ABSTRACT
Gli allarmanti dati statistici attestanti la crescita esponenziale di reati commessi con violenza nei confronti delle donne e i conseguenti provvedimenti adottati a stretto giro, con un’ottica eminentemente “emergenziale” da parte dei Legislatori degli ultimi dieci anni, hanno suscitato una radicale inversione di rotta da parte dell’Accademia e della Magistratura, rimaste a lungo sostanzialmente insensibili alla tematizzazione del genere e della violenza di genere, già invece profondamente radicata, a partire dagli anni ottanta, nell’ambiente giuridico anglosassone, patria dei cosiddetti women’s studies.
Questa improvvisa presa di coscienza, necessitata dall’esigenza di dare ai nuovi istituti, di diritto sostanziale e processuale, un’applicazione corretta e coerente con il diritto dell’Unione Europea, ha comportato l’ingresso nel lemmario giuridico di concetti sociologici - a cominciare dal gender e dalla connessa gender based violence, ciò che è, appunto, la violenza di genere – rimasti a lungo inusuali all’azione politico-giudiziaria.
La relazione si propone quindi di illustrare brevemente le “nozioni minime necessarie” mutuate dagli studi di genere di origine anglosassone, e di proporre quindi una lettura sistematica e coordinata dei vari istituti sostanziali e processuali via via introdotti nel nostro ordinamento, evidenziandone la connessione funzionale con i suddetti concetti basilari, da considerarsi ormai a tutti gli effetti “beni giuridici” protetti dall’ordinamento, e marcandone, altresì, i principali limiti di efficacia che l’ampia casistica giudiziaria ha già focalizzato; e ciò al fine di suggerire un processo – già in corso, seppure ancora in via sperimentale, in molti uffici giudiziari – di sempre maggiore integrazione di tali istituti con regole di best practice implicanti protocolli di accordo tra le Autorità Giudiziarie del territorio e le principali Autorità di Polizia e Amministrative, in particolare ASL e servizi sociali, a vario titolo coinvolte nella presa in carico dei casi violenze domestiche su donne e minori.
La foto copertina è tratta dalla Pagina Facebook “Non una di meno”