Magistratura democratica

La Procura europea nel quadro della tutela dello Stato di diritto

di Gaetano Ruta

Organismo ibrido e articolato su due livelli (sovranazionale e statale), posto a tutela degli interessi finanziari dell’Unione nell’ambito del diritto penale, la Procura europea è informata ai principi che fondano Stato di diritto – diritti fondamentali della persona, giusto processo, imparzialità... La funzione specifica di perseguire le frodi transfrontaliere risulta assistita dallo spirito di collegialità e dalla ricerca di uniformità applicativa che stanno alla base della sua concezione, con l’Europa al centro: lo testimoniano (oltre alla recente adesione della Polonia) un’attività in crescita, il coordinamento delle indagini cross-border e il potenziale allargamento del suo campo d’azione, nell’affermazione della vocazione unitaria che le è propria.

Parlare di Stato di diritto a partire dall’angolo visuale di una istituzione come la Procura europea rappresenta uno stimolo importante.

Si tratta di un’istituzione giovane, entrata in funzione da appena tre anni, anche se preceduta da una fase di incubazione complessa, che testimonia delle difficoltà e tensioni che ne hanno anticipato la costituzione. Il ricorso alla cooperazione rafforzata, con l’originaria adesione di 22 Stati membri, è indice di una partecipazione significativa, ma anche dell’impossibilità di raggiungere l’unanimità. 

Alla base di essa vi è la volontà di assicurare una tutela effettiva agli interessi finanziari dell’Unione europea, sul piano non più solo del controllo amministrativo e contabile, ma anche sul più incisivo livello del diritto penale, in attuazione di quanto previsto dall’art. 86 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. 

L’area degli illeciti di attribuzione della Procura europea è infatti disciplinata dalla direttiva UE 2017/1371 (cd. “direttiva Pif”), avente ad oggetto violazioni degli interessi finanziari dell’Unione, che vanno a incidere tanto sulle entrate quanto sulla spesa.

Lo spostamento del piano di tutela al livello del diritto penale, anche se con un’area circoscritta di illeciti, costituisce un importante banco di prova per la regolamentazione a livello europeo di uno snodo delicatissimo, quale è il funzionamento di un organismo che opera nel settore della giurisdizione penale. 

La Procura europea è una istituzione ibrida, da un lato sovranazionale, con un ufficio centrale che ha sede in Lussemburgo (ove operano il procuratore europeo, i procuratori in rappresentanza degli Stati membri, lo staff amministrativo), dall’altro radicata e operante nel territorio dei singoli Stati membri, attraverso la presenza dei procuratori europei delegati. Ciò si riflette sul piano della regolamentazione normativa, articolata su più livelli, che espongono l’attività di questo organismo a una complessa stratificazione di disposizioni. Come sempre nell’ambito del diritto dell’Ue, trovano applicazione anche rispetto alla disciplina della Procura europea i principi di sussidiarietà e complementarietà: questo organismo è stato istituito con il regolamento UE 1939/2017, che ne definisce struttura ordinamentale, organizzativa e funzionale; secondo le regole generali, il regolamento si pone su un livello di prevalenza nella gerarchia delle fonti rispetto al diritto interno: resta infatti fermo che «il diritto nazionale si applica agli aspetti non disciplinati dal presente regolamento. Salvo disposizione contraria del presente regolamento, il diritto nazionale applicabile è il diritto dello Stato membro il cui procuratore europeo delegato è incaricato del caso» (art. 5, comma 3). 

Al fine di comprendere la fisionomia della Procura europea e le regole che ne informano l’agire, assumono particolare rilievo alcune delle norme del regolamento istitutivo:

i) il principio di imparzialità, che si declina sul piano processuale nell’obbligo di raccogliere «tutte le prove pertinenti, sia a carico che a discarico» (art. 5, comma 4);

ii) l’obbligo di osservare i diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e di svolgere tutte le attività nel rispetto dei principi dello Stato di diritto e di proporzionalità (art. 5, commi 1 e 2);

iii) la garanzia di indipendenza, cui è correlato l’obbligo di rendere conto. La Procura europea agisce nell’interesse esclusivo dell’Unione europea, non deve subire l’interferenza di alcun organismo esterno (art. 6, comma 1), ma «risponde al Parlamento Europeo, al Consiglio e alla Commissione Europea delle sue attività generali e presenta relazioni annuali in conformità dell’art. 7» (art. 6, comma 2).

Alla base di questa istituzione vi è dunque un forte richiamo al rispetto dei principi fondativi sullo Stato di diritto, che in un settore quale quello della giurisdizione penale investe da un lato la tutela della persona, dall’altro le garanzie di indipendenza e imparzialità dell’organismo in sé e di chi è chiamato a operare all’interno di esso.

Vi sono anche delle interessanti ricadute organizzative: l’assetto interno della Procura europea è informato a uno spiccato spirito di collegialità.

Al Collegio dei procuratori, composto dal procuratore capo europeo e da un procuratore europeo per Stato membro, è affidata la supervisione sull’attività dell’ufficio e la predisposizione di un regolamento interno, una forma di normazione secondaria funzionale alla disciplina del concreto svolgimento delle attività dell’ufficio (art. 9 reg. UE 1939/2017).

Alle Camere permanenti, ciascuna composta da tre procuratori europei, è affidata la vigilanza sullo svolgimento delle indagini condotte dal procuratore delegato che opera nel territorio nazionale e, su proposta di questi, l’assunzione delle determinazioni finali in ordine all’esercizio dell’azione penale (art. 10 reg. UE 1939/2017).

La collegialità esprime così una istanza di condivisione delle decisioni e il ripudio di una concezione della funzione requirente individualistica e autoreferenziale, tanto nella fase della definizione delle linee programmatiche e organizzative, quanto in quella delle più rilevanti scelte processuali. Si mira così ad assicurare, nel contesto ancora frastagliato della giurisdizione penale, una per quanto possibile uniformità nell’applicazione della legge. 

Sembra accrescersi la consapevolezza dell’importanza di un organismo di controllo che opera a livello transnazionale, come ufficio unitario: “one single office” è lo slogan che viene ricorrentemente evocato da chi riveste funzioni apicali. Non è pura retorica. Lo stimolo maggiore che viene impresso al lavoro dei magistrati che operano negli Stati membri come procuratori delegati è quello sulle indagini transfrontaliere (art. 31 reg. UE 1939/2017): vi è certamente una necessità che attiene alla completezza delle indagini preliminari, in un contesto in cui la criminalità opera in più di uno Stato e la raccolta delle prove anche in altre giurisdizioni si rivela spesso essenziale; ma sotteso a tale necessità è anche l’impulso a un’impronta istituzionale omogenea, al centro della quale vi è l’Europa e non i singoli Stati membri. Non è un caso che il primo procedimento instaurato dinanzi alla Corte di giustizia rispetto alle norme che regolamentano la Procura europea abbia riguardato proprio il regime normativo sulle indagini transfrontaliere, nella specie il meccanismo dei controlli giurisdizionali che ne è alla base: la decisione della Corte di giustizia, sia pure nella complessità delle argomentazioni, è ispirata a una forte riaffermazione del principio del mutual trust e al ripudio di un sistema di duplicazione dei controlli giurisdizionali (Corte di giustizia, sentenza nel procedimento 281/2022). 

Il bilancio dell’attività di questo Ufficio al dicembre 2023 dà atto di un’attività crescente in modo esponenziale. Il numero dei procuratori europei delegati è aumentato in diversi Paesi membri.

Una delle prime iniziative del nuovo Governo polacco, insediatosi dopo le elezioni che si sono tenute nell’ottobre 2023 con la vittoria di una maggioranza liberale ed europeista, è stata quella di aderire al meccanismo di cooperazione rafforzata per entrare a far parte della Procura europea. L’ingresso dei colleghi polacchi è previsto nel corso del 2024.

Sul piano istituzionale, poi, anche in base al disposto dell’art. 86 TFUE che all’ultimo comma contempla la possibilità di un allargamento delle competenze per «la lotta contro la criminalità grave, che presenta una dimensione transnazionale», è prevedibile in futuro un ampliamento della sfera di azione della Procura europea.

Questo organismo si sta rivelando un esperimento istituzionale molto significativo per lo sviluppo dell’Unione europea: nel suo concreto operare mira a un’armonizzazione del sistema giuridico che passa, prima ancora che attraverso la concreta applicazione delle norme, attraverso il lavoro in comune. Questa è la qualità che si attende da indagini preliminari condotte bene, a livello europeo.

Viene in mente un’immagine culturale che ha segnato una pagina importante della filosofia, quella della civetta e della talpa: «quale è il rapporto tra la civetta della filosofia, che interpreta in maniera vigile e cosciente le modificazioni prodotte dall’epoca, e la talpa dello Spirito, che trasforma e scalza inconsciamente le fondamenta dell’epoca stessa mediante un lavorio cieco ma istintivamente rivolto a un fine sconosciuto ai contemporanei?»[1].

Nel quadro a tinte fosche che soffoca il mondo esistono spinte che sembrano procedere in controtendenza. Non sappiamo dove ci porteranno, quali tra esse prevarrà. Ma la Procura europea, con la sua vocazione verso l’unità e il rispetto dei diritti, è un tassello che induce a osservare il futuro in modo meno cupo e sprona ad andare avanti con maggiore fiducia. 

 

 

1. Così Remo Bodei, La civetta e la talpa. Sistema ed epoca in Hegel, Il Mulino, Bologna, 2014, p. 10.