Con la sentenza in esame, la Corte Suprema ha annullato relativamente al reato di cui all'art. 270-bis c.p. quella emessa dalla Corte d'Assise d'Appello di Bari, che aveva confermato la condanna di quattro imputati per avere uno diretto e organizzato e gli altri preso parte ad una associazione di matrice islamica, operante dal 2008 e finalizzata al compimento di atti di terrorismo in Italia e all'estero.
I Giudici di secondo grado, sulla base dei contenuti di intercettazioni, avevano affermato che gli imputati erano stretti da un legame associativo per l'attuazione di un programma criminoso avente come scopo quello di avviare altri soggetti al martirio “inteso come esaltazione e ricerca della morte insieme al maggior numero possibile di infedeli”.
I Giudici di secondo grado avevano ritenuto sussistente il reato di cui all'art. 270-bis c.p. in quanto le conversazioni intercettate facevano riferimento a un “gruppo”, a luoghi di incontro appositamente destinati all'indottrinamento e a computers utilizzati per collegarsi a siti riconducibili all'area jihadista, contenenti filmati su attentati, scene di guerra e documenti illustrativi della preparazione di armi ed esplosivi e delle modalità per raggiungere luoghi di combattimento e trasmettere in rete messaggi criptati.
Gli imputati, con i propri ricorsi, si sono difesi deducendo l'inesistenza di una struttura associativa organizzata e la mancanza di una condotta che fosse in concreto idonea a cagionare un grave danno ad uno Stato o ad una organizzazione internazionale.
Le censure mosse dai ricorrenti vengono condivise dalla Corte, che accoglie i ricorsi.
Più in dettaglio.
Come prima cosa, la Corte tiene a precisare che il delitto di cui all'art. 270-bis c.p. è un reato di pericolo presunto.
Ciononostante, secondo la Corte, è pur sempre necessario che la condotta associativa si manifesti attraverso una struttura organizzata “con un livello di effettività che renda possibile la realizzazione del progetto criminoso”.
Conseguentemente, l'associazione non deve tendere genericamente verso la finalità terroristica, ma deve proporsi in concreto la realizzazione di atti violenti con finalità di terrorismo.
“Costituiscono pertanto”, scrive la Corte, “elementi necessari, per l'esistenza del reato, in primo luogo l'individuazione di atti terroristici posti come obiettivo dell'associazione, quanto meno nella loro tipologia; e, in secondo luogo, la capacità della struttura associativa di dare agli atti stessi effettiva realizzazione”.
Orbene, secondo la Corte, è proprio con tali elementi che la sentenza impugnata dai ricorrenti non ha saputo confrontarsi.
Secondo la Corte, infatti, la semplice attività di indottrinamento, potendo al massimo far sorgere nei destinatari una generica disponibilità al martirio, non basta a dare “la necessaria consistenza a quegli atti di violenza terroristica o eversiva il cui compimento, per quanto detto, deve costituire specifico oggetto dell'associazione”.
Lo stesso deve dirsi in ordine agli ulteriori elementi, di cui vi è traccia nella sentenza impugnata, consistenti nei filmati e nei documenti propagandistici, atteso che il loro procacciamento e la loro visione altro non sono che “attività strumentali all'indottrinamento”.
Oltre a questo, secondo la Corte, la sentenza impugnata merita censura perché non fornisce la prova che gli imputati fossero capaci di realizzare, in concreto, atti potenzialmente dannosi per lo Stato “nei termini di un reale impatto intimidatorio sulla popolazione dello stesso, tale da ripercuotersi sulle condizioni di vita e sulla sicurezza dell'intera collettività”.
Al riguardo, nel passo più importante della decisione, la Corte osserva che non è sufficiente aver messo in evidenza semplici attività di proselitismo ed indottrinamento, dal momento che tali condotte possono, semmai, costituire “una precondizione, quale base ideologica, per la costituzione di un'associazione effettivamente funzionale al compimento di atti terroristici, ma che non integra gli estremi perché tale risultato possa dirsi conseguito”.
Tirando le somme e per concludere.
La pronuncia in esame, che si è voluto brevemente tratteggiare, fissa, in ossequio al principio di rango costituzionale della necessaria offensività del reato, alcuni punti fermi che devono sempre guidare l'opera interpretativa del Giudice.
La Corte statuisce, in modo chiaro, che l'associazione terroristica deve consistere in una struttura organizzata, che sia in grado, in quanto tale, di rendere in concreto possibile l'attuazione del proprio progetto criminoso.
In questo senso anche la partecipazione all'associazione non deve limitarsi “a un'adesione ideale al programma criminoso”, ma deve tradursi “nell'assunzione di un ruolo concreto nel sodalizio”.
Un'associazione terroristica può essere ricondotta alla fattispecie di cui all'art. 270-bis c.p. soltanto se poggia su legami stabili e concreti, potenzialmente capaci di dotare l'associazione della forza effettiva ed organizzativa necessaria per realizzare le finalità, di tipo terroristico, normativamente individuate dall'art. 270-sexies c.p., consistenti nell'arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale, allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali dello Stato o dell'organizzazione.
Non basta dunque un generico progetto di avviamento al martirio, basato su attività di indottrinamento e proselitismo.
Tali attività, costituendo, come si è già detto, “una precondizione, quale base ideologica, per la costituzione di un'associazione effettivamente funzionale al compimento di atti terroristici”, possono, forse, giustificare l'applicazione di una misura cautelare ai fini della valutazione della sussistenza dei gravi indizi, oppure, realizzare il presupposto della pericolosità ai fini dell'applicazione di misure di prevenzione; di certo, però, non possono ritenersi da sole sufficienti a formare, con il necessario rigore, la prova dell'esistenza di una struttura associativa rientrante, a pieno titolo, nel perimetro applicativo segnato dall'art. 270-bis c.p..
Concludendo, secondo il massimo organo nomofilattico, al fine di integrare i requisiti indispensabili per la configurabilità di una struttura associativa, riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 270-bis c.p., l'associazione deve esistere come struttura organizzata ed essere composta da persone che siano in grado di attuare condotte che abbiano “caratteristiche di materialità” e, cioè, che siano concretamente e significativamente idonee ad offendere gravemente, con effetti dalla portata disastrosa, gli interessi collettivi fondamentali di un Paese o di una organizzazione internazionale.