Documento 1/2022 dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia in tema di libertà d'informazione
Insieme all'articolo di Riccardo Sorrentino, pubblichiamo il documento 1/2022 dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia in tema di libertà d'informazione
Insieme all'articolo di Riccardo Sorrentino, pubblichiamo il documento 1/2022 dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia in tema di libertà d'informazione
1. La sessione di apertura - 2. L’istruttoria del Tribunale - 3. I principi guida del giudizio del Tribunale (a cura di Nello Rossi) - 3.1. La libertà di stampa svolge un ruolo decisivo per la qualità della vita delle persone e, in molti casi, per la loro stessa sopravvivenza - 3.2. La libertà di stampa è indispensabile per l’esistenza di una democrazia effettiva - 3.3. La sicurezza e la libertà dei giornalisti sono una garanzia essenziale per tutti i cittadini e devono essere protette in ogni parte del mondo - 3.4. Messico, Sri Lanka, Siria: i tre casi estremi oggetto del giudizio del Tribunale - 4. Summary della sentenza (in lingua inglese)
Sommario: 1. La capacità permeante dei diritti umani nella giurisprudenza inglese e la persistente rilevanza della giurisprudenza europea - 2. Il primo procedimento giudiziario inglese riguardante Julian Paul Assange - 3. La richiesta di estradizione di Julian Paul Assange da parte del governo statunitense all'autorità giudiziaria inglese: il procedimento davanti alla Magistrates' Court - 4. Il rinnovato clima culturale in tema di estradizione nella cultura giuridica di common law - 5. Il procedimento in grado di appello dell'autunno del 2021 davanti alla High Court - 6. Concise riflessioni finali.
La decisione di estradare Julian Assange negli Stati Uniti, seguita al vaglio della Magistratura che non ha ravvisato alcuna condizione ostativa alla consegna, è il previsto epilogo di un caso complesso che affronta il tema dei limiti alla libertà di informazione nel suo aspetto più importante, l’esposizione degli abusi dei governi per consentire l’esercizio della critica e del dissenso. È anche l’occasione per verificare i limiti alla repressione penale, quando è motivata dall’interesse dello Stato alla sua difesa e integrità, per la cui tutela si impongono vincoli di segretezza alle informazioni. Per aver diffuso documenti riservati che hanno rivelato i crimini inconfessabili della democrazia, l’azione penale contro Assange, attraverso strumenti giuridici che richiamano anche letteralmente il diritto penale del nemico, è diretta a reprimere comportamenti che sono il pane quotidiano del giornalismo, con evidenti effetti di deterrenza per iniziative che oltrepassino i limiti di compatibilità fissati dai governi. La vicenda espone anche il volto brutale di un sistema penale che non esita a ricorrere a trattamenti inumani e degradanti, nel nome di quella stessa democrazia che garantisce sempre più selettivamente i diritti proclamati come universali.
Sin dall’avvio del regime repubblicano, il percorso legislativo sul posizionamento del pubblico ministero nell’ordinamento e sulle prerogative del Procuratore della Repubblica, nelle sue funzioni apicali, si è rivelato non privo d’ambiguità. Il Consiglio Superiore della Magistratura, con i suoi poteri di normazione secondaria, nel tentativo di ricucire talune contraddizioni del tessuto legislativo, ha provato a valorizzare, in particolare nella fase successiva alle riforme del 2006, letture coerenti ai principi della Costituzione. Ne sono derivati segnali ritenuti meritevoli d’attenzione nelle recenti scelte compiute dal legislatore. Con la legge n. 134 del 27 settembre 2021 il governo è stato, infatti, delegato ad “allineare la procedura di approvazione dei progetti organizzativi delle procure della Repubblica a quella delle tabelle degli uffici giudicanti”. Nel disegno di legge delega AC-2681 vengono almeno in parte riprese alcune soluzioni elaborate dal CSM (accentuazione del principio di collaborazione tra gli uffici, contenuto minimo del progetto organizzativo). Dietro tali consegne al legislatore delegato, si delinea la possibilità di raccordare in termini più pregnanti gli assetti organizzativi di uffici inquirenti e giudicanti nei settori di comune interesse, di declinare le funzioni dei dirigenti in armonia con il percorso tracciato in sede di elaborazione normativa del CSM, in termini conformi alla Costituzione. L’elaborazione normativa in corso, tuttavia, appare poco lineare, probabilmente disturbata da pregiudizi “ideologici” sul ruolo del pubblico ministero, cosicché i suggerimenti proposti spesso si rivelano tra loro contraddittori. Se, ad esempio, la verifica del progetto organizzativo rimessa al CSM, induce a ritenere che più facilmente si possa conseguire il risultato di indirizzare il dinamismo operativo delle Procure della Repubblica al recupero in chiave moderna del senso del diritto e del processo penale, l’intromissione del Ministro di Giustizia, cui si vuol attribuire la facoltà di osservazioni al progetto organizzativo, i conseguenti potenziali conflitti con l’autorità giudiziaria, l’accentuazione di percorsi professionali definitivamente differenziati tra pm e giudici potrebbero, almeno in astratto, vanificare (se non porsi in contraddizione con) tale spunto di modernità con l’inganno di risolvere la problematicità dell’assetto ordinamentale del pubblico ministero nella sua separazione dal giudice.
I video del caso Bossetti suscitano severe riflessioni sul processo mediatico e sulla libertà della stampa di sottoporre a critica l’operato degli inquirenti