Negli atti del processo di Norimberga è contenuto un memorandum del giudice Friedrich Doebig, che appunta – a futura memoria – quanto avvenuto a seguito di “incidenti rilevanti” verificatisi nel campo di concentramento di Dachau, che era stato aperto il 22 marzo 1933.
La nota, del 2 giugno 1933, contrassegnata come documento 1216-PS, è accompagnata da una copia del regolamento del campo.
Si tratta della prima versione di un regolamento interno, che si colloca nel contesto di scelte non limitate a quella istituzione concentrazionaria ma che corrispondono alla politica nazionalsocialista di attacco alle istituzioni giudiziarie, al fine di poter perseguire i propri indirizzi politici totalitari e disporre senza limiti della vita di detenuti divenuti tali senza alcun procedimento penale o condanna o controllo giudiziario[1].
Il successivo regolamento del 1° ottobre 1933 (documento del processo di Norimberga PS778), opera dell’Obergruppenführer delle SS Theodor Eicke, comandante del campo, subentrato a Hilman Wäckerle, porterà a compimento questa impostazione nel campo di concentramento di Dachau.
L’apprezzamento per l’opera di Eicke farà sì che egli venga in seguito designato come ispettore generale di tutti i campi e comandante della sezione delle SS incaricata della sorveglianza, la SS-Wachverbände, poi sinistramente nota come Tötenkopfverbande (“unità testa di morto”).
Doebig nel suo memorandum riferisce di un incontro avuto il 29 maggio 1933 con il procuratore generale presso il Landgericht Monaco II, Karl Wintersberger, in relazione a diverse morti di detenuti verificatesi nel campo da poco aperto.
Il procuratore generale gli fornisce la copia del regolamento e manifesta la volontà di procedere a indagini (viene citato l’articolo 346 dello Strafgesetzbuch, il Codice penale); in effetti sono state svolte delle autopsie, che lasciano adito a dubbi; gli esiti di alcuni di quegli esami autoptici saranno anch’essi acquisiti nel processo di Norimberga (PS 641-645).
Lo stesso giorno Doebig riferisce la questione al ministro della giustizia che, in sua presenza, chiama il cancelliere Hitler per informarlo.
A seguito di ulteriori contatti viene previsto che dell’accaduto si occupi il consiglio dei ministri, salve le indagini che i pubblici ministeri pensano di poter svolgere.
Ma i magistrati il 31 maggio 1933 ricevono la notizia che questo non accadrà: della questione si occuperanno il ministro dell’interno e il capo della polizia. In una postilla al memorandum, Doebig annota che gli atti di indagine verranno messi a disposizione del ministro dell’interno per una sua preventiva valutazione. I tentativi di Wintersberger e del pubblico ministero Joseph Hartinger di svolgere comunque indagini finiranno dopo pochi mesi con il trasferimento d’ufficio di entrambi.
È un intervento netto: nonostante la formale vigenza di leggi generali, penali in particolare, di ciò che accade dentro i campi di concentramento la giurisdizione ordinaria non si dovrà occupare.
All’interno del campo di Dachau (e subito dopo sarà così a Buchenwald, Ravensbrück, Sachsenhausen, Lichtenburg…) esiste una giurisdizione domestica, la Corte del campo, presieduta dal comandante; e all’esterno esiste un interesse dello Stato derivante dall’unità politica tra Führer e Volksgeist, tra “capo” e “sentimento del popolo”, che supera l’ingombro dei magistrati.
Va ricordato che i prigioneri di Dachau, come quelli dei successivi campi di concentramento furono tali per provvedimento di polizia, escluso ogni controllo giurisdizionale.
Il regolamento che regge Dachau, nella sua prima versione, la cui traduzione viene qui proposta, è un prodotto giuridico semplice ma non ingenuo.
I diciotto articoli sono divisi in quattro capi: disposizioni generali, norme penali, classificazione dei prigionieri, giurisdizione.
L’enumerazione dei fatti punibili è un’apparente forma di tassatività: in realtà l’arbitrio del comandante e delle guardie è totale, perché le pene possono in effetti essere irrogate per qualsiasi “disobbedienza”.
Le soglie di tutela sono enfaticamente anticipate al tentativo e all’istigazione, fino al tentativo di istigazione e al tentativo di influenza su altri.
La premialità è anch’essa arbitraria e fa leva su una generica attitudine personale all’obbedienza; ma si arresta di fronte a una valutazione negativa della “vita anteatta” (quale poteva essere quella di comunisti, socialisti, sindacalisti, omosessuali, e via categorizzando).
La giurisdizione è affare interno del campo, del comandante, delle SS, che possono punire a discrezione; i processi della “Corte del campo” sono destinati a giustificare solo le esecuzioni dei prigionieri e prevedono accusa ma non difesa.
L’Olocausto ha avuto un inizio lontano e anche fatto di norme, di cui va conservata memoria.
Un abisso di norme non in vista della “soluzione finale” o durante la guerra. Tutto questo nel 1933, sotto gli occhi consenzienti di buona parte degli apparati dello Stato, nel quadro di un’approvazione da parte del “popolo” vicino al suo “capo”, che continuerà di fronte alla vista degli ebrei tedeschi cercati casa per casa e deportati in quei campi.
[1] vedi G. Battarino, L’attacco alla giurisdizione come elemento della politica nazionalsocialista. Una questione contemporanea?, in Questione Giustizia, www.questionegiustizia.it/articolo/l-attacco-alla-giurisdizione-come-elemento-della-politica-nazionalsocialista-una-questione-contemporanea-_04-09-2018.php.
[*] Si tratta del regolamento del campo applicato subito dopo la sua apertura, e in seguito modificato; la traduzione è stata condotta con la collaborazione di Elettra Aldinio sul documento del processo di Norimberga digitalizzato dalla biblioteca dell’università di Harvard, vedi questo link: http://nuremberg.law.harvard.edu/documents/3977-regulations-of-the-dachau?q=camp+regulation#p.6. L’intera vicenda è trattata ampiamente da Nikolaus Wachsmann, KL. Storia dei campi di concentramento nazisti, trad it. Mondadori, 2016. La presentazione alla stampa del campo di Dachau come primo esempio di una nuova modalità detentivaè stata ricordata dallo Spiegel, vedi il link: www.spiegel.de/geschichte/kz-dachau-modell-fuer-deutsche-konzentrationslager-a-951071.html