Magistratura democratica

Democrazia e rule of law in Europa. Criticità e sfide aperte alla vigilia delle elezioni per il Parlamento europeo

di Mariarosaria Guglielmi

1. Premessa / 2. L’inarrestabile processo di regressione dello Stato di diritto in Europa / 3. Le nuove forme della crisi dello Stato di diritto

 

1. Premessa 

Con il seminario di Firenze si apre il ciclo di conferenze che MEDEL ha programmato in vista delle ormai imminenti elezioni europee: un evento che segna la fine di una stagione difficile, ma che ci consegna – al tempo stesso – sfide ancora più complesse per il futuro dell’Europa e dell’Unione europea. 

Lo scenario nel quale da anni ci confrontiamo con il processo di regressione democratica e di grave arretramento dello Stato di diritto è oggi, di nuovo, drammaticamente, e come mai avremmo potuto immaginare, uno scenario di guerre devastanti, di violenta rottura della legalità internazionale, di crimini contro l’umanità. 

La nostra riflessione ci aiuterà oggi a mettere a fuoco le contraddizioni, i nodi irrisolti che ereditiamo dalla stagione che si chiude e che rappresentano una grave ipoteca sul futuro della democrazia europea. Ma proveremo anche a tracciare le prospettive per una via di uscita dalla crisi che ha portato prove sempre più evidenti in questi anni del rischio attuale per la tenuta non solo dell’ordinamento dell’Unione europea, ma anche del sistema di valori fondato sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. 

Una crisi che ha visto l’Europa e l’Unione europea imboccare un percorso di pericoloso allontanamento dalle promesse, dai principi e dagli impegni scritti nelle nostre Carte fondamentali.

 

2. L’inarrestabile processo di regressione dello Stato di diritto in Europa

Guardando, dall’osservatorio di MEDEL, al ruolo della giurisdizione quale componente chiave dello Stato di diritto democratico e attore del processo di integrazione costruito sulla promozione dei diritti e dei valori posti a fondamento dell’Unione,  abbiamo colto in questi anni, e spesso in una fase molto iniziale, i segnali di arretramento della democrazia in Europa, e di avvio dei processi – anche silenziosi – che hanno prodotto lo svuotamento dall’interno delle sue istituzioni, la manipolazione delle sue regole, l’alterazione dei suoi equilibri essenziali. Processi spesso portati avanti in nome della volontà del popolo, che si è espressa nelle urne. 

E guardando alle situazioni di minaccia all’indipendenza dei sistemi giudiziari e ai contesti nei quali l’assetto che garantiva l’indipendenza della magistratura è stato spazzato via da riforme finalizzate a ridefinire gli equilibri istituzionali a vantaggio del potere esecutivo, dall’osservatorio di MEDEL è apparsa evidente la trama coerente che tiene insieme tutti i cambiamenti prodotti dall’avanzata del populismo e dal processo di autocratizzazione in corso in Europa: la presa di potere sui sistemi giudiziari è sempre parte di un progetto più ampio, che mira a trasformare il modello di società fondato sul principio di eguaglianza e di pari dignità delle persone, e a realizzare un nuovo ordine fondato sul superamento teorizzato, dichiarato e rivendicato, del carattere universale dei diritti fondamentali, e del patto solidarietà che è nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. È il progetto che intende svuotare la democrazia nella sua dimensione sostanziale con scelte regressive per i diritti civili e sociali, per la libertà di espressione e per quella accademica, per i diritti dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati, per la libertà di riunione e di associazione, per i diritti delle persone appartenenti alle minoranze.

Ciò che è apparso evidente è che il dissenso verso i valori della democrazia liberale – come insegnano le vicende della Polonia e dell’Ungheria – non è solo un dissenso per le sue regole, le sue procedure e le sue istituzioni. È un dissenso sull’idea stessa di democrazia come pluralismo, dialettica, diversità; sull’idea di partecipazione e di impegno collettivo, come espressione del diritto della società civile di difendere i diritti. Pensiamo agli attacchi che oggi subiscono le Ong attive nel soccorso umanitario in mare.

Occorre riflettere sull’efficacia della strategia e dei tanti strumenti messi in atto, a partire dal 2014, con il nuovo quadro di tutela dello Stato di diritto[1], per contrastare il processo di regressione nei Paesi membri. In questi anni, all’interno dell’Unione europea – comunità fondata, come dice l’art. 2 del Trattato Ue, sul «rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e dello Stato di diritto nonché del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze», valori comuni «agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini» – abbiamo osservato con preoccupazione sviluppi nei contesti nazionali che rischiano di minare alla base questa visione dell’Europa: 

- contesti dove permangono gravissime carenze sistemiche dello Stato di diritto, come la Bulgaria e la Romania, Paesi per i quali, tuttavia, è di recente intervenuta la chiusura formale del meccanismo di cooperazione e verifica, aperto dal 2007, per decisione della Commissione Europea, che ha invece ritenuto soddisfatte le obbligazioni poste con riferimento ai requisiti dello Stato di diritto; 

- Paesi investiti da quella che è stata definita l’«ondata di autocratizzazione» che ha contagiato l’Unione: 6 dei 27 Stati membri, secondo il rapporto annuale sulla democrazia del 2022 dell’Istituto “Varieties of Democracy” (V-DEM)[2], che nel report del 2024 ritorna sul processo di autocratizzazione che ha interessato da ultimo la Grecia[3], suscitando l’allarme del Parlamento europeo «per le gravissime minacce alla democrazia, allo Stato di diritto e ai diritti fondamentali» e l’invito alla Commissione europea ad avvalersi degli strumenti disponibili per affrontare le violazioni dei valori sanciti dall’art. 2 TUE, nella recente risoluzione del 7 febbraio 2024 sullo «Stato di diritto e libertà dei media in Grecia»[4];

- Paesi membri come la Polonia e l’Ungheria, dove la demolizione e lo svuotamento dall’interno dello Stato di diritto si è accompagnata a una sfida aperta all’insieme di valori alla base dell’Unione e alla tenuta del loro sistema di tutela, fondato sulla giurisdizione delle Corti europee e sul ruolo che i giudici nazionali svolgono quali giudici europei, parte essenziale di tale sistema di tutela sovranazionale[5].

Il processo di demolizione dello Stato di diritto in Polonia si è realizzato anche attraverso la manipolazione dall’interno delle istituzioni di garanzia e del sistema giudiziario, con tribunali che non garantivano più il giusto processo e composti in palese violazione del principio del giudice precostituito per legge[6]. Un processo che ha portato la Corte costituzionale polacca, “catturata” dal potere politico, considerata essa stessa dalla Corte di Strasburgo come istituita in violazione dell’articolo 6 della Convenzione, a creare un cortocircuito istituzionale, sfidando la Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel dichiarare non vincolanti e “incostituzionali” le sue norme[7].

L’esperienza della Polonia ha significato aprire «legal black holes» nella mappa giudiziaria dell’Europa, con il chiaro rischio delineato dall’Avvocato generale della Corte di giustizia, Michal Bobek: «in un sistema come quello dell’Unione europea, in cui il diritto è il principale veicolo per realizzare l’integrazione, l’esistenza di un sistema giudiziario indipendente (sia a livello centrale che nazionale), in grado di garantire la corretta applicazione di tale diritto, è di fondamentale importanza. Semplicemente, senza un sistema giudiziario indipendente non esisterebbe più un vero sistema giuridico. Se non c’è “legge”, difficilmente ci potrà essere più integrazione. L’aspirazione a creare “un’unione sempre più stretta tra i popoli europei” è destinata a crollare se sulla mappa giudiziaria dell’Europa iniziano a comparire buchi giuridici neri»[8].

E se l’Ungheria è l’esempio del fallimento dei sistemi di tutela dello Stato di diritto di cui l’Unione si è dotata, anche per la mancanza di una tempestiva reazione della Commissione europea e l’assenza di interventi capaci di fermare per tempo il processo di regressione democratica, malgrado le ripetute richieste, già nel 2013, del Parlamento europeo di prendere più seriamente il processo di autocratizzazione, la Polonia rappresenta la storia di una deriva che – nonostante l’attivazione delle procedure previste dal nuovo quadro di tutela dello Stato di diritto, l’atteggiamento più deciso della Commissione europea, le numerose pronunce delle Corti europee – non si è fermata. Certo, hanno contribuito a questo risultato anche le incertezze e le gravi contraddizioni in questa strategia di risposta: pensiamo solo alla decisione, da ultimo, della Commissione europea di concedere alla Polonia l’accesso ai fondi per la ripresa e la resilienza, sulla base di milestones non all’altezza di quanto richiesto per garantire un’efficace protezione dell’indipendenza dei giudici e della magistratura, e non in linea con le sentenze della Cgue in materia, al punto da determinare il ricorso alla Corte di giustizia per l’annullamento della decisione da parte delle maggiori associazioni giudiziarie europee, fra cui MEDEL[9].

Tuttavia, come è stato efficacemente osservato, il Governo polacco, sempre perdendo, ha di fatto vinto. E l’inversione del processo di regressione sul piano delle riforme della giustizia per ripristinare le condizioni di conformità alle pronunce delle Corti è iniziata solo con il nuovo Governo, dopo le elezioni dello scorso anno.

 

3. Le nuove forme della crisi dello Stato di diritto

Occorre dunque riflettere anche sulle ragioni delle vittorie dello Stato di diritto che non hanno portato all’arresto del processo di regressione, e sul potenziamento degli strumenti di protezione dei valori comuni dell’Unione. E occorre riflettere – e questo è un punto centrale della riflessione che MEDEL vuole promuovere – su cosa oggi voglia dire “rispetto dello Stato di diritto” e dei valori comuni in presenza di politiche europee e nazionali che descrivono quella che è stata definita come una tendenza più ampia nell’Unione europea, secondo la quale tutti gli Stati membri – e non solo quelli contaminati o interessati da processi di conclamata regressione democratica – si pongono in contrasto apertamente con il diritto dell’Unione e gli standard di tutela dei diritti fondamentali[10]. Le politiche su immigrazione e diritto di asilo – come dimostra l’esperienza del nostro Paese – sono il terreno dove questa nuova tendenza più chiaramente si è manifestata, e l’approssimarsi delle elezioni ha fatto anche da acceleratore, non solo attraverso leggi apertamente in contrasto con i valori fondamentali che sono alla base della nostra democrazia, ma anche in quella che è stata descritta come una «legislazione che legalizza ciò che legale non è».

Si può citare non solo l’esempio dei “memorandum d’intesa”, accordi di riammissione, politiche di esternalizzazione delle frontiere, e di “finzioni giuridiche” come quelle che nel Regno Unito sono alla base della definizione di «Paese terzo sicuro» (Safety of Rwanda Bill) dove trasferire i migranti, superando con una affermazione “per legge” la decisione di segno contrario dei giudici. Ma è una tendenza fatta anche di “prassi” praticate nell’Unione, di palese inosservanza degli standard minimi di tutela dei diritti fondamentali delle persone migranti[11].

E le gravi e gravissime preoccupazioni, già da più parti espresse, sulle ricadute che esso avrà sulla tutela dei diritti dei migranti, confermano che non sarà il nuovo patto europeo sul diritto di asilo a invertire questo percorso.

La seconda conferenza di MEDEL sarà dedicata alle politiche migratorie e alla tutela dei diritti fondamentali dei migranti. Nella visione di MEDEL – costituita nel 1985 per promuovere l’integrazione europea fondata sulla democrazia e i diritti – la migrazione è la sfida decisiva per l’Europa e per la democrazia e, oggi, questa sfida è l’ipoteca sul futuro di entrambe: la loro sopravvivenza è legata alla capacità dell’Europa e della democrazia di confrontarsi con un fenomeno che sta ridisegnando l’ordine mondiale; di cambiare radicalmente le politiche nazionali ed europee e la narrazione stessa di questo fenomeno; di mettere in primo piano, nella gestione dell’emergenza umanitaria nei nostri mari e ai confini dell’Unione e nella costruzione di un sistema di accoglienza, la tutela dei diritti fondamentali delle persone. 

Questo è il percorso obbligato, quello che segue la «trama dei diritti», come scriveva Stefano Rodotà, che l’Unione deve intraprendere per la sua rifondazione in senso democratico, per il suo futuro e per la sua stessa sopravvivenza.

 

 

1. https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:caa88841-aa1e-11e3-86f9-01aa75ed71a1.0006.01/DOC_1&format=PDF.

2. https://v-dem.net/documents/19/dr_2022_ipyOpLP.pdf. Il report sottolineava che il livello di democrazia di cui gode il cittadino medio mondiale nel 2021 era sceso ai livelli del 1989, che gli ultimi 30 anni di progressi democratici erano stati cancellati, e che tra i Paesi maggiormente autocratizzati nell’ultimo decennio, tutti erano democrazie dieci anni prima, solo tre potevano considerarsi tali ancora al 2021, mentre gli altri sette erano tornati all’autocrazia. Un’evoluzione, questa, che conferma i risultati dell’analisi di tutti gli episodi di autocratizzazione che hanno avuto inizio nelle democrazie dell’ultimo secolo, che ha rilevato che quasi l’80% degli episodi di autocratizzazione portano al collasso della democrazia. Nel documento, si legge: «L’autocratizzazione molto raramente si ferma all’autocrazia (…); i partiti anti-pluralisti sono alla base dell’autocratizzazione in almeno sei dei top autocratizers: Brasile, Ungheria, India, Polonia, Serbia e Turchia. I partiti anti-pluralisti e i loro leader non si impegnano nel processo democratico, non rispettano i diritti fondamentali delle minoranze, incoraggiano la demonizzazione degli avversari politici e accettano la violenza politica. Questi partiti al governo tendono a essere nazionalisti-reazionari e hanno usato il potere del governo per portare avanti programmi autocratici. In Polonia, ad esempio, il partito al potere ha aumentato il controllo del Governo sul sistema giudiziario e sui media. In Ungheria, il primo ministro Orbán ha usato il suo controllo sui media per diffamare esponenti della società civile e i media indipendenti in vista delle elezioni generali del 2022».

3. https://v-dem.net/documents/44/v-dem_dr2024_highres.pdf – «La Grecia rimane una democrazia, ma non si qualifica più come democrazia liberale al finire del 2023».

4. www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2024-0069_IT.html.
Le preoccupazioni espresse dal Parlamento europeo per la Grecia riguardano un ampio spettro di questioni centrali per la democrazia: in particolare, il pluralismo dei media e la sicurezza dei giornalisti, e l’indipendenza dell’autorità nazionale di regolamentazione del settore audiovisivo; la strumentalizzazione delle “minacce alla sicurezza nazionale” per intercettare gli oppositori politici, compresi gli eurodeputati; la violenza della polizia, e la scarsa qualità delle indagini successive a tali episodi; il trattamento riservato ai migranti e i respingimenti sistematici, gli attacchi alla società civile, le campagne diffamatorie e le iniziative giudiziarie contro gli attivisti per i diritti umani.

5. Uno degli strumenti principali utilizzati dal Governo polacco per cercare di disarticolare questo sistema è stata la riforma approvata nel 2019 (cd. “muzzle law”), che ha introdotto misure per consentire di sanzionare disciplinarmente i giudici per gli interventi critici sulle riforme e quelli chiamati a verificare il rispetto dei requisiti essenziali per la tutela giurisdizionale effettiva, sanciti dal diritto dell’Unione, e a far valere il suo primato, attraverso il meccanismo del rinvio pregiudiziale. Attraverso l’uso di questo strumento da parte dei giudici indipendenti polacchi, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha potuto pronunciarsi sugli aspetti di incompatibilità della legge nazionale con il diritto dell’Ue. 

6. La manipolazione dall’interno del sistema giudiziario in Polonia è stata attuata con una strategia senza precedenti, di cui fanno parte le procedure irregolari deliberatamente organizzate dall’esecutivo per istituire tribunali e giudici solo apparentemente stabiliti dalla legge e innestare nell’ordinamento giudiziario del Paese quelli che sono stati definiti «masquerading tribunals» o nuove «star chambers» (Laurent Pech). A partire dal 2019, le Corti europee hanno ripetutamente evidenziato, con riferimento a queste operazioni di manipolazione, la violazione in Polonia dell’articolo 6 della Cedu. 

7. Il Rapporto, pubblicato il 9 novembre 2022 dal Segretario generale del Consiglio d’Europa, sulle conseguenze delle decisioni della Corte costituzionale polacca sull’incostituzionalità dell’art. 6 Cedu, ha sottolineato che l’obbligo della Polonia di garantire a tutti coloro che sono sotto la sua giurisdizione il godimento del diritto a un processo equo, da parte di un tribunale indipendente e imparziale istituito dalla legge, non è stato rispettato (https://rm.coe.int/report-by-the-secretary-general-under-article-52-of-the-european-convention/1680a8eb59).

8. https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=241483&pageIndex=0&doclang=EN&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=4907917.

9. https://medelnet.eu/rule-of-law-lawsuit-against-the-polish-recovery-and-resilience-plan/; 
https://medelnet.eu/four-european-organisations-of-judges-sue-eu-council-for-disregarding-eu-courts-judgements-on-decision-to-unblock-funds-to-poland/.

10. L. Pech, The Future of the Rule of Law in the EU, in Verfassungsblog, 14 dicembre 2023 (https://verfassungsblog.de/the-future-of-the-rule-of-law-in-the-eu/).

11. Sulla sistematica mancata esecuzione in Belgio dei provvedimenti giudiziali che riguardano i richiedenti asilo, vds. S. Ganty ed E. Sevrin, Rule of Law Abnegated. The Illusion of Asylum Seekers’Rights in Belgium, in Verfassungsblog, 17 gennaio 2024 (https://verfassungsblog.de/rule-of-law-abnegated/).