1. La legge 71/2022 dal lungo titolo «Delega al governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura» pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 20 giugno 1922 è entrata in vigore il giorno successivo.
Si può parlare di riforma Bonafede/Cartabia poiché la legge n.71/2022 è l'esito finale del dibattito parlamentare sull’originario disegno di legge C/ 2681 presentato dal ministro della Giustizia Bonafede il 28 settembre del 2020 durante il governo Conte bis: un iter travagliato dal governo Conte bis al governo Draghi con Marta Cartabia ministro della Giustizia. La ministra Cartabia ha nominato una commissione presieduta dal professor Massimo Luciani con il compito di elaborare delle proposte tenendo conto del disegno di legge Bonafede. Il testo definitivamente approvato tiene conto soltanto in parte delle proposte della commissione Luciani.
Lo si dimentica ormai, ma dal punto di vista formale si tratta in larga misura di modifiche apportate dalla l.n.71 /2022 firmata Matterella/Draghi/Cartabia, all'ordinamento giudiziario approvato con R.D n.12 del 30 gennaio 1941 firmato Re Vittorio Emanuele III, capo del governo Benito Mussolini e ministro della giustizia Dino Grandi. L’ordinamento Grandi secondo la VII delle disposizioni transitorie e finali della Costituzione repubblicana avrebbe dovuto rimanere provvisoriamente in vigore «fino a quando non sia emanata la nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione». Come sappiamo un nuovo complessivo testo di ordinamento giudiziario non è mai stato emanato e la predisposizione del testo coordinato attualmente vigente del R.D, n.12/1941 mette a dura prova curatori ed editori.
Un primo commento della legge - una “istantanea” la definisce nella presentazione il direttore Nello Rossi - era stato offerto, insieme ad una corposa appendice di testi, nel n. 2/3 2022 di questa Rivista.
Ora una rivisitazione dettagliata dei vari aspetti della legge, sia nella parte di delega che in quella di immediata applicazione, ci è proposta nel volume pubblicato per i tipi dell’editore Giappichelli a cura di Giampietro Ferri con contributi di professori, ricercatori e magistrati, suddivisi nella sequenza dei Capi da I a V della legge.
La legge n.71/2022 occupa ben 19 pagine nel formato a doppia colonna della Gazzetta Ufficiale. La tecnica legislativa è spesso singolare, in particolare nella parte di delega ove non ci si limita a dettare principi cui il legislatore delegato dovrà attenersi, ma si dettano disposizioni estremamente dettagliate. Per il resto la tecnica dell’emendamento alle disposizioni attualmente in vigore, emendamenti talora sostitutivi, più spesso aggiuntivi, rende la lettura del testo ostica anche agli “addetti ai lavori”.
Per citare un solo esempio un emendamento aggiuntivo alla lettera ee) del D.lgs n.109/2006 prevede le lettere ee.bis) nonché ee.ter). La ricostruzione delle norme risultanti e la guida alla lettura, prima ancora che l’analisi critica, fornite nel volume sono davvero preziose. Giusto rilievo viene dato a disposizioni estremamente significative, quasi annegate nel profluvio di commi bis, ter, quater…
Non essendo possibile ripercorre la totalità dei contributi, si concentra l’attenzione su quelli che affrontano i temi più delicati e controversi.
2. Il capo I contiene la delega al governo per la riforma ordinamentale della magistratura.
I contributi della parte prima del volume ci propongono un’analisi critica dei temi con i quali il governo si dovrà misurare. E’ ormai pacifico che non possa essere rispettato il termine di un anno (scade il 21 giugno 2023) accordato al Governo per la adozione dei decreti legislativo; è stata prevista una proroga di sei mesi. Venuta meno l’urgenza l’attenzione si appunta sull’atteggiamento che il governo in carica assumerà a fronte di una legge, peraltro con non poche soluzioni di compromesso, varata da un governo sostenuto da ben diverse forze politiche. Impossibile fare previsioni tenuto conto che in materia di giustizia assistiamo ormai da mesi ad annunci e solenni impegni di esponenti della maggioranza e financo del Ministro della Giustizia ispirati ai più nobili principi liberalgarantisti inframezzati ad annunci di provvedimenti e provvedimenti effettivamente varati (per tutti il decreto anti rave) espressioni di principi radicalmente opposti.
Sul delicatissimo tema degli incarichi direttivi Francesco Pallante e Livio Pepino concludono con una valutazione sostanzialmente positiva delle modifiche adottate, ma evidenziano anche i problemi aperti e mettono in guardia dalle “leggende metropolitane”.
La complessa vicenda della evoluzione del sistema tabellare è ripercorsa in dettaglio da Gianfranco Gilardi, il quale richiama l’esigenza di assicurare effettività al sistema dei controlli e sottolinea la novità positiva del ripristino delle attribuzioni del Csm in ordine al progetto organizzativo delle Procure «sia pur tenendo conto della peculiarità degli uffici del pm».
La novità del ritorno al concorso di primo grado per l’accesso in magistratura è valutata positivamente da Chiara Spaccapelo, la quale giustamente segnala la esigenza di riforme sia nella formazione universitaria sia nella struttura del concorso. L’A. osserva che «la specificazione che la commissione esaminatrice debba “verificare la capacità di inquadramento teorico-sistematico dei candidati” può essere letta come un invito- da caldeggiare- a non proporre tracce eccessivamente specialistiche e a superare la convinzione dell’opportunità di uno studio nozionistico»; ma aggiunge: «La prima vera riforma del concorso in magistratura si realizzerà solo con la riforma del sistema universitario. Oggi la preparazione per il concorso avviene pressoché interamente dopo la laurea, quando invece dovrebbe compiersi, per quegli studenti che hanno già le “idee chiare” sul loro futuro, già all'interno del ciclo universitario. È tempo di un cambio di rotta: l’Università deve riappropriarsi di un compito che le spetta. La formazione è, in prima battuta, un suo dovere».
Le novità introdotte nel sistema di valutazione di professionalità sono oggetto dell’analisi di Valentina Baroncini, la quale si sofferma poi in particolare su pregi e, anche, limiti dell’«ingresso della componente “laica” nella valutazione di professionalità dei magistrati».
La disciplina sul collocamento fuori ruolo dei magistrati e sugli incarichi giudiziari è valutata in blocco, positivamente da Enrico Andreoli, il quale anzi, come «punto di debolezza della riforma» segnala la «mancata presa di posizione contro il condizionamento che l’attività extragiudiziaria può rappresentare per la magistratura».
3. La Parte seconda affronta le modifiche alle disposizioni dell’ordinamento giudiziario e al sistema degli illeciti disciplinari previste negli artt.7-14 al Capo II. Si tratta di norme immediatamente operative che incidono su questioni di particolare rilievo.
Le novità introdotte con la legge n.71/2022, per molti profili diverse dalla originaria proposta Bonafede, «con riguardo agli illeciti funzionali, a quelli extra funzionali, all'introduzione di due nuovi istituti quali l'estinzione dell’ illecito e la riabilitazione e ad alcune previsioni organizzative rispetto all'esercizio delle funzioni giurisdizionali disciplinari e alle corrispondenti competenze amministrative consiliari» sono affrontate da Giuseppe Campanelli. Viene segnalata anche l’introduzione all’art.11 della «perseguibilità delle condotte riguardanti la violazione dei divieti relativi ai rapporti tra organi requirenti e organi di informazione in collegamento con le modifiche apportate al D.lgs. 106/2006 dalla normativa sulla presunzione di innocenza (D.lgs. 188/2021). Si tratta di disposizioni che porranno non pochi problemi applicativi tenuto conto delle formule generali, quali l’«interesse pubblico», adottate come criterio per l’informazione fornita dal Procuratore della Repubblica.
Una disposizione introdotta all’ultimo momento, quasi in sordina e, secondo taluno, come compromesso per evitare il sorteggio per i componenti togati del Csm interviene sulla disciplina del passaggio tra funzioni giudicanti e requirenti, limitandolo ad un solo passaggio. Giampiero Ferri sottolinea che «È compito del legislatore ordinario disciplinare tale passaggio, ponendo dei limiti e delle condizioni che possono essere più o meno restrittivi, ma è dubbio che possono tradursi in un impedimento al cambiamento delle funzioni». Come è noto ormai da tempo, a seguito della disciplina sempre più restrittiva, i passaggi tra funzione requirente e giudicante sono molto ridotti. E giustamente rileva Ferri: «L’art. 12 della legge n.71/2022, se è vero che sostanzialmente non cambia le cose, potrebbe però prefigurare una sorta di “modifica costituzionale di fatto”, prodromica di una revisione formale della Costituzione che separi formalmente le carriere, creando due ordini (quello dei giudici e quello dei magistrati del pubblico ministero), governati da due diversi organi. […] Non si può dire, dunque, che la legge n. 71/2022, per l'aspetto qui considerato, rappresenti un avanzamento sul terreno delle garanzie. Non si può dire neppure che rappresenti un vantaggio per la giustizia, per il cui buon funzionamento le riforme, non solo quelle processuali, ma anche quelle ordinamentali, dovrebbero essere pensate, essendo la giustizia prima di tutto un servizio al cittadino».
L’evoluzione della organizzazione delle Procure dal vecchio modello gerarchico puro all’approdo ad una “gerarchia temperata” è ripercorsa nel contributo di Nello Rossi: si tratta del punto di arrivo del decreto n.106, come emendato dalla legge n.269/2006 e delle circolari del Csm fino a quella del 16 dicembre 2020. «Si delinea il quadro di un'organizzazione interna della Procura ordinata e partecipata, nella quale la progettazione organizzativa è frutto della riflessione e della discussione collettiva e la vita dell'ufficio si svolge in forme rispettose delle elevate professionalità in esso operanti, fornendo a quanti entrano in rapporto con la Procura garanzie di regolarità e trasparenza dell'operato del pubblico ministero. In sostanza le circolari consiliari danno vita ad un modello di organizzazione più aderente ai principi costituzionali nel quale il Procuratore esercita il suo potere organizzativo nel contesto di un confronto con i magistrati della Procura e con il dirigente dell'ufficio giudicante ed opera secondo regole nella ripartizione degli affari, nella formazione dei gruppi di lavoro e nella revoca dell'assegnazione di un procedimento al sostituto in caso di contrasti». L’A. valuta positivamente la «procedura “plurale” di elaborazione e di approvazione del progetto organizzativo». Non solo è ripristinato il ruolo del Csm nella definizione dei principi generali e nella definitiva approvazione del progetto, ma «la previsione di una interlocuzione “necessaria” del Procuratore con il suo omologo “giudicante” e con il rappresentante dell'avvocatura costituisce innovazione di indubbia rilevanza e utilità. E’ evidente, infatti, che per produrre i desiderati effetti di efficienza e celerità le soluzioni organizzative adottate per l'ufficio di Procura devono essere confrontate ed armonizzate con quelle dell'ufficio giudicante e con le esigenze e le istanze dell'avvocatura». L’A. segnala che l’intervento del Ministro della giustizia con eventuali osservazioni nella procedura di approvazione del progetto organizzativo è stato oggetto di critiche nel parere reso dal Csm in quanto «contempla la formulazione, da parte del ministro della Giustizia, delle proprie osservazioni relazione ad una materia, quella del progetto organizzativo dell'Ufficio del Pubblico ministero, attinente al cuore dell'esercizio della funzione giurisdizionale requirente, incidendo dunque in maniera profonda sulle modalità mediante le quali il Procuratore organizza e svolge la funzione giurisdizionale requirente allo stesso assegnata in esclusiva titolarità». Ad avviso di chi scrive, invece, una volta ripristinato il ruolo del Csm sul versante requirente, l’intervento di eventuali osservazioni del Ministro andrebbe previsto, in modo del tutto analogo anche per il versante giudicante. Sarebbe contrario all’assetto costituzionale un ruolo del Ministro più penetrante sul progetto organizzato della Procura; ma ove si parla di «organizzazione» è solo da auspicare una migliore collaborazione tra Csm e il Ministro responsabile per i «servizi relativi alla giustizia». Tra i contenuti del progetto organizzativo l’A. dedica particolare attenzione al tema dei criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale concludendo: «al Parlamento non si chiede di individuare “direttamente” priorità comunque motivate riguardanti tipologie di reati o fenomeni criminali, ma di enunciare “parametri” generali da prendere necessariamente in considerazione e “procedure” da osservare».
Un secondo contributo di Gianfranco Gilardi è dedicato a «Ritardi, arretrati, “carichi esigibili”». Riduzione degli arretrati e accelerazione dei tempi del processi sono stati oggetti negli anni di molteplici interventi a diversi livello, ma «soprattutto, mediante la profluvie di interventi di novellazione della disciplina di diritto processuale, il cui effetto è stato per lo più quello di complicare i problemi». Su una formula oggetto di interpretazioni discordanti l’A. osserva che «accogliere un'accezione del carico esigibile come numero fisso elaborato a livello nazionale significherebbe adottare un criterio impraticabile, considerata l'estrema varietà di condizioni organizzative che caratterizza le diverse realtà territoriali». Segue un’analisi dei presidi previsti dalla legge n.71/2022 per porre rimedio all’aumento delle pendenze e ai ritardi nello svolgimento delle funzioni giurisdizionali.
Le nuove norme, immediatamente precettive, contenute nel Capo III della legge in materia di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati al termine del mandato, nonché di assunzione da parte di magistrati di incarichi di governo non elettivi a livello nazionale, regionale o locale sono oggetto del contributo di Maria Romana Allegri. La nuova disciplina, tra l’altro, ha finalmente dato una risposta alla esigenza, da tempo segnalata dal Csm, di un intervento a livello di legislazione primaria «onde evitare che l’autonomia e l’indipendenza della magistratura venissero appannate dal contestuale esercizio di funzioni giudiziarie e funzioni di governo locale da parte di magistrati». Conclusivamente l’A. rileva: «La nuova normativa ha suscitato consensi e dissensi. Da un lato, vi è chi ha apprezzato l'azione del legislatore tendente a preservare l'indipendenza e l'imparzialità della magistratura, anche forse specialmente sotto il profilo dell'immagine. Dall'altro, vi è chi ha giudicato eccessivo il suo intervento, perché impedisce al magistrato, al termine del mandato parlamentare (svolgendo il quale egli ha reso un servizio alle istituzioni, che abbisognano dell'apporto di persone professionalmente qualificate), di tornare ad esercitare le sue funzioni. Quale che sia l'opinione al riguardo, è comunque difficile pensare che i correttivi introdotti possano risolvere il problema dei rapporti tra la magistratura e la politica: un problema assai complesso che richiederebbe molteplici interventi, ma che non può ritenersi risolvibile del tutto per via legislativa».
Michele Vietti si occupa dei cambiamenti della composizione e della struttura del Consiglio Superiore della Magistratura. L’A. esprime perplessità sull’aumento del numero dei componenti elettivi, che «sembra anche avallare, implicitamente, il modello di CSM affermatosi nella prassi, la quale dà conto di un allargamento delle sue funzioni, al di là del dettato costituzionale (art.105)». La disciplina che prevede l’incompatibilità tra l’appartenenza ad alcune commissioni e l’appartenenza alla Sezione Disciplinare, non raggiunge, ad avviso dell’A., l’obbiettivo prefissato. Pienamente condiviso, invece, il «rafforzamento del potere del Comitato di presidenza […] Il Comitato, che potrebbe quasi definirsi in una posizione di ‘regia’ del Csm, infatti, al ruolo di impulso, promuove l'attività del consiglio ed esercita una funzione di equilibrio nell'attività consiliare».
Il nuovo sistema elettorale del Csm è oggetto del contributo di Silvio Troilo, il quale in esordio avverte: «come l'esperienza ha dimostrato, è illusorio pensare che il mutamento del sistema elettorale possa di per sé ridurre il potere delle correnti e risolvere i gravi problemi manifestatisi, specialmente negli ultimi anni, nel rapporto tra le correnti, i componenti del Csm è la stessa base della magistratura». All’esito della anali della nuova normativa l’A conclude: «In definitiva, pur con alcune criticità, al nuovo sistema elettorale va riconosciuto di consentire comunque una composizione del Csm sufficientemente pluralistica, con esponenti togati di diversa provenienza, non necessariamente espressione di gruppi organizzati. […] Il concreto funzionamento del nuovo sistema elettorale e, conseguentemente, del Csm dipenderà, comunque, non solo dalle regole, ma anche e soprattutto dalla tensione morale e dall’ impegno e attenzione costante di tutti gli attori, non solo i consiglieri, ma anche i magistrati, i parlamentari e gli stessi cittadini».
Il contributo finale di Daniele Butturini è dedicato al riassetto dell’ordinamento giudiziario militare.
Nel complesso il volume curato da Giampietro Ferri offre una preziosa, attenta ricognizione di tutti i vari aspetti della nuova normativa, che, unitamente al contributo critico di ciascuno degli Autori, sarà anche punto di riferimento per la valutazione della normativa delegata che sarà infine adottata.