Magistratura democratica
Magistratura e società

Dal Vangelo secondo Luca. Note semiserie su alcune Verità e Misteri del libro intervista “Il Sistema”

di Massimo Michelozzi
magistrato

Dopo tante serie e doverose riflessioni sulle vicende rivelate dalle indagini perugine e sulle interessate deformazioni della storia della magistratura e della giurisdizione contenute nel libro di Palamara e Sallusti, c’è spazio per ripercorrere, sul filo dell’ironia, molte delle stupefacenti affermazioni disseminate nel volume

Nel rinviare, per una critica seria al Libro di Palamara – Sallusti alle analisi svolte nei documenti di Md ed agli scritti pubblicati su Questione Giustizia si propongono qui note semiserie su alcune Verità ed alcuni Misteri presenti nel Libro.

Chi è interessato solo agli intrighi narrati nello stile “era una notte buia e tempestosa…”, chi ritiene che Palamara abbia ragione a prescindere perché tutte le nomine sono frutto del “magna magna” (da quelle di Rocco Chinnici, Paolo Borsellino, Gian Carlo Caselli, Agostino Caponnetto, Francesco Saverio Borrelli a quella dell’ultimo semidirettivo del Tribunale di – mettere il nome di un Circondario a caso…tanto “è tutto un magna magna”), può fermarsi qui.

Per gli altri lettori un’avvertenza: anche se sembreranno incredibili, tutte le citazioni sono testuali, quindi ci si asterrà, anche nei casi più eccessivi, dall’apporre il doveroso “(sic)”.

 

17, 21-26 [1]

La Prima Verità: il giogo

«Parla oggi, parla domani, mi convinco che è giunta l’ora di ribaltare il tavolo e liberarsi del giogo della sinistra giudiziaria o, più correttamente, del massimalismo giustizialista, un sogno che inseguivo da sempre ma che non avevo mai avuto l’occasione di realizzare».

Dove, finalmente, ahimè solo nell’A.D. 2021, si scopre l’orrendo giogo. Ma non si scopre in cosa lo stesso consistesse. Né chi vi fosse sottomesso: l’intera magistratura? tutti i magistrati non iscritti alle correnti di sinistra? il popolo italiano tutto? 

Né si scopre come diavolo potesse esercitarlo il «massimalismo giustizialista» che, al più avrebbe potuto riguardare la giurisdizione, non certo la magistratura.

Né si scopre da quando esistesse tale infelice condizione della magistratura soggiogata. Dalla data di ingresso in magistratura di Palamara (15 dicembre 1997)? Da prima? Da sempre? 

Per restare in ambito CSM, sicuramente non nella consiliatura 1972-1976 in cui Magistratura Indipendente, grazie alla legge elettorale allora vigente, ottenne quasi tutti i componenti togati. Difficilmente anche nelle consiliature seguenti compresa quella 1998-2002, nelle quali Magistratura democratica ebbe da un minimo di 2 consiglieri (consiliature 1976-1981, 1981-1986) ad un massimo di 5 (consiliature 1994-1998, 1998-2002). Anche dalla consiliatura 2002-2006 (a partire dalla quale il CSM operò nella nuova composizione di 24 consiglieri a norma della legge n. 44 del 2002) i consiglieri di Magistratura Democratica e quelli del Movimento-Art. 3, che operarono unitariamente, prima di fatto, per poi riunirsi nell’unica componente “Area” (in seguito divenuta “Area democratica per la giustizia”), così ampliandosi la temibile «sinistra giudiziaria», non superarono mai il numero complessivo di 8 (ma ciò solo nella consiliatura 2002-2006; in quella attuale sono espressione di Area democratica per la giustizia 5 consiglieri).

Dunque, una, per dirla alla Palamara, «sinistra giudiziaria» per lunghi anni decisamente minoritaria e, comunque, mai maggioritaria tra i consiglieri togati.

Naturalmente, però, c’erano le alleanze tra le componenti che facevano riferimento ai gruppi della magistratura associata e di queste con i laici, e le conseguenti maggioranze nelle votazioni per le nomine, e questo avebbe potuto influire sul reale “potere” della temibile «sinistra giudiziaria». 

Lo vedremo parlando della Seconda Verità.

 

17, 26-27; 18, 10-14 

La Seconda Verità: la prima volta

«Il battesimo del fuoco è la scelta del presidente del Tribunale di Firenze, corre l’anno 2015. (…) il 3 novembre 2015, al plenum del Csm, per la prima volta noi di Unicost e Magistratura indipendente votiamo insieme contro la candidata della sinistra: Marilena Rizzo viene nominata presidente con 14 voti contro i 10 della Civinini».

Dove si scopre, per una nomina, una maggioranza formata da Unicost e MI (più qualche laico, ma di quelli non ne parla mai nessuno: le colpe - perché solo di colpe si può parlare essendo, come noto, tutte le nomine frutto del “magna magna” - sono sempre e solo delle perfide “correnti della magistratura”). 

Ma è proprio la prima volta che Unicost, sotto l’eroica guida di Palamara, osa votare contro la “sinistra” (all’epoca: Area) alleandosi con Magistratura indipendente? Lasciamo parlare i numeri: nel biennio 2014-2015 le nomine deliberate con maggioranza Area + Unicost furono 6; quelle deliberate con maggioranza Area + MI 11, quelle deliberate con maggioranza Unicost + MI 15. 

Perciò, no, non era proprio la prima volta. Al contrario, ben frequenti erano le nomine frutto di alleanze diverse.

Anzi, negli anni ’80 e ’90 frequenti, in tema di nomine, erano le maggioranze formate da Unità per la costituzione, MI e laici di destra, tanto che si parlava di “regola del 17” a significare il ripetuto operare di tale maggioranza che raggiungeva, appunto, il numero di 17 consiglieri (all’epoca essendo il CSM composto da 30 membri).

Ma anche successivamente, perfino nella consiliatura 2002-2006, in cui, come visto, MD e Movimento avevano 8 consiglieri (la metà dei membri togati in un CSM composto da 24 membri a seguito della legge n. 44 del 2002), spesso, nelle nomine, le due correnti (e, in seguito, Area) rimanevano soccombenti di fronte all’alleanza Unicost-MI-laici di destra.

Senza, ovviamente, da tali dati inferire alcunché sul merito delle scelte frutto delle diverse maggioranze di volta in volta determinatesi.    

Maggioranze che, come visto, nell’ambito delle nomine, si formavano (e si formano), caso per caso, in maniera variabile, per non parlare dei non rari casi in cui le nomine avvenivano (ed avvengono) all’unanimità.

Prima di passare alla Terza Verità conviene, ora, affrontare alcuni Misteri. 

Non ci attarderemo su alcuni Misteri Apparenti (21, 24-27; 216, 6-7; 127, 1-4) relativi a date e denominazioni di partiti non del tutto congruenti con quanto risulta dalla storia ufficiale (ma, si sa, la storia ufficiale è scritta dai vincitori; quella di cui ci occupiamo qui, invece, è la storia per la prima volta scritta dalla parte dei soggiogati, dei vinti, dei sommersi, come capiremo meglio parlando della Madre di tutte le Verità).

Eppoi, probabilmente trattasi di banali sviste, giustificabilissime a fronte dell’immane e mai sufficientemente lodato compito di scrivere la vera, unica, inedita “storia segreta della magistratura italiana”.

Due, però, Misteri appaiono, e tali, irrisolti, rimangono agli occhi dei magistrati tutti e dei loro familiari, giustamente interessati alle destinazioni ed ai trasferimenti dei loro cari.      

 

50, 1-8 

Le Sedi Agiate 

(Si parla della prima sede di servizio di Luca Palamara)

«…nel 1996 supero il concorso e il 15 dicembre 1997 inizio la mia avventura in magistratura. A differenza di tanti miei colleghi che oggi si battono il petto, non chiedo una raccomandazione al politico di turno per svernare a Roma in qualche commissione parlamentare, ma scelgo come prima destinazione la procura di Reggio Calabria, allora classificata come sede disagiata.»

Dunque, agli uditori giudiziari, come prima destinazione, si offriva (si offre, ancora adesso, ai M.O.T.?), oltre alla nota alternativa tra sedi ordinarie e sedi disagiate, anche la possibilità, previa raccomandazione, di accedere alle Commissioni parlamentari?

C’è chi ne dubita. Ma che importa di fronte alle Verità?

 

53, 24-26; 54, 1-5 

Il Posto che non c’è ma si libera

(Si parla del trasferimento di Luca Palamara da Reggio Calabria a Roma)   

«…io chiedo il trasferimento a Roma. La domanda viene respinta: non ci sono posti liberi, se voglio possono dirottarmi sulla procura di Tivoli. Io ci penso una notte e rispondo “no grazie”. Ma quando già dispero arriva una telefonata.

Mi lasci indovinare: Spataro?

“Caro Luca”, mi dice “quel posto a Roma per te si è liberato, auguri e buon lavoro”».

Allora, così funziona? Il magistrato che vuole traferirsi di sede chiede il posto da lui preferito. Quello preferito non c’è. Gliene propongono uno in sede vicina. Lui rifiuta sdegnosamente. Un potente fa liberare il posto desiderato (previa soppressione o cacciata del collega che lo occupa?).

Altro che bollettone con i posti vacanti, domande, punteggi e parametri matematici… 

Averlo saputo prima! 

Per non farci il sangue amaro, torniamo alle Verità esaminando la Terza Verità.

Consapevoli, però, che stiamo per entrare nell’Impero del Male, nel luogo dove originano tutte le peggiori trame eversive: la Procura della Repubblica.  

 

96, 13-27; 97, 1-3; 93, 6-18; 115, 23-26; 116, 1-3; 228, 14-17 

La Terza Verità: Procura vituperio delle genti 

 

(1) La Velina

«Ci sono inchieste che partono in flagranza di reato, altre su denuncia di una delle parti, altre da verifiche fiscali o da tronconi di indagini precedenti. Ma molte partono dalla cosiddetta “velina”, cioè una soffiata, una segnalazione anonima più o meno verosimile, spesso confezionata dai servizi segreti o da faccendieri interessati a una certa partita. Quando arriva sul tavolo di un magistrato, la velina può essere cestinata o passata alla polizia giudiziaria per fare delle verifiche, le quali danno origine a un documento chiamato “informativa”, che il magistrato può cestinare, o tenere nel cassetto o trasformare in un fascicolo giudiziario: ovvero, aprire un’indagine vera e propria. Diciamo così: l’esito di questo percorso e la rapidità della sua esecuzione, più che dalla bravura del magistrato, dipendono dal nome del soggetto “attenzionato”, per dirla in gergo, e da quanto il sistema nel suo complesso sia disposto ad appoggiare e proteggere l’operazione».

Dove si scopre il vero funzionamento delle Procure d’Italia.

Fondato sulle veline.

Condizionato dai servizi segreti.

Gestito da magistrati felloni che, nella totale impunità, fanno quotidiano strame del codice di procedura penale, delle circolari del CSM, dei criteri organizzativi di ciascuna Procura.

Praticamente un’associazione per delinquere finalizzata alla continuativa commissione di reati tra i quali: abuso d’ufficio, rifiuto di atti d’ufficio, favoreggiamento personale, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, soppressione, distruzione e occultamento di atti veri. Nonché dedita a commettere un imprecisato numero di illeciti disciplinari.

Ma uno si chiede: perché tanta criminosa protervia nei Procuratori, Aggiunti, Sostituti tutti d’Italia?

Pura gratuita cattiveria?

Lo scopriremo quando prenderemo in esame La Madre di tutte le Verità. 

            

(2) Il Gruppo di Fuoco

«Un procuratore della Repubblica in gamba, se ha nel suo ufficio un paio di aggiunti e di sostituti svegli, un ufficiale di polizia giudiziaria che fa le indagini sul campo altrettanto bravo e ammanicato con i servizi segreti, e se questi signori hanno rapporti stretti con un paio di giornalisti di testate importanti – e soprattutto con il giudice che deve decidere i processi, frequentandone magari l’abitazione… Ecco, se si crea una situazione del genere, quel gruppo e quella procura, mi creda, hanno più potere del Parlamento, del premier e del governo intero. Soprattutto perché fanno parte di un “Sistema” che lì li ha messi e che per questo li lascia fare, oltre ovviamente a difenderli».

Dove si scopre l’onnipotente sporca (mezza) dozzina, che opera nella generale, pavida e colpevole, acquiescenza di migliaia di magistrati, cancellieri, personale delle Sezioni di Polizia Giudiziaria.  

 

(3) Inchieste: ora sì ora no

«…il potere delle procure a volte è quello di fare un’inchiesta partendo da una velina e di tirarla per le lunghe, altre di non farla pur davanti all’evidenza dei fatti concreti. Soprattutto se la grande stampa (…) gira la testa dall’altra parte o minimizza e i partiti di sinistra pure».

Dove si scopre, ancora una volta, l’incontrollato potere delle Procure, di fronte al quale nulla possono (o, peggio, vogliono) giudici per le indagini preliminari, persone offese, persone sottoposte alle indagini, Procure generali, ai quali qualche strumento di controllo sull’operato dei pubblici ministeri il codice di procedura penale sembrerebbe concedere.

Per non parlare dei poteri in materia disciplinare del Ministro della giustizia e del CSM. 

Uno, soprattutto se avesse qualche minima nozione di procedura penale, potrebbe non crederci.

 

(4) Il Procuratore della Repubblica: la Procura sono io

(Si parla degli effetti della “riforma Castelli” dell’ordinamento giudiziario del 2006)

«Il procuratore capo diventa il responsabile unico, che distribuisce e revoca deleghe ai sostituti e assegna le inchieste in modo arbitrario».

E come altro potrebbe essere in quella sentina di tutti vizi che sono le Procure?

Composte da Sostituti che, sottomessi e proni, silenti soggiacciono a tutti i più capricciosi e stravaganti voleri del Capo.   

Ancora una volta, uno, soprattutto se avesse qualche minima nozione di ordinamento giudiziario e di circolari del CSM, potrebbe dubitare. 

Per salvarci da sacrileghe miscredenze, conviene, dunque, affrontare La Madre di Tutte le Verità. 

  

45, 14-17

La Madre di Tutte le Verità: il Sistema.

 

(1) Il Dogma

«(…) è esistito ed esiste un sistema, ripeto questa parola, “Sistema”, che va oltre Palamara e che ha condizionato tutte le nomine.

E anche le inchieste?

Se vuole glielo racconto».

Dove il primo impatto con il Dogma è, certo, traumatico.

Che dire, infatti, davanti ad un termine così evocativo, indiscutibile, inafferrabile, così idoneo a rendere l’ineffabile Entità?

Di fronte al quale mostrano tutta la loro inadeguatezza altri termini, in auge tra i più coraggiosi e radicali critici del (mal)funzionamento del governo autonomo della magistratura, quali “cupola”, “Lautogoverno”, “metodi mafiosi”, “capi bastone”, “compagni di merende”, “sodali”.   

Superato, comunque, l’iniziale smarrimento, per penetrare nella profondità del Dogma, occorre cercare di capire, innanzitutto, se l’Entità abbia una consistenza anche materiale, fisica, cioè si possa dire se e da chi è composta.

Per poi capire cosa faccia, come operi, quali siano gli effetti del suo agire.

Per farlo si esamineranno i passaggi del Libro in cui si parla del Sistema.

Parlando di Cosimo Ferri, e riferendosi all’anno 2015, si dice: «…la sua corrente di destra fino a quel punto era stata tenuta, non dico fuori, ma ai margini del “Sistema” monopolizzato dall’asse tra la mia Unità per la Costituzione e la sinistra di Magistratura democratica». (17, 19-22)

Non indugiamo su dettagli quali il cessato, all’epoca, operare autonomo di Magistratura democratica che, dal 2010 in CSM, dal 2012 in ANM, operava in seno ad Area e la, diciamo, “discutibilità” dell’asserita “marginalità” della corrente di MI per le considerazioni svolte allorché si è esaminata la Seconda Verità.

Dunque, ante Palamara, il Sistema sembrerebbe costituito fondamentalmente dalle due correnti della magistratura associata Unicost ed MD.

Ma, se si prosegue nella lettura del Libro, si scopre che non è così.

Recita, infatti, il Libro: «…se non si capisce questo non si capisce il “Sistema”. Le correnti sono il centro del potere, quindi parliamo di quattro poteri in competizione tra loro – corrente di sinistra, Magistratura democratica, oggi Area; di centro, Unicost; di destra (non intesa come destra politica bensì conservatrice), Magistratura indipendente; movimentista vicina ai Cinque Stelle, Autonomia e Indipendenza – che attraverso elezioni interne alla categoria si ritrovano insieme a governare sia l’Associazione nazionale magistrati, l’organo sindacale, sia il Csm, l’organo di autogoverno». (55, 20-27; 56, 1-2) 

Più oltre si spiega, anche, che, in realtà, non esiste “un solo Sistema», ma «esistono più sottosistemi, che a volte si contrappongono e a volte si alleano dentro un unico grande sistema». (93, 20-24)

Nemmeno qui indugiamo su dettagli quali l’attuale denominazione di Area (Area democratica per la giustizia), l’oblio di una corrente (Movimento-Art. 3) che per lunghi anni ha operato nell’associazionismo e nell’autogoverno per poi confluire in Area, l’accostamento di AeI al M5S (?), la parificazione del “governo” dell’ANM, composta di soli magistrati, a quello del CSM, composto, anche di (attualmente otto) membri laici.

Ma, allora, il Sistema è quadruplice, essendo composto da tutte le correnti che ne costituiscono i sottosistemi?

Ahimè, sì.

Non si deve, però, cadere nell’errore di considerare le correnti tra loro eguali: una si staglia, che, anzi, si pone all’Origine stessa del Sistema.

«Magistratura democratica è l’embrione del sistema». (58, 19-20)

I passaggi che precedono la lapidaria affermazione lo spiegano. 

 

(2) L’origine del Sistema: il Peccato Originale

Si parla, qui, di Magistratura democratica spiegandone, con mirabile sintesi, l’ideologia di fondo ed il perverso condizionamento dell’intera magistratura (e della stessa vita politica italiana, come vedremo più oltre) conseguito alla sua nascita.

Quale è dunque l’abominevole pensiero di MD?

«…la magistratura ha il dovere, anzi l’obbligo (…) di fare politica per plasmare la società, insieme a un partito di riferimento – in quel caso il Pci – ma se necessario anche senza o addirittura oltre. Per fare questo devi formare una classe di magistrati indottrinati e piazzarli nei posti strategici per incidere sulla vita politica non attraverso leggi ma attraverso sentenze. Così nasce il “Sistema” delle nomine non per merito ma per appartenenza. (…) Magistratura democratica (…) è nata nel 1964 a Bologna, quando un insieme di magistrati ideologizzati si costituisce in gruppo organizzato all’interno della magistratura in stretta relazione con il Partito comunista, e questo condizionerà l’attività della categoria fino ai giorni nostri». (58, 3-20)             

Cerchiamo di rendere intelligibile questo passaggio, fondamentale nell’economia del Libro, ma, certo, di non facile lettura.

Sembrerebbe, ma è in corso in proposito un acceso dibattito tra gli storici, sia esistita un’età dell’oro della magistratura in cui tutte le nomine, come era buono e giusto, erano basate esclusivamente sul merito dei candidati.

Poi venne Magistratura democratica che mangiò il frutto avvelenato dell’albero della politica, fino ad allora sconosciuta ai magistrati (si dice che, alle elezioni, i magistrati che, appunto, nulla sapevano e capivano di politica, venissero accompagnati ai seggi elettorali dai familiari che, con amorevole pazienza, spiegavano loro come si faceva a votare).

Ad MD si aprirono gli occhi: bisognava cambiare la società e per farlo, da magistrati, occorreva collocare nei posti di comando i propri appartenenti, cosicchè, si dovrebbe dedurne, questi ultimi avrebbero poi costretto i sottoposti ad emettere sentenze utili al perfido disegno politico.

E fu il disastro.

La magistratura scoprì la politica.

La politica scoprì la magistratura.

Entrambe capirono, finalmente, l’apoftegma, che tutti ripetevano senza però afferrarne il significato, secondo il quale, come ricorda il Libro, «il procuratore di Roma vale come due ministeri» (236, 3-7).

E per la magistratura fu la perdizione eterna.

Nacque l’orrido Sistema delle nomine per appartenenza, al quale, per inconsapevolezza prima, per ignavia poi, infine per opportunismo, anche le altre correnti presero parte.   

 

(3) L’operare del Sistema: la Grande Lottizzazione

Facciamo un passo indietro, tornando al potere derivante alle correnti dal controllo di ANM e CSM.

«Il potere, quindi, non sta nelle sigle Anm e Csm ma nel controllo delle correnti che di quegli organismi decidono vita e opere, e spesso anche miracoli. Nomine, promozioni, punizioni… strumenti per orientare anche l’azione giudiziaria sul campo». (56, 2-8)

Il Libro svela, innanzitutto, la primaria occupazione del Sistema - lottizzare il lottizzabile – illustrandone la pervasività e scientificità e le criminali finalità con essa perseguite dalle correnti.

Andiamo con ordine.

Si comincia con il lottizzare i commissari dei concorsi per l’accesso in magistratura.

«…le correnti sono come una squadra di calcio: serve un buon vivaio, senza il quale non si va da nessuna parte. Non per nulla c’è la corsa, e non solo per il gettone economico, a fare il commissario nei concorsi per magistrati. A decidere è la terza commissione del Csm, cioè un organo lottizzato dalle correnti che a sua volta lottizza i commissari (…)».(59, 6-12)

Quale è il fine ultimo dalle correnti perseguito con sguardo acutamente proteso al futuro? 

«Ciò serve, non solo ma anche, a garantire le raccomandazioni». (59, 13-14)

Cioè: lottizzare oggi i commissari per lottizzare domani i futuri magistrati raccomandati. 

Si prosegue con la doppia lottizzazione: dei magistrati affidatari dei vincitori del concorso al loro ingresso in magistratura e di questi ultimi, ai primi affidati.

Il Libro spiega la scientifica metodologia di tale lottizzazione.

«L’obiettivo del “Sistema” è accaparrarsi il neomagistrato. Come? Facendolo iscrivere il prima possibile alla propria corrente. Funziona così: quando entri in servizio vieni affiancato per un certo periodo a un magistrato anziano e “chi va con chi” lo decide una commissione apposita in base ai rapporti di forza delle correnti. Se entrano in sessanta, trenta andranno a fare tirocinio da un anziano di Unicost, venti da uno di Magistratura democratica, dieci da uno di Magistratura indipendente». (60, 2-10)

Chiaro l’obiettivo: lottizzare gli affidatari per lottizzare i giovani magistrati. 

«E’ ovvio che, nel calcolo delle probabilità, questi ragazzi si iscriveranno alla corrente del loro tutor, soprattutto se questo spingerà in tal senso. E’ la linfa per alimentare il “Sistema” delle correnti, che anche per questo si battono per mettere uomini propri nelle procure più importanti e popolose, come Milano, Roma, Napoli, Palermo e Catania». (60, 10-16)

Viene qui disvelata una moderna riedizione, “correntile”, dell’antico “cuius regio eius religio” o della più antica servitù della gleba: il giovane magistrato resterebbe permanentemente legato alla corrente del proprio magistrato affidatario e vincolato al pensiero di quella.

Non viene spiegato come ciò avvenga. 

Si deve supporre un’implacabile opera di indottrinamento durante il periodo del tirocinio dei M.O.T., di certo incapaci di sottrarsi a tale condizionamento per giovine età ed inesperienza.

Con, peraltro, intuibile differenza delle tristi condizioni dei M.O.T. stessi in relazione alla diversa appartenenza correntizia del magistrato affidatario loro toccato in sorte, nel caso: Unicost, Magistratura indipendente, Autonomia e Indipendenza, Movimento per la giustizia-Art. 3, Magistratura democratica.

Rispettivamente: richiesti del solo studio della geografia del potere della corrente; tenuti ad apprendere nozioni di carichi esigibili; chiamati alla conoscenza del pensiero di Piercamillo Davigo; obbligati alla lettura integrale di “Ne valeva la pena” di Armando Spataro; costretti allo studio delle opere tutte di Giovanni Palombarini e Livio Pepino, oppure di Edmondo Bruti Liberati, a seconda delle mutevoli maggioranze di volta in volta alla guida di MD.          

Vengono, poi, lottizzati i magistrati addetti alla segreteria del CSM.  

«…chi li nomina? (…) I capicorrente, ovviamente». (60, 22-25)

A che pro?

«…i “magistrati segretari” del Csm, tra i cui compiti c’è anche quello di dover motivare le nomine, cioè scrivere perché Tizio è più bravo di Caio e quindi ha diritto a quel posto». (60, 19-22)  

Cioè: lottizzare i magistrati addetti alla segreteria del CSM per meglio lottizzare tutte le nomine.

Sono, allo stesso modo, lottizzati i membri dell’Uffico studi e documentazione del CSM.

«Così avviene per i membri dell’Ufficio studi» (60, 25-26)

A quale fine?

Dare «la linea politica alle decisioni del Csm» (61, 1) attraverso la redazione da parte dei membri dell’ufficio studi dei pareri che vengono, poi, fatti propri dai Consiglieri del CSM.

Lottizzati sono, infine, gli “assistenti di studio” dei giudici della Corte costituzionale. 

«Sono magistrati, in un caso nominati dal Csm, quindi dalle correnti, nell’altro “cooptati”, che preparano al supremo giudice l’impianto giuridico e dottrinale di una sentenza; quindi hanno un enorme potere di indirizzo e orientamento, in base al loro sentire politico, culturale e ideologico, su quella che sarà poi la libera sentenza del giudice, che non sempre e non su tutto ha il tempo di studiare e approfondire. Ripeto: gli “assistenti di studio” sono magistrati ordinari, nominati dalle correnti del Csm, che influenzano in maniera determinante le sentenze della Corte Costituzionale». (61, 5-15)

Qui le correnti raggiungono la vetta dei loro perfidi fini: condizionare, addirittura, le sentenze della Corte costituzionale.

Servendosi, appunto, dei lottizzati “assistenti di studio”, al cui condizionamento i Giudici della Corte Costituzionale sarebbero incapaci di sottrarsi, presumibilmente per vetusta età ed ormai dimenticata esperienza.

Ma il Sistema si accontenta di questo? 

 

(4) L’operare del Sistema: le Tre Armi e il Condizionamento Ambientale

Il Sistema ben altro vuole: incidere sulla vita politica con le indagini e le sentenze, ora a favore degli esponenti politici ritenuti amici, ora in danno di quelli ritenuti nemici.

E realizza.

Come?

Con le Tre Armi.

«…le tre armi del “Sistema”: una procura, un giornale amico, un partito che fa da spalla politica. Funziona contro qualcuno ma anche a difesa di qualcuno. Con Berlusconi avviene contro, con Fini e con tanti altri a difesa. (…) oltre un certo livello, i reati o presunti tali vengono gestiti in base a criteri che con “la giustizia è uguale per tutti” hanno poco o nulla a che vedere». (116, 4-12)

Abbiamo visto parlando delle Procure come le stesse, secondo il Libro, siano sempre e dovunque disposte ad operare le più turpi deviazioni dai compiti istituzionali, in particolare, ora portando avanti un’indagine basata su una «velina» dei «servizi segreti» o di «faccendieri», ora evitando di fare indagini, a seconda delle persone oggetto di indagine o di non-indagine.

Ma da sole, poverine, anche disponendo del Gruppo di Fuoco, del relativo immenso potere, della “copertura” del Sistema, di cui si è parlato sopra, non ce la farebbero.

Per questo il Sistema di serve anche della stampa e di un partito amici.

L’infernale meccanismo è spiegato parlando delle vicende giudiziarie di Berlusconi.

Vi si descrive il convergente operato dei tre attori.

Si parte, nell’aprile 2009, dalla «soffiata sul compleanno di Noemi Letizia» (al cui compleanno nell’aprile 2009 aveva partecipato Berlusconi), nel luglio seguente entra in gioco «la presunta escort Patrizia D’Addario», nel 2010 «arriva il caso Ruby».

«… poco prima “la Repubblica” aveva lanciato il famoso tormentone delle “dieci domande” sul caso Noemi Letizia, dopo avere dato ampio risalto in prima pagina alle parole di Veronica Lario, indignata per i comportamenti del marito».

Tutto ciò «scatena il “Sistema”»: «una procura indaga, un giornale lancia una campagna mediatica, e un partito – il Pd – da tutto questo trae vantaggio politico». (94, 26-28; 95, 1-24)

Come la Procura ora indaga ora no, anche la stampa, in base alla «linea politica dettata dall’editore, che ha precisi interessi da difendere», si comporta analogamente: ora fa da «cassa di risonanza» di una indagine facendola «decollare» con «il clamore mediatico che fa da sponda con la politica», ora «gira la testa dall’altra parte e minimizza». (94, 11-15; 116, 2-3)

Così, infine, in perfetta sinergia, fanno «i partiti di sinistra», o, meglio, fa «il Pd»: a seconda del «vantaggio politico» che gliene deriva, «fa da spalla politica» al Sistema o, come la stampa, «gira la testa dall’altra parte e minimizza». (95, 6-7; 116, 2-6)

Fin qui lo sporco gioco sembra perfetto.

Resta solo un dubbio: di fronte a tale sporco gioco che, apparentemente, giova solo a Magistratura democratica, a La Repubblica ed al Partito Democratico, che fanno le altre correnti della magistratura, che pure pare facciano parte del Sistema, e la stampa e i partiti non di sinistra, e le Procure non soggiogate da magistrati di sinistra (ce ne sarà pure qualcuna in Italia…)?

In realtà, poi, le Tre Armi sono… almeno sei: il Sistema per perseguire i suoi loschi fini si avvale anche del Capo del D.A.P., della fuga di notizie, del cecchino.

(Si parla del vero motivo, finalmente disvelato, della mancata nomina di Antonino Di Matteo a capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria)

Dato per presupposto, non espresso nel Libro, ma ormai ovvio a tutti, che anche la nomina del Capo del D.A.P. sia lottizzata dal Sistema, viene spiegato il potere di tale figura, di cui, conseguenza non espressa nel Libro, ma a tutti ovvia, il Sistema non può non valersi per i suoi inverecondi fini.

«Il capo del Dap non è solo colui che si occupa del vitto e alloggio dei detenuti. Il suo è un ruolo chiave, direi strategico, nella gestione della marea di informazioni captate, in un modo o nell’altro, dentro le carceri, soprattutto quelle che riguardano i detenuti mafiosi. Se durante un colloquio, un’intercettazione ambientale in cella, una soffiata tra detenuti, emerge l’ipotesi che il politico X o l’imprenditore Y sono collusi, il primo a saperlo è il capo del Dap, che quella notizia – anche quelle che trapelano dalle celle del 41 bis che ospitano i boss, tipo l’allusione che Totò Riina fece su Berlusconi durante l’ora d’aria – la gestisce come meglio crede. Un potere giudiziario e politico enorme (…) concentrato nelle mani di una sola persona (…). Di Matteo, questa è la mia tesi, per evitare altri guai, non è stato fermato né da Bonafede né dalla mafia, ma dal famoso “Sistema” che non voleva perdere il controllo della situazione». (177, 8-27)

Dove, finalmente, si viene a conoscenza di un altro magistrato “legibus soluto” che si aggiunge ai tantissimi altri (come visto: tutti i pubblici ministeri).

Della fuga di notizie, poi, nel Libro si parla solo…di sfuggita.

«La mia esperienza mi porta a ritenere che la fuga di notizie sia una delle tante armi usate dal “Sistema”». (256, 1-2)

Infine, in diversi passaggi del Libro viene spiegato come, in occasione delle nomine, immancabilmente, per eliminare uno dei candidati, giochi un ruolo decisivo il «cecchino», misterioso personaggio che, di volta in volta, rivela incontri riservati (137, 9-18), recapita al CSM documenti sulla vita privata (162, 1-4), riesuma vecchie intercettazioni (231, 8-12).

Fin qui è disvelato l’operare del Sistema nelle indagini preliminari e dintorni.          

Poi, però, ci sono i processi e le sentenze.

Potrebbe il Sistema non operare anche in tale ambito?

Accertato che «L’incidenza del “Sistema” nel singolo processo non è dimostrabile», il Libro si pone, però, la domanda retorica «il collega che (…) hai nominato in Cassazione, in un tribunale o in una procura, sarà poi sensibile ai tuoi consigli?» (63, 15-18)

Si adombra un Condizionamento Ambientale cui tutti i magistrati si adeguano.

Anche nel decidere i processi.

In generale, infatti:

«Il sistema (…) crea un meccanismo di condizionamento ambientale o comunque di autoallineamento al mondo che ti ha generato, quindi non hai bisogno – semmai qualcuno volesse farlo – di essere attivato: procedi autonomamente perché sai che o fai così o sei fuori dal Sistema». (64, 8-13)

Si parla, poi, in particolare, della sentenza emessa il primo agosto 2013 dalla Corte di Cassazione nei confronti di Berlusconi.  

«Io sono stato sempre consapevole che all’interno della magistratura ci fosse un determinato clima che riguardava il livello politico. Ma non prendiamoci in giro, tutti dentro la magistratura sapevano che il clima era quello, e tutti si adeguavano. Può essere che la sentenza su Berlusconi fosse stata condizionata da questa logica oppure no, fosse frutto di una libera volontà. Ma le volontà sono anche libere di seguire il percorso che si ritiene più utile o conveniente di altri». (209, 10-18)

Insomma: pubblici ministeri disposti a tutto, giudici ignavi.   

E perché i magistrati tutti si adeguano?

Semplice: «I magistrati fanno parte di un “Sistema”, e a quello rispondono». (206, 14-15)

Il conto torna.

Anche perché va tenuto presente il potere terribile del Sistema.

 

(5) La Potenza del Sistema:

 

I) Non si muove foglia che il Sistema non voglia

Il Sistema tutto decide, condiziona, travolge, corrompe.

Il “Sistema” «tutto regola e tutto decide”. (176, 16)     

“…non avevo idea di quanto forte e granitico fosse il “Sistema”». (69, 26-27)

«Se il “Sistema” aveva deciso una cosa, quella doveva essere”. (158, 24-25)

 “…il “Sistema” è una bestia complessa e imprevedibile, altro che cene dell’Hotel Champagne». (145, 6-7)

«Nella magistratura vige un clima di terrore interno che non lascia spazio a deviazioni dalla linea concordata». (105, 5-6)

(Si parla dei casi di Luigi De Magistris, Clementina Forleo, Antonio Ingroia, Alfonso Sabella, Antonio Sangermano, dei quali si narrano le tristi sorti che toccarono loro per avere sfidato il Sostema)

«…se sfidi il “Sistema” sei fuori, indipendentemente dal fatto che tu abbia ragione o torto». (67, 8-10)

(Si parla della triste sorte toccata a De Magistris)

«De Magistris è stato sacrificato anche perché non apparteneva né era funzionale ad alcuna corrente? Sì, è così. Quando il Sistema ti blocca ti blocca, quando l’input viene dall’alto e le correnti sono d’accordo non c’è verso che tu possa salvarti». (74, 22-26)  

(Si parla della triste sorte toccata ad Ingroia)

«…per lui la strada ormai era segnata, come per tutti quelli che sfidano platealmente il “Sistema”». (169, 11-12)

(Si parla della mancata nomina di Antonino Di Matteo a capo del DAP)

«…se non entri nel “Sistema” e inizi a mediare, puoi essere bravo fin che vuoi ma non vai da nessuna parte». (179, 27; 180, 1-2)

(Si parla del contrasto insorto nel 2014 tra il Procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati e il Procuratore aggiunto Alfredo Robledo)

«…Robledo, andando contro Bruti Liberati, si è suicidato, non poteva uscirne vivo perché il “Sistema” è spietato e non fa prigionieri». (232, 13-15)

«…anche gli uomini di Davigo, quelli della corrente dura e pura che fa la morale a tutti, quando entrano nel “Sistema” si devono adeguare alla legge della giungla, sulle nomine e non solo su quelle». (249, 17-21)

E che dire della “Cupola del Sistema”?

La «cupola del “Sistema”, che non è e non rappresenta tutto il sistema giudiziario, (…) come tutte le cupole, vive e si muove in un perenne stato di guerra, e in guerra non si va per il sottile. (…) E’ un meccanismo che travolge…». (257, 9-14)

Ma il massimo della potenza del Sistema non si esprime all’interno della magistratura.

Il Sistema, infatti, è in grado di decretare la caduta o la prosecuzione dei governi della Repubblica e di stroncare o meno la carriera dei leaders politici.

 

II) I sommersi e i salvati

Il destino dei governi e delle carriere dei politici è segnato dal loro osare o meno contrastare il Sistema.

Il Libro disvela, finalmente, il vero motivo degli opposti destini di Berlusconi, Renzi, governo Conte 1, da un parte, e di Enrico Letta e Paolo Gentiloni, dall’altra.

(Si parla, prima, del tentativo di Renzi di nominare ministro della giustizia Nicola Gratteri il 21 febbraio 2014 senza il benestare del Sistema, poi, delle norme da lui volute in materia di ferie dei magistrati e di responsabilità civile dei magistrati, infine della sua “rottamazione” del vecchio apparato comunista)

«Poteva un “Sistema” che aveva combattuto e vinto la guerra con Berlusconi e le sue armate farsi mettere i piedi in testa da Matteo Renzi e da un collega, molto bravo ma anche molto autonomo, fuori dalle correnti e per di più intenzionato a fare rivoluzioni?» (185, 10-14)

«Renzi, che (…) non aveva capito che razza di potere ha la magistratura, testardo, sale al Colle con quel nome». (185, 20-22)

«… Renzi con quella mossa sfida il sistema delle correnti e dei grandi procuratori, che da sempre vengono consultati preventivamente dal premier incaricato o da chi per lui per dare il gradimento a un nuovo ministro della giustizia». (186, 7-10)

«Nel nostro mondo non si può entrare a gamba tesa, ti fai solo male. E lui, non pago del caso Gratteri, poco dopo essersi insediato a Palazzo Chigi mette sul tavolo la questione delle ferie eccessive e della responsabilità dei giudici. E a quel punto si scava la fossa». (186, 17-21)

«Perché prima di lui Enrico Letta e dopo di lui Paolo Gentiloni sono usciti indenni dalla loro presidenza? Perché erano immacolati? Può essere, ma è una risposta semplicistica. Il motivo principale è che non hanno sfidato i magistrati. Renzi invece commette l’errore di pensare che, essendo lui il segretario del Pd, la magistratura, a maggioranza di sinistra, sarebbe stata al suo fianco a prescindere. Non capendo che sì, la magistratura è quella cosa lì, ma i suoi riferimenti non erano i giovani del Giglio magico, (…), ma il vecchio apparato comunista e postcomunista che lui stava rottamando. (…) la sinistra giudiziaria, o più correttamente il massimalismo giudiziario, stava perdendo i suoi riferimenti politici e reagì in soccorso di quel mondo politico e culturale che li aveva generati». (186, 25; 187, 1-18)

Come finisce per l’incauto Renzi?

«L’assalto finale è in modo esplicito anche politico, perché il Pd andava restituito ai legittimi proprietari». (188, 6-8)

Senza dimenticare la vendetta finale tramite le indagini sui genitori di Renzi.

«Quando Renzi diventa premier e tenta di imporre Gratteri, prova a mettere becco sulle nostre ferie, oltre a pensare alla responsabilità civile dei giudici o ancora a flirtare con Berlusconi e fare fuori Bersani, ecco che qualcuno si ricorda dell’esistenza di quel fascicolo e di altri pasticci gestionali che i genitori di Renzi avevano combinato nei primi anni Duemila». (189, 23-26; 190, 1-3)

Quanto al governo Conte 1, a decretarne la fine sarebbe stato il “caso Diciotti” (la nave a bordo della quale erano migranti cui l’allora ministro dell’interno Matteo Salvini vietava lo sbarco e che furono poi fatti sbarcare a seguito del sequestro della nave da parte della Procura della Repubblica di Agrigento guidata da Luigi Patronaggio con conseguenti polemiche).

Questa la Verità disvelata dal Libro.

«… la maggior parte dei giornali, dei partiti e dei cosiddetti intellettuali (…) si schiera senza se e senza ma dalla parte di Patronaggio. Chi l’ha deciso? Non c’è uno che dà le carte, c’è un blocco culturale omogeneo che si muove all’unisono e che in magistratura fa leva su Magistratura democratica, la corrente che, da quando è nata, non ha mai abdicato al ruolo che si è data di paladina dei diritti al di là delle leggi. (…) Risultato? Ci sono situazioni in cui il Parlamento è scavalcato dai magistrati, le leggi dalle sentenze. Così è andata». (221, 14-27)

Cioè?

Il governo Conte 1 «come tutti quelli che sfidano i magistrati, cadrà. Sarà una coincidenza, ma cadrà». (215, 16-18)  

Restano dei dubbi: ma Renzi non era caduto a causa del pessimo – per lui - risultato del referendum sulla riforma costituzionale da lui voluta? E il governo Conte 1 non era caduto perchè la Lega di Salvini gli aveva tolto la fiducia?

C’è da riscrivere la storia d’Italia, non quella della magistratura!

(Ma, per carità, non ditelo a Palamara ed a Sallusti: potrebbero farlo davvero!)

Restano da esaminare la Verità Ultima e il Mistero Più Impenetrabile.

E trarre le conclusioni.

 

270, 26-27; 271, 1-5

La Verità Ultima

«Ma il punto vero è che da un paio d’anni io e il renziano Ferri, come visto in queste pagine, avevamo stretto un patto tra la mia corrente di Unicost e la sua di Magistratura indipendente per tagliare fuori dalle nomine tutte le altre, in particolare quella di Magistratura democratica. Andando avanti così avremmo monopolizzato l’intera magistratura, e per questo occorreva fermarci».

Dove si scopre la vera causa della forzata e crudele interruzione della meritoria opera intrapresa dai Due.

Ancora una volta, di queste ultime infamie (il procedimento penale nei confronti di Palamara, la sua espulsione dall’ANM e dalla magistratura, il procedimento disciplinare nei confronti di Ferri) come di tutte le passate presenti e future (le persecuzioni in danno di De Magistris, Ingroia, Berlusconi, Renzi, Salvini, ecc.), uno e uno solo è il responsabile: il Sistema.

Il cui epicentro, non dimentichiamolo mai, è MAGISTRATURA DEMOCRATICA!

 

67, 19-20; 187, 6

Il Mistero Più Impenetrabile

«Io ero il protettore del sistema correntizio che a maggioranza era ed è su posizioni politiche e ideologiche di sinistra (…)».

«(…) la magistratura, a maggioranza di sinistra (…)».

A lungo ci si è macerati nel dubbio se collocare queste solenni affermazioni - sul prevalente orientamento “a sinistra” della magistratura e delle sue correnti - tra le Verità.

Si è, alfine, optato per questa diversa collocazione per non avere trovato risposta ad una, banale ma ineludibile, domanda.[1

Ma, se i magistrati sono in maggioranza “di sinistra”, perché mai da sempre, immancabilmente ad ogni elezione, associativa o per l’autogoverno, si sbagliano e non votano, se non in minoranza, prima per Magistratura democratica e Movimento per la giustizia-Art. 3, poi per Area, ora per Area democratica per la giustizia?

 

Tristi e sconsolate conclusioni

Quali conclusioni trarre al termine di questo viaggio nella “Storia segreta della magistratura italiana”, di fronte a tanto Disvelamento, a questo grido di dolore, a questo atto di accusa (rispetto al quale annichilisce il vecchio “J’accuse!” di Emile Zola) cui assistiamo, sgomenti per le tenebre da cui eravamo avvolti, grati per la luce che alfine le ha scacciate?

Un solo pensiero, triste e sconsolato, rimane.

Se tutto quanto descritto nel Libro è potuto accadere è perché in questo nostro sfortunato Paese “non c’è un giudice a Berlino” (né, tantomeno, un pubblico ministero), anche perché, per somma iattura del popolo italiano, l’unico che potrebbe esserlo non lo è più.


 
[1] Qui, come in seguito, il primo numero si riferisce alla pagina e quelli dopo la virgola alle righe del libro di Luca Palamara e Alessandro Sallusti; ciò per lo scrupolo filologico di rispettare le modalità delle citazioni dei versetti dei Vangeli.

03/04/2021
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