Questo è un libro che non dovrebbe mancare nella libreria di nessuno. Di chi quegli anni e quelle vicende ha vissuto, per capirne di più gli stretti nessi. Di chi è nato dopo quel terribile triennio, per sapere cosa la nostra Repubblica ha dovuto affrontare e per capire fino in fondo la tragicità di quella nostra storia. Tutti per cercare di rendere un po’ più intellegibile quell’ Italia così oscura.
Giuliano Turone nel 1981 era uno dei due giudici − l'altro era Gherardo Colombo − che ordinò la perquisizione di un immobile a disposizione di Licio Gelli e si ritrovò così nelle mani la lista di 963 persone che si erano iscritte alla loggia massonica P2, provenienti da tutte le articolazioni più importanti dello Stato e della vita pubblica. Dalle carte sequestrate emergono pure tutti gli affari segreti in cui la P2 ha già avuto un ruolo di intrusione e manipolazione nel più ampio contesto di un Piano di rinascita nazionale. Questa straordinaria scoperta permette a Turone in questo libro di collegare, in una ricostruzione storica certo più libera di quella giudiziaria ma non per questo meno documentata, eventi di per sé distinti: solo per fare un esempio, l’unità di crisi che si creò per gestire con modalità opache i 55 giorni del sequestro Moro era composta quasi interamente da iscritti alla P2 (11 membri su 12).
Documento fondamentale che Turone cita è la Relazione che scrisse, a fine lavori della Commissione bicamerale sulla P2, il suo presidente, Tina Anselmi: vi compare, come metafora più espressiva di qualunque altra, una doppia piramide a forma di clessidra dove la piramide in basso è costituita dagli iscritti alla loggia massonica, il punto di contatto fra le due piramidi è il maestro venerabile aretino, la piramide superiore è costituita da personaggi che dovevano e sono rimasti segreti. Il libro di Turone cerca di fare un po’ di luce proprio in questa area oscura andando alla ricerca di fili che possano spiegare in termini plausibili tutte le suggestioni che quelle vicende mostrano. Ne emerge il quadro di una Repubblica malata ove solo pochi servitori onesti e caparbi (come lo stesso Turone, il generale Dalla Chiesa, il giudice Stiz, Tina Anselmi) permetteranno di contrastare la vittoria del Piano di rinascita nazionale.
Il libro si dà come periodo di studio il triennio dal 1978 al 1980, ma in realtà inevitabilmente gli eventi si ricollegano ad altri precedenti o successivi: e così gli eventi si dilatano per comprendere il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro del 1978, il coinvolgimento di Andreotti nella mafia siciliana di Michele Sindona, l’omicidio di Mino Pecorelli del 1979, il dissesto della Banca Privata italiana di Sindona, l’arresto di Paolo Baffi e Mario Sarcinelli e l’omicidio di Giorgio Ambrosoli del 1979, le stragi di Capaci e di via D’Amelio del 1992, l’omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile del 1980, il maxiprocesso a Cosa Nostra dell’86-92, l’assassinio di Piersanti Mattarella del 1980, l’uccisione del giudice Mario Amato del 1980, la strage della stazione di Bologna del 1980.
Si capisce bene come sia ampio il respiro di questo bellissimo libro e come difficili siano i tentativi di collegare tali eventi fra di loro. Turone si accinge al lavoro con la curiosità del giudice istruttore e con la brillantezza dello storico, studiando le sentenze ma andando anche alla ricerca di documenti inediti o non valorizzati nelle sentenze.
E, alla fine del suo studio, Turone riesce a fare un po’ di luce sulla presumibile identità dei personaggi che dovrebbero far parte della piramide superiore della P2: i nomi sono quelli di Giulio Andreotti e di Francesco Cossiga, oltre quelli delle alte sfere dei servizi segreti deviati.
La lettura di questo libro è appassionante ed interessante: Turone passa da un argomento all’altro con un piglio di vero scrittore, rendendo la lettura avvincente e trasmettendo al lettore la passione per la ricostruzione degli eventi che è propria del magistrato.
Accanto all’interesse per il libro, vi è però lo sconforto nel riconoscere che in quegli anni la nostra Repubblica venne esposta a rischi di involuzione eversiva, attraverso i comportamenti di tanti uomini che avevano rinnegato i loro giuramenti di fedeltà alle Istituzioni. Ci si consola ricordando che il Piano di rinascita nazionale non fu poi messo in atto; ma si ripiomba nello sconforto quando si riconoscono che alcune sue parti sono state riprese e proposte da alcune forze politiche.