Fin dalla sua prima apparizione televisiva dopo gli attentati che hanno colpito Parigi il 13 novembre, il Presidente della Repubblica Hollande ha annunciato misure destinate ad avere un importante impatto sul piano giuridico.
Già gli avvenimenti del gennaio scorso (Charlie Hebdo e Hyper Cacher) avevano condotto alla modifica della legislazione in materia di terrorismo, con l’adozione di una legge (l. 24 luglio 2015, n. 2015-219) che alcuni hanno definito il Patriot Act francese e che ha sollevato numerose polemiche in virtù delle limitazioni alle libertà individuali da essa previste. La reazione a seguito degli ultimi attentati è stata più immediata e destinata a produrre effetti nel brevissimo periodo.
La misura principale annunciata dal Presidente Hollande, oltre alla “chiusura delle frontiere”, è stata la proclamazione dello stato d’emergenza. Davanti al Parlamento riunito in seduta comune a Versailles, Hollande ha, inoltre, dichiarato che non ci si sarebbe limitati all’applicazione della legge sullo stato d’emergenza già in vigore (l. 3 aprile 1955, n. 55-385), ma che una modifica di quest’ultima sarebbe stata in breve tempo esaminata dal Parlamento[1]. Ciò ha condotto alla promulgazione, venerdì 20 novembre, della legge n. 2015-1501.
1. Presupposti e modalità della dichiarazione dello stato d’emergenza
Lo stato d’emergenza, disciplinato dallalegge n. 55-385 del 3 aprile 1955, costituisce una delle possibili modalità eccezionali di esercizio dei poteri pubblici in tempo di pace. La Costituzione francese prevede, infatti, anche lo stato d’assedio (art. 36), con il trasferimento di alcuni poteri dalle autorità civili a quelle militari, e l’ipotesi in cui siano minacciati l’integrità del territorio nazionale o il normale funzionamento delle istituzioni (art. 16), con la concentrazione dei poteri legislativi in capo al Presidente della Repubblica (per una ricostruzione delle diverse forme della legalità in tempo di crisi, e anche sugli altri aspetti trattati infra, v. un articolo a caldo di Philippe Cossalter in Revue générale du droit). Nello stato d’emergenza, non sono previste soluzioni così radicali, pur essendo ammesse significative deviazioni rispetto all’ordinario funzionamento delle istituzioni.
Lo stato d’emergenza può essere, infatti, dichiarato “in caso di pericolo imminente derivante da gravi minacce all’ordine pubblico o in caso di eventi che presentano, per la loro natura e gravità, le caratteristiche delle calamità pubbliche” (art. 1 della l. n. 55-385). Questa dichiarazione può riguardare alcune parti del territorio francese, tutto il territorio della Francia continentale (Métropole) o anche la Corsica e i dipartimenti e territori d’Oltremare. All’interno del territorio per il quale lo stato d’emergenza è dichiarato possono essere individuate delle zone in cui applicare delle misure specifiche.
Lo stato d’emergenza deve essere dichiarato con un decreto adottato dal Consiglio dei Ministri, che deve indicare il territoriosul quale esso si applica. Tale decreto è stato adottato a seguito degli attentati del 13 novembre dal Consiglio dei Ministri convocato nella notte (decreto n. 2015-1475 del 14 novembre 2015). Si tratta della sesta dichiarazione dello stato d’emergenza dall’entrata in vigore della legge del 1955, cui si è fatto ricorso per la guerra d’Algeria (tre volte, nel 1955, nel 1958 e nel 1961, quando si è poi utilizzato l’articolo 16 della Costituzione), per gli scontri in Nuova Caledonia (1985) e per le rivolte delle banlieues (nel 2005).
Avvenimento | Anno | Dichiarazione | Proroga | Durata |
---|---|---|---|---|
Algeria | 1955 | l. 3 aprile 1955, n. 55-385 | l. 7 agosto 1955, n. 55-1080 | 12 mesi* |
1958 | l. 17 maggio 1958, n. 58-487 | --- | 3 mesi | |
1961 | d. 22 aprile 1961, n. 61-395 | --- | 1 giorno** | |
Nuova Caledonia | 1985 | d. 12 gennaio 1985, n. 85-35 | l. 25 gennaio 1985, n. 85-96 | 5 mesi e 19 giorni |
Banlieues | 2005 | d. 8 novembre 2005, n. 2005-1386 | l. 18 novembre 2005, n. 2005-1425 | 3 mesi e 12 giorni |
* La durata iniziale prevista dalla l. n. 55-385 era di sei mesi, prorogata per ulteriori sei mesidalla l. n. 55-1080.
** Il 23 aprile 1961 il generale De Gaulle decise di ricorrere all’articolo 16.
Per quanto riguarda l’applicazione territoriale e le misure adottabili, è interessante notare che in un primo momento lo stato d’emergenza è stato dichiarato solo nella Métropole e in Corsica (decreto n. 2015-1475). Sul territorio metropolitano erano inizialmente previste solo le misure previste dall’articolo 5 della legge n. 1955-385 (v. infra), mentre le altre erano limitate alla regione di Parigi, l’Ile-de-France (decreto n. 2015-1476). Immediatamente, però, tutte le misure sono state estese a tutto il territorio metropolitano e alla Corsica (decreto n. 2015-1478). Il 18 novembre lo stato d’emergenza è stato dichiarato anche Oltremare (decreto n. 2015-1493).
La legge prevede che la durata “ordinaria” dello stato d’emergenza sia dodici giorni. Per prorogare questo termine è necessaria una legge, che deve determinare la sua durata in modo definitivo[2]: è quanto è stato fatto dalla legge n. 2015-1501, che ha prorogato la durata di tre mesi a partire dal 26 novembre. Secondo una formula abituale, la legge del 20 novembre 2015 prevede che un decreto adottato dal Consiglio dei Ministri possa porre fine allo stato d’emergenza prima della scadenza di questo termine. In questo caso, il Governo deve informare il Parlamento.
2. Le misure derivanti dallo stato d’emergenza
Una volta dichiarato, lo stato d’emergenza comporta l’adozione di misure specifiche cui l’amministrazione non potrebbe normalmente ricorrere. Il carattere di eccezionalità di queste misure è sottolineato da un’innovazione introdotta dalla legge n. 2015-1501, che rafforza il ruolo di controllo del Parlamento. Ai sensi del nuovo articolo 4-1 della legge del 1955, infatti, esso deve essere informato di tutte le misure adottate e può richiedere ogni informazione necessaria in sede di loro controllo e valutazione.
Per quanto riguarda le misure che caratterizzano lo stato d’emergenza, la legge del 1955 distingue quelle che si applicano automaticamente a seguito della dichiarazione (2.1.) e quelle che devono essere specificamente adottate (2.2.).
2.1. Le misure necessarie dello stato d’emergenza
Per quanto riguarda la prima delle due categorie, la legge dispone che i prefetti delle zone interessate possono i) vietare la circolazione di persone e mezzi in luoghi e orari fissati per ordinanza, ii) istituire, per ordinanza, delle zone di protezione o di sicurezza in cui viene disciplinato il soggiorno delle persone, iii) vietare ai soggetti che tentino di ostacolare l’azione dei pubblici poteri di soggiornare sul territorio (art. 5).
Il ministro dell’interno e i prefetti, inoltre, possono ordinare la chiusura provvisoria di sale di spettacolo, negozi di alcolici e ogni altro luogo di riunione. Possono essere anche vietate, a titolo generale o individuale, le riunioni che possano provocare o alimentare il disordine (art. 8).
Di particolare interesse sono tre categorie di misure, sulle quali è intervenuta la legge n. 2015-1501: i) il soggiorno obbligato, ii) lo scioglimento di associazioni e raggruppamenti di fatto, iii) la consegna delle armi.
i) Il soggiorno obbligato
Già prima della legge n. 2015-1501, la legge del 1955 prevedeva che, su decisione del ministro dell’interno, le persone la cui attività si rivelasse pericolosa per la sicurezza e l’ordine pubblico potessero essere consegnati al soggiorno obbligato. Erano altresì già previste alcune garanzie per i destinatari di queste misure: la possibilità di vivere in un centro abitato o nelle sue vicinanze, il divieto di creare campi di detenzione, l’obbligo per lo Stato di provvedere al loro sostentamento.
Se queste linee di fondo permangono anche dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 2015-1501, essa ha introdotto significative novità in materia di soggiorno obbligato, sulla scorta delle indicazioni fornite dal Conseil d’Ètat nel suo parere. In primo luogo, va notato che, mentre prima della legge n. 2015-1501 il soggiorno obbligato poteva essere disposto solo per persone la cui pericolosità fosse accertata, ora può essere deciso anche per coloro rispetto ai quali esistono “seri motivi di ritenere che il loro comportamento costituisca una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico”. Il ministro dell’interno può ordinare che il soggetto venga condotto nel luogo dove deve svolgere il soggiorno obbligato dalle forze dell’ordine e può stabillire che egli non debba lasciare la sua abitazione in orari determinati, fino a un massimo di dodici ore al giorno. La legge n. 2015-1501 ha, inoltre, introdotto la possibilità per il ministro di ordinare ai soggetti sottoposti al soggiorno obbligato di presentarsi presso i locali di polizia fino a tre volte al giorno o di consegnare il passaporto o altro documento d’identità. Il ministro può anche vietare loro di entrare in contatto, direttamente o indirettamente, con persone, individualmente identificate, per le quali sussistano seri motivi di ritenere che il loro comportamento costituisca una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico.
Con la legge n. 2015-1501 è stata, infine, introdotta la possibilità di applicare il braccialetto elettronico in caso di sottoposizione al soggiorno obbligato di persone condannate per reati di terrorismo puniti fino a dieci anni, negli otto anni seguenti la fine dell’esecuzione della pena. L’applicazione del braccialetto elettronico, che consente la localizzazione a distanza su tutto il territorio nazionale, è subordinata al consenso scritto del soggetto interessato ed esclude altre misure previste per il soggiorno obbligato, quali l’obbligo di firma e l’obbligo di dimora.
ii) Lo scioglimento di associazioni e raggruppamenti di fatto
Si tratta di una misura completamente nuova, che non era prevista dalla legge del 1955.
Lo scioglimento di associazioni e raggruppamenti di fatto per motivi di ordine pubblico al di fuori dello stato d’emergenza era già previsto dall’ordinamento francese. L’articolo L212-1 del Code de la sécurité intérieure enumera le ipotesi nelle quali tale scioglimento può essere deciso con decreto del Consiglio dei Ministri: organizzazione di manifestazioni con uso di armi o di milizie private, sovvertimento dell’ordine democratico, raggruppamenti di soggetti condannati per intelligenza con il nemico, istigazione all’odio e alla discriminazione, terrorismo.
La formulazione del nuovo articolo 6-1 della legge n. 1955-385 è molto più ampia: possono essere disciolti le associazioni o i raggruppamenti di fatto “che partecipano alla commissione di atti che minacciano in maniera grave l’ordine pubblico o le cui attività facilitano tale commissione o la incoraggiano”. Lo scioglimento di tali entità, deciso con decreto del Consiglio dei Ministri, continua a produrre effetti anche dopo la fine dello stato d’emergenza, a differenza di tutte le altre misure, che cessano dopo il termine previsto. Il loro mantenimento o la loro ricostituzione sono perseguibili penalmente. È inoltre specificamente previsto che i servizi di sicurezza possano intervenire con i poteri e le modalità d’intervento che sono loro riconosciuti dalla legge per garantire l’applicazione delle decisioni di scioglimento.
iii) La consegna delle armi
La possibilità di ordinare la consegna delle armi era già riconosciuta al ministro dell’interno e ai prefetti dalla legge del 1955. Tale misura aveva un carattere generale e poteva riguardare tutto il territorio per il quale era stato proclamato lo stato d’emergenza o solo una parte di esso.
Con la legge n. 2015-1501 è stato precisato che possono essere oggetto dell’ordine di consegna non solo le armi, ma anche le munizioni e che l’ordine di consegna riguarda le armi e munizioni detenute legalmente – quest’ultima precisazione appare, in realtà, superflua. La principale innovazione introdotta dalla legge del 20 novembre è la possibilità, per il prefetto, di adottare delle misure di carattere individuale per motivi d’ordine pubblico.
2.2. Le misure eventuali dello stato d’emergenza
La legge del 1955 permetteva una “gradazione” dello stato d’emergenza attraverso il conferimento di ulteriori poteri all’autorità amministrativa (art. 11) e il trasferimento alla giurisdizione militare della competenza per pronunciarsi sui reati più gravi (art. 12). Il ricorso a queste misure deve essere espressamente previsto dal decreto con il quale viene dichiarato lo stato d’emergenza o con la legge di proroga.
Questa seconda fattispecie è stata eliminata dalla legge n. 2015-1501, che ha soppresso ogni riferimento alle giurisdizioni militari nella legge del 1955. Al tempo stesso, la legge del 20 novembre 2015 ha rinforzato le misure che possono essere adottate dall’autorità amministrativa in virtù dell’articolo 11.
Le misure che possono aggiungersi a quelle automaticamente previste dallo stato d’emergenza continuano a riguardare due aspetti: i) le perquisizioni e ii) il controllo dei mezzi d’informazione.
i) Le perquisizioni
Prima della legge n. 2015-1501, era prevista la possibilità di effettuare delle perquisizioni domiciliari di giorno e di notte, senza limitazioni orarie. Questa possibilità è stata frequentemente prevista al momento della proclamazione dello stato d’emergenza, da ultimo con il decreto adottato a seguito degli attentati del 13 novembre.
La legge n. 2015-1501 ha fornito numerosi dettagli in proposito. In primo luogo, ha precisato che le perquisizioni possono essere svolte in qualsiasi luogo, compreso il domicilio, tranne i locali di pertinenza di parlamentari e quelli dove si svolge l’attività professionale di avvocati, magistrati o giornalisti. La perquisizione può essere ordinata quando esistono seri motivi di pensare che i luoghi siano frequentati da una persona il cui comportamento costituisce una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico.
La decisione di procedere alla perquisizione deve precisare data, ora e luogo della perquisizione e deve essere immediatamente trasmessa alla procura competente. Essa si deve svolgere alla presenza di un ufficiale di polizia giudiziaria e di colui che occupa abitualmente il luogo perquisito o, in mancanza, di un suo rappresentante o di due testimoni. Nel corso della perquisizione, è anche possibile accedere a materiale informatico ed estrarne copia. Il verbale della perquisizione e delle eventuali violazioni di legge costatate deve essere immediatamente trasmesso alla procura competente.
ii) Il controllo dei mezzi d’informazione
La legge del 1955 prevedeva la possibilità di adottare qualsiasi misura per assicurare il controllo della stampa e delle pubblicazioni di qualsiasi natura, nonché quello delle emissioni radiofoniche, delle proiezioni cinematografiche e delle rappresentazioni teatrali.
Con la legge n. 2015-1501, il legislatore ha voluto allineare questa formulazione alle modalità di comunicazione di oggi. È, infatti, previsto che il ministro dell’interno possa adottare qualsiasi misura per assicurare l’interruzione di un servizio di comunicazione on line che provochi la commissione di atti di terrorismo o ne faccia l’apologia.
3. Sanzioni e tutela giurisdizionale
Come illustrato finora, i poteri previsti nello stato d’emergenza riguardano l’autorità amministrativa. L’intervento del giudice è però previsto sotto due profili: i) la tutela giurisdizionale e ii) le sanzioni.
i) La tutela giurisdizionale
La competenza per i ricorsi contro le misure adottate dalle autorità amministrative in applicazione della legge n. 1955-385 è del giudice amministrativo.
La legge n. 2015-1501, confermando questo principio, ha abrogato l’articolo 7 della legge del 1955, che prevedeva un complesso e incerto meccanismo di tutela giurisdizionale. Era, infatti, previsto che i destinatari delle misure potessero chiedere la revoca delle misure nel quadro di un ricorso amministrativo obbligatorio, sul quale doveva essere acquisito il parere di una commissione provinciale – tali commissioni non sono mai state istituite. La legge fissava anche dei termini brevi (un mese in primo grado, tre mesi in appello) nei quali il giudice doveva pronunciarsi a pena di decadenza (del potere giurisdizionale di pronunciarsi, ma anche della misura contestata). Anche questi termini sono stati aboliti dalla legge del 20 novembre 2015, che si limita a precisare – ma questo era già considerato come acquisito in virtù della formulazione precedente – che sono esperibili anche i rimedi di natura cautelare davanti al giudice amministrativo.
ii) Le sanzioni
Per le violazioni delle misure ordinate in virtù dello stato d’emergenza sono previste delle sanzioni penali. Esse sono ovviamente sottratte alla giurisdizione del giudice amministrativo e di competenza del giudice ordinario, ma non ostacolano l’esecuzione forzata da parte dell’amministrazione delle decisioni da essa adottate.
La legge n. 2015-1501 ha diversificato e inasprito le sanzioni precedentemente previste.
L’articolo 13 della legge del 1955 prevedeva, infatti, per tutte le violazioni, una pena da otto giorni a due mesi di detenzione e da 11 a 3.750 euro di multa. La nuova formulazione prevede una pena più severa (sei mesi di detenzione e 7.500 euro di multa) per tutte le violazioni e un regime specifico per il soggiorno obbligato: tre anni di detenzione e 45.000 euro di multa per la violazione del soggiorno obbligato, un anno di detenzione e 15.000 euro di multa per la violazione dell’obbligo di dimora e delle misure ulteriori legate al soggiorno obbligato.
[1] Hollande ha anche preconizzato una riforma volta a inserire un’esplicita previsione costituzionale in materia di stato d’emergenza. Questa revisione della Costituzione dovrebbe permettere, inoltre, il ritiro della cittadinanza francese a coloro i quali, cittadini anche di altre nazionalità, siano riconosciuti colpevoli di atti di terrorismo.