prossima Commissione a seguito delle prossime elezioni europee.

Entrambi i ricorsi sembrano aprire uno spazio di indagine nuovo e ancora inesplorato: dopo anni in cui il focus è stato posto sul rispetto, da parte degli Stati membri, dei valori dell’Unione, adesso i tempi paiono maturi perché l’attenzione si possa rivolgere (anche) ai vincoli concreti che l’art. 2 TUE pone in capo alle istituzioni europee. Ciò potrebbe avere delle ricadute a cascata anche sugli altri istituti del diritto dell’Unione. Sarà, infatti, interessante vedere se l’occasione verrà colta dai giudici nazionali per chiedere, attraverso il meccanismo del rinvio pregiudiziale, ulteriori chiarimenti sulle responsabilità delle istituzioni europee e il rispetto da parte di queste dei valori di cui all’art. 2 TUE anche in altre aree e politiche dell’Unione.

 

 

*  L’A. desidera ringraziare la Professoressa Nicole Lazzerini per i commenti e suggerimenti ricevuti, pur mantenendo la piena responsabilità per ogni omissione, imprecisione od errore. 

1. Ai sensi dell’art. 2 TUE, «L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini».

2. Cgue, sentt. 16 febbraio 2022, C‑156/21, Ungheria c. Parlamento e Consiglio (EU:C:2022:97), punto 232, e C‑157/21, Polonia c. Parlamento e Consiglio (EU:C:2022:98), punto 264.

3. Vds., in tal senso: Cgue, 18 dicembre 2014, parere 2/13 relativo all’adesione dell’Ue alla Cedu (EU:C:2014:2454), punto 168.

4. L.S. Rossi, Il valore giuridico dei valori. L’Articolo 2 TUE: relazioni con altre disposizioni del diritto primario dell’UE e rimedi giurisdizionali, in Federalismi, n. 19/2020, pp. IV-XXVI.

5. Non è possibile in questa sede rendere conto delle lunghe e complesse vicende dei due Paesi, né tantomeno della relativa risposta delle istituzioni europee. In merito alla situazione ungherese si rimanda, senza pretesa di esaustività, a K. Kovács e G.A. Tóth, Hungary’s Constitutional Transformation, in European Constitutional Law Review, vol. 7, n. 2/2011, pp. 183-203; A. Di Gregorio, L’Ungheria e i valori europei. Un matrimonio difficile, in DPCE online, 17 settembre 2018; G. Halmai, A Coup against Constitutional Democracy? The case of Hungary, in M. Graber - S. Levinson - M. Tushnet (a cura di), Constitutional Democracy in Crisis?, Oxford University Press, 2018, pp. 243-257. Per una ricostruzione della situazione polacca vds., invece: W. Sadurski, Poland’s Constitutional Breakdown, Oxford University Press, 2019; L. Pech - P. Wachowiec - D. Mazur, Poland’s Rule of Law Breakdown: A Five-Year Assessment of EU’s (In)Action, in Hague Journal on the Rule of Law, vol. 13, n. 1/2021, pp. 1-43. Vds. altresì T. Drinóczi e A. Bień-Kacała, Illiberal Constitutionalism in Poland and Hungary: The Deterioration of Democracy, Misuse of Human Rights and Abuse of the Rule of Law, Routledge, Londra, 2021.

6. La nozione è stata elaborata da Pech e Scheppele con riferimento a quelle situazioni in cui si verifica «a process through which elected public authorities deliberately implement governmental blueprints which aim to systematically weaken, annihilate or capture internal checks on power with the view of dismantling the liberal democratic state and entrenching the long-term rule of the dominant party» – L. Pech e K.L. Scheppele, Illiberalism Within: Rule of Law Backsliding in the EU, in Cambridge Yearbook of European Legal Studies, vol. 19, 26 ottobre 2017, pp. 3-47.

7. Per una panoramica generale degli strumenti a disposizione dell’Unione a tutela dei propri valori fondanti, nonché del loro utilizzo da parte delle istituzioni europee, vds. L.D. Spieker, EU Values Before the Court of Justice: Foundations, Potential, Risks, Oxford University Press, 2023; L. Pech - P. Wachowiec - D. Mazur, Poland’s Rule of Law Breakdown, op. cit.; P. Mori, La questione del rispetto dello Stato di diritto in Polonia e in Ungheria: recenti sviluppi, in Federalismi, n. 8/2020, pp. 166-210; M. Carta, Unione europea e tutela dello Stato di diritto negli Stati membri, Cacucci, Bari, 2020; N. Lazzerini, Le recenti iniziative delle istituzioni europee nel contesto della crisi dello Stato di diritto in Polonia: prove di potenziamento degli “anticorpi” dei Trattati?, in Osservatorio sulle fonti, n. 1/2018, pp. 1-21; A. Jakab e D. Kochenov (a cura di), The Enforcement of EU Law and Values: Ensuring Member States’ Compliance, Oxford University Press, 2017. 

8. Davanti al deterioramento delle situazioni polacca e ungherese, l’Unione ha attivato nei confronti dei due Paesi la procedura di cui all’art. 7, par. 1, TUE, ossia quel meccanismo previsto dai Trattati che consente all’Unione di constatare l’esistenza di «un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2 TUE». Vds. le relative proposte della Commissione e del Parlamento europeo: proposta di decisione del Consiglio sulla constatazione dell’esistenza di un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto da parte della Repubblica di Polonia (COM/2017/0835 final) e risoluzione del Parlamento europeo del 12 settembre 2018 su una proposta recante l’invito al Consiglio a constatare, a norma dell’art. 7, par. 1, TUE, l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte dell’Ungheria dei valori su cui si fonda l’Unione (2017/2131(INL)). Tuttavia, l’assenza di volontà politica dei membri del Consiglio, al quale spetta effettuare tale constatazione alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri, ha fatto sì che la procedura sia di fatto congelata. Per una descrizione delle procedure ex art. 7 TUE e un commento della prassi relativa alla loro attivazione, vds., ex plurimis: L. Pech, Article 7 TEU: From ‘Nuclear Option’ to ‘Sisyphean Procedure’?, in U. Belavusau e A. Gliszczynska-Grabias (a cura di), Constitutionalism under Stress, Oxford University Press, 2020; L. Besselink, The Bite, the Bark, and the Howl: Article 7 TEU and the Rule of Law Initiatives, in A. Jakab e D. Kochenov, The Enforcement of EU Law and Values, op. cit.; B. Nascimbene, Lo Stato di diritto e la violazione grave degli obblighi posti dal Trattato UE, in Eurojus, 24 ottobre 2017 (https://rivista.eurojus.it/lo-stato-di-diritto-e-la-violazione-grave-degli-obblighi-posti-dal-trattato-ue/); W. Sadurski, Adding Bite to a Bark: The Story of Article 7, EU Enlargement, and Jörg Haider, in Columbia Journal of European Law, vol. 16, n. 3/2010, pp. 385 ss.

9. A partire dalla sentenza Associazione sindacale dei giudici portoghesi, la Corte di giustizia ha offerto un’interpretazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva sancito all’art. 19, par. 1, comma 2, TUE nel senso che esso include un obbligo in capo agli Stati membri di assicurare la piena indipendenza dei tribunali nazionali, indipendentemente dal fatto che questi attuino il diritto dell’Unione nel caso concreto. Ciò ha reso possibile tanto l’utilizzo della procedura di infrazione ex artt. 258-260 per violazione dell’art. 19, par. 1, TUE contro quegli Stati membri che limitano l’indipendenza della propria magistratura, indipendentemente dal legame con il diritto dell’Unione nel caso di specie, quanto l’affermazione della competenza della Corte nell’ambito del meccanismo del rinvio pregiudiziale a conoscere questioni relative all’indipendenza dei tribunali nazionali, purché rilevanti per l’esito del procedimento nazionale. Cgue, 27 febbraio 2018, C-64/16, Associazione sindacale dei giudici portoghesi (EU:C:2018:117). Per un commento alla sentenza si rimanda a M. Bonelli e M. Claes, Judicial serendipity: How Portuguese judges came to the rescue of the Polish judiciary: ECJ 27 February 2018, Case C-64/16, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, in European Constitutional Law Review, vol. 14, n. 3/2018, pp. 622-643; A. Miglio, Indipendenza del giudice, crisi dello stato di diritto e tutela giurisdizionale effettiva negli Stati membri dell’Unione europea, in Diritti umani e diritto internazionale, vol. 12, n. 2/2018, pp. 421-431; M. Parodi, Il controllo della Corte di giustizia sul rispetto del principio dello Stato di diritto da parte degli Stati membri: alcune riflessioni in margine alla sentenza Associação Sindical dos Juízes Portugueses, in European Papers, vol. 3, n. 2/2018, pp. 985-992.

10. Sul rinnovato ruolo del rinvio pregiudiziale a seguito della prassi successiva alla sentenza Associazione sindacale dei giudici portoghesi, vds. L. Daniele, I valori dell’Unione nei giudizi nazionali: Stato di diritto e rinvio pregiudiziale, in Quaderni AISDUE, speciale n. 1/2024, pp. 1-29 (www.aisdue.eu/wp-content/uploads/2024/04/Post-Luigi-Daniele.pdf).

11. Il Quadro finanziario pluriennale costituisce il bilancio dell’Ue a lungo termine, il quale fissa gli importi massimi per le varie categorie di spesa per un periodo di sette anni. In occasione della sua ultima revisione, l’Unione ha adottato un pacchetto legislativo comprendente tanto il regolamento che stabilisce il QFP e la decisione relativa al sistema delle risorse proprie, quanto la legislazione settoriale relativa ai vari fondi europei.

12. Vds. infra, par. 3. 

13. Regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2020, relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione. Per un’analisi approfondita del regolamento, vds. A. Baraggia e M. Bonelli, Linking Money to Values: the new Rule of Law Conditionality Regulation and Its Constitutional Challenges, in German Law Journal, vol. 23, n. 2/2022, pp. 131-156; N. Kirst, Rule of Law Conditionality: The Long-awaited Step Towards a Solution of the Rule of Law Crisis in the European Union? in European Papers, vol. 6, n. 1/2021, pp. 101-110; B. Nascimbene, Stato di diritto, bilancio e Corte di giustizia, in Rivista Eurojus, n. 2/2022, pp. 114-136. Sia inoltre consentito rinviare a M. Coli, Il regolamento condizionalità a protezione del bilancio europeo: Quale prezzo per la tutela dello Stato di diritto nell’Unione europea?, in Quaderni AISDUE, 6 giugno 2022, pp. 379-402. 

14. Come previsto all’art. 312, par. 2, TFUE, l’adozione del regolamento relativo al QFP richiede una procedura legislativa speciale che prevede l’adozione all’unanimità da parte del Consiglio, previa approvazione del Parlamento europeo. 

15. Conclusioni del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2020, n. EUCO 22/20, disponibili al seguente indirizzo: www.consilium.europa.eu/media/47332/1011-12-20-euco-conclusions-it.pdf.

16. Orientamenti sull’applicazione del regolamento 2020/2092 relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione, C(2022)1382 final. Le guidelines sono state pubblicate il 2 marzo 2022, dopo le sentenze della Corte di giustizia relative ai ricorsi di annullamento presentati da Polonia e Ungheria contro il regolamento condizionalità. Vds. cause C-156/21 e C-157/21, cit. Per una ricostruzione della vicenda relativa alle conclusioni del Consiglio europeo si rimanda a: A. Alemanno e M. Chamon, To Save the Rule of Law You Must Apparently Break It, in Verfassungsblog.de, 11 dicembre 2020; C. Fasone, Crisi dello stato di diritto: condizionalità a tutela del bilancio dell’Unione e conclusioni del Consiglio europeo, in Quaderni costituzionali, n. 1/2021, pp. 214-217; B. Nascimbene, Stato di diritto, bilancio e Corte di giustizia, op. cit.

17. Vds. il considerando 7 del regolamento 2020/2092.

18. Art. 6 regolamento 2020/2092.

19. Art. 4, par. 1, regolamento 2020/2092, enfasi aggiunta.

20. Art. 4, par. 2, regolamento 2020/2092.

21. Ciò è stato chiarito dalla Corte di giustizia nelle sentenze del febbraio 2022 relative ai ricorsi di annullamento presentati da Polonia e Ungheria contro il regolamento condizionalità. Difatti, è proprio perché il regolamento «consente alle istituzioni dell’Unione di procedere a un esame di situazioni negli Stati membri solo nei limiti in cui esse siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari e, dall’altro, possono essere adottate opportune misure in forza di tale regolamento solo qualora sia accertato che situazioni del genere comportano una violazione di uno dei principi dello Stato di diritto che compromette o rischia seriamente di compromettere, in modo sufficientemente diretto, tale sana gestione finanziaria o la tutela di tali interessi finanziari» che «tali situazioni, rilevanti per l’esecuzione del bilancio dell’Unione, non solo ricadono nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione, ma possono anche, come constatato al punto 133 della presente sentenza, rientrare nell’ambito di una regola finanziaria, ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, che assume la forma di un meccanismo di condizionalità orizzontale collegato al rispetto da parte di uno Stato membro del valore dello Stato di diritto». Cgue, C‑156/21, cit., punti 144 e 145. Per un’analisi delle sentenze si rimanda a J. Alberti, Adelante, presto, con juicio. Prime considerazioni sulle sentenze della Corte di giustizia che sanciscono la legittimità del “Regolamento condizionalità”, in Rivista Eurojus, n. 2/2022, pp. 25-45.

22. Art. 2 regolamento 2020/2092.

23. È significativo in merito che il considerando 3 del regolamento 2020/2092 riporti la definizione di “Stato di diritto” di cui all’art. 2, ma rimandando, per ciascuno dei principi che lo compongono, alla relativa giurisprudenza della Corte di giustizia.

24. Vds., ad esempio, la comunicazione della Commissione del marzo 2014: Un nuovo quadro dell’UE per rafforzare lo Stato di diritto (COM/2014/0158 final).

25. Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio relativa a misure di protezione del bilancio dell’Unione da violazioni dei principi dello Stato di diritto in Ungheria, adottata dalla Commissione il 18 settembre 2022 (COM/2022/485 final).

26. Decisione di esecuzione 2022/2506 del Consiglio del 15 dicembre 2022, relativa a misure di protezione del bilancio dell’Unione da violazioni dei principi dello Stato di diritto in Ungheria.

27. In particolare, i programmi della politica di coesione interessati sono quelli il cui livello di attuazione attraverso gli appalti pubblici è stimato dalla Commissione tra l’85% e il 90%: programma operativo per l’ambiente e l’efficienza energetica Plus, programma operativo per i trasporti integrati Plus e programma operativo per lo sviluppo del territorio e degli insediamenti Plus. Vds. decisione di esecuzione 2022/2506 del Consiglio, considerando 20 e 21.

28. Art. 2, par. 2, della decisione di esecuzione del Consiglio 2022/2506. Contro la decisione hanno presentato un ricorso di annullamento, attualmente pendente al Tribunale dell’Unione, alcune università ungheresi. Vds. il ricorso proposto il 2 marzo 2023, causa T-115/23, Debreceni Egyetem c. Consiglio.

29. Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio relativa a misure di protezione del bilancio dell’Unione da violazioni dei principi dello Stato di diritto in Ungheria adottata dalla Commissione il 18 settembre 2022 (COM/2022/485 final), punti 32 e 33. 

30. Decisione della Commissione del 13 dicembre 2023 sulla rivalutazione, su iniziativa della Commissione, del rispetto delle condizioni di cui all’articolo 4 del regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 a seguito della decisione di esecuzione (UE) 2022/2506 del Consiglio del 15 dicembre 2022 relativa all’Ungheria.

31. In merito alle ragioni che avrebbero dovuto portare la Commissione ad attivare il regolamento condizionalità nei confronti della Polonia, vds. lo studio di L. Pech - A. Wójcik - P. Wachowiec, The case for activating the rule of law Conditionality Regulation in respect of Poland, ottobre 2023, disponibile al seguente indirizzo: www.greens-efa.eu/files/assets/docs/rule_of_law_v2.1.pdf.

32. In merito, anche relativamente all’approvazione del PNRR polacco (di cui si dirà meglio nel paragrafo successivo), vds. il post di A. Grimaldi e G. Gioia, Il senso dello Stato di diritto per l’Unione: l’approvazione del PNRR polacco nelle urgenze della guerra, in Diritti comparati, 29 giugno 2022.

33. Regolamento (UE) 2020/2094 del Consiglio del 14 dicembre 2020, che istituisce uno strumento dell’Unione europea per la ripresa, a sostegno della ripresa dell’economia dopo la crisi da Covid-19. Per un’analisi del Next Generation EU si vedano i contributi di L. Calzolari e F. Costamagna, La riforma del bilancio e la creazione di SURE e Next Generation EU, in P. Manzini e M. Vellano (a cura di), Unione europea 2020: i dodici mesi che hanno segnato l’integrazione europea, CEDAM (Wolters Kluwer), Milano, 2021; B. De Witte, The European Union’s COVID-19 recovery plan: The legal engineering of an economic policy shift, in Common Market Law Review, vol. 58, n. 3/2021, pp. 635-682; L. Schramm - U.  Krotz - B.  De Witte, Building ‘Next Generation’ after the pandemic: The implementation and implications of the EU Covid Recovery Plan, in Journal of Common Market Studies, vol. 60, fasc. S1, settembre 2022, pp. 114-124.

34. La rimanente parte delle risorse NGEU è invece erogata attraverso altri programmi di finanziamento europei già esistenti.

35. Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza.

36. Art. 18 regolamento 2021/241.

37. Art. 20 regolamento 2021/241.

38. Art. 2, par. 4, regolamento 2021/241.

39. Art. 24, par. 2, regolamento 2021/24.

40. Ai sensi dell’art. 3 regolamento 2021/241, le principali aree di intervento ruotano attorno a sei pilastri: transizione verde; trasformazione digitale; crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; coesione sociale e territoriale; salute e resilienza economica, sociale e istituzionale; politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani.

41. Ai sensi dell’art. 17, par. 3, regolamento 2021/241, i PNRR devono essere «coerenti con le pertinenti sfide e priorità specifiche per Paese individuate nell’ambito del Semestre europeo». Inoltre, l’art. 24, par. 4, lett. b del regolamento 2021/24, prevede che i PNRR debbano contenere «una spiegazione del modo in cui il piano per la ripresa e la resilienza contribuisce ad affrontare in modo efficace tutte o un sottoinsieme significativo delle sfide, individuate nelle pertinenti raccomandazioni specifiche per Paese, inclusi i relativi aspetti di bilancio». Per un approfondimento sulle CSRs vds. G. Menegus, Gli indirizzi di massima per il coordinamento delle politiche economiche ex art. 121 TFUE nel quadro del semestre europeo, in Osservatorio sulle fonti, n. 3/2020, pp. 1451-1503.

42. Art. 19, par. 3, lett. b del regolamento 2021/24. Inoltre, il punto 2.10 dell’allegato al regolamento 2021/24 specifica che, nell’esaminare i PNRR, la Commissione deve valutare se «gli attori (organismi/entità) responsabili dei controlli hanno la capacità giuridica e la capacità amministrativa di esercitare i loro ruoli e compiti previsti».

43. L. Pech, The Rule of Law in the EU, in P. Craig e G. de Búrca (a cura di), The Evolution of EU Law, Oxford University Press, 2021.

44. Vds. in merito la proposta di A. Alemanno, J. Morijn, L. Pech e D. Sarmiento: 6 reasons why the EU should use the approval of National Recovery and Resilience Plans to enforce the rule of law in Hungary and Poland, del 1° ottobre 2021 (www.thegoodlobby.eu/6-reasons-why-eu-should-use-the-approval-of-national-recovery-and-resilience-plans-to-enforce-the-rule-of-law-in-hungary-and-poland/).

45. Il piano della Polonia è stato approvato nel giugno 2022, mentre quello ungherese nel dicembre 2022. Vds. la decisione di esecuzione del Consiglio (EU) (ST 15447/22 INIT; ST 15447/22 ADD 1) del 15 dicembre 2022, relativa all’approvazione della valutazione del Piano per la ripresa e la resilienza dell’Ungheria, e la decisione di esecuzione del Consiglio (EU) (ST 9728/22 INIT; ST 9728/22 ADD 1) del 17 giugno 2021, relativa all’approvazione della valutazione del Piano per la ripresa e la resilienza della Polonia.

46. La redazione dei PNRR ha richiesto la partecipazione tanto delle istituzioni europee quanto di quelle nazionali. Per un argomento circa la natura euro-nazionale del procedimento di redazione dei PNRR vds. N. Lupo, Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: un nuovo procedimento euro-nazionale, in Federalismi, 15 febbraio 2023.

47. A. Schwarcz, Rule of Law-Related “Super Milestones” in the Recovery and Resilience Plans of Hungary and Poland (Briefing Requested by the CONT Committee of the European Parliament), gennaio 2023, PE 741581 (www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document/IPOL_BRI(2023)741581). Per la lista delle milestones e super milestones relative ai due Paesi, vds. l’allegato della decisione di esecuzione del Consiglio relativa all’approvazione della valutazione del Piano per la ripresa e la resilienza dell’Ungheria e l’allegato della decisione di esecuzione del Consiglio relativa all’approvazione della valutazione del Piano per la ripresa e la resilienza della Polonia.

48. Milestone F1.2, contenuto nell’allegato alla decisione di esecuzione del Consiglio che approva il PNRR della Polonia.

49. Milestone C9.R17, contenuto nell’allegato alla decisione di esecuzione del Consiglio che approva il PNRR dell’Ungheria.

50. Dopo una serie di prime riforme adottate dalla nuova maggioranza politica, volte a ripristinare lo Stato di diritto, la Commissione ha ritenuto soddisfatta una prima serie di milestones – comprese le tre super milestones, due delle quale riguardavano l’indipendenza della magistratura – ed è pertanto caduto il blocco all’erogazione delle prime tranche di pagamenti, del valore di 6,3 miliardi di euro, avvenuta ad aprile 2024. Vds. la decisione di esecuzione della Commissione del 5 aprile 2024, relativa all’autorizzazione dell’erogazione della prima rata del sostegno non rimborsabile e della prima rata del sostegno sotto forma di prestito per la Polonia (C(2024) 2369 final).

51. Il presente contributo è aggiornato a maggio 2024. 

52. Si vedano i comunicati stampa della Commissione del 23 novembre 2023 e del 15 gennaio 2024, disponibili ai seguenti indirizzi: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_23_5991 e https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/mex_24_181.

53. Regolamento (UE) 2021/1060 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 giugno 2021, recante le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo per una transizione giusta, al Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura, e le regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo asilo, migrazione e integrazione, al Fondo Sicurezza interna e allo Strumento di sostegno finanziario per la gestione delle frontiere e la politica dei visti.

54. V. allegato III al regolamento (UE) 2021/1060.

55. V. allegato IV al regolamento (UE) 2021/1060.

56. Regolamento (UE) 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio.

57. Art. 15, par. 6, regolamento (UE) 2021/1060.

58. Allegato III: Condizioni abilitanti orizzontali – art. 15, par. 1.

59. Ibid.

60. La Commissione potrà quindi rimborsare gli investimenti polacchi nell’ambito dei programmi di finanziamento 2021-2027 della politica di coesione, degli affari marittimi e della pesca, il cui totale ammonta a circa 76,5 miliardi di euro. Vds. il comunicato stampa della Commissione del 29 febbraio 2024, disponibile al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_24_1222.

61. Ai sensi dell’art. 47 Carta, «Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia».

62. Vds., ad esempio, la decisione di esecuzione della Commissione del 22 dicembre 2022, che approva il programma Digital Renewal Operational Programme Plus per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo Plus nell’ambito dell’obiettivo «Investimenti a favore dell’occupazione e della crescita in Ungheria», C(2022) 10007 final, considerando 10-18 e art. 3, par. 2.

63. Per quanto riguarda la libertà accademica, tutelata all’art. 13 della Carta, questa rischia di non essere garantita in quegli istituti che, a seguito della legge ungherese IX del 2021, sono stati trasformati da università pubbliche in università private, ma gestite da trust di interesse pubblico. La Commissione ha ritenuto che in tali istituti sussista il rischio che i corsi e i progetti di ricerca siano influenzati politicamente, e che il personale venga selezionato in base al suo allineamento con le posizioni politiche della direzione universitaria. Tali violazioni della libertà accademica interessano gli obiettivi specifici di due programmi operativi nazionali, che fissano obiettivi di sviluppo nel campo dell’istruzione superiore. Vds., ad esempio, la decisione di esecuzione C(2022) 10007 final, considerando 9 e art. 3, par. 2.

64. La Commissione europea ha rilevato che il diritto di asilo, garantito all’art. 18 della Carta, e il principio di non respingimento, previsto all’art. 19 della Carta, non siano rispettati in Ungheria a causa di sistemiche irregolarità e carenze del sistema di asilo, documentate anche da diverse sentenze della Corte di giustizia dell’Ue. Tali violazioni interessano gli obiettivi specifici del programma operativo finanziato dal Fondo asilo migrazione e integrazione (AMIF) – vds. la decisione di esecuzione della Commissione del 22 dicembre 2022, che approva il programma per il sostegno del Fondo asilo, migrazione e integrazione per il periodo 2021-2027 (C(2022) 10022 final).

65. Secondo la Commissione europea, la legge ungherese «sulla protezione dei minori dalla pedofilia» (LXXIX del 2021) viola i diritti della dignità umana, del rispetto della vita privata e familiare, della libertà di pensiero e di coscienza e di non discriminazione delle persone appartenenti a minoranze sessuali, in quanto vieta la rappresentazione, per i minori di 18 anni, delle deviazioni dall’identità personale corrispondente a quella assegnata alla nascita, del cambiamento di sesso o dell’omosessualità. Pertanto, la Commissione ritiene che violazioni dei diritti delle persone LGBTQ+ abbiano un impatto concreto e diretto sul rispetto della Carta nell’attuazione di tre programmi operativi che stabiliscono obiettivi per lo sviluppo dell’istruzione pubblica. Vds. in merito la decisione di esecuzione della Commissione del 22 dicembre 2022, che approva il programma Economic Development and Innovation Operational Programme Plus per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo Plus nell’ambito dell’obiettivo «Investimenti a favore dell’occupazione e della crescita in Ungheria», C(2022) 10009 final, considerando 6-7 e art. 3, par. 2. Tra l’altro, nel luglio 2021 la Commissione ha anche avviato una procedura di infrazione, attualmente pendente davanti alla Corte di giustizia, nei confronti dell’Ungheria relativamente alla legge in questione (causa C-769/22). 

66. L’Ungheria può quindi chiedere il rimborso delle spese sostenute nell’ambito dei programmi operativi relativi a tali fondi di coesione, ferma restando la possibilità della Commissione di non rimborsarli qualora, in un momento futuro, le condizioni orizzontali abilitanti relative all’art. 47 Carta siano nuovamente insoddisfatte. Vds. il comunicato stampa della Commissione del 13 dicembre 2023, disponibile al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_23_6465.

67. Conclusioni del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2023, n. EUCO 20/23.

68. E. Farkas e A. Kádár, Trick and Treat?: Hungary’s Game of Non-Compliance, in Verfassungsblog.de, 12 dicembre 2023 (https://verfassungsblog.de/trick-and-treat/); A. Kovács, Taking Revenge for Dissent: Hungary’s Chief Justice to Fully Eliminate Judicial Autonomy, ivi, 13 dicembre 2023 (https://verfassungsblog.de/taking-revenge-for-dissent/).

69. Cgue, parere 2/13, cit. (nota 3), punto 176.

70. A seguito della sentenza Associazione sindacale dei giudici portoghesi, la Corte di giustizia ha proseguito la propria azione interpretativa, soprattutto per quanto riguarda i criteri relativi al requisito di indipendenza della magistratura di cui agli artt. 19, par. 1, TUE e 47 Carta. Per quanto riguarda le pronunce originate da un rinvio pregiudiziale si vedano, inter alia, le sentenze Cgue: 25 luglio 2018, C-216/18, LM (EU:C:2018:586); 19 novembre 2019, cause riunite C-585/18, C-624/18 e C-625/18, A.K. e altri (EU:C:2019:982); 26 marzo 2020, C-558/18, Miasto Łowicz (EU:C:2020:234); 2 marzo 2021, C-824/18, A.B. e altri (EU:C:2021:153); C-355/19, Asociaţia ‘Forumul Judecătorilor din România’ e altri, 18 maggio 2021 (EU:C:2021:39); 20 aprile 2021, C896/19, Repubblika (EU:C:2021:311); 6 ottobre 2021, C-487/19, W.Ż. (EU:C:2021:798); 29 marzo 2022, C-132/20, Getin Noble Bank (EU:C:2022:235). Per una panoramica di tale giurisprudenza vds. L. Pech e D. Kochenov, Respect for the Rule of Law in the Case Law of the European Court of Justice: A Casebook Overview of Key Judgments since the Portuguese Judges Case, in SIEPS, n. 3/2021 (www.sieps.se/globalassets/publikationer/2021/sieps-2021_3-eng-web.pdf).

71. A. Baraggia, Potestas v. Potentia: l’utilizzo della condizionalità in ordinamenti compositi, in DPCE online, speciale 2021, pp. 1333-1354 (www.dpceonline.it/index.php/dpceonline/article/view/1525/1505).

72. Ricorsi presentati il 28 agosto 2022: T-530/22, Medel c. Consiglio; T-531/22, International association of judges c. Consiglio; T-532/22, Association of European Administrative Judges c. Consiglio, e T-533/22, Rechters voor Rechters c. Consiglio; ricorso presentato il 27 febbraio 2023, T-116/23, Medel c. Commissione.

73. Causa pendente C-225/24, Parlamento c. Commissione