In quel lontano primo maggio 1886 l'eco della battaglia degli operai di Chicago per le otto ore lavorative avrebbe attraversato l'oceano[1]. Poco più tardi, per volontà dei membri della Seconda Internazionale, avrebbe acquisito un valore simbolico nel processo di conquista da parte della classe lavoratrice dei più basilari diritti sindacali e di migliori condizioni lavorative che noi abbiamo ereditato dal secolo scorso.
Quella data divenne la festa di tutti i lavoratori, dopo essere stata per molti anni una giornata di lotta, cortei e repressioni. Una giornata che ha segnato per molti versi un salto di qualità nella formazione di un senso di appartenenza come valore primario nella costruzione di una coscienza di classe.
Le grandi trasformazioni occorse tra la fine del secolo scorso e il primo ventennio del nostro hanno rimesso in discussione tutto questo. Nel 2017 sarebbe bastata un'occhiata alle strade delle nostre città per renderci conto di come questa giornata significasse per i rider che sfrecciano sull'asfalto solo delle ore in sella ad una bici, non per una pedalata fuori porta, ma per consegnare pasti a domicilio. Non esclusivamente per questioni di necessità, anche in ragione di una divisione che pure esiste tra chi oggi ha diritto ad un giorno festivo e chi invece è costretto a lavorare.
Nel tempo la dematerializzazione dei rapporti di lavoro ha introdotto come strumento datoriale un algoritmo. Il fattorino, o rider, non più lavoratore ma imprenditore di se stesso è diventato un collaboratore, un self made man, nella retorica accattivante della nuova frontiera della gig economy, come fosse uno spazio di realizzazione individuale sottratto ad ogni forma di controllo dell'azienda ed agli obblighi del lavoro subordinato. Ben presto è divenuto chiaro come dietro ai colori sgargianti dei cubi per le consegne, ed alle promesse di poter decidere quando e come lavorare, si nascondessero in realtà le livree di una nuova e sofisticata forma di sfruttamento.
L'algoritmo, insieme al sistema premiale del ranking reputazionale, sono così diventati per l'azienda i tramiti neutri che regolano il processo di organizzazione del lavoro. Un sistema che garantisce l'esclusione dei riottosi che decidono di prendere parte a scioperi, o di coloro che vengono giudicati inadempienti nei prescritti parametri di affidabilità.
Vuoi rivendicare il diritto di godere di una giornata di festa partecipando ai cortei cittadini in occasione del primo maggio? Se va bene la settimana successiva sei fuori, e quella dopo sarà difficile risalire nel punteggio. Perché, nel frattempo, le porte girevoli del circuito premiale hanno garantito l'accesso a qualcuno che, secondo i sistemi di valutazione, è stato più ligio di te ai dettami aziendali. L'espediente di fornirsi di una flotta di riserva, pronta ad ogni occasione è anche questa pratica antica, mutuata al servizio dei nuovi padroni. Accadeva nel Germinal di Zola, dove in seguito agli scioperi dei minatori era sempre presente una manovalanza di disperati pronti a lavorare a qualsiasi condizione. Se va male, e magari vieni segnalato da qualcuno all'azienda durante un'iniziativa sindacale, vieni “sloggato”, ovvero licenziato nel nuovo vocabolario progressista che cerca di nascondere scomode realtà.
Ed è proprio ciò che è accaduto a Bologna nei mesi precedenti il primo maggio 2018. Tra gennaio e febbraio, i riders di Glovo decisero di protestare contro il peggioramento delle condizioni di lavoro, in relazione all'abbassamento delle tariffe del cottimo, la mancanza di sicurezza e diritti, la brutalità delle classifiche del ranking che inseriva i lavoratori all'interno di un sistema altamente competitivo, innescando una guerra tra poveri. Uno dei riders, durante un presidio, è stato segnalato, individuato e, infine, licenziato. In ragione dell'imbarbarimento delle misure repressive i riders decisero di non mostrare il volto durante gli scioperi successivi e nelle interviste che nel frattempo si susseguirono. Il crescente livello di attenzione guadagnato da questa categoria di lavoratori e lavoratrici, divenuta simbolo di una generazione precaria e sfruttata, fu il primo risultato tangibile dell'attivazione di una sensibilità collettiva attorno al tema della gig economy, in particolare per le consegne dei pasti a domicilio.
Nel frattempo la partecipazione alle assemblee delle realtà auto-organizzate a livello metropolitano, definite come nuove esperienze di sindacalismo informale, si allargarono. Questi spazi di incontro divennero degli arcipelaghi i cui porti franchi hanno garantito nel tempo l'incontro di lavoratori e lavoratrici, indipendentemente dall'appartenenza o meno a realtà sindacali storicamente strutturate.
Il protagonismo dei riders portò alla costruzione di una piattaforma rivendicativa nazionale delineata in occasione dei primi Stati generali indetti a Bologna nell'aprile 2018. In questa sede vennero raccolte le testimonianze delle esperienze maturate nelle città che avevano conosciuto i maggiori processi di attivazione dal basso: Bologna, Torino e Milano. La discussione delle nuove pratiche di mobilitazione, in un settore dove la digitalizzazione viene utilizzata come strumento di neutralizzazione del conflitto, ha accompagnato la presentazione della bozza del primo accordo europeo volto a tutelare i riders contro gli abusi delle multinazionali del food delivery.
La Carta dei diritti fondamentali dei lavoratori digitali nel contesto urbano, sottoscritta inizialmente da un'unica azienda italiana e dalle parti sociali (Riders Union Bologna, Cgil, Cisl e Uil), con la mediazione dell'assessore al lavoro di Bologna Marco Lombardo, ha mostrato come la partita per la conquista di un salario riagganciato ai contratti collettivi di settore e dei diritti, compresi quelli sindacali, può essere giocata anche attraverso l'intervento del Comune. L'intervento delle istituzioni comunali, nel ruolo di facilitatore per una normalizzazione del quadro di relazioni industriali, ebbe come obiettivo primario la regolazione di un settore in crescita, che imponeva una riflessione articolata rispetto all'attuazione di nuovi sistemi di tutela dei cosiddetti “braccianti metropolitani”, come il diritto alla disconnessione e, più tardi, a Milano, un protocollo per il contrasto al caporalato digitale.
In pochi mesi i riders, precedentemente ritenuti inorganizzabili, si sono organizzati attorno alle reti di mutualismo e dei circuiti solidali, occupando un ruolo centrale negli avanzamenti delle politiche del lavoro del settore su scala prima locale e poi nazionale.
Un tale mutamento, in un così breve periodo, condusse all'acquisizione della consapevolezza di appartenere a quel mondo precario la cui debolezza consta non di un salario da fame, ma della miseria delle tariffe variabili del cottimo.
I lavoratori e le lavoratrici di questa periferia del lavoro, sottopagato e non garantito, compresero che la loro lotta non si limitava alle rivendicazioni di categoria, ma accoglieva in un abbraccio collettivo tutti coloro i quali si riconoscessero nel grido «Non per noi ma per tutti» che si alzava dalle piazze e chiudeva i comunicati. Decisero di riappropriarsi del 1° maggio, per ribadire di voler essere considerati lavoratori con diritti e tutele. Rivendicarono con orgoglio il diritto a festeggiare una giornata che altri, nascosti dietro un algoritmo, avevano provato a sottrarre loro. Pretesero che venissero riconosciuti i diritti sindacali, in piazza e all'interno delle aule dei tribunali. Le recenti pronunce dei tribunali di Bologna e Palermo hanno certificato l'iniquità di un sistema basato su pratiche di condotta antisindacale diffusa, mentre le parole del Procuratore di Milano, Giuseppe Greco, hanno scoperchiato il vaso dello schiavismo delle metropoli, a seguito di una sentenza che obbliga le aziende ad assumere 60.000 fattorini come lavoratori cui va applicata la disciplina del lavoro subordinato.
Infine, siamo giunti al giro di boa. Il mercato si è nel frattempo diviso in aziende che hanno deciso di sedersi a contrattare migliori condizioni di lavoro, comprendenti l'abbattimento della falsa autonomia, del cottimo e del ranking reputazionale. Mentre altre tentano in ogni modo di sottrarsi ad una necessaria regolamentazione del settore. Tra le tante particolarità del settore, la polarizzazione in due schieramenti, con politiche aziendali diverse, ci ha mostrato la mancanza di argomentazioni di chi ha sempre sostenuto che il settore non può reggere un eccessivo costo del lavoro. La costruzione di un asse datoriale fuori dalle associazioni di categoria preesistenti, sul modello Fiat Chrysler[2], ha complicato il quadro delle relazioni industriali. Ha alzato un muro contro il riconoscimento della rappresentanza sindacale dei lavoratori nei territori, il diritto di eleggere RSA ed RSU, di convocare assemblee retribuite ed istituire bacheche liberamente consultabili dai lavoratori e dalle lavoratrici.
L'ultimo anno ha però visto la pronuncia di due tribunali italiani sul tema dei diritti sindacali. A Bologna il giudice ha condannato Deliveroo, in primo grado, per condotta antisindacale, mentre il Tribunale di Palermo ha accertato in riferimento a Social Food, oltre al comportamento ritorsivo nei confronti di un rider tesserato Nidil Cgil, licenziato nell'ottobre 2020, l'obbligo di detta azienda al reintegro del lavoratore e al versamento delle differenze retributive nel periodo trascorso da ottobre ad aprile. «Un mattone importante verso la conquista di una condizione degna e per lo smascheramento delle storture che si nascondono sotto i colori sgargianti delle aziende della consegna di cibo a domicilio[3]» come dichiarato in un comunicato dal sindacato metropolitano, Riders Union Bologna, che finalmente svela la trama di un sistema che inibisce l'esercizio del diritto di sciopero, pena il relegamento nelle fasce dei lavoratori inadempienti che non hanno accesso allo smistamento degli slot lavorativi.
L'attualità ci parla di un mondo del lavoro precario che sta pagando il costo più elevato di questa crisi innescata dalla pandemia del Covid-19. Una recente stima ci dice che i lavoratori privati di diritti e tutele sindacali hanno il doppio della probabilità di non sopravvivere[4]. In un capitalismo tanto brutale e disumanizzante la battaglia sindacale, per dirla con il docente universitario Marco Revelli, deve necessariamente guardare alle fasce più deboli e non limitarsi alla difesa dei garantiti.
La battaglia dei riders, organizzatisi in un coordinamento nazionale eterogeneo, ha dato un segnale di speranza a questo paese e guarda ad una convergenza ampia che non lasci indietro nessuno.
La festa dei lavoratori e delle lavoratrici si snaturerebbe se perdesse il suo marcato carattere di inclusione. Se vogliamo guardare al primo maggio che verrà, non possiamo immaginarlo come una giornata di festa che preveda l'esclusione di molti e il privilegio di alcuni.
[1] Cfr. Turi G., Il nostro mondo. Dalle grandi rivoluzioni all'11 settembre, Bari, Laterza, 2006, pp. 155-156.
[2] Sul caso emblematico della fuoriuscita di Fiat-Chrysler da Confindustria si veda Musso S., Storia del lavoro in Italia dall’Unità a oggi, Venezia, Marsilio, 2011.
[3] https://www.dire.it/02-01-2021/591765-il-tribunale-boccia-lalgoritmo-di-deliveroo-i-riders-svelata-la-menzogna/
[4] Cfr. https://www.theguardian.com/uk-news/2021/apr/16/workers-in-insecure-jobs-twice-as-likely-to-die-of-covid-tuc-research-finds?CMP=fb_gu&utm_medium=Social&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR3MbXwp-eWuVYcP0UHJqboTEYy2wYe_rrb9VGYLjeHOFlxCCeRJMesML6M#Echobox=1618528499
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Aloisi A. e De Stefano V., Il tuo capo è un algoritmo. Contro il lavoro disumano, Laterza, Bari, 2021.
Barbieri M., Il luminoso futuro di un concetto antico: la subordinazione nell'esemplare sentenza di Palermo sui riders, in Labour&Law Issues, v. 6 N.2 (2020)
Betti E., Precari e precarie: una storia dell’Italia repubblicana, Carocci editore, Roma, 2019
Fana M. e Fana S., Basta salari da fame, Bari, Laterza, 2019.
Gallino L., La lotta di classe dopo la lotta di classe, intervista a cura di Paolo Borgna, Bari, Laterza, 2012
Hobsbawm E.J., Il secolo breve, Milano, Rizzoli, 1998
Marrone M, Rights against the machines! Food delivery, piattaforme digitali e sindacalismo informale: il caso di Riders Union Bologna, in Labour&Law Issues, v. 5 N.1 (2019)
Quondamatteo N. e Marrone M., Non per noi ma per tutti fra cronaca e ricerca: un’esperienza di sindacalismo informale, in Economia e società regionale, 1, Milano, Franco Angeli, 2019
Quondamatteo N., Non per noi ma per tutti. La lotta dei riders e il futuro del mondo del lavoro, Trieste, Asterios, 2019
Staglianò R., Lavoretti. Così la sharing economy ci rende tutti più poveri, Torino, Einaudi, 2018
Turi G., Il nostro mondo. Dalle grandi rivoluzioni all'11 settembre, Bari, Laterza, 2006