Magistratura democratica
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Ancora sullo sciopero generale del 17 novembre

di Elena Poli
avvocata in Torino

Note sui provvedimenti del Governo e della Commissione di Garanzia per l’Attuazione della Legge sullo Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali: preoccupazione della salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati in contemperamento con la salvaguardia del diritto di sciopero, assistito da pari tutela costituzionale, oppure intento di contrastare le iniziative di lotta dei lavoratori e delle loro OOSS?

E’ ancora in atto la vicenda che ha visto gli interventi congiunti della Commissione di Garanzia per l’Attuazione della Legge sullo Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali e del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, entrambi e di concerto diretti ad imporre alle Confederazioni Sindacali CGIL e UIL la riduzione della durata delle astensioni conseguenti alla proclamazione dello Sciopero Generale indetto per il 17 novembre scorso. 

Conviene, per valutare il fondamento e gli effetti di tali interventi, riassumerne gli arresti.

In data 27 ottobre le Confederazioni CGIL e UIL Nazionali comunicavano alla Commissione di Garanzia ed a tutti i soggetti interessati l’indizione di uno sciopero generale nazionale, che avrebbe coinvolto anche tutti i settori pubblici e privati tenuti al rispetto della Legge n. 146/90 di regolamentazione dell’esercizio del diritto di sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali[1] con astensione dal lavoro per l’intera giornata.

Espressamente le Confederazioni dichiaravano che la mobilitazione aveva il fine di ottenere il cambiamento della proposta di Legge di Bilancio in via di approvazione e delle politiche economiche e sociali adottate dal Governo nonché a sostegno delle piattaforme sindacali unitarie presentate (e mai prese in considerazione) per ottenere provvedimenti in materia di lavoro, politiche industriali, fisco, previdenza, pensioni, istruzione e sanità finalizzati alla riduzione delle disuguaglianze ed al rilancio della crescita economica del paese.

Da tale astensione venivano espressamente esclusi alcuni settori i cui lavoratori, come anticipato nei comunicati stampa sindacali diffusi sin dal 26 ottobre 2023 e secondo le proclamazioni di sciopero corredate da identiche motivazioni inviate alla stessa Commissione ed agli altri soggetti interessati nei giorni immediatamente successivi, avrebbero scioperato, a seconda delle Regioni di appartenenza, alcuni nella stessa giornata del 17 novembre, e altri nelle giornate successive del 24 novembre e del 1° dicembre.

Con delibera assunta in data 8 novembre, la Commissione indicava alle OOSS proclamanti due violazioni, a suo dire, della disciplina regolativa del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali: 1) il mancato rispetto delle regole della «rarefazione oggettiva» in violazione del rispetto dell’intervallo prescritto di 10 giorni dovuta alla presenza in calendario di altre agitazioni già proclamate da OOSS diverse in date vicine; 2) la violazione della «durata massima della prima azione di sciopero», differente a seconda dei settori e delle professioni (dalle 4 alle 12 ore).

Tali violazioni venivano segnalate sul presupposto che lo sciopero indetto per il 17 novembre, in ragione della esclusione di alcuni settori, non potesse considerarsi «generale» e che allo stesso non potessero, quindi, applicarsi le normative di “miglior favore” previste dalla stessa Commissione nella precedente delibera n. 134/2003. 

Tale delibera, infatti, era stata adottata all’espresso fine di modificare la regolamentazione delle modalità di esercizio del diritto di sciopero, come prevista dalla legge e dai contratti o dai regolamenti provvisori emanati dalla stessa Commissione, alleggerendone le prescrizioni allo scopo di renderla compatibile con il diritto allo sciopero «generale» - da sempre considerato legittimo-, e tale da non renderne impossibile l’esercizio. Ad esempio, e per quanto qui interessa, la delibera (i) da un lato escludeva, in caso di sciopero generale, l’obbligo di osservare i limiti massimi di durata della prima astensione dal lavoro previsti in misura differente dalle normative contrattuali o amministrative di settore e (ii) dall’altro rendeva meno stringente l’obbligo di osservare tra due o più scioperi riguardanti lo stesso servizio e lo stesso bacino di utenza  l’intervallo di tempo prescritto in misura differente settore per settore. A tal fine la delibera demandava alla Commissione la valutazione caso per caso della effettiva sussistenza e dell’entità dell’eventuale danno apportato da tale omissione al “contenuto essenziale” dei diritti della persona costituzionalmente garantiti oggetto di tutela in contemperamento con quella del diritto di sciopero altrettanto costituzionalmente garantito (c.d. garanzia della «rarefazione oggettiva»). Allo stesso fine la delibera determinava tale lasso di tempo in misura uniforme per tutti i settori (10 giorni).

A parere della Commissione, lo sciopero proclamato per il 17 novembre, in ragione del coinvolgimento non totale delle categorie del lavoro pubblico e privato dovuta alle sopra citate esclusioni, avrebbe invece dovuto considerarsi «intersettoriale» ed allo stesso avrebbe dovuto applicarsi la disciplina prevista per ciascun settore così come integrata dalla successiva delibera n..619 del 2009, che aveva esteso le disposizioni della precedente delibera n 134/2003 anche agli scioperi coinvolgenti soltanto una pluralità di settori o diverse categorie di lavoratori con riferimento ad ambiti territoriali limitati, ma soltanto con riferimento alle disposizione attuative del principio della «rarefazione oggettiva» e non a quelle relative all’esonero dai limiti della durata massima della prima azione di sciopero, previsti in misura differente dalle discipline relative ai diversi settori. 

Su tali presupposti, di conseguenza, la Commissione prescriveva alle Confederazioni proclamanti di: (i) «escludere dallo sciopero nazionale i settori del Trasporto Aereo e dell’Igiene Ambientale» e «rimodulare l’orario dell’astensione per il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco nell’arco temporale 9-13…» (a sanatoria della pretesa e contestata violazione del principio della «rarefazione oggettiva») e (ii) «con riferimento ai settori Trasporto Ferroviario, Trasporto Pubblico Locale, Trasporto Merci su Rotaia, Circolazione e Sicurezza Stradale e Elicotteri, (di) ridurre la durata dell’astensione nei limiti consentiti dalle relative discipline…».

Contestualmente  il Ministro dei Trasporti, Salvini, avviava sui media e sugli organi di stampa  una pesante offensiva nei confronti delle Confederazioni e con particolare riferimento al segretario della CGIL, Landini, sostenendo non solo l’inutilità dell’azione di lotta, oltre che la pretestuosità delle sue motivazioni, ma anche la pretesa strumentalità della scelta del giorno di venerdì, che dichiarava avrebbe svelato l’effettivo intento di usufruire di una sosta di fine settimana “prolungata”.

A seguito dell’audizione tenutasi il 13 novembre avanti alla Commissione di Garanzia, la quale nell’occasione confermava il suo precedente provvedimento e le sue motivazioni, le Confederazioni Sindacali, pur pubblicamente contestandone il fondamento e ribadendo il carattere generale dello sciopero indetto per il 17 novembre, esentavano dallo sciopero stesso l’intero comparto del trasporto aereo e riducevano a 4 ore l’astensione dal lavoro prevista per i Vigili del Fuoco, così sanando l’indicata pretesa violazione delle disposizioni relative al rispetto dell’intervallo di 10 giorni tra lo sciopero generale del 17 novembre e quelli già indetti per gli stessi settori e per gli stessi bacini di utenza da altre OOSS.

Le OOSS tuttavia confermavano per il resto le modalità dello sciopero già previste con particolare riguardo a tutti gli altri settori del comparto dei Trasporti per i quali mantenevano la durata in origine stabilita, così espressamente assumendosi il rischio di sottostare alle sanzioni previste per la violazione delle disposizioni impartite dalla Commissione di Garanzia ai sensi dell’art. 4, commi 2 e 4 ter, della L. n.146/1990: (i) la sospensione per due mesi dalle trattative e (ii) la sospensione dei permessi sindacali retribuiti e dei contributi sindacali trattenuti sulle retribuzioni dei lavoratori iscritti per un ammontare economico complessivo compreso tra un minimo di 5.000 €  ed un massimo di 100.000 €.

A fronte di tale presa di posizione entrava in campo il Ministro delle Infrastrutture, adottando un inedito provvedimento di precettazione con il quale disponeva la riduzione a 4 ore - dalle 9 alle 13 - della durata degli scioperi per i lavoratori dei settori del trasporto ferroviario, del trasporto pubblico locale, del trasporto marittimo, del trasporto merci su rotaia.

All’espresso solo fine di evitare ai lavoratori le sanzioni amministrative (pari ad una somma determinata tra un minimo di € 500 ed un massimo di € 1.000) nelle quali sarebbero altrimenti incorsi ai sensi dell’art. 9 della L. n. 146/1990, la CGIL e la UIL dichiaravano di adeguare la durata degli scioperi nei settori di cui sopra a quella stabilita dal provvedimento del Ministro (del quale comunque riservavano impugnazione davanti al TAR).

A fronte dei fatti così come sopra riassunti la prima questione che si pone consiste nel valutare la ricorrenza nella fattispecie delle caratteristiche dello «sciopero generale» negata dalla Commissione.

Appare assai arduo sostenere che la mobilitazione indetta per il 17 novembre non avesse le caratteristiche dello sciopero generale. 

Lo sciopero del 17 novembre, infatti, come risulta dalla proclamazione del 27 ottobre, era destinato a coinvolgere su tutto il territorio nazionale la pressoché totalità dei lavoratori con  particolare riferimento a quelli addetti ai settori tenuti al rispetto della normativa di regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali (tra i quali tutti i lavoratori del settore dei trasporti – trasporto ferroviario, trasporto pubblico locale, trasporto di merci su rotaia, trasporto marittimo-, tutti i lavoratori del Pubblico Impiego - sanità, enti locali, ministeri ecc. -, tutti i lavoratori del settore “conoscenza” – scuola, università ecc. -) con esclusione soltanto di 15 categorie[2].

Non solo, ma tutti i lavoratori delle categorie escluse dalla prima proclamazione, sono stati chiamati, regione per regione, ad aderire ad iniziative di sciopero con proclamazioni contestuali o immediatamente successive a quella del 27 ottobre, tutte sorrette dalle medesime motivazioni apposte alla convocazione dello sciopero generale di cui si è detto, effettuate per grandi aree territoriali del paese[3] su 5 date tutte predeterminate ed estremamente ravvicinate (dal 17 novembre al 1° dicembre). Cosicché nel Centro Italia (Abruzzo, Marche, Toscana, Lazio, Molise, Umbria e Reggio Nell’Emilia) lo sciopero del 17 era destinato a coinvolgere ed ha effettivamente coinvolto i lavoratori dell’intero apparato pubblico e privato e, nell’arco di 13 giorni sono stati chiamati alla stessa mobilitazione i lavoratori di tutti i territori e tutti i settori del paese. 

Anche la comune motivazione delle astensioni dal lavoro – la protesta nei confronti del Governo per la Legge Finanziaria, per le sue scelte in tema di politica economica, industriale e sociale -attestano il carattere “generale” dello sciopero.

Appare quindi del tutto evidente come l’espressa necessità di salvaguardare l’esercizio dello sciopero generale, rendendolo praticabile anche nella vigenza della L. n. 146/90, che aveva determinato l’introduzione, con la delibera della Commissione n. 134/2003, delle deroghe alle limitazioni imposte alle modalità dell’esercizio del diritto di sciopero a fronte di azioni di lotta per così dire ordinarie, esattamente si ripropone in relazione allo sciopero indetto per il 17 novembre, che della generalità ha tutte le caratteristiche.

Va altresì considerato come nella delibera n. 134/2003 non sia espresso alcun requisito indefettibile di piena e assoluta contestualità temporale del coinvolgimento di tutte le categorie nello sciopero indetto, essendo evidentemente sufficiente che tale coinvolgimento sia attuato in modo tale da comporre un’unica iniziativa unitaria. Sotto quest’ultimo profilo va rilevato come fosse stata la stessa Commissione a dettare con la precedente delibera n. 152/2001 una prima disciplina parzialmente derogativa rispetto a quella ordinaria dei singoli settori destinata a regolare «gli scioperi che per estensione (un intero settore o intersettoriale), dimensione nazionale potenziale partecipazione e impatto siano valutabili come “sciopero generale”», così mostrando di cogliere espressamente l’analogia di tali forme di sciopero con quella che preveda la contestuale astensione dal lavoro di tutti i dipendenti dei settori pubblici e privati sull’intero territorio nazionale.

Da tale evidente analogia dovrebbe derivare la necessità che l’esercizio della discrezionalità amministrativa propria dell’attività esecutiva ed interpretativa della Commissione approdi ad altrettanto analoghe determinazioni e soluzioni, pena lo sconfinare in una forma di arbitrio.

Peraltro va considerato che ci si trova a fronte di provvedimenti amministrativi di ordine interpretativo volti a colmare una assenza di espressa regolamentazione legale di una specifica fattispecie (lo sciopero generale) nell’adozione dei quali va strettamente osservato il fine perseguito dalla normativa legale generale di riferimento, che consiste nel giusto bilanciamento dei diritti contrapposti, tutti dotati di pari valore costituzionale, e non può in nessun modo tradursi nel sacrificio sostanziale dell’uno in favore degli altri.

Ed infine va sottolineato che, anche volendo, come pare aver fatto la Commissione, considerare lo sciopero in questione quale sciopero intersettoriale non dotato, per i motivi di cui sopra, del carattere della generalità, non si comprende perché la Commissione non abbia dato applicazione, nella fattispecie, alle disposizioni espresse nel precedente verbale n. 923 del 7/11/2011, con il quale aveva sancito (in evidente omaggio all’analogia intercorrente tra sciopero generale e sciopero intersettoriale) che «gli scioperi generali, plurisettoriali o coinvolgenti tutte le categorie, con riferimento ad ambiti territoriale limitati non soggiacciono ai limiti di durata, previsti dalle singole discipline di settore, per la prima azione di sciopero».

Le considerazioni di cui sopra rendono difficile sottrarsi al dubbio che a fondamento della decisione in commento risieda più che la preoccupazione della salvaguardia dei diritti  della persona costituzionalmente tutelati in contemperamento con la salvaguardia del diritto di sciopero, assistito da pari tutela costituzionale, la scelta di contrastare le iniziative di lotta dei lavoratori e delle loro OOSS volte a recuperare livelli dignitosi di vita che il decrescere delle retribuzioni (tra le più basse di Europa), il deteriorarsi delle condizioni di accesso alla pensione, oltre alle riforme legislative che hanno prodotto un abbattimento progressivo dei diritti dei lavoratori e delle tutele predisposte in loro favore, hanno compromesso e crescentemente compromettono. E tanto più nel tempo presente nel quale tali iniziative sono rivolte anche direttamente nei confronti del Governo e delle sue politiche economiche e sociali.

A tale scopo si tenta anche di “spuntare” gli strumenti più rilevanti che sono a disposizione dei lavoratori (e tra di essi per primo il diritto di sciopero) e tale tentativo viene mascherato da questioni di ordine giuridico e formale veicolate anche attraverso le decisioni della Commissione di Garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, la quale oggi è sostanzialmente espressione della maggioranza di Governo posto che la nomina dei suoi componenti rinnovati per sei anni è stata disposta nel giugno scorso dal Presidente della Repubblica, ma su designazione dei Presidenti di Camera e Senato, designazione che oggi, a differenza che nel 1990 quando tali modalità di scelta erano state previste, non è quindi più garanzia di totale imparzialità.

Che tale sia stato quanto meno il fondamento della decisione oggetto della presente nota emerge non soltanto dal fatto che la stessa ha costituito oggettivamente la copertura ed il volano per l’inedita iniziativa di precettazione adottata dal Ministro Salvini, che si era già espresso violentemente contro lo sciopero indetto per il 17 novembre, ma anche dalle dichiarazioni rilasciate dalla Presidente della Commissione, prof.ssa Bellocchi, successivamente alla adozione della delibera di cui si è detto.

La Presidente, lungi dallo spiegare perché nel caso concreto avesse ritenuto indispensabili alla tutela dei diritti della persona le prescrizioni adottate rispetto alla modulazione dello sciopero del 17 novembre, ha dichiarato l’intenzione di intervenire in particolare sui criteri di selezione delle proclamazioni degli scioperi generali per ridurne la  frequenza perché «già così adesso abbiamo più di 10 scioperi generali all’anno… perché ci sono anche le piccole sigle sindacali che attraverso lo sciopero generale cercano visibilità» (La Stampa 15/11/2023). E ciò, nonostante il grafico pubblicato sulla stessa pagina del giornale evidenziasse una precipitosa decrescita della media delle ore di sciopero su 1000 ore lavorate (dal 2,41del 2005 al 0,58 del 2023). 

L’intento di sostanzialmente vietare l’esercizio del diritto di adesione generalizzata allo sciopero generale indetto per il 17 novembre emerge agevolmente dal provvedimento di precettazione adottato dal Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Salvini.

E tanto non solo per le dichiarazioni rese dallo stesso nel corso della vicenda in merito alla decisione di opporsi al “ricatto” che le OOSS avrebbero fatto pendere sulla testa dei cittadini tutti attraverso la proclamazione dello sciopero generale coinvolgente anche tutti i lavoratori dell’intero comparto dei Trasporti, non solo per la richiesta alle OOSS, fino all’ultimo sostenuta, di revocare integralmente la mobilitazione dei lavoratori del settore di sua competenza, ma anche in ragione della lettura dell’ordinanza di precettazione con la quale veniva ridotta a 4 ore (dalle 9 alle 13) la durata della mobilitazione.

L’ordinanza non pare affatto individuare e motivare adeguatamente le ragioni per le quali lo sciopero in questione avrebbe determinato la sussistenza del «fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati…», requisito che l’art. 8, 1° comma, L. n. 146/1990 pone a fondamento e limite della facoltà conferita ai titolari del potere esecutivo sottolineandone il carattere di eccezionalità.

In proposito va considerato che tutte le regolamentazioni che determinano le modalità di esercizio del diritto di sciopero in ciascuno dei settori del comparto trasporti dettagliano, ai sensi dell’art. 2 comma 1, L. n. 146/1990, le misure «dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili per garantire le finalità di cui al comma 2 dell’art. 1” e cioè “contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti alla persona, costituzionalmente tutelati,  e…per assicurare l’effettività, nel loro contenuto essenziale, dei diritti medesimi…», tra le quali misure figurano la determinazione di fasce orarie di piena garanzia dei servizi, o dell’entità delle attività dovute per la garanzia di una quota rilevante predeterminata di servizi e/o la determinazione delle corse da garantire e le modalità per assicurarne la piena effettuazione, in relazione diretta con la salvaguardia delle esigenze degli utenti[4].

E’ evidente che tali disposizioni, dichiarate tutte idonee dalla Commissione di Garanzia e delle quali le OOSS proclamanti avevano dichiarato l’integrale rispetto, dovevano essere considerate tali da assicurare la garanzia, salvo eventi eccezionali sopravvenuti, del sufficiente contemperamento tra i diritti voluto dalla normativa, tanto che la Commissione non aveva rilevato in proposito alcuna criticità o violazione.

E neppure le motivazioni dell’ordinanza di precettazione evidenziano alcun evento eccezionale tale da turbare nel caso concreto l’equilibrio tra i contrapposti diritti, che l’applicazione delle disposizioni relative alla determinazione delle prestazioni essenziali avrebbe garantito, né individuano rischi di pregiudizi gravi e imminenti al diritto alla libertà di circolazione ulteriori rispetto a quelli che gli autori della disciplina predisposta dagli accordi e dalle regolamentazioni provvisorie avevano già evidentemente preso in considerazione. 

Si tenga conto in proposito che l’accordo di regolamentazione dello sciopero per il settore del Trasporto Ferroviario prevede norme specifiche relative alle prestazioni indispensabili proprio per il caso di sciopero generale nazionale del settore[5]

E’certo, peraltro, che non possono essere considerate attinenti all’oggetto della tutela dei diritti alla mobilità degli utenti dei servizi di trasporto coinvolti nello sciopero né le considerazioni esposte nell’ordinanza volte a evidenziare il possibile danno al «trend positivo del turismo», né quelle al probabile aumento del «traffico veicolare» e neppure il paradossale riferimento alla prevista particolare consistenza della partecipazione all’astensione dal lavoro da parte dei lavoratori. 

Considerazione quest’ultima che contribuisce, se necessario, a confermare il vero obiettivo dell’ordinanza di precettazione: evitare, per quanto possibile, la partecipazione dei lavoratori allo sciopero avversato.

Infine, va considerato che l’ordinanza in esame ha addirittura travalicato i limiti delle disposizioni assunte dalla Commissione di Garanzia.

Come si è visto, con il provvedimento emesso in data 8 novembre e confermato il 13 novembre successivo, la Commissione di Garanzia aveva invitato le OOSS proclamanti a ridurre la durata massima della prima azione dello sciopero indetto per i settori del trasporto nei limiti previsti dalle diverse discipline di settore[6], sulla base del, come si è visto erroneamente, ritenuto obbligo di osservare nella fattispecie la disciplina di ciascun settore relativamente ai limiti di durata massima della prima azione di sciopero, e tuttavia così esprimendo evidentemente una valutazione di sufficienza di tali limitate durate a concorrere, anche nella fattispecie, ad un giusto contemperamento tra la tutela del diritto di sciopero e quella dei diritti individuali della persona. 

Di tale valutazione il Ministro, ai sensi dell’art. 8, 2° comma, L. 146/1990, avrebbe dovuto tenere conto.

Ed invece, come si è detto, l’ordinanza di precettazione ha imposto la riduzione della durata dello sciopero proclamato per il 17 novembre a misure immotivatamente inferiori a quelle indicate dalla Commissione sulla base delle regolamentazioni vigenti per ciascun settore (4 e non 8 ore sia per il settore del Trasporto Ferroviario, che per il settore del Trasporto Merci su Rotaia, che per quello degli Elicotteri).

Molte, come si è visto, sono le critiche che si possono muovere ai provvedimenti emessi nella fattispecie dalla Commissione di Garanzia e dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti: tali critiche concorrono ad alimentare il timore che alla base di tali provvedimenti stia l’intenzione di limitare illegittimamente l’adesione agli scioperi generali e che tali provvedimenti possano costituire un pericoloso precedente nell’ambito di una disciplina di regolamentazione limitativa del diritto di sciopero, che già allo stato attuale si presenta come la più rigida tra quelle vigenti in ambito europeo.


 
[1] «a) per quanto concerne la tutela della vita, della salute, della libertà e della sicurezza della persona, dell'ambiente e del patrimonio storico-artistico: la sanità; l'igiene pubblica; la protezione civile; la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani e di quelli speciali, tossici e nocivi; le dogane, limitatamente al controllo su animali e su merci deperibili; l'approvvigionamento di energie, prodotti energetici, risorse naturali e beni di prima necessità, nonché la gestione e la manutenzione dei relativi impianti, limitatamente a quanto attiene alla sicurezza degli stessi; l'amministrazione della giustizia, con particolare riferimento a provvedimenti restrittivi della libertà personale ed a quelli cautelari ed urgenti, nonché ai processi penali con imputati in stato di detenzione; i servizi di protezione ambientale e di vigilanza sui beni culturali; l'apertura al pubblico regolamentata di musei e altri istituti e luoghi della cultura, di cui all' articolo 101, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 , e successive modificazioni (1) ; b) per quanto concerne la tutela della libertà di circolazione: i trasporti pubblici urbani ed extraurbani autoferrotranviari, ferroviari, aerei, aeroportuali e quelli marittimi limitatamente al collegamento con le isole; c) per quanto concerne l'assistenza e la previdenza sociale, nonché gli emolumenti retributivi o comunque quanto economicamente necessario al soddisfacimento delle necessità della vita attinenti a diritti della persona costituzionalmente garantiti: i servizi di erogazione dei relativi importi anche effettuati a mezzo del servizio bancario; d) per quanto riguarda l'istruzione: l'istruzione pubblica, con particolare riferimento all'esigenza di assicurare la continuità dei servizi degli asili nido, delle scuole materne e delle scuole elementari, nonché lo svolgimento degli scrutini finali e degli esami, e l'istruzione universitaria, con particolare riferimento agli esami conclusivi dei cicli di istruzione; e) per quanto riguarda la libertà di comunicazione: le poste, le telecomunicazioni e l'informazione radiotelevisiva pubblica” (così art. 1, comma II, L. n. 146/1990)».

[2] «acqua, carburanti, credito, distribuzione farmaci e relativa logistica, elettricità, energia e petrolio,farmacie gas, gas/acqua, istituti di vigilanza non operanti oggetto della presente proclamazione, metalmeccanici, pulizie e multiservizi non operanti oggetto della presente proclamazione».

[3] Per lo stesso 17 novembre: Abruzzo, Marche, Toscana, Lazio, Molise, Umbria e Reggio Nell’Emilia; per il 20 novembre: Sicilia, per il 24 Novembre: Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto, Provincia di Trento e Provincia di Bolzano;  per il 27 Novembre : Sardegna ; per il 1° dicembre: Basilicata, Campania, Calabria e Puglia.

[4] Così si veda per il settore Trasporto ferroviario si veda l’art. 4 dell’Accordo del 23 novembre 1999 come modificato e integrato dagli accordi  dagli accordi del 18 aprile 2001 e 29 ottobre 2001 tutti dichiarati idonei dalla Commissione di Garanzia, per il settore Trasporto Pubblico Locale l’art. 12, lettere B, C, D dell’Accordo del 28 febbraio 2018 , dichiarato idoneo dalla Commissione di Garanzia e art. 10 della Regolamentazione Provvisoria approvata dalla Commissione con Delibera n 219/2015.

[5] V. art. 4.2.4 dell’Accordo del 23 novembre 1999 come modificato e integrato dagli accordi del 18 aprile 2001 e 29 ottobre 2001.

[6] Trasporto Aereo: 4 ore; Trasporto ferroviario: 8 ore (dalle ore 9.01 alle ore 17,59 e ovvero dalle ore 21 alle ore 5,59; Trasporto Pubblico Locale : 4 ore; trasporto merci si Rotaia : 8 ore; Circolazione e Sicurezza Stradale : 4 ore; Elicotteri : 8 – 24 ore.

21/11/2023
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