1. Prologo: esternalizzazione “al buio” della gestione dei flussi migratori e istanze di accesso civico
Nel corso della XVII legislatura, a distanza di pochi mesi dalla firma, da parte del Governo italiano e del Governo di Riconciliazione dello Stato di Libia, di un Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere, il 26 settembre 2017 veniva sottoscritto un accordo di cooperazione tra l’Italia e la Repubblica del Niger. Pur avendo tale accordo fornito – unitamente alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 2359/2017 – la base giuridica per la partecipazione di personale militare italiano alla missione bilaterale di supporto nel Niger [1], i contenuti di tale atto non erano noti, dal momento che il testo non è stato pubblicato né sulla Gazzetta ufficiale e neppure sul sito ATRIO (Archivio dei trattati internazionali on-line) del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. A tal proposito, viene peraltro da chiedersi come le Camere abbiano potuto autorizzare la prosecuzione di una missione internazionale, la cui base giuridica è costituita da un accordo internazionale a esse sconosciuto e neppure conoscibile [2].
Seppur con qualche differenza, la vicenda ricorda quanto già accaduto per il Memorandum d’intesa con la Libia e per il Memorandum d’intesa tra il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno italiano e la Polizia nazionale del Ministero dell’interno sudanese [3], sia per le modalità di intervento sia per la strategia sottesa a tale tipologia di accordi. Non soltanto, infatti, il controllo delle frontiere esterne dell’Unione europea e la gestione dei flussi migratori sono rimessi ad accordi bilaterali con Paesi terzi, sottoscritti in forma semplificata, ma tali atti internazionali sono sottratti sia al controllo parlamentare sia alle dovute forme di pubblicità.
È in questo quadro che si inserisce la sentenza del Tar Lazio [4], con cui i giudici amministrativi hanno ordinato al Ministero degli affari esteri di esibire il testo dell’accordo entro il termine di trenta giorni dalla notificazione o (se anteriore) dalla comunicazione della pronuncia. Non essendovi stata alcuna pubblicazione dell’accordo, Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) e Cild (Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili) avevano, infatti, presentato un’istanza di accesso civico al Ministero [5], chiedendo copia sia delle lettere del 1° novembre 2017 e del 15 gennaio 2018 inviate dal Governo nigerino a quello italiano [6] sia del summenzionato accordo del 26 settembre 2017. Il Ministero degli affari esteri, d’intesa con il Ministero della difesa, in sede di prima istanza aveva nondimeno negato l’accesso civico alle lettere, in considerazione del pregiudizio concreto che l’ostensione delle stesse avrebbe potuto arrecare «agli interessi pubblici sottesi alla Difesa, alle questioni militari e alle relazioni internazionali». Con riferimento al testo dell’accordo, il Ministero aveva invece giustificato il diniego sostenendo che esso sarebbe stato liberamente consultabile, una volta pubblicato in Gazzetta ufficiale a conclusione dell’iter legislativo di autorizzazione alla ratifica. Il diniego di accesso civico era stato, altresì, confermato in sede di riesame dell’istanza, sulla base dell’affermazione che, anche in virtù delle cd. linee guida FOIA dell’Autorità nazionale anticorruzione [7] e di un’attenta disamina del contesto internazionale e di sicurezza, in cui i documenti dovevano essere contestualizzati, era stato effettuato «un accurato bilanciamento dei diversi interessi tutelati dalla legge».
A seguito di tale diniego, il ricorso al Tar Lazio è derivato dalla contestata violazione, in particolare, degli articoli 5 e 5-bis del decreto legislativo n. 33/2013, nonché dell’art. 3 della legge n. 241/1990, dal momento che la mancata ostensione di un accordo internazionale già in vigore tra le parti e di due lettere che, nell’opinione del ricorrente Salvatore Fachile, avrebbero dato vita anch’esse a obblighi giuridici sul piano del diritto internazionale, avrebbe determinato la compressione del diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, per i quali la normativa vigente preveda l’obbligo di pubblicazione. Tale diritto risponde, peraltro, nella sua forma di «accesso civico improprio» [8], sia allo scopo di favorire «forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche [sia a quello] di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, decreto legislativo n. 33/2013). Esso deve, pertanto, ritenersi di particolare rilievo in un ambito che, come quello della lotta all’immigrazione illegale e della cooperazione con Stati terzi, vede la crescente assunzione di impegni internazionali da parte dell’Italia, secondo modalità intergovernative e tali da escludere il coinvolgimento delle assemblee parlamentari.
Nonostante l’obbligo di pubblicazione in apposito supplemento della Gazzetta ufficiale di tutti gli atti internazionali − comunque denominati − ai quali la Repubblica si obbliga nelle relazioni estere e di comunicazione degli stessi alle presidenze delle Assemblee parlamentari non oltre un mese dalla sottoscrizione (art. 4, legge n. 839/1984), la sottrazione degli accordi internazionali a qualsivoglia forma di conoscenza è resa altresì possibile da quella prassi, costituzionalmente censurabile, per cui il Governo sottoscrive accordi in forma semplificata anche nelle ipotesi per cui l’art. 80 Cost. prescrive la previa autorizzazione legislativa alla ratifica, non appone alcun segreto sul contenuto dell’accordo (secondo quanto è previsto dalla legge n. 124/2007) e, mantenendo il più assoluto riserbo sulla natura e sulla portata degli obblighi internazionali così assunti, sottrae gli atti internazionali con cui si è obbligato a ogni forma di controllo pubblico.
Ne discende una complessiva strategia di segretezza de facto di molti accordi e dei connessi impegni internazionali, che contraddice le più elementari garanzie dello Stato di diritto e che, nella confusa sovrapposizione tra (in)sindacabilità degli atti e accessibilità ai documenti che li contengono [9], travolge le istanze democratiche pur implicate dall’esercizio governativo del potere estero.
Sebbene il ricorso al Tar Lazio sia stato respinto per la parte relativa all’accesso civico alle lettere del Governo nigerino, essendo stato escluso che esse possano di per sé sole integrare – anche nella forma dello “scambio di note” − la nozione di “accordo internazionale” assoggettato all’obbligo di pubblicazione ex lege [10], l’istanza è stata invece accolta per la parte relativa al diritto del ricorrente di accedere al testo dell’accordo internazionale stipulato tra l’Italia e il Niger, con conseguente ordine al Ministero degli affari esteri di esibirlo nei suindicati termini [11].
2. Epilogo: un Parlamento meramente ratificante non può sanare il vulnus alla Costituzione
La vicenda dell’accordo con il Niger e dell’istanza di accesso civico deve essere inquadrata in un più ampio contesto di frequente ricorso ad accordi in forma semplificata che, entrando in vigore al momento della firma, vengono sottratti al procedimento di previa autorizzazione legislativa alla ratifica e, dunque, al controllo delle Camere (e del Presidente della Repubblica) prima che essi impegnino lo Stato italiano. Se gli obblighi giuridici di pubblicità e comunicazione legale, previsti dalla legge n. 839/1984 (anche) per tali atti, hanno mostrato il fianco sul piano dell’efficacia, non essendo la relativa inottemperanza accompagnata da adeguate sanzioni, una parte della dottrina (internazionalistica e costituzionalistica) ha da tempo stigmatizzato l’aggiramento costituzionale, derivante dalla stipulazione di accordi in forma semplificata anche nelle ipotesi di cui all’art. 80 Cost. [12] e dalla successiva, impropria, adozione di leggi di “approvazione” ex post degli atti internazionali così sottoscritti [13].
Al riguardo, deve innanzitutto constatarsi che, rispetto alla sede “formale” del controllo/indirizzo (in forma legislativa) sulla conduzione governativa della politica estera, vi è una preferenza per le sedi “politiche” del controllo parlamentare (attraverso l’uso, talvolta improprio, di interrogazioni, interpellanze, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni). Ciò tuttavia non appaga, poiché il controllo svolto in tali sedi non può ritenersi un succedaneo dell’intervento preventivo postulato dall’art. 80 Cost. per la conclusione di alcuni trattati, né assicura un tempestivo – e non formalistico − coinvolgimento delle Camere nel caso di accordi in forma semplificata.
Ciononostante, quantunque sul punto si registri da tempo l’aumento delle iniziative legislative parlamentari di autorizzazione alla ratifica di accordi internazionali, al fine di non lasciare alle solitarie valutazioni del Governo né la riconducibilità dell’accordo a una delle ipotesi di cui all’art. 80 Cost. né la sua qualificabilità come atto “meramente esecutivo” di precedenti trattati, il (provvisorio) epilogo della pronuncia del Tar Lazio in commento è una conferma del fatto che l’anomala autorizzazione alla ratifica ex post di un accordo in forma semplificata ormai vigente non soltanto non soddisfa le esigenze garantistiche sottese all’art. 80 Cost. – ossia la richiesta di un intervento legislativo previo rispetto al perfezionamento di alcune tipologie di accordi internazionali − ma rischia di tradursi in una più grave forma di elusione delle stesse.
Successivamente alla pronuncia del Tar Lazio, infatti, il 28 novembre 2018 il Governo italiano ha ritenuto in un primo momento di poter soprassedere all’ordine di ostensione dell’accordo in questione, deliberando in ordine alla presentazione del disegno di legge di Ratifica ed esecuzione dell’Accordo di cooperazione in materia di difesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Niger, fatto a Roma il 26 settembre 2017 [14]. Tuttavia, poiché tale accordo è già entrato in vigore tra le parti e sulla base di esso – come prima si ricordava – le Camere hanno autorizzato la prosecuzione della partecipazione di personale militare italiano alla missione bilaterale di supporto nel Niger, l’adozione da parte del Parlamento di una legge che, in quanto successiva all’entrata in vigore dell’accordo, dovrebbe dirsi di “approvazione” e non di “previa autorizzazione alla ratifica”, confinerebbe il Parlamento in un ruolo di mero ratificatore delle scelte di politica estera del Governo. Così facendo, peraltro, non solo tale organo sarebbe messo di fronte a un fatto ormai compiuto, che lo porrebbe in concreto nella condizione politico-istituzionale di non poter più disvolere l’approvazione ex post dell’accordo, ma su di esso sarebbe addossata la responsabilità politica dell’accordo internazionale, con il conseguente perverso effetto di incentivare la prassi degenerativa di sottoscrivere accordi semplificati anche nelle ipotesi di cui all’art. 80 Cost. e di chiamare in causa le Camere soltanto ad accordo già vigente.
Paradossalmente, dunque, quello che dovrebbe essere uno strumento di controllo politico del Parlamento sull’operato del Governo si trasformerebbe in un’arma di ricatto del Governo verso il Parlamento. Ciò tanto più deve preoccupare, sul piano del rispetto della legalità costituzionale, se si pensa agli accadimenti di questi giorni concernenti l’approvazione “al buio” della disegno di legge di bilancio 2019, un’approvazione che ha mortificato le opposizioni così come la stessa maggioranza parlamentare: la fiducia sul maxiemendamento è stata, infatti, votata al Senato senza che vi fosse neppure contezza, anche in Commissione Bilancio, del contenuto del testo che si andava ad approvare [15].
La riduzione delle Camere alla logica di un Parlamento meramente “ratificante” degli impegni internazionali assunti in altre sedi, al posto di quella del Parlamento “diligente” e adeguatamente informato sulle questioni di politica estera, risponde d’altronde pienamente alla ormai decennale tendenza all’esautoramento delle prerogative parlamentari, alla demonizzazione della discussione parlamentare e, più in generale, allo smantellamento della democrazia rappresentativa. Solo da ultimo, la delibera del Consiglio dei ministri sulla presentazione del disegno di legge di autorizzazione ex post dell’accordo con il Niger, in luogo della pubblicazione e della comunicazione dell’atto ai presidenti delle Camere, traduce invero l’idea di un momento governativo che, ben oltre la soglia della cd. governabilità, fagocita il Parlamento nelle spire di un decisionismo autoreferenziale e lo riduce a solo strumento di rimozione, anziché di ricezione e ricomposizione, di contestazioni e conflitti.
3. … e una delibera del Consiglio dei ministri non può surrogare le istanze di trasparenza e di controllo/indirizzo parlamentare sugli accordi internazionali
Fermo restando, dunque, che la sostituzione della preventiva autorizzazione legislativa del Parlamento con l’adozione di una successiva, anomala, legge di approvazione non risponde alla chiara indicazione dell’art. 80 Cost. − ancor più quando tale improprio adattamento procedurale concerna accordi internazionali in forma semplificata, che abbiano già prodotto effetti giuridici – la delibera con cui il Consiglio dei ministri decida di presentare il disegno di legge di “autorizzazione alla ratifica” di un accordo internazionale non soltanto non è di per sé satisfattiva dell’istanza di accesso civico, qualora a essa non segua l’ostensione dell’atto, ma soprattutto non soddisfa le esigenze di pubblicità e di controllo/indirizzo parlamentare, sottese al combinato disposto dell’art. 80 Cost. e della legge n. 839/1984.
Nel caso di specie, a seguito della sentenza del Tar Lazio, il testo dell’accordo con il Niger è stato trasmesso al ricorrente, ma al momento in cui si scrive non è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale e neppure risulta essere stato comunicato ai presidenti di entrambe le Camere nelle forme prescritte dalla legge n. 839/1984 [16]. La presentazione del relativo disegno di legge di autorizzazione alla ratifica appare, dunque, come un mero atto dilatorio, con cui il Governo procrastina un’autorizzazione ormai inesigibile, perché successiva rispetto all’entrata in vigore dell’accordo. L’art. 10 dell’accordo prevede, invero, che esso entri in vigore alla data di ricezione della seconda delle due notifiche scritte con cui le parti si informeranno, attraverso i canali diplomatici, dell’espletamento delle rispettive procedure nazionali richieste per l’entrata in vigore dell’atto.
L’accordo con il Niger appartiene, pertanto, a quella figura intermedia tra i trattati stipulati in forma solenne e gli accordi in forma semplificata, consistente nella conclusione di accordi internazionali, la cui entrata in vigore è subordinata, anziché allo scambio o al deposito delle ratifiche, alla comunicazione, da parte dei governi firmatari, che attesti l’adempimento delle procedure previste dal diritto interno per ritenere l’accordo applicabile nel territorio dello Stato. In Italia, tuttavia, accordi siffatti, «quando toccano materie rientranti nell’art. 80, devono ricevere anch’essi, ed in effetti ricevono, l’assenso del Parlamento con una legge di approvazione oppure con una legge contenente l’ordine di esecuzione» [17].
Delle due, quindi, l’una:
i. o l’accordo non è ancora formalmente entrato in vigore, ma non si vede allora come esso – peraltro senza esser conosciuto - abbia potuto costituire la base giuridica per l’autorizzazione della missione internazionale in Niger;
ii. oppure l’accordo – come sembra evidente − è già entrato in vigore in quanto accordo in forma (semi)-semplificata, ma la sua sottoscrizione in un ambito rientrante tra le ipotesi di cui all’art. 80 Cost. avrebbe richiesto la preventiva autorizzazione legislativa alla ratifica e non la sua successiva approvazione.
Dal testo dell’accordo si evince, infatti, nitidamente la natura politica dello stesso [18], toccando esso, tra l’altro, il campo della cooperazione militare, della politica di sicurezza e di difesa, delle operazioni di mantenimento della pace e di assistenza umanitaria, della partecipazione a operazioni militari (art. 2). Ciò fa sì che, in conformità al dettato costituzionale, avrebbe dovuto esservi il coinvolgimento previo del Parlamento, non nella forma di una legge di approvazione successiva dell’accordo, ma in quella della preventiva autorizzazione alla ratifica, perché solo in questo modo si garantisce che il controllo parlamentare non si risolva in un vuoto coinvolgimento formale.
Vi è, ad ogni modo, la consapevolezza che, sebbene in subiecta materia l’accesso civico non risolva le esigenze di controllo/indirizzo politico circa l’assunzione di impegni internazionali – ciò anche per alcune intrinseche insufficienze della relativa disciplina normativa [19] – esso rappresenta nondimeno un utile stimolo. L’istanza di accesso civico non è, in tal senso, uno strumento fine a sé stesso, ma può costituire il tramite sia per portare a conoscenza dell’opinione pubblica il rilievo di impegni internazionali altrimenti omessi, sia per sottolineare la necessità che il Parlamento si doti degli strumenti (e della volontà politica) per assolvere senza infingimenti e sotterfugi procedurali a quel controllo sulla politica estera, cui è chiaramente chiamato dall’art. 80 Cost. e che implica, innanzitutto, la disponibilità di adeguate informazioni.
[1] Cfr. Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1° gennaio – 30 settembre 2018, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1° ottobre – 31 dicembre 2018, deliberata dal Consiglio dei Ministri il 28 novembre 2018. Da tale relazione si evince che l’obiettivo della missione militare in Niger è consistito nell’incremento di capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza e nella fornitura di supporto alle attività di sorveglianza delle frontiere e del territorio, nonché di sviluppo della componente aerea della Repubblica del Niger. In un primo momento è stato, pertanto, previsto un impiego di personale fino a 120 unità nel primo semestre e fino a un massimo di 470 unità entro la fine del 2018, insieme all’utilizzo di 130 mezzi terrestri e due mezzi aerei.
[2] L’articolo 2, comma 2, della legge n. 145/2016 dispone, invero che, nel trasmettere alle Camere le relative deliberazioni, il Governo indichi altresì, per ciascuna missione, la base giuridica di riferimento. In conformità a quanto prescritto dalla legge n. 145/2016, la missione in Niger è stata inizialmente autorizzata dal Parlamento con appositi atti di indirizzo il 15 e il 17 gennaio 2018 e, nel corso dell’attuale legislatura, è stata prorogata per il periodo 1° ottobre-31 dicembre 2018 con l’approvazione di una risoluzione parlamentare in assemblea il 19 dicembre 2018 (A.C. 6/00039). Analogamente, la missione in supporto alla Guardia costiera libica è stata autorizzata nella XVII legislatura, avendo tra l’altro come base giuridica le specifiche richieste all’Italia del Consiglio presidenziale-Governo di accordo nazionale libico, contenute nelle lettere del presidente Al Serraj del 30 maggio e 23 luglio 2017, il cui contenuto è stato nondimeno secretato.
[3] Quantunque il Memorandum con la Libia, sottoscritto a Roma il 2 febbraio 2017, non sia stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale né sia stato comunicato ai presidenti delle Camere, così come invece previsto dall’art. 1, comma 1, lett. f) e dall’art. 4 della legge n. 839/1984, dopo che della sottoscrizione si era avuta notizia attraverso i mezzi di stampa, il testo dell’accordo è stato pubblicato nella sezione ATRIO del sito web del Ministero degli affari esteri. Sulla vicenda, per cui è stato anche sollevato un conflitto di attribuzione interorganico dinanzi alla Corte costituzionale, sia consentito rinviare al mio Il cul-de-sac costituzionale degli accordi in forma semplificata: iniziativa legislativa parlamentare ed esternalizzazione delle politiche migratorie, in Diritto pubblico, 2/2018, pp. 435 ss. I quattro ricorsi per conflitto di attribuzione sollevati da alcuni deputati avverso il Governo non hanno, tuttavia, superato il vaglio liminare di ammissibilità, essendo stati dichiarati inammissibili (ordinanza n. 163/2018). Il Memorandum d’intesa con il Sudan per la lotta alla criminalità, gestione delle frontiere e dei flussi migratori ed in materia di rimpatrio, firmato il 3 agosto 2016, non è stato pubblicato dal Governo, neppure nella sezione ATRIO del summenzionato sito web. Il testo dell’accordo, su cui ora pende un ricorso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, è consultabile su www.asgi.it/wp-content/uploads/2016/10/accordo-polizia-Italia-Sudan_rev.pdf.
[4] Tar Lazio, Sezione III/Ter, sentenza n. 11125 del 16 novembre 2018.
[5] L’istanza era stata presentata ai sensi degli articoli 5 e seguenti del decreto legislativo n. 33/2013 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), anche noto come FOIA (Freedom Of Information Act).
[6] Come risulta dalla sentenza del Tar Lazio, con tali lettere il Governo nigerino avrebbe richiesto all’Italia l’espletamento di una serie di attività, tra le quali l’invio del contingente per l’addestramento per il controllo dei confini.
[7] Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico, delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016.
[8] Sulle modalità legislative di inquadramento della libertà di accesso generalizzato alle informazioni sotto il cappello dell’accesso civico si vedano le diverse letture di M. Savino, Il FOIA italiano: la fine della trasparenza di Bertoldo, in Giornale di diritto amministrativo, 5/2016, pp. 593 ss.; G. Gardini, Il paradosso della trasparenza in Italia: dell’arte di rendere oscure le cose semplici, in Federalismi.it, 1/2017, pp. 1 ss.
[9] Come esattamente rimarcato nella sentenza n. 11125/2018. Ma, più in generale, sulla necessità di uno scrutinio rigoroso in ordine alla qualificabilità di un atto come “atto politico” (e, perciò, insindacabile) si veda da ultimo Tar Lazio, Sezione III/ter, sentenza n. 176 del 7 gennaio 2019, che richiama Corte costituzionale, sentenza n. 81/2012.
[10] Obbligo previsto dagli artt. 1, comma 1, lett. f), e 4 della legge n. 839/1984. Con riferimento a tali lettere, il Tar Lazio ha, invero, ritenuto che il Ministero abbia legittimamente opposto al ricorrente la sussistenza di ragioni ostative afferenti alla difesa, alle questioni militari e alle relazioni internazionali [art. 5-bis, comma 1, lett. c) e d), decreto legislativo n. 33/2013], motivando adeguatamente sul punto. Stante tale distinzione, l’istanza di accesso civico all’accordo internazionale è stata ricondotta dal giudice amministrativo nell’ambito dell’accesso civico proprio ex art. 5, comma 1, del decreto legislativo n. 33/2013, quella relativa alle due lettere è stata, invece, inquadrata nell’accesso civico improprio o generalizzato, di cui all’art. 5, comma 2.
[11] Il Tar Lazio, Sezione III/Ter, con sentenza n. 8892 del 7 agosto 2018 ha, invece, rigettato l’istanza di accesso generalizzato allo stato di attuazione del Memorandum d’intesa con la Libia tanto in relazione alle attività quanto alle specifiche fonti economiche utilizzate.
[12] Si ricordi che l’art. 80 Cost. richiede la previa autorizzazione alla ratifica mediante legge, quando gli accordi internazionali abbiano natura politica, prevedano arbitrati o regolamenti giudiziari, importino variazioni del territorio, oneri alle finanze o modificazioni di leggi.
[13] Contra la legittimità costituzionale dell’intervento parlamentare ex post si vedano, ad esempio, A. Cassese, Art. 80, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione. La formazione delle leggi, II, Bologna, Zanichelli, 1979, p. 187 e 191; S. Labriola, La pubblicazione degli atti normativi e la circolazione delle notizie sulle relazioni internazionali della Repubblica italiana, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2/1985, pp. 238 ss.
[14] A tal proposito, sul sito istituzionale del Governo si legge soltanto che «[l]’Accordo intende incoraggiare, agevolare e sviluppare la cooperazione tra Italia e Niger nel settore della difesa, sulla base dei principi di reciprocità, uguaglianza e mutuo interesse in conformità con i rispettivi ordinamenti giuridici e con gli impegni internazionali assunti dalle Parti. Il testo prevede la possibilità di stipula di ulteriori intese tecniche volte a disciplinare in concreto le aree e le modalità di cooperazione», cfr. www.governo.it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-29/10455. È degno di nota che nella medesima data il Consiglio dei ministri abbia deliberato la prosecuzione della missione bilaterale di supporto in Niger e, nell’indicare come base giuridica il suddetto accordo, abbia specificato che trattasi di accordo “in corso di ratifica” (sic).
[15] Trentasette senatori hanno, pertanto, presentato un ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, inerente l’iter di approvazione, da parte del Senato della Repubblica, del disegno di legge di bilancio dello Stato 2019 (A.S. 981). Dal comunicato del 10 gennaio 2019 si evince che la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il conflitto, evidenziando però che i singoli parlamentari sono stati ritenuti «legittimati a sollevare conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale in caso di violazioni gravi e manifeste delle prerogative che la Costituzione attribuisce loro» e che per le leggi future modalità decisionali analoghe a quelle adottate per l’approvazione delle legge di bilancio 2019 «dovranno essere abbandonate altrimenti potranno non superare il vaglio di costituzionalità».