1. La gestazione per altri, non solo un tema che divide
Su un tema che divide, la gestazione per altri [qui di seguito, “g.p.a.”, n.d.r.], si sta realizzando una forma nuova di dialogo, anche dialettico, tra la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale con l’apporto non trascurabile dei giudici di merito grazie al quale, è venuta in luce la necessità di distinguere l’illiceità dell’accordo di surrogazione e il ricorso alla g.p.a. dai diritti del minore, frutto di quel progetto generativo e genitoriale.
2. Il punto di partenza del dialogo tra le Corti
Le sezioni unite con la pronuncia n. 12193 del 2019 avevano ritenuto non del tutto scindibili i due piani, pur non trascurando la tutela dei diritti del minore, assicurati mediante il ricorso alla forma di genitorialità adottiva prevista nell’art. 44 lettera d) l. n. 184 del 1983. Avevano, tuttavia, ritenuto non trascrivibile l’atto di nascita in relazione al riconoscimento dello status genitoriale acquisito all’estero da parte del genitore non biologico, proprio in relazione al divieto, penalmente sancito, di accesso alla g.p.a., in quanto posto a tutela di diritti inviolabili della madre e del minore integranti la griglia di principi di ordine pubblico internazionale oggetto di valutazione nel giudizio di riconoscimento di atti giurisdizionali formati all’estero. Di conseguenza, da un lato veniva riconosciuta la necessità di non privare il minore del sostegno di entrambe le figure genitoriali pur se una di esse era priva di legame biologico ma dall’altro si escludeva di poter trascrivere l’atto di nascita formato legittimamente all’estero, non potendosi costituire uno status genitoriale sulla base di un progetto generativo e genitoriale fondato sul ricorso alla gestazione per altri.
Il bilanciamento effettuato dalle S.U. non ha, tuttavia, convinto la prima sezione della Corte di cassazione che, in un caso del tutto analogo (richiesta di trascrizione di atto di nascita legittimamente formato all’estero da parte di genitore non biologico in coppia omoaffettiva maschile unita in matrimonio all’estero registrato come unione civile in Italia) ha dubitato della legittimità costituzionale della limitazione dei diritti del minore stabiliti dalle S.U., rilevando come la esclusiva possibilità di accedere al modello adottivo previsto dall’art. 44 lettera d) l. n. 183 del 1984 determinasse un deficit ingiustificato ed irragionevole delle tutele del minore, rispetto agli status genitoriali, conseguenti alla trascrizione dell’atto di nascita o alla riconduzione all’adozione piena o legittimante. E’ stato sottolineato nell’ordinanza di rimessione del 29/4/2020 che la forma di adozione in casi particolari disciplinata nell’art. 44 lettera d) l. n. 184 del 1983 non garantisce uno “statuto” al minore equivalente a quello conseguente all’acquisto dello status genitoriale o mediante la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero o con l’acquisto di una genitorialità adottiva piena o legittimante. La differenza più vistosa si coglie in primo luogo nella indefettibilità del consenso del genitore biologico (art. 46 l. n. 184 del 1983) che potrebbe venire a mancare sia per la sopravvenuta situazione di irreversibile crisi della coppia omoaffettiva sia per la morte di uno dei componenti la coppia prima della conclusione del procedimento di adozione in casi particolari. In secondo luogo il quadro normativo attuale rende difficile stabilire se la mancanza di vincolo di parentela tra l’adottato e la famiglia dell’adottante (ascendenti, fratelli, sorelle, altri figli), stabilita nell’art. 300, secondo comma, c.c, richiamato espressamente dall’art. 55 l. n. 184 del 1983, conserva intatto il regime giuridico deteriore rispetto alla genitorialità costituita con lo status o se si deve procedere ad un’interpretazione sistematica di questa disciplina speciale con la nuova formulazione dell’art. 74 c.c., conseguente alla riforma della filiazione, che esclude il vincolo di parentela esclusivamente per le ipotesi di adozioni di maggiorenni. In conclusione il percorso genitoriale ex art. 44 lettera d) l. n. 184 del 1983 presenta un doppio deficit di tutela del minore, sia per il più elevato grado d’incertezza dell’effettivo accesso a questa forma di adozione, sia per la riscontrata diversità del regime di parentela. Il grado insoddisfacente di tutela del minore derivante dalla opzione dell’adozione in casi particolare è stato ritenuto, infine, incompatibile con quanto stabilito dalla Corte Edu con l’Avis Consultatif del 12 aprile 2019. Questo parere richiesto dalla Francia proprio in relazione ad un caso di filiazione con ricorso alla gestazione per altri, ha concluso indicando la necessità che la condizione giuridica del minore non possa subire discriminazioni di tutela dovute alle scelte procreative della coppia che ne ha deciso la nascita. Ciò non significa l’automatico riconoscimento del diritto allo status corrispondente alla filiazione biologica, potendo gli Stati ricorrere a modelli filiali diversi come l’adozione ma a due condizioni: il diritto del minore alla vita familiare deve essere pieno e corrispondente al contenuto dell’art. 8, non essendo compatibile con la preminenza del suo interesse un regime deteriore; il procedimento di riconoscimento deve essere rapido.
La Corte Costituzionale con la pronuncia n. 33 del 2021, ha in primo luogo rilevato che l’Avis Consultatif, previsto dall’art. 5 del Protocollo n. 16 non è direttamente vincolante nel nostro ordinamento anche perché l’Italia non ha ancora recepito il predetto Protocollo ma le pronunce successive della Corte Edu che ne hanno recepito le indicazioni prescrittive costituiscono parametro interposto fondato sull’art. 117 Cost. in relazione all’ambito di applicazione dell’art. 8 CEDU.
Nel merito ha ritenuto fondate le preoccupazioni emerse nell’ordinanza interlocutoria in relazione all’insufficiente tutela dei diritti del minore che consegue all’applicazione del modello dell’adozione in casi particolari per il genitore non biologico, dando ampio spazio all’urgenza di un intervento legislativo idoneo a equiparare la posizione dei minori nati da scelte procreative derivanti dall’adozione di tecniche di procreazione assistita non consentite o penalmente sanzionate nel nostro ordinamento. Il ricorso all’adozione ex art. 44 lettera d) l. n. 184 del 1983 Tuttavia ha ritenuto la Corte che la materia sia assoggettata alla discrezionalità legislativa.
3. La nuova rimessione alle S.U.
Il Collegio della prima sezione civile della Corte di Cassazione cui è tornato il ricorso dopo l’intervento della Corte Costituzionale ha ritenuto che fosse necessaria una rimeditazione del bilanciamento d’interessi cui le sezioni unite erano pervenute con la sentenza n. 12193 del 2019 una volta riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale il grado inadeguato di tutela del minore conseguente alla sola possibilità di ricorso all’adozione in casi particolari.
La nuova rimessione si fonda proprio sulle considerazioni svolte nella sentenza della Corte Cost. La limitazione della tutela del minore al modello adottivo ex art. 44 l.n. 184 del 183 viola i parametri costituzionali (unicità dello stato di figlio; uguaglianza di trattamento) e convenzionali (diritto alla vita familiare) relativi al sistema attuale dei diritti dei minori. Si è di conseguenza determinato un vuoto normativo dovuto alla grave insufficienza dello strumento di protezione del minore indicato dalle S.U. Il margine di apprezzamento discrezionale degli Stati non può giungere alla violazione del diritto alla vita privata e familiare di cui è titolare il minore così come declinato dalle pronunce EDU, successive al parere sopra illustrato, né giustificare trattamenti discriminatori per i minori fondati esclusivamente sulle scelte generative degli adulti. Il bilanciamento eseguito in via generale ed astratta dalle S.U. si scontra con l’effettivo deficit di tutela riscontrabile nel modello genitoriale e nello “statuto” filiale indicato come l’unico compatibile con l’affermata contrarietà ai principi di ordine pubblico dell’accordo di surrogazione e dell’accesso alla gestazione per altri, sanzionati penalmente. L’art. 30 della Costituzione, la recente riforma della filiazione, tesa a formare un unico status filiationis ed ad eliminare le preesistenti differenze di regime giuridico e, sul versante sovranazionale, l’Avis Consultatif della Corte Edu così come recepito nelle pronunce successive della stessa Corte richiedono il riconoscimento di una forma di genitorialità, anche adottiva, per i figli di coppie che sono ricorse alla gestazione per altri che non contenga condizioni di carattere sostanzialmente potestativo all’accesso e fornisca un grado di tutela equivalente a quello derivante dall’acquisto dello status mediante l’iscrizione (o la trascrizione) nell’atto di nascita di entrambi i genitori, quello biologico e quello sociale.
4. Il dialogo con la Corte Costituzionale
L’ordinanza interlocutoria individua in questi due elementi di novità: la negativa valutazione del modello adottivo ex art. 44 l. 184 del 1983 soprattutto in relazione al rischio della mancanza di ogni forma di relazione genitoriale qualificata giuridicamente e il vuoto normativo che si è determinato a causa dell’intervento della Corte Cost. e del suo forte monito al legislatore (preceduto da quello di identico tenore contenuto nella sentenza n. 32 del 2021) i fattori che impongono l’intervento nomofilattico delle S.U. al fine di colmare la grave lacuna legislativa che si è determinata a danno del soggetto, il minore, il cui interesse dovrebbe essere tutelato in forma preminente.
5. Una proposta interpretativa
Il Collegio remittente indica anche un percorso interpretativo che possa superare l’impasse costituito dalla negata tutela di una così rilevante categoria di diritti fondamentali allo stato, sospensivamente condizionata sine die all’intervento legislativo. La contrarietà ai principi di ordine pubblico, viene precisato nell’ordinanza, riguarda l’accordo di surrogazione e l’accesso alla gestazione per altri. Ma il giudizio di compatibilità, nei giudizi di riconoscimento di atti giurisdizionali esteri, disciplinato dagli artt. 64 e ss. Della l. n. 218 del 1995, deve limitarsi agli effetti prodotti dalla trascrizione dell’atto di nascita che contiene l’indicazione di due genitori, componendi di un’unione omoaffettiva maschile. Secondo l’ordinanza interlocutoria, ciò che s’intende recepire è l’atto di assunzione di responsabilità verso il minore di chi presta il consenso al progetto generativo senza che ciò implichi l’introduzione di una pratica di p.m.a. illecita e penalmente sanzionata. Un consenso che per l’art.6, c.3, della l. n. 40 del 2004, diventa irrevocabile con la fecondazione dell’ovulo in vitro, prima ancora dell’impianto, con forte valorizzazione del principio di autoresponsabilità riscontrabile anche nel successivo art. 9, c.1, laddove è sancito il divieto di disconoscimento di paternità per chi sia ricorso a pratiche (vietate) di fecondazione eterologa. La trascrizione richiesta non sancisce, secondo l’ordinanza interlocutoria, l’operatività di una pratica riprovevole ma riconosce al minore il diritto a non vedere violata la propria identità formatasi nel nucleo genitoriale che lo ha voluto far nascere ed ad esercitare con pienezza il diritto alla vita familiare ex art. 8 Cedu oltre che a non privarsi dei diritti attinenti alla sfera economico patrimoniale conseguenti allo status filiale. La valutazione di compatibilità con i principi di ordine pubblico deve essere svolta in concreto e deve essere guidata dalla precisa individuazione dei valori costituzionali in potenziale conflitto. Anche la natura dell’accordo di surrogazione deve essere soggetta a specifica verifica, dovendosi accertare se sia frutto di scelta libera e consapevole e non di necessità economiche, se l’accordo sia stato realizzato nel rispetto delle prescrizioni legali del paese estero; se c’è un legame genetico con uno dei genitori. Sempre in concreto deve essere valutata la situazione del minore in particolare alla luce dei parametri CEDU che determinano l’esistenza e la garanzia di conservazione del diritto all’unità familiare. Infine anche in relazione al diritto dell’Unione Europea, l’interrogativo che viene posto alle S.U è il seguente: esiste un limite proveniente dal diritto dell’Unione alla possibilità di non riconoscere lo status filiationis acquisito all’estero da soggetto nato mediante il ricorso alla gestazione per altri legalmente praticata nello Stato di nascita rispetto alla libertà di circolazione ed esplicazione dei legami familiari all’interno dell’Unione?
Attraverso la rimessione alle S.U., si potenza il dialogo con la Corte Costituzionale in relazione alla delicata operazione di bilanciamento che è alla base non solo di questo giudizio ma anche delle altre domande di riconoscimento dello status genitoriale provenienti dalle coppie omoaffettive anche femminili.
6. Prove tecniche d’interpretazione costituzionalmente orientata nella giurisprudenza di merito
La mancanza di uno statuto omogeneo dei diritti del minore non riguarda soltanto chi nasce mediante il ricorso alla gestazione per altri, nella specie per effetto della determinazione comune di una coppia omogenitoriale maschile, ma si estende alla coppia omogenitoriale femminile ancorché con modalità diverse.
Nella prima ipotesi il divieto radicale di accesso alla gestazione per altri, rende del tutto impraticabile la nascita del figlio in Italia, Nella seconda invece, questa evenienza è del tutto compatibile con il ricorso alla fecondazione eterologa non essendo vietato a nessuna donna gestante di far nascere il proprio figlio in Italia e di assumerne ex lege lo status genitoriale ex art. 269 c.c., per vincolo biologico diretto, non rilevando la scelta generativa e il ricorso a tecniche di procreazione assistita come la fecondazione eterologa, vietate dalla l. n. 40 del 2004.
In questa seconda ipotesi, il divieto di accesso alle tecniche di fecondazione assistita alle coppie omoaffettive, stabilita nell’art. 4, c.3, l. n. 40 del 2004, così come interpretato dal “diritto vivente” (Corte di Cassazione e Corte Costituzionale) fa produrre al medesimo evento (nascita da coppia omogenitoriale femminile che è ricorsa alla fecondazione eterologa, o soltanto in relazione al gamete maschile od anche all’ovocita) effetti diversi a seconda che il minore sia nato all’estero o in Italia. Nel primo caso è stata costantemente esclusa la contrarietà ai principi di ordine pubblico al riconoscimento dell’atto di nascita formato all’estero che rechi sia la madre gestante che la madre cd. intenzionale (Cass.19599 del 2016; 14878 del 2017; 23319 del 2021) dal momento che le norme interne vengono ritenute recessive rispetto al quadro costituzionale e sovranazionale dei diritti del minore; nel secondo invece è stata rigettata la domanda di rettifica dell’atto di stato civile con indicazione anche della madre sociale, ritenendo ostativo il divieto legislativo vigente al nostro interno (Cass.7668 e 8029 del 2020; Corte Cost.221 e 237 del 2019).
Questa diversità di regime è stata ritenuta discriminatoria dalla sentenza n. 32 del 2021 della Corte Costituzionale ma nello stesso tempo è stato ritenuto che la materia rientrasse nel potere discrezionale del legislatore cui è stato rivolto un forte monito ad intervenire.
La Corte d’Appello di Cagliari con decreto del 29 aprile 2021 ha colto il forte richiamo all’esigenza di un trattamento non deteriore del minore in queste fattispecie e ha prospettato un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme della l. n. 40 del 2004 che regolano gli effetti del compimento (con la gestazione e la nascita) del progetto generativo realizzato con il ricorso alle p.m.a., all’interno del quadro costituzionale e della riforma della filiazione caratterizzata dall’affermazione effettiva del principio della parità di trattamento dei figli minori. Così operando ha riconosciuto la centralità del consenso nella costruzione degli status filiali ed ha ritenuto legittima la indicazione nell’atto di nascita di entrambi i genitori, collocandosi nel solco di un orientamento preesistente della giurisprudenza di merito (Tribunale di Roma, decreto del 18/4/2021; Tribunale Genova decisione del 4/11/2020; Tribunale Brescia decreto dell’11/11/2020)[1], con consapevole distanza dagli approdi della giurisprudenza di legittimità.
Sul versante dell’omogenitorialità maschile il vuoto normativo segnalato dall’ordinanza interlocutoria sopra illustrata, è stato colmato in un recente provvedimento del Tribunale di Milano[2] seguendo un percorso argomentativo analogo a quello prima illustrato in relazione alla decisione della Corte d’Appello di Cagliari, fondando la decisione sull’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 8 l. 40 del 2004 e su un giudizio di bilanciamento operato in concreto tra la lesione della dignità della donna che si è prestata alla surrogacy e i diritti del nato che ritiene prevalenti procedendo al riconoscimento dell’atto estero. Questa soluzione postula la sufficienza delle norme sul divieto di maternità surrogata come strumento di deterrenza rispetto alla pratica della gestazione per altri, ritenuta lesiva della dignità della donna e del minore.
7. La necessità ed urgenza dell’intervento nomofilattico
Le differenze di regime giuridico e le divergenze riscontrate tra la giurisprudenza di legittimità e quella di merito rendono davvero necessario ed urgente l’intervento chiarificatore delle S.U. sul tema complesso dell’omogenitorialità.
In primo luogo si deve stabilire se le sentenze “monito” della Corte Costituzionale impongono di attendere il legislatore a fronte di un sistema normativo inadeguato in relazione all’acquisto dello status filiationis per i nati da p.m.a. eterologa ed in particolare per i nati da un progetto genitoriale di una coppia omoaffettiva. Non vi sono norme idonee a cogliere la peculiarità della scomposizione del progetto generativo propria del ricorso a p.m.a. e degli effetti che si producono.
In secondo luogo, si deve individuare il quadro sistematico di riferimento all’interno del quale operare il giudizio di bilanciamento richiesto, e comprendere quale rilievo deve assumere la concreta situazione dedotta in giudizio anche in relazione alla scelta procreativa adottata, alla sua legittimità con riferimento allo Stato di nascita, alla natura effettiva dell’accordo di surrogazione ed alla sua compatibilità con il sistema assiologico che sorregge la preminenza dei diritti del minore e la illiceità della surrogacy.
Un compito complesso ma che completa il percorso dialogico tra le Corti.
[1] Per un più completo quadro e commento della giurisprudenza di merito si rinvia a M. Gattuso, Cagliari e Roma: le prime decisioni dopo le sentenze della Corte Costituzionale, in www.articolo29.it
[2] La sintesi ed il link della decisione è rinvenibile in Rita Russo, Maternità surrogata e trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero: il ruolo dei giudici di merito dopo l’intervento della Consulta, in www.giustiziainsieme.it