Questo corposo saggio di Nadia Urbinati, Ordinario di Teoria Politica alla Columbia University di New York, ennesimo frutto del suo lavoro di ricerca ultra ventennale sul tema del populismo, ha come specifico obiettivo, per ammissione della stessa A., comprendere che tipo di democrazia è la democrazia populista.
Lungo l’affascinante e stimolante percorso intellettuale offerto da questo libro ci si imbatte negli interrogativi, oggetto di frequenti investigazioni e analisi da parte di politologi, sociologi ed economisti. Solo per citarne alcuni: che tipo di democrazia è la democrazia populista? La perdita di potere della cittadinanza democratica può giustificare una scorciatoia populista ? Pur essendo un fenomeno di natura democratica, il populismo può essere considerato una sfida/minaccia per la democrazia?
E’ anche apprezzabile che il lettore venga avvertito inizialmente, con un’ apprezzabile dose di onestà intellettuale, che non troverà in queste pagine un riferimento alle cause economiche del successo del populismo; una carenza potenzialmente controbilanciata dall’auspicio sottolineato dall’A. che l’interesse per questo tema determini un indispensabile rinnovamento di ottiche dei saperi interdisciplinari (scienze sociali, economiche e politiche) per individuare e vagliare le soluzioni democratiche più appropriate ai problemi da cui origina il populismo.
Tra l’introduzione e l’ epilogo si collocano in questo volume quattro densi capitoli destinati a sviscerare i temi dell’anti-establishment e dell’antipolitica, del ruolo del popolo e della sua maggioranza, della figura del leader e dei partiti, nonché quello della rappresentanza diretta.
La loro trattazione, svolta con un eccellente inquadramento sistematico, si avvale, inoltre, di un ricco corredo bibliografico e di una contestualizzazione storica con riferimenti puntuali che permettono di meglio individuare le ragioni del successo del populismo.
Trovano, così, spazio adeguato le ben argomentate considerazioni, da un lato sulla fase di transizione dalla democrazia dei partiti a quella dell’audience, sulle diverse interpretazioni del populismo che privilegiano alternativamente gli aspetti storico - politici e di ricerca sociale o quello teorico - politico e di storia dei concetti; dall’altro le riflessioni sulla distinzione tra il populismo quale movimento di opinione e il populismo quale movimento che aspira al potere. Con un’importante parte dedicata, infine, alla trasformazione della democrazia rappresentativa da parte del populismo, un aspetto che l’Urbinati definisce testualmente “uno sfiguramento della democrazia rappresentativa”.
Pe il lettore vi è pertanto l’opportunità di cogliere gli elementi essenziali della dimensione politica che fa da sfondo all’attacco populista all’establishment, in ciò differenziandosi dalla visione marxista, che ne privilegiava esclusivamente quella economica; così come di approfondire il significato del temine faziosità e la possibile equazione di identità tra società populista e società faziosa, nonché la complessa relazione tra governi populisti e istituzioni democratiche.
Pagine importanti sono, inoltre, dedicate al ruolo del leader populista e alle sue possibilità di assimilazione, sia al leader carismatico di Max Weber, sia al Principe del Machiavelli. E altrettanti significativi momenti di riflessione si trovano sulla carenza di democrazia interna ai movimenti populisti, pur ribadendosi in modo netto la loro differenza non trascurabile con il fascismo e con la sua logica di partito unico.
Quanto al delicato tema della rappresentanza l’A. ricorda che l’obiettivo del populismo è lo stabilire una nuova rappresentanza del popolo in grado di superare le divisioni e le affiliazioni partitiche, andando oltre la tradizionale visione della casta politica per virare verso un “emendamento monarchico della democrazia rappresentativa” attraverso l’incoronazione di una nuova leadership personalista, caratterizzata dalla ricerca di un plebiscito quotidiano. Un contesto, in cui si registra anche il declino dei corpi intermedi e la progressiva, inesorabile affermazione della cosiddetta democrazia della rete.
Le conclusioni a cui approda il percorso delineato dall’Urbinati. sono sicuramente destinate a suscitare ulteriori approfondimenti sui controversi temi, sia del populismo su un piano teorico e su quello delle sue esperienze pratiche; sia sulla sua interpretazione della tradizionale democrazia che rende irrilevante la contrapposizione tra destra e sinistra; sia, infine, sulla tendenza verso una polis più chiusa e non più aperta, anche se non necessariamente orientata al fascismo.
In definitiva, da questo libro emerge con chiarezza un quadro significativo delle principali pecche del modello democratico, impostosi, successivamente alla conclusione del secondo conflitto mondiale del secolo scorso: dallo svuotamento della sovranità nazionale, all’erosione degli ideali sociali dei partiti di sinistra. Sarebbe, però, ingiusto non sottolineare che a questo quadro fa da meritorio riscontro l’indicazione di una possibile terapia, che si può così sintetizzare: riconoscere l’importanza del ruolo della innovazione istituzionale e delle istituzioni intermedie.
I prossimi anni ci diranno in modo inequivocabile quanto questi rimedi si saranno rivelati efficaci per prevenire e contrastare il malfunzionamento della democrazia dei partiti, sempre nell’ottica di un possibile superamento del populismo.