L'articolo di Luca Morassutto muove alcune critiche al disegno di legge approvato dalla Camera “in materia di contrasto dell’omofobia e della transfobia". Pur convenendo con l’estensore che il testo finale mostra di avere tenuto in evidente conto di tutte le diverse “sensibilità” politiche che in questi mesi hanno contribuito a redigerlo, alcune delle critiche ivi esposte non paiono così tecnicamente condivisibili.
Lamenta l’avvocato Morassutto che tre sarebbero i punti “critici” della legge in questione, e tutti e tre racchiusi in quell’ art. 3 bis che ha recepito due emendamenti introdotti in diversi momenti da Verini e da Gitti.
Il primo riguarderebbe la definizione “riconducibili al pluralismo delle idee” scriminante, secondo l’estensore dell’articolo, dai contorni di determinatezza troppo vaghi per assolvere da un lato agli obblighi costituzionali di tassatività in materia penale, e dall’altro a quelli imposti dagli artt. 4 e 5 della convenzione ONU del 1965 contro ogni forma di discriminazione razziale espressamente recepita prima dalla Legge Reale del 1975, e quindi dalla Legge Mancino.
Entrambi i rilevi non convincono perché mostrano di non tenere conto che la scriminante del pluralismo delle idee è retta da quella unica condizione finale che la legittima, ed introdotta dall’avverbio purchè, e che esclude, tassativamente ed in pieno rispetto della convenzione ONU, che possa ritenersi libera manifestazione del pensiero tutto quanto istiga all’odio o alla violenza, ed appare di tutta evidenza che qualsiasi manifestazione pubblica di “razzismo” contiene in nuce e per definizione stessa una istigazione se non alla violenza quanto meno all’odio (di razza appunto).
Il secondo riguarderebbe la scelta del termine “diritto” in vece di quello di “legge” nella seconda scriminante prevista per le “condotte conformi al diritto vigente” e che, sempre secondo l’estensore, rischierebbe di lasciare impunito un Sindaco che vietasse le panchine del parco ai ROM a mezzo di una semplice Ordinanza.
A prescindere dal fatto che si tratta di precisazione del tutto “inutile”, posto che ritenere che una condotta conforme al diritto vigente possa costituire allo stesso tempo reato appare evidente ossimoro, anche tale rilievo non appare a chi scrive così fondato.
E’ ben vero che il termine diritto è più esteso di quello di legge essendo, il primo, formato da più fonti, tra le quali, anche, ma non solo, le leggi, ma sostenere che vietare indiscriminatamente l’utilizzo di una struttura pubblica ad una intera etnia non istighi i cittadini di quel comune, o quanto meno alcuni di essi, all’odio razziale, pare alquanto “astratto”.
La terza critica riguarda infine la congiunzione ovvero (in soluzione di continuo con quell’anche se) introdotta prima della ultima previsione di esclusione che riguarda le condotte assunte all’interno di alcune (ed indicate) organizzazioni.
Qui per la verità si conviene con l’avvocato Morassutto, e con quanti ne hanno giustamente criticato la stesura, ma più per ragioni lessicali e grammaticali che per altro, nel senso che è l’intera previsione a risultare mal scritta, e di non immediata comprensione.
Ma nella “sostanza”, che poi è quello che conta, i pericoli denunciati in articolo non ci paiono così concreti.
Anche qui infatti, e come nel primo caso, sembra non essere stata prestata sufficiente attenzione alla definizione finale di chiusura che richiede pur sempre che le citate organizzazioni siano connotate da principi e valori di rilevanza costituzionale, tra i quali non potrebbero certo mai essere ricomprese organizzazioni dedite per statuto all’odio di classe, di religione, di sesso o di razza.
Anzi, a voler ben vedere, proprio quell’ infelice anche se potrebbe essere inteso come richiamo al più generale divieto di istigazione all’odio o alla violenza che esclude in radice la scriminante di cui all’art. 3 bis, nel senso che meglio specifica che rimangono pur sempre punibili tutte quelle condotte in tal senso anche se assunte all’interno di organizzazioni costituzionalmente garantite.
In articolo vengono esplicitati due esempi (un po’ paradossali) di condotte non più punibili a seguito del citato emendamento: a) organizzazione sanitaria che decidesse di non passare medicine ad una particolare etnia e b) licenziamento di dipendente perché di colore.
Sul punto va anche osservato che esistono, e per fortuna, nel nostro Ordinamento (e lo riconosce lo stesso articolista), rimedi idonei ad evitare quanto sopra, senza dovere necessariamente ricorrere alla norma penale che è giusto che intervenga a sanzionare, ed anche pesantemente, tutte quelle condotte che possono in qualche modo risultare istigatrici di odio e violenza, ma non necessariamente tutto quanto è contrario al diritto.
Peraltro, chi scrive, non ritiene che sia solo con lo strumento penale e repressivo che si possa migliorare legislativamente la “cultura” di un paese, ed il fatto che questa legge sia stata approvata con un ampio consenso di forze politiche, fino ad oggi su questi temi in aperta contesa, potrebbe anche rivelarsi un segnale positivo per il futuro, affinchè possano un domani cadere altre “barriere legali”, tuttora incomprensibilmente vigenti, e che non riguardano il diritto penale.
Infine sia consentito di formulare una considerazione d’ordine più generale su questa legge che, come era prevedibile, ha scatenate moltissime polemiche da più e diverse parti.
Come annota anche l’avvocato Morassutto nel suo articolo, finalmente anche in Italia è stata colmata una gravissima lacuna legislativa che fino ad oggi contrassegnava in modo inaccettabile una evidente discriminazione nei confronti di una ben precisa categoria di persone.
“il meglio è nemico del bene” recita un noto detto, e se è vero che come gran parte delle leggi, anche questa poteva certamente risultare migliore, è anche vero che almeno da oggi razzismo e omofobia sono crimini equiparati.
Sembra una “ovvietà”, eppure si è dovuto attendere il 2013 perché ciò avvenisse e questo dato mi pare che possa oggi prevalere su tutte le altre considerazioni sempre, sia chiaro, pienamente legittime allorchè ci si trova a dover commentare una nuova legge che riguarda la tutela dei diritti civili.