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Europa: verso una riforma dei Trattati? Cominciare a discuterne

di Giuseppe Bronzini
Direttore del sito www.europeanrights.eu presso la Fondazione Basso

Il Parlamento europeo, a seguito delle conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Unione, ha deciso di attivare la procedura di revisione dei Trattati: quali le revisioni necessarie? Occorre da subito una riflessione collettiva ad opera della sfera pubblica paneuropea, che sola, in alleanza con il Parlamento, può ridimensionare i ciechi egoismi nazionali.

1. La riforma dei Trattati oltre l’emergenza

Indubbiamente gli eventi dell’ultimo periodo hanno portato ad una bruciante accelerazione del dibattito paneuropeo sull’attuale idoneità delle regole dei Trattati per affrontare le crisi in corso e per offrire risposte credibili alla domanda di protezione e di promozione dei cittadini dell’Unione. La crisi economica internazionale del 2008 è stata per buona parte gestita attraverso una legislazione d’emergenza che ha dovuto anche attivare strumenti propri del diritto internazionale con nuovi Trattati (tipicamente quello del MES) al di fuori dell’architettura dell’Unione con meccanismi di attuazione dal timbro autoritario e repressivo degli aiuti agli stati indebitati, in plateale tensione con le proclamazioni della Carta dei diritti. In generale le politiche di austerity hanno esaltato il ruolo degli organi più di natura dell’Unione intergovernativa come il Consiglio europeo (egemonizzato dai paesi più solidi, soprattutto dal punto di vista finanziario) a scapito di quelli di natura sovranazionale come il Parlamento o la Commissione; in questa intervento non vogliamo di certo approfondire quanto questi “salvataggi” e, più in generale, questo raggelamento gerarchico nei rapporti tra gli stati abbia concorso a rafforzare i partiti euroscettici e i processi di caduta della fiducia popolare nel sistema nel suo complesso (che presuppone un minimo di solidarietà e di coesione tra gli attori di una costellazione istituzionale denominata “Unione”). 

Dopo il miglioramento della situazione economica internazionale continentale ed il salvataggio dell’euro si era cominciato a parlare molto timidamente (soprattutto in Francia ed in Germania) di introdurre qualche modifica nella trama dei Trattati, soprattutto sul lato della governance economica e nella direzione del completamento dell’Unione monetaria; nuove maggioranze integrate con la socialdemocrazia e poi appoggiate anche dai verdi e da altre formazioni non di destra, hanno portato dapprima con la Commissione Juncker e poi, in modo più deciso, con quella presieduta da Ursula von der Leyen, ad aprire verso l’irrobustimento del capitolo sociale dell’Unione attraverso il Pilastro sociale europeo ed a varare ambiziose strategie per la green economy e per la digitalizzazione dell’economia combinata con criteri più stringenti di inclusione e sostenibilità sociale[1]. Nel vecchio continente è stato avviato un intenso dibattito sulla regolazione delle nuove tecnologie ed in particolare dell’IA per rendere le loro attuazioni compatibili con i diritti fondamentali. La Corte di giustizia dal 2016 a partire dalla sentenza sui giudici contabili portoghesi ha connesso, in un crescendo rossiniano garantista, la tutela “anticipata” dei valori dell’Unione (art. 2 TUE) all’applicazione della Carta dei diritti e, in particolare, del suo art. 47 superando le impraticabili procedure dell’art. 7 (basate sull’unanimità). Il valore dello stato di diritto è stato così reso inaggirabile per lo meno sul versante dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura attraverso l’applicabilità diretta dell’art. 19 TUE che obbliga gli stati membri ad assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, il che presuppone -però -sistemi efficienti e rispettosi dei principi di terzietà del giudice in generale in ogni stato membro. L’ordinamento dell’Unione, così come interpretato dalla Corte, ha assunto una indubbia ulteriore coloritura costituzionale (implicita nelle norme della Carta) certamente eccedente i confini di un complesso di regole concernenti il mercato e la concorrenza come vorrebbero talune Corti costituzionali di alcuni paesi dell’Est che a questa vigorosa giurisprudenza si sono ribellati[2].

L’Avvocato generale Giovanni Petruzzella ha così sintetizzato questo passaggio in un recente saggio « l’ultima tappa nella costante evoluzione dell’Unione europea porta a configurarla come una “comunità di valori” che sono soprattutto quelli consacrati dall’art. 2 TUE tra i quali spicca quello dello “stato di diritto”. Dall’Europa del mercato si è passati all’Europa dei diritti per poi giungere alla comunità di valori, in un processo in cui ogni fase conserva ed arricchisce l’acquis della fase precedente»[3].

Da ultimo in risposta alla pandemia l’Unione ha varato un piano di aiuti agli stati con pochi precedenti (se non nel lontano Piano Marshall di matrice comunque USA) implementato con caratteristiche inedite e molto avanzate. Non solo prestiti (comunque concessi anche a fini meramente di sostegno sociale) ma anche erogazioni a fondo perduto, secondo il principio del bisogno dei paesi aderenti e non in proporzione della loro popolazione, erogati al di fuori degli schemi appena riformati del MES e sulla base di una condizionalità “buona” cioè progettuale e ricostruttiva non semplicemente ricavata dalla possibilità di solvibilità dei debitori (incentrata sulle catch words della transizione verde, digitale e della sostenibilità della sociale) ed addirittura di natura costituzionale come nella clausola sullo “stato di diritto” del regolamento di attuazione del Recovery. L’Unione si è spinta a mettere in campo l’attivazione di “risorse proprie” in modo da dispiegare al meglio la potenza di fuoco delle istituzioni sovranazionali; ha valorizzato alcune previsioni dei Trattati come l’art. 122 del TFUE (pensato per fronteggiare calamità naturali come le inondazioni, certo non una pandemia) come deroga all’arcigno 125 TFUE sul divieto di coprire i debiti pubblici nazionali, per superare la crisi dopo la sospensione del Patto di stabilità. Si è alluso, come detto, ad una nuova architettura dell’Unione, fondata sulla coesione tra gli stati membri e su politiche pubbliche capaci di realizzare obiettivi di rango continentale (progetti verdi, digitalizzazione dell’economia, nuovi lavori di alta qualificazione assistiti dalle tutele riconosciute dalla Carta dei diritti).

Infine il Regolamento europeo 2092/2020 condiziona l’attribuzione di risorse da parte dell’Unione, in specie quelle dei Fondi di coesione così come quelle erogate nel quadro del Recovery Plan, al rispetto dello stato di diritto nei suoi molteplici profili: i ricorsi di Polonia ed Ungheria per l’annullamento del detto Regolamento sono stati respinti dalla Corte di giustizia con due sentenze gemelle del 16.2.2022 sicché, agli inizi di Marzo, la Commissione ha potuto rendere note le sue Guidelines avvisando gli stati dei rischi che corrono nel calpestare i principi della rule of the law. E’ stata resa nota l’intenzione, in applicazione delle Guidelines, di chiedere al Consiglio europeo la sospensione dei fondi destinati all’Ungheria. 

Tuttavia il quadro raggiunto (“nel progresso” potremmo dire con il linguaggio dei Trattati) è ancora molto incerto ed instabile: il ”salto” normativo e strategico, forse praeter legem, utilizzando ogni margine creativo nelle pieghe dei Trattati, si è realizzato per l’emergenza nel modo più limpido ma non è detto che possa stabilizzarsi in nuove regole valide per nuove situazioni di crisi e per l’approntamento di politiche di interesse generale dell’Unione anche sul piano dell’investimento comune in “beni pubblici” di rilievo continentale. L’arcigno patto di stabilità è stato solo sospeso ma il fronte del rigore non sembra volersi arrendere; il vigoroso piano di attuazione del Social Pillar sembra avere difficoltà a guadagnare le prime conquiste normative con la proposta di salario minimo europeo stante anche la necessità, oggi, di aggirare la disposizione di cui all’art. 153.5 che inibisce l’Unione dall’adottare prescrizioni minime in tema di retribuzioni; le Corti costituzionali di Polonia, Ungheria e Romania contestano le decisioni della Corte di giustizia e negano il primato del diritto dell’Unione in materia di organizzazione giudiziaria, ritenendola materia di competenza nazionale, così come alcuni paesi scandinavi appaiono molto freddi sul punto dell’applicabilità diretta dell’art. 21 della Carta o delle stesse direttiva antidiscriminatorie e si potrebbe continuare. Peraltro, ma su questo non vorrei fermarvi rinviando a molti degli scritti nell’ultimo numero di questione giustizia trimestrale su “il diritto della guerra, le ragioni della pace” non solo il Covid ma lo stesso conflitto in Ucraina esercita una spinta oggettiva centripeta, verso una razionalizzazione e centralizzazione dei meccanismi decisionali essendo evidente ai più che solo un’Unione più salda e con regole più trasparenti, meno farraginose ed indecise, potrà avere una politica estera degna di questo nome e capace di assicurare un futuro di pace al vecchio continente liberando gli europei dalla sudditanza alle scelte della Nato.

 

 2. La svolta della Conferenza sul futuro dell’Europa

Una svolta nel dibattito se cambiare i Trattati, eventualmente come e quando, sembra essersi determinata con le conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa (CoFoE), proposta dal Presidente Macron, inaugurata il 9 maggio del 2021 e conclusasi il 9 maggio 2022 con la consegna del Report sulle proposte emerse dalla Conferenza a Strasburgo nelle mani dei tre Presidenti (quello di turno Macron, della Commissione von der Lyen e del Parlamento europeo Metsola). La Conferenza, partita piuttosto in sordina, ma molto più attiva nell’ultimo periodo ha definito 49 proposte divise in 9 macro-contenitori: cambiamento climatico, salute, una economia più forte, giustizia sociale e lavori, l’Unione nel mondo, valori e diritti, stato di diritto e sicurezza, trasformazione digitale, democrazia europea, migrazione, educazione, cultura, gioventù e sport. In realtà le proposte sono molte di più; ognuna di esse offre un ventaglio di iniziative per cui si richiedono oltre 320 interventi di varia natura all’Unione. Si tratta di richieste molto eterogenee tra loro, che vanno dall’affermazione di principi generali al suggerimento di politiche nell’interesse degli europei sino a radicali riforme dei Trattati con una rifinizione delle competenze tra stati ed Unione (in qualche caso persino con una diminuzione delle attribuzioni sovranazionali. Nel complesso i cittadini coinvolti (circa 700.000) sembrano aver chiesto un’Europa più forte, più capace di decidere e di promuovere politiche nell’interesse comune trascendendo gli angusti spazi degli egoismi nazionali[4]. Si tratta in ogni caso di quanto emerso direttamente dalla società civile (anche se un certo lavoro di riscrittura da parte di coloro che hanno coordinato la Conferenza è stato fatto) secondo una procedura aperta e molto innovativa in una sorta di spazio pubblico virtuale (attraverso una piattaforma ad hoc in 24 lingue) che non ha precedenti. 

Un dato politico istituzionale va subito sottolineato: su alcuni temi centrali come l’Europa sociale, la tutela dei valori e dei diritti nell’Unione, la trasformazione digitale o il cambiamento climatico le richieste dei cittadini sembrano ribadire, integrandole o chiedendone un rafforzamento, le grandi scelte compiute dall’Unione negli ultimissimi anni ed in corso di implementazione da parte della Commissione. In campo sociale si richiede un salario minimo paneuropeo con criteri di fissazione chiari e periodicamente aggiornabili; si prospetta l’introduzione di un diritto alla disconnessione per i lavoratori digitali (già oggetto di una proposta del parlamento europeo che sembra la Commissione voglia ora condividere), l’introduzione di un Protocollo sociale nei trattati nel caso di conflitto tra libertà economiche e misure sociali, un common framework per il reddito minimo garantito (a breve sul punto è prevista una Raccomandazione) etc. Ancora si suggerisce una tassazione dell’Unione per favorire investimenti su beni comuni europei o per i valori condivisi (green, digital e inclusione sociale), non lontano da quanto in concreto è già stato tentato con il Recovery. Si tratta di un riscontro importante per le scelte dell’ultimo periodo dell’Unione che mostrano di godere di un buon consenso se non altro sulle prospettive, se solo proviamo ad immaginare cosa sarebbe emerso se una simile consultazione fosse avvenuta negli anni della crisi greca e delle politiche di austerity. 

Più determinate alcune proposte sullo stato di diritto in cui si chiede l’universale applicabilità della Carta, con una Conferenza paneuropea annuale sulla sua implementazione, una condizionalità al suo rispetto anche laddove non siano in gioco interessi di bilancio e la possibilità di sanzionare direttamente le violazioni della rule of the law. Una conferma, questa, dell’operato della Corte di giustizia nell’interpretazione plausibilmente estensiva delle norme della Carta e nel collegamento, di cui si è già detto, tra difesa dei “valori” e l’enforcement della Carta. I cittadini europei non condividono le opzioni nazionaliste di tante Corti costituzionali e si riconoscono nel Bill of rights nazionale e nell’operato della Corte dell’Unione. Da sottolineare in materia elettorale le proposte di liste transnazionali e l’armonizzazione dei sistemi elettorali nazionali (per il PE) ed infine l’elezione diretta del Presidente della CE (o del candidato che ha preso più voti), così come si suggerisce, per il processo decisionale, il passaggio al voto a maggioranza qualificata su tutte le materie. Pertanto, nonostante i suoi evidenti limiti il Documento conclusivo della CoFoE[5] rappresenta certamente il primo, organizzato, atto di ascolto della sfera pubblica europea e non può essere semplicemente consegnato, per dirla con Marx, alla critica roditrice dei topi. 

In effetti il Parlamento europeo (protagonista nell’ultimo periodo di una rilancio attivistico e propositivo), ha immediatamente raccolto l’occasione con la Risoluzione del 5 maggio[6] nella quale invita a tenere nel debito conto delle proposte della Conferenza molte delle quali necessitano di una profonda revisione dei Trattati che comporti tra l’altro l’introduzione di un diritto di iniziativa legislativa in capo al Parlamento europeo, l’ abolizione dell’unanimità nel Consiglio, la semplificazione dell’architettura dell’Unione, una maggiore trasparenza e accountability nel processo decisionale (punti 11 e 12). Sul piano immediato il PE chiede alla Commissione di prendere sul serio le proposte dei cittadini e di studiarne forme di implementazione legislativa offrendo, come richiesto dalla Conferenza, il proprio supporto per un “modello di sviluppo sostenibile, inclusivo e resiliente”; auspica una piena attuazione del Pilastro sociale e il varo di un Social Progress Protocol[7], lo studio di strumenti di intervento a regime per mitigare la disoccupazione attraverso l’esempio del Recovery e dello SURE. Ma il punto qualificante della Risoluzione sta nella decisione come principale follow up della Conferenza di attivare la procedura di riforma dei Trattati ex art. 48 TUE (in forma non semplificata) invitando la Commissione sugli affari costituzionali a predisporre i necessari atti. 

Nel corso della chiusura solenne del 9 maggio della CoFoE a Strasburgo i tre Presidenti hanno convenuto che occorra rispondere adeguatamente alle richieste “dal basso”; la Commissione a breve (17 settembre) definirà un insieme di iniziative legislative come follow up della Conferenza e il Parlamento ha già adottato una Risoluzione, come detto, molto risoluta. Il Presidente francese[8] ha peraltro inserito l’appoggio al processo di revisione del Lisbon Treaty all’interno di un’ambiziosa visione strategica fondata sulle tre Europe: una comunità politica a 36 paesi (che quindi integrerebbe molti stati che oggi hanno fatto o intendono fare domanda di ammissione per la quale - ha detto Macron - i tempi sono comunque necessariamente lunghissimi) che avrebbe il compito di condurre politiche convergenti su settori specifici come i trasporti, l’energia, le infrastrutture etc. all’insegna della condivisione delle grandi opzioni valoriali, l’Unione europea riformata e dotata di nuove regole attraverso il processo di revisione ed un gruppo di paesi che intendono rendere più stretta la loro integrazione (un tempo definiti come stati pionieri), ben al di là dell’attuale cooperazione rafforzata. Una differenziazione istituzionale e politica che sembrerebbe voler conciliare la spinta per soluzioni para-federali («sovranità europea» nelle parole di Macron) con una volontà di unire pacificamente il continente anche con un accordo ragionevole con i paesi che rimarrebbero fuori dal perimetro delle 3 Europe. La proposta di Macron inoltre è stata saggiamente connessa anche ad un mutamento di prospettiva (almeno nelle dichiarazioni) dell’Unione nel conflitto in corso nei territori europei[9]; l’enfasi è così slittata dalla resistenza all’invasione alla ricerca di una soluzione di pace e di ricostruzione di un sistema di scurezza e di fiducia reciproca continentale (un simile mutamento di toni era stato anticipato da Draghi). 

 

3. Riformare i Trattati. Il ruolo della sfera pubblica

Il dado quindi è tratto; la decisione di attivare la procedura di revisione dei Trattati è stata presa e gode a quanto pare del consenso della Commissione, del Parlamento che l’ha deciso, dei maggiori tre stati membri, la Germania[10], l’Italia (cfr. il recente discorso a Strasburgo di Draghi) e ora la Francia. L’art. 48 del TUE prevede che il PE possa sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i Trattati e che, dopo la loro presentazione. il Consiglio europeo, previa consultazione del PE e della Commissione, adotti a maggioranza semplice una decisione favorevole all’esame delle modifiche proposte. A questo punto il Presidente del Consiglio convoca una convenzione di rappresentati dei parlamenti nazionali, di quello europeo e dei governi degli stati membri (sul modello delle convenzioni già tenute) che esamina i progetti ed adotta per consenso una raccomandazione ad una conferenza dei rappresentanti degli stati membri che delibera all’unanimità le modifiche da apportare, da ratificare poi da parte di tutti i paesi membri[11]. Si tratta di una procedura molto complessa e diretta nelle sue fasi cruciali dal Consiglio europeo e dal principio di convergenza tra gli stati. Soluzioni favorevoli ad una maggiore integrazione ed al recupero di temi e di principi propri del federalismo democratico del Manifesto di Ventotene può, allora, ragionevolmente contare soprattutto sulla ragionevolezza dei suoi argomenti che oggi sono crudelmente attualizzati dall’impotenza dell’Unione di fronte ad una guerra ai confini dei suoi territori e sul fatto che l’opinione pubblica e la società civile (i grandi partiti europei così come i grandi sindacati e le più importanti ONG ed i vari gruppi di pressione) appoggino questo salto necessario supportando le iniziative che i principali attori del gioco politico continentale hanno deciso di promuovere. Il lavoro da fare non è semplice però e necessità di uno sforzo collettivo non indifferente. 

a) Innanzitutto si tratta di chiarire, seguendo le indicazioni del PE, quali siano le più interessanti proposte della CoFoE che non implicano necessariamente la modifica dei Trattati e che si presentano come integrazione e rafforzamento delle politiche già intraprese dall’Unione (ad esempio inclusione sociale e diritti del lavoro, green economy e digital trasformation). I cantieri già aperti (a cominciare dal Recovery) devono comunque proseguire e realizzare al meglio gli obiettivi previsti integrandosi con nuove iniziative fattibili nell’immediato su cui hanno insistito i cittadini: l’attuale consenso alle scelte dell’Unione è un presupposto necessario per le riforme smussando i forti contrasti del passato e la convinzione di alcune arene politiche che in Europa ci siano vincitori e vinti (in un gioco a somma zero) e manchi un vero interesse generale comune. 

b) Andrebbero quindi il più possibile identificate le riforme inevitabili dei Trattati secondo un progetto unitario di una maggiore trasparenza e democraticità del sistema sovranazionale, ed anche di una sua efficacia decisionale, richieste emergenti anche dalla CoFoE. Sergio Fabbrini li ha indicati chiaramente nei suoi scritti sul sole24 ore ed anche nel suo ultimo volume[12]: tornano in gioco i rapporti tra Commissione, Parlamento, Consiglio europeo, Consiglio e stati membri in ordine ai rispettivi poteri decisionali (a cominciare dalla questione dell’unanimità) ed ai connessi principi di responsabilità politica. A ciò si aggiunge l’incandescente fronte della governance economica già oggetto di negoziati visto che, se non accadesse nulla, il Patto di stabilità tornerà a vigere con le collegate regole del semestre europeo (le legislazione sugli aiuti di stato sostituita pro-tempore dal temporary framework per la pandemia è già tornata operativa). L’elenco delle riforme imprescindibili andrebbe quindi discusso da subito in un dialogo ravvicinato e costruttivo con il Parlamento europeo impedendo che il gioco sia condotto dagli stati più forti.

c) Andrebbe approfondita adeguatamente l’idea di Macron[13] di una differenziazione nell’ambito di un unico blocco politico continentale tra le 3 Europe, diciamo a cerchi concentrici per riprendere un’espressione di Alain Supiot sulle tutele di welfare. Innanzitutto, a me sembra che le Europe siano almeno cinque. Che fine farebbe il Consiglio d’Europa (a 47 stati ora 46 dopo il ritiro della Federazione russa) e la sua influente Corte di Strasburgo che tanto peso ha avuto nell’edificare un ius commune sui diritti umani nel vecchio continente? E comunque che ruolo avrebbe l’eurozona, cioè i 19 paesi che hanno una moneta comune e regole specifiche nel settore economico-finanziario? Macron ha con forza ribadito che i paesi che vogliono progredire verso una Federazione non possono essere fermati a colpi di veto: che tipo di sbocco costituzionale può avere questa legittima aspettativa condivisa, a quanto pare, da Germania, Spagna, Portogallo, Belgio, Italia e qualche altro paese membro. Una così forte tensione verso quella che Macron chiama «sovranità europea» non sembra contenibile nel quadro concettuale ed istituzionale della cooperazione rafforzata anche se questo a sua volta dipende dai progetti che questo nucleo di stati pionieri vorrebbe intraprendere con una fusione di orizzonti politico- giuridici più intensa di quella consentita dai Trattati (ed a quanto pare anche dai Trattati una volta revisionati).

Questa chiarificazione collettiva appare indispensabile soprattutto se avvenisse quello che in molti temono e cioè che il processo di revisione possa essere bloccato dagli stati più scettici (che oggi contano anche sui governi dei paesi scandinavi, spesso di sinistra, molto dubbiosi sull’avvio del processo di cui abbiamo parlato). Un Documento di ben 13 stati è stato pubblicizzato proprio dopo la chiusura della CoFoE nel quale si manifesta una certa insofferenza per il salto di qualità richiesto in primo luogo da Macron nel processo di integrazione; basterebbe il voto di un altro stato ed il Consiglio europeo (che comincerà a discutere del tema il 23/24 Giugno anche per quella data difficilmente il PE avrà definito un suo progetto di revisione) potrebbe rifiutare di esaminare la futura proposta del Parlamento europeo. Si tratta di un’evenienza tutt’altro che improbabile. Tuttavia, la chiarificazione collettiva di cui abbiamo parlato servirebbe comunque per imporre l’Europa che vogliamo in quanto nel 2023 partirà la riflessione sulla nuova legislatura del Parlamento europeo (per il quale si voterà del 2024). Se il Consiglio si rifiuterà di seguire quello che hanno chiesto i cittadini nella Conferenza e quel che elaborerà il Parlamento europeo allora sarà inevitabile che spetterà a quest’ultimo riprendere le fila del discorso e dare un futuro alle aspettative degli europei: un nuovo Progetto di legame democratico- istituzionale e sociale capace di aggiornare quello redatto sotto la guida di Altiero Spinelli nel 1984 per vincere le sfide di oggi, facendo anche tesoro delle esperienze di cambiamento, anche quelle controverse, che sin qui si sono tentate. Un confronto collettivo ed il più possibile allargato è quindi necessario sin da oggi. Del resto non mi pare proprio che le dinamiche europee, anche quelle più tecniche giuridiche, sfuggano necessariamente alla discussione critica collettiva; nel 1999 Magistratura Democratica avviò al Convegno di Venezia un confronto sulle potenzialità garantiste della Carta di Nizza, seguita da altre correnti progressiste della magistratura e poi dalla stessa ANM che anticipò molti dei temi della successiva giurisprudenza continentale multilivello; con la Fondazione Basso il tema della costituzione europea è stato affrontato in innumerevoli Convegni, seminari e volumi portando ad individuare molti punti problematici delle dinamiche istituzionali e giuridiche europee ed a estendere in un vasto pubblico la convinzione della necessità di una svolta “costituzionale”. Durante i lavori della CoFoE su iniziativa del Movimento europeo e sotto la regia, determinata e competente, del suo Presidente Pier Virgilio Dastoli si è dato vita ad una Piattaforma di decine di associazioni, ONG, Enti di ricerca, gruppi parlamentari, regionali, locali, Comuni, Università etc. che hanno alimentato un confronto puntuale (per un intero anno) e sempre aggiornato su quanto stava accadendo nella Conferenza riuscendo in qualche caso anche ad orientarne la discussione (in Italia) secondo linee condivise. Gli anni della crisi internazionale e della gestione tecnocratica ed autoritaria di quegli eventi certamente hanno scoraggiato i meccanismi della partecipazione e della riflessione pubblica. Ma oggi sembra che qualcosa sia veramente cambiato a cominciare da un Parlamento che sta cominciando ad interpretare davvero il suo ruolo di organo di rappresentanza diretta (anche se con regole certamente migliorabili) della cittadinanza europea, una delle due radici, giova sottolinearlo- insieme agli stati del potere politico sovranazionale che chiamiamo Unione. Aiutiamolo e rendiamolo più forte con le nostre idee e con la nostra progettualità: nulla salus extra Europam


 
[1] Rimando al mio Il senso di Ursula per la solidarietà, in Questione giustizia online, https://www.questionegiustizia.it/articolo/il-senso-di-ursula-per-la-solidarieta-verso-un-welfare-paneuropeo

[2] Ricordiamo le tre cruciali sentenze, sui giudici contabili portoghesi del 27.2.2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses/Tribunal de Contas, C-64/16 (la sentenza apripista), sulle riforme giudiziarie polacche (5.11.2019, Commissione c. Polonia, causa-192/2018, poi seguita da altre) ed infine con la decisione sui giudici maltesi del 20.4.2021, Repubblika, C-896/2019 del 20.4.2021. Con queste decisioni, finalmente, si traccia un legame tra protezione dei valori, implementazione della Carta ed attuazione dei Trattati; come ricordano i punti 63 e 64 di Repubblika «il rispetto di uno stato membro dei valori di cui all’art. 2 costituisce una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei trattati a tale stato membro che non può modificare la propria normativa in modo da comportare una regressione della tutela del valore dello stato di diritto, valore che si concretizza in particolare nell’art. 19 TUE .. Gli stati membri sono tenuti a provvedere affinché sia evitata qualsiasi regressione». Ora la Corte ha in buona sostanza utilizzato il nuovo art. 19.2 di Lisbona «gli stati membri stabiliscono i rimedi giudiziari necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto UE» per radicare una competenza dell’Unione ( ex art. 51 della Carta) e reso cogente l’art. 19 secondo le disposizioni piuttosto specifiche dell’art. 47 sul giusto processo e sulla tutela effettiva. Come dice espressamente il dispositivo di Repubblika «ai fini dell’interpretazione di tale disposizione deve essere preso in considerazione l’art. 47 della Carta dei diritti» sicché gli ordinamenti giudiziari interni (da sempre considerati appannaggio degli stati) sono stati attratti nel campo di attenzione della Corte di giustizia poiché connessi all’applicazione del diritto dell’Unione. Viene, poi, in particolare rilievo la sentenza emessa dalla Grande sezione della Corte di giustizia il 16 Novembre 2021, WB, C- 748 sulla compatibilità con il diritto dell’Unione (art. 19.2 TUE) della normativa che consente al Ministro della giustizia polacco di distaccare giudici, anche di grado inferiore, a comporre collegi giurisdizionali penali, sulla base di criteri non predeterminati e per periodi analogamente non pre-fissati, con la possibilità per il Ministro di revocare in qualsiasi momento tale distacco, senza sia chiaro neppure se tale revoca sia impugnabile. Nel dispositivo si legge che «L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, letto alla luce dell’articolo 2 TUE, nonché l’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a disposizioni nazionali in forza delle quali il Ministro della Giustizia di uno Stato membro può, sulla base di criteri che non sono resi pubblici, da un lato, distaccare un giudice presso un organo giurisdizionale penale di grado superiore per un periodo di tempo determinato o indeterminato e, dall’altro, in qualsiasi momento e con decisione non motivata, revocare tale distacco, indipendentemente dalla durata determinata o indeterminata di quest’ultimo». Addirittura, aggiunge il dispositivo di questa sentenza, l’art.19 «va letto alla luce dell’art.2» nel senso che gli organi giudiziari nazionali sono preposti, attraverso l’implementazione del diritto dell’Unione (nel caso in esame della direttiva sulla presunzione di innocenza ed altre prerogative a carattere penalistico), a difendere anche il supremo “valore” dello stato di diritto in ogni stato membro. Questo nesso potente tra l’art. 19 TUE e art. 47 della Carta è stato costruito attorno ai principi di indipendenza ed autonomia dei giudici (rispetto a cui è stato aggiunto il principio di non regresso desumibile dall’art. 49 TUE- sull’adesione all’Unione- visto che l’accettazione dei valori di cui all’art. 2 è un presupposto per l’adesione), ma dovrebbe valere anche per tutte le altre prescrizioni dell’art. 47, anche quindi sul lato della tutela effettiva dei diritti derivanti dall’ordinamento sovranazionale. Repubblika ed anche prima le altre due sentenze costruiscono una competenza in astratto dell’Unione (i giudici devono essere affidabili per imparzialità in via generale, a prescindere se in concreto vengono a giudicare una controversia europea).

[3] G. Pitruzzella, L’Unione europea come “comunità di valori” e la forza costituente del valore dello stato di diritto, in Federalismi 15.12.2021.

[4] Cfr. M. Ferrera, Europa, le riforme necessarie (abbandonando l’unanimità), in Il Corriere della sera, 9 maggio 2022; P.V. Dastoli, S. Fabbrini, F. Kostoris, S. Micossi, V. Termini, Per l’Europa politica occorre un nuovo Trattato di Messina, in Ilsole24ore 4.5.2022.

[5] 8pl7jfzc6ae3jy2doji28fni27a3 (prod-cofe-platform.s3.eu-central-1.amazonaws.com)

[6] Testi approvati - Seguito da dare alla Conferenza sul futuro dell'Europa - Mercoledì 4 maggio 2022.

[7] Dal Documento non è chiaro di cosa si tratti; forse l’individuazione come obbligatori degli indicatori a carattere sociale nei piani nazionali annuali da parte degli stati nel quadro del cosiddetto semestre europeo, come suggerito a suo tempo da Draghi.

[8] https://www.astrid-online.it/static/upload/elys/elysee-module-19590-fr.pdf; cfr. anche l’editoriale di Le Monde dell’11.5.2022 Macron e l’Europe: l’audace de la puissance.

[9] Cfr. la traduzione in inglese dell’intervento di J. Habermas del 28.4.2022 sulle pagine della Süddeutsche Zeitung sui dilemmi degli occidentali in ordine al sostegno armato dell’Ucraina, in https://newsrnd.com/news/2022-05-07-to-what-extent-do-we-support-ukraine--habermas--the-great-intellectual--tackles-europe-s-dilemma.ryxNIyGEUc.html 

[10] Il cancelliere Olaf Scholz ha parlato di questa prospettiva all’atto di insediamento opportunamente indicando che le riforme dovrebbero portare ad un rafforzamento delle tutele dei diritti della Carta di Nizza e dei suoi principi.

[11] Il Consiglio può anche decidere che non sia necessaria la fase della Convenzione se l’entità delle modifiche richieste non lo giustificano.

[12] S. Fabbrini, Democrazia sotto stress: Europa, Italia, America, Ed. Il sole24 ore, 2022; cfr. anche il Documento del Movimento federalista europeo del Marzo 2022: L’Unione europea ed il ritorno della guerra. Proposte di riforma dei Trattati, leggibile nel sito del Movimento e F. Bugnoli, Europa e federalismo: quando la storia accelera, in Centro studi sul federalismo, leggibile https://www.csfederalismo.it/it/pubblicazioni/commenti/europa-e-federalismo-quando-la-storia-accelera.

[13] Che sembra riprendere quella del leader PD Letta della Confederazione europea. 

20/05/2022
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15/04/2024
Europa: verso una riforma dei Trattati? Cominciare a discuterne

Il Parlamento europeo, a seguito delle conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Unione, ha deciso di attivare la procedura di revisione dei Trattati: quali le revisioni necessarie? Occorre da subito una riflessione collettiva ad opera della sfera pubblica paneuropea, che sola, in alleanza con il Parlamento, può ridimensionare i ciechi egoismi nazionali.

20/05/2022
Dalle misure restrittive dell’Unione europea alla “guerra economica” nei confronti della Russia e della Bielorussia a seguito dell’invasione dell’Ucraina

Sommario: 1. Dalle misure individuali e settoriali alla “guerra economica” nei confronti della Federazione russa – 2. Le misure restrittive adottate tra il 2014 e il 2022 – 3. I cinque pacchetti di sanzioni adottate a partire dal febbraio 2022 – 3.1 Il primo pacchetto – 3.2 Il secondo pacchetto – 3.3 Il terzo pacchetto – 3.3.1 Le misure nei confronti dei media – 3.4. Il quarto pacchetto – 3.5 Il quinto pacchetto – 4. Gli investimenti esteri diretti russi e bielorussi: l’orientamento della Commissione – 5. Le misure restrittive nei confronti della Bielorussia – 6. Misure restrittive e tutela giurisdizionale – 7. L’attuazione delle sanzioni da parte degli Stati membri – 8. Osservazioni conclusive.

15/04/2022
La protezione temporanea per le persone in fuga dall’Ucraina in UE e in Italia: alcuni profili critici

Milioni di persone in fuga dalla guerra in Ucraina stanno raggiungendo l’Europa e l’Italia. Per fornire loro immediata protezione, l’Unione europea ha applicato, per la prima volta dalla sua adozione nel 2001, la Direttiva sulla Protezione Temporanea. Questo contributo mira a delineare i principali tratti di questo strumento al fine di valutare la portata applicativa della protezione temporanea a livello europeo e nazionale, i relativi benefici nonché i profili critici.

31/03/2022
Magistratura democratica ricorda David Sassoli

La testimonianza di David Sassoli: «L'Europa deve ritrovare l'orgoglio del suo modello democratico. Dobbiamo fermamente desiderare che questo modello di democrazia, di libertà e di prosperità si diffonda, che attiri, che faccia sognare e non solo i nostri stessi concittadini europei, ma anche al di là delle nostre frontiere».

12/01/2022