Le proposte operative per la soluzione dei problemi di giurisdizione penale nazionale e possibilità di intervento (in Diritto penale contemporaneo, 3 febbraio 2014, ivi anche l’abstract del Dott. F. Spiezia relativo al documento che figura, appunto, accanto; in argomento v. A. Giliberto, Sussiste la giurisdizione italiana per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare quando gli stranieri sono stati soccorsi in acque internazionali, in Diritto penale contemporaneo, 4 giugno 2014) della Direzione Nazionale Antimafia costituiscono senza dubbio significative «proposte operative alle quali potranno ispirarsi le Procure Distrettuali chiamate a risolvere, nel corso delle proprie indagini, problemi di giurisdizione in caso di navigli operanti in alto mare ed utilizzati per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina» (cfr. p. 25), predisposte sulla scorta appunto di rilevanti indagini che hanno accertato la partecipazione di natanti, c.d. navi madre, nella gestione del traffico volta alla sistematica applicazione di una procedura escogitata non solo allo scopo di attraversare le acque internazionali ed affiancare l’azione di imbarcazioni più piccole finalizzate allo sbarco sulle nostre coste, ma provvedere anche al trasbordo dei migranti (ovviamente) sulle imbarcazioni più piccole, nell’ultimo “percorso marittimo”: tale peculiare procedura è stata escogitata principalmente al fine di preservare il natante, c.d. nave madre e «il suo più nutrito e professionale equipaggio, da possibili attività di captazione investigativa ad opera delle Forze dell’Ordine dei Paesi europei rivieraschi e, quindi, a tenerlo al riparo dall’esercizio della giurisdizione dei suddetti Paesi, tra i quali l’Italia, quale Stato di approdo» (cfr. l’abstract del Dott. F. Spezia, cit. supra).
Il documento si caratterizza per la sensibile e attenta ricerca di possibili soluzioni «dei problemi di giurisdizione penale e di intervento cautelare» nel complesso ambito dell’«attraversamento delle acque internazionali» (cfr. p. 28) mediante un’articolata e puntuale disamina (preminente) di molteplici strumenti giuridici internazionali, europei ed interni che rivestono una “veste” rilevante (anche) nel contesto del delicato fenomeno del traffico di migranti.
Nel contesto di detta disamina occorre includere un recente strumento giuridico di diritto dell’Unione europea: si tratta del Regolamento (UE) n. 656/2014 concernente disposizioni relative alla«sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea» che presenta profili di interesse rilevanti e pertinenti.
Il testo del Regolamento (UE) n. 656/2014, che sostituisce nonché statuisce la cessazione degli effetti della decisione 2010/252/UE (in merito v. A. Del Guercio, Controllo delle frontiere marittime nel rispetto dei diritti umani: prime osservazioni sulla decisione che integra il codice delle frontiere Schengen, in Diritti umani e dir. int., 2011, p. 193 ss.) annullata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 5 settembre 2012 (v. specificamente la causa C-355/10), contiene diverse disposizioni che regolano i molteplici aspetti riguardanti la sicurezza in mare (art. 3), la protezione dei diritti fondamentali e principio di non respingimento (art. 4), la localizzazione (art. 5), l’intercettazione nelle acque territoriali, in alto mare, nella zona contigua (rispettivamente: artt. 6-7-8), le situazioni di ricerca e soccorso (art. 9), lo sbarco (art. 10), i meccanismi di solidarietà (art. 12). Si tratta quindi di un significativo, ulteriore attoche potrebbe assumere un ruolo rilevante nell’azione di contrasto alle diverse forme di criminalità transfrontaliera, segnatamente, alle organizzazioni criminali dedite allo smuggling di migranti (sulle suddette organizzazioni criminali v. anche lo studio prevalentemente sociologico di F. Pastore, P. Monzini, G. Sciortino, Schengen’s Soft Underbelly? Irregular Migration and Human Smuggling across Land and Sea Borders to Italy, in International Migration, 2006, p. 95 ss.), poiché determinate disposizioni del regolamento stabiliscono, nel caso della sussistenza di motivi tali da (poter) sospettare che un natante sia utilizzato per il traffico di migranti, le misure da adottare (naturalmente, secondo la disciplina ivi prevista), che contemplano la possibilità, tra l’altro, di fermare il natante e provvedere alla visita a bordo, all’ispezione, al fine di ricercare prove a conferma di detto sospetto; qualora siano riscontrate prove nel senso appena indicato, procedere, ad esempio, al sequestro del natante.
Si ritiene però opportuno sottolineare che il par. 11 dell’art. 7 del regolamento, dedicato proprio alla disciplina dell’intercettazione in alto mare, riprende sostanzialmente il par. 7 dell’art. 8 del Protocollo per combattere il traffico di migranti per via terra, via mare e via aria (da adesso in poi, semplicemente Protocollo sullo smuggling; il testo, p. 53 ss., consultabile anche nel sito dell’UNODC) allegato alla Convenzione delle N.U. contro la criminalità organizzata transnazionale, poiché il documento della Direzione Nazionale Antimafia (cfr. p. 25 e p. 26) partendo dalla considerazione che il Protocollosullo smuggling «segna un’ulteriore decisiva evoluzione rispetto alle soluzioni offerte dalla Convenzione di Montego Bay [ovviamente, la Convenzione delle N.U. sul diritto del mare], sia per l’espressa previsione del reato di smuggling tra quelli legittimanti l’intervento degli Stati in acque internazionali, sia perché va oltre il riconoscimento di un mero diritto di visita e controllo sulle navi sospettate in attività di traffico internazionale di migranti ovvero perché prive di bandiera o con bandiera apparente, prevedendo la possibilità di adozione di provvedimenti repressivi sulle navi visitate, nei limiti consentiti dal diritto nazionale ed internazionale», giunge al termine dell’articolata e puntuale disamina a sostenere che «il richiamo al [suddetto] diritto interno e internazionale può contribuire proprio a identificare le misure appropriate da adottare, tra le quali, appunto, il sequestro del natante con la relativa conduzione coatta al porto dello Stato (…)».
Molto importante notare che la disamina si concentra proprio sulla “portata” del par. 7 dell’art. 8 del Protocollo sullo smuggling (appare comunque utile qui considerare che nel corso delle «operazioni di sorveglianza di frontiera in mare, gli Stati membri dovrebbero rispettare i rispettivi obblighi loro incombenti» “in ossequio a” una serie piuttosto ampia e variegata, nonché aperta, di strumenti internazionali pertinenti; il considerando n. 8 richiama infatti anche la Convenzione delle N.U. sul diritto del mare, la Convenzione int. per la salvaguardia della vita umana in mare, la Convenzione int. sulla ricerca e il salvataggio marittimo, la Convenzione delle N. U. contro la criminalità organizzata transnazionale e il Protocollo sullo smuggling, la Convenzione eur. per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Non sembra però azzardato intendere la locuzione gli Stati membri dovrebbero rispettare i rispettivi obblighi loro incombenti, con specifico riferimento alla Convenzione delle N.U. contro la criminalità organizzata transnazionale e al Protocollo sullo smuggling che rilevano in modo particolare in questa sede, nel senso di contemperare le esigenze di sicurezza e la tutela dei diritti umani fondamentali conformemente agli obblighi discendenti da questi due strumenti giuridici, specialmente dal Protocollo sullo smuggling.
“Modelli” di tali obblighi appunto discendenti, si palesano ad esempio in due disposizioni di quest’ultimo strumento, ossia l’art. 5, che la dottrina ritiene peraltro una disposizione «indicativa di una certa tendenza degli Stati ad impegnarsi internazionalmente al fine di non ‘criminalizzare’ i migranti», ovviamente oggetto di smuggling, «per il mero fatto della loro clandestinità» oltreché “riconoscere” la loro funzione rilevante nel corso delle indagini tese a sgominare le summenzionate organizzazioni criminali, e l’art. 16, attinente all’obbligo di salvaguardare anche il diritto alla vita di dette persone: cfr. rispettivamente G. Palmisano, Trattamento dei migranti clandestini e rispetto degli obblighi internazionali sui diritti umani, in Diritti umani e dir. int., 2009, p. 531; S. Trevisanut, Immigrazione irregolare via mare: diritto internazionale e diritto dell’Unione europea, Napoli, 2012, p. 205, nonché sul plurimenzionato Protocollo, v. la compiuta disamina p. 191 ss., ivi riferimenti bibliografici; G. Palmisano, Il contrasto al traffico di migranti clandestini dal punto di vista del diritto internazionale, in P. Benvenuti (a cura di), Flussi migratori e fruizione dei diritti fondamentali, Ripa di Fagnano Alto (AQ), 2008, p. 83).
Il contenuto del considerando n. 3 puntualizza però l’ambito di applicazione del regolamento, ossia «le operazioni di sorveglianza di frontiera condotte dagli Stati membri alle loro frontiere marittime esterne» coordinate naturalmente dall’Agenzia FRONTEX istituita all’epoca dal Regolamento (CE) n. 2007/2004 (più volte modificato: v. infra gli atti opportunamente richiamati) che svolge proprio significativi compiti di assistenza, supporto, organizzazione, analisi, nel contesto dei diversi e delicati aspetti concernenti la gestione integrata delle frontiere esterne (peraltro, l’atto in esame prevede, quale base giuridica, particolarmente l’art. 77, par. 2, lett. d del TFUE relativo alle misure necessarie per istituire gradualmente un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne).
La suddetta puntualizzazione appare rilevante e pertinente nell’ambito delle peculiari problematiche esaminate dal prezioso documento della Direzione Nazionale Antimafia poiché occorre tenere ben presente che la sorveglianza di frontiera si prefigge di ostacolare (anche) l’attraversamento non autorizzato della frontiera finalizzato ad eludere il controllo di frontiera, vale a dire sottrarsi alle verifiche di frontiera: pertanto, detta sorveglianza include anche piani mirati all’«intercettazione di natanti sospettati di voler entrare nell’Unione senza sottomettersi alle verifiche di frontiera» (considerando n. 1).
L’“elemento” del piano appare quindi rilevante e pertinente nell’ambito delle diverse questioni che afferiscono alla giurisdizione in caso di navigli operanti in alto mare ed utilizzati per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina proprio perché la definizione del profilo relativo all’organizzazione del piano operativo concernente aspetti molteplici dell’operazione congiunta di sorveglianza (ad esempio, l’area geografica ove si svolgerà l’operazione), “investe” la competenza dell’Agenzia FRONTEX (sulle precedenti operazioni congiunte FRONTEX v. da ultimo S. Trevisanut, Which Borders for the EU Immigration Policy? Yardsticks of International Protection for EU Joint Borders Management, in L. Azoulai, K. de Vries (eds.), EU Migration Law, Legal Complexities and Political Rationales, Oxford, 2014, p. 122 ss.).
Più in particolare, dalla “lettura” della lettera j del par. 1 dell’art. 3 bis introdotto dal Regolamento (UE) n. 1168/2011 nonché “integrato” da ultimo dal Regolamento (UE) n. 656/2014 e dalla “lettura” dell’art. 11 nonché del considerando n. 17 sempre di quest’ultimo regolamento, si evince infatti non solo il ruolo comunque significativo del direttore dell’Agenzia FRONTEX durante la fase di definizione degli aspetti relativi all’«applicazione della pertinente giurisdizione e legislazione nell’area geografica in cui l’operazione congiunta» si dispiegherà, inclusi «i riferimenti al diritto dell’Unione e internazionale» riguardanti, ad esempio, l’intercettazione, ma altresì che il piano operativo «dovrebbe essere elaborato conformemente» alla disciplina prevista dal Regolamento (UE) n. 656/2014 (sulla funzione del direttore dell’Agenzia FRONTEX, v. S. Trevisanut, Immigrazione irregolare via mare…, cit. supra, p. 294).
Il contenuto del piano operativo risulta dunque un “elemento” strategico molto importante nell’ambito delle finalità prefissate dalle linee guida della Direzione Nazionale Antimafia: pertanto, al fine di agevolarne il perseguimento occorre considerare l’opportunità di procedere tempestivamente alla conclusione di accordi di lavoro funzionali, Agenzia FRONTEX-EUROJUST nonché Agenzia FRONTEX-EUROPOL (ai sensi dell’art. 13 introdotto sempre dal Regolamento (UE) n. 1168/2011) proprio per poter reperire informazioni che potrebbero rivelarsi molto utili, ad esempio, relative al campo d’azione previsto dall’operazione congiunta di sorveglianza (attinenti, in modo particolare, all’eventuale intercettazione in alto mare).
La nuova operazione congiunta FRONTEX denominata Tritone (probabilmente operativa entro la fine di quest’anno) che si presenta caratterizzata prevalentemente per il profilo concernente la gestione (integrata) delle frontiere (in merito, v. la pag. web dell’Agenzia FRONTEX), costituisce indubbiamente una significativa occasione proprio per saggiare la concreta rilevanza del suddetto “elemento” strategico, posto che si tratta di un’operazione predisposta allo scopo di fronteggiare, con risolutezza, l’elevata pressione dei flussi migratori irregolari diretti verso le coste meridionali del nostro Paese, che assumerà – plausibilmente – il ruolo di Stato membro ospitante, ai sensi della definizione prevista dal par. 3 dell’art. 2 del Regolamento (UE) n. 656/2014, dell’operazione marittima (vale la pena rammentare che i migranti soccorsi dal 1 agosto 2013 al 31 luglio 2014 dalla nostra Marina militare nel quadro delle finalità prestabilite dalla più che lodevole «operazione Mare Nostrum» sono stati 62.982, altresì che gli scafisti arrestati dal 18 ottobre 2013 al 13 agosto 2014 sono stati 453:cfr. il puntuale doc., consultabile online, del Ministero dell’Interno, p. 13).
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Ulteriori riferimenti bibliografici utili: I. Caracciolo, Diritto internazionale e contrasto al traffico illecito di migranti clandestini, in M. Papa, G.M. Piccinelli, D. Scolart (a cura di), Il libro e la bilancia. Scritti in memoria di Francesco Castro, Tomo II, Napoli, 2011, p. 539 ss. – N. Parisi, I limiti posti dal diritto internazionale alle scelte di penalizzazione del legislatore interno in materia di immigrazione irregolare, in R. Sicurella (a cura di), Il controllo penale dell’immigrazione irregolare: esigenze di tutela, tentazioni simboliche, imperativi garantistici, Torino, 2012, p. 55 ss.
*Testo aggiornato alla data del 4 ottobre 2014