Il parere N. 25 (2022) del Comitato Consultivo dei Giudici Europei, adottato a Strasburgo il 2 dicembre 2022, è dedicato alla Libertà di espressione dei giudici. Il parere, reperibile sul sito del CCJE www.coe.int/CCJE nelle versioni inglese e francese, è articolato su una Introduzione di 78 punti e si conclude con 7 Raccomandazioni. Il Comitato Consultivo dei Giudici Europei è una istanza consultiva del Consiglio d’Europa costituita nel 2000; attualmente vi sono rappresentati 46 Stati membri. Il diritto ad un tribunale indipendente e imparziale è proclamato dall’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. L’azione del CCJE mira a promuovere l’attuazione di questo diritto al fine di rafforzare il primato del diritto e la protezione effettiva dei diritti dell’uomo negli Stati democratici.
Il parere n. 25 è il frutto conclusivo di una elaborazione preliminare da parte di un gruppo di lavoro ristretto, nel quale è rappresentata la magistratura italiana. Come emerge dalla dettagliata esposizione della Introduzione, i principi e le prassi sul tema della libertà di espressione dei giudici sono alquanto differenziati nei paesi membri del Consiglio d’Europa tra sottolineatura del riserbo e del restraint e valorizzazione del contributo che i giudici possono fornire nel dibattito pubblico sui temi di giustizia. Per questo è particolarmente apprezzabile il punto di equilibrio espresso nelle raccomandazioni. Non sfuggirà poi il ripetuto richiamo e valorizzazione del ruolo svolto non solo dai Consigli Superiori o Consigli di Giustizia, ma anche dalle libere associazioni di magistrati.
In tutti i paesi europei esistono associazioni di magistrati e, quasi sempre, più di una. L’associazionismo dei magistrati non solo si fonda su un diritto fondamentale di libertà dei magistrati, ma è stato anche incoraggiato come elemento di crescita della coscienza professionale.
Nella Magna carta dei giudici approvata nel 2010 dal Consiglio Consultivo dei Giudici Europei (CCJE) il tema è affrontato all’art.12: «I giudici hanno diritto di aderire ad associazioni di magistrati, nazionali o internazionali, con il compito di difendere la missione della magistratura nella società». La Raccomandazione (2012) 12 del Comitato dei ministri del consiglio d’Europa all’art. 25 detta: «i giudici devono essere liberi di formare o aderire a organizzazioni professionali che abbiano come obbiettivo di difendere la loro indipendenza, proteggere i loro interessi e promuovere lo stato di diritto»[1].
Con riferimento alla situazione dei Paesi dell’Europa dell’est dopo la caduta del muro di Berlino e come reazione alle associazioni “ufficiali”, “di regime” dei magistrati, si è molto insistito sul concetto di libere associazioni, aprendo la strada ad una molteplicità di associazioni nell’ambito di uno stesso Paese e dunque al pluralismo ideologico. Il Consiglio d’Europa si è adoperato nell’Europa centrale e dell’est per incoraggiare la formazione di libere associazioni di magistrati. In molti paesi, Francia, Spagna. Belgio, Polonia e Germania, sono attive diverse associazioni di magistrati; ovviamente queste associazioni concorrono alle elezioni dei vari Consigli superiori o Consigli di giustizia. Altrettanto ovviamente, ove vi è stata una stretta autoritaria, le associazioni di magistrati sono malviste, fino all’estremo della Turchia con lo scioglimento di una associazione e l’incarcerazione del suo presidente. La peculiarità italiana non è l’esistenza di una pluralità di associazioni di magistrati, le cosiddette “correnti”, ma il fatto che l’Italia è oggi uno dei pochi paesi in Europa ad avere un’associazione nazionale di magistrati, che in sostanza è una federazione di diverse associazioni.
Anche a livello europeo, Unione Europea e Consiglio d’Europa sono attive diverse associazioni di magistrati, giudici e pubblici ministeri Medel (Magistrats Européens pour la Démocratie et les Libertés), AEAJ (Association of European Administrative Judges), EAJ (European Association of Judges) e Judges for Judges
Libertà di espressione dei giudici. Raccomandazioni
1. Il giudice fruisce del diritto alla libertà di espressione come ogni altro cittadino. In aggiunta a questa legittimazione individuale del giudice, i principi della democrazia, della separazione dei poteri e del pluralismo esigono che i giudici siano liberi di prendere parte nei dibattiti di interesse pubblico specialmente con riguardo alle materie che concernono l'amministrazione della giustizia.
2. In situazioni in cui la democrazia, la separazione dei poteri o lo stato di diritto siano sotto attacco i giudici devono manifestare fermezza e hanno il diritto di parlare in difesa dell'indipendenza giudiziaria, del sistema costituzionale e del ristabilimento della democrazia sia a livello nazionale che a livello internazionale. Questo include punti di vista ed opinioni su questioni politicamente sensibili e comprende l’indipendenza interna ed esterna di ciascun giudice e del potere giudiziario in generale. I giudici che si esprimono per conto di un Consiglio di giustizia, di un'associazione giudiziaria o di altri corpi rappresentativi della magistratura godono di una più ampia possibilità di intervento a tale riguardo.
3. Oltre alle associazioni dei giudici, ai Consigli di giustizia o ad ogni altro corpo indipendente, ciascun giudice ha il dovere etico di illustrare al pubblico il sistema di giustizia, il funzionamento dell'amministrazione giudiziaria e i suoi valori. Migliorando la conoscenza, la trasparenza e aiutando il pubblico ad evitare errori di comprensione, i giudici possono concorrere a promuovere e preservare la fiducia del pubblico nell'attività giudiziaria.
4. Nell’esercitare la loro libertà di espressione i giudici devono tener conto delle loro specifiche responsabilità e dei loro doveri nella società; devono quindi esercitare restraint nell'esprimere i loro punti di vista e opinioni in ogni circostanza in cui, dal punto di vista di un osservatore ragionevole, le loro dichiarazioni potrebbero compromettere l’indipendenza o imparzialità e la dignità del loro ufficio o mettere in crisi l’autorevolezza del potere giudiziario. In particolare, devono evitare commenti sul merito dei casi che stanno trattando. I giudici devono altresì preservare la riservatezza dei procedimenti.
5. Come principio generale i giudici devono evitare di essere coinvolti in controversie politiche. Anche dove è consentita l’appartenenza a un partito politico e la partecipazione al dibattito politico, è necessario che i giudici si astengano da ogni attività politica che possa compromettere la loro indipendenza e imparzialità e la fiducia nel sistema giudiziario.
6. I giudici devono essere consapevoli dei vantaggi, ma anche dei rischi della comunicazione sui media. Al riguardo il sistema giudiziario dovrebbe prevedere una formazione dei giudici per l’intervento sui media, che possono essere utilizzati come un eccellente strumento per la sensibilizzazione del pubblico. Nello stesso tempo i giudici devono essere resi coscienti che ogni loro intervento sui social media rimane permanente, anche dopo che sia stato cancellato e può essere liberamente interpretato oppure citato fuori del contesto. Gli pseudonimi non possono coprire un comportamento online contrario all'etica. I giudici devono astenersi dall’ inviare qualunque messaggio che possa compromettere la fiducia del pubblico nella loro imparzialità o confliggere con la dignità del loro ufficio o dell'ordine giudiziario.
7. Regole o codici di condotta sulla libertà di espressione dei giudici e su ogni limitazione al riguardo devono essere adottati dagli stessi giudici o dalle loro associazioni[2].
[1] E’ ora in fase finale la elaborazione del Parere n.23 (2020) del Consigliop Consultivo dei Giudici Europei (CCJE) intitolato Il ruolo delle associazioni dei magistrati a sostegno dell’indipendenza della giustizia.
[2] Traduzione non ufficiale a cura di Edmondo Bruti LIberati.