Claudio Castelli ha parlato di criticità tecnologiche, criticità organizzative, criticità culturali.
Inizierò da queste ultime. Benché le prime applicazioni del processo telematico risalgano a venti anni fa, nonostante il sistema operativo sia disponibile per gli uffici giudiziari e i magistrati da dieci anni, nonostante le numerose sperimentazioni portate avanti nel tempo, il PCT è rimasto per la stragrande maggioranza dei giudici civili sconosciuto e misterioso.
Le statistiche e le riproduzioni grafiche sulla diffusione del telematico su scala regionale e nazionale, mostrateci da Marinai, dimostrano che la messa a regime del PCT avanza a grandi passi ma che restano ancora vaste e sconcertanti zone bianche, uffici dove siamo ancora all'anno zero.
Se il mancato interesse per gli strumenti dell'innovazione tecnologica di alcuni capi degli uffici e alcuni dirigenti amministrativi può spiegare la lentezza nell'attuazione, deve però tenersi in conto anche una forte resistenza culturale e psicologica dei singoli magistrati.
Una resistenza che, a mio avviso, non ha ragion d'essere.
E' vero che per alcuni aspetti il PCT rivoluziona il modo di lavorare del giudice civile. Il pensiero di sostituire al fascicolo reale il fascicolo virtuale, di dover scrivere (o supervisionare laddove si sperimentino forme di ufficio del processo o del giudice o vi sia personale sufficiente per l'assistenza in udienza - almeno per alcune attività più solenni, come i collegi) i verbali, di dover strutturare ordinatamente l'udienza chiamando una causa alla volta con una corretta gestione dei tempi e necessaria conoscenza dei fascicoli, di dover mettere da parte qualche comoda ma cattiva prassi: assumere le prove direttamente (conoscendo i fatti) anziché richieder gli avvocati di provvedervi da soli, tutto questo può generare preoccupazione o anche paura. Si tratta di sentimenti che sembrano sempre più diffusi tra i magistrati, il che contrasta con le caratteristiche di alta professionalità che dovrebbero contraddistinguerci, e che sono alimentati - secondo le regole della psicologia di massa - dagli spettri del disciplinare e delle valutazioni di professionalità.
E' mia ferma opinione che il processo telematico - che ci mette al passo con i più moderni sistemi europei e con le indicazioni della CEPEJ (Commissione Europea per l'Efficacia della Giustizia) - migliori in modo esponenziale la qualità del lavoro del giudice. Tale miglioramento è palpabile nello stesso momento in cui si apre per la prima volta un fascicolo su "consolle", si predispone un atto (che si genera secondo modelli inseriti nel sistema - normalmente frutto di una collaborazione collettiva all'interno dell'ufficio, basata anche sull'esperienza di altri uffici - con inserimento automatico dell'intestazione completa dell'atto: NRG, giudice monocratico o collegiale, oggetto della causa, nomi delle parti e dei loro difensori, e di contenuti tanto vari quanti sono i modelli), si deposita con un "clic" e si sa che il cancelliere lo riceverà in tempo reale, lo scaricherà sul SICID e potrà inviarlo tramite PEC ai difensori con un altro "clic". Si apre il fascicolo virtuale e si ha a disposizione lo storico completo e tutti i verbali nonché i documenti richiesti dal giudice (per chi fa, come me, famiglia e minori, si pensi alle relazioni dei Servizi Sociali o della GdF) nonché sempre più spesso atti di parte e CTU. Quando si ha doverosa cognizione del tema decidendum e del tema probandum si può fare udienza senza neppure guardare il fascicolo cartaceo, dalla copertina in decomposizione, normalmente privo di indice e numerazione degli atti.
Io non so nulla di informatica ma adoro la tecnologia che mi aiuta a lavorare meglio e più velocemente nell'interesse degli utenti della giustizia. L'esperienza del PCT mi fa formicolare le dita dal piacere di lavorare in modo efficiente e ordinato.
Aggiungo che il sistema è - come si dice con espressione anglofona - "user friendly", molto intuitivo nelle sue funzionalità e nelle applicazioni. Basta provare! I nostalgici delle sentenze scritte con la stilografica caricata a inchiostro bluette resistente a qualunque tentativo di fotocopia leggibile, gli amanti del profumo che emana dal fascicolo cartaceo dovranno fare uno sforzo iniziale ma, superato l'attimo, non potranno non apprezzare le comodità e le potenzialità della "consolle". Del resto siamo tutti, indipendentemente dall'età, circondati da PC, readers, tablets, smartphones e l'uso della Information Technology è conosciuto da tutti. Internet, le ricerche in rete e nei database, l'italgiureweb, COSMAG e l'intranet della Scuola della Magistratura ci hanno reso familiari con l'applicazione della tecnologia al nostro lavoro, si tratta solo di fare un passo avanti.
Non voglio negare che manchino i problemi o le criticità tecniche. C'è il grosso problema della verifica dell'autenticità della firma, per la quale è in corso di elaborazione un software per verificare la bontà delle firme digitali. Si tratta certamente di questione importante ma che non deve essere caricata di una rilevanza eccessiva. Anche per i documenti cartacei può porsi un problema di autenticità e di contraffazione e il sistema - che a mio avviso potrebbe essere ben semplificato in punto di codifica della firma - dà garanzie sufficienti tanto da rendere irrilevante la domanda sistematica della bontà della firma.
C'è il problema della verifica della notifica effettuata via PEC ma con un po' di buon senso si può risolvere con la produzione di copia cartacea della informativa relativa alla notifica completa.
Molte altre questioni possono presentarsi, dovute alla necessità di adattare regole di un codice scritto quando l'IT non esisteva al nuovo sistema telematico. Penso che dovremo adottare interpretazioni semplici e non eccessivamente formali. Come magistrati, siamo stati capaci di interpretare le norme fasciste adeguandole alla Costituzione; saremo ben capaci di interpretare le norme del CPC adattandole al processo telematico!
Nell'interpretazione dobbiamo farci guidare da alcuni principi generali di fondo: il principio di economia processuale, il principio di regolarizzazione degli atti nulli, il principio di sanatoria per raggiungimento dello scopo.
Dovremo applicare un criterio ermeneutico che è valido per le scienze esatte e può applicarsi anche a quelle umanistiche: tra una soluzione semplice ed una complicata quella semplice è verosimilmente quella corretta.
Come i magistrati degli uffici dove il PCT ha un elevato tasso di applicazione stanno constatando, gli aspetti positivi del telematico sopravanzano ampiamente quelli negativi o problematici.
Nella mia sezione, la sezione civile del Tribunale di Livorno, tutti i magistrati usano "consolle" e nel 2013 i depositi (di verbali e provvedimenti) e le comunicazioni sono stati pressoché nella totalità telematici nel civile ordinario e nel lavoro e, più recentemente, anche nella volontaria giurisdizione collegiale e monocratica.
Questo non si è prodotto nell'ambito di un processo di burocratizzazione e adozione di un modello aziendalistico da parte del settore civile del Tribunale (l'accostamento di PCT e burocratizzazione è frequente e si basa, a mio avviso, su una mancanza di conoscenza).
L'uso di "consolle" è certamente uno degli elementi che porta il settore civile del nostro Tribunale ai primi posti nel distretto per durata dei processi e a livello di eccellenza per alcune materie (come la famiglia). Il telematico si inserisce in un contesto organizzativo e programmatico condiviso coi colleghi per eliminazione dell'arretrato delle cause ultratriennali (che si stanno progressivamente riducendo per numero totale e soprattutto sono ultratriennali sempre meno vecchie, avvicinandosi ormai a livelli fisiologici) e per l'aumento del tasso di eliminazione delle sopravvenienze.
Il "cruscotto" del Presidente, altro ottimo strumento di "consolle", consente al dirigente e al presidente di sezione un monitoraggio costante dell'andamento del ruolo generale e dei singoli ruoli, l'individuazione e il conseguente intervento sulle criticità. Dal punto di vista qualitativo l'adozione di modelli e di pezzi di motivazione (PDM) tramite "consolle" non porta a uno scadimento della qualità del prodotto giudiziario, essendo le soluzioni giuridiche e le prassi il frutto di un costante confronto e apporto di idee e di studio all'interno della sezione. La standardizzazione delle procedure e dei provvedimenti semplici (penso ad es., per quanto mi riguarda, alle separazioni consensuali) apre spazi temporali rilevanti per dedicarsi alle questioni complesse e alle attività sensibili (nel mio settore, agli ascolti del minore, ai tentativi di conciliazione, alla costruzione di progetti per l'utenza).
La messa a disposizione dei GOT di consolle favorisce il loro utilizzo intelligente sulla base delle indicazioni consiliari. Certo, abbiamo la fortuna di avere nella nostra sezione il RID della Toscana, Marinai, che aiuta capi a colleghi e cancellerie a risolvere tutti problemi, e un foro tra i più attivi in Toscana su questo fronte, ma è certo che il PCT ha migliorato la qualità della giustizia civile a Livorno.
Ricordo che le cancellerie devono essere particolarmente seguite, informate, istruite in vista del passaggio di giugno e, in questo periodo di doppio regime per il deposito degli atti, deve essere raccomandata la massima sollecitudine per l'invio della ricevuta di deposito agli avvocati.
Concludo sottolineando l'importanza di regolare attraverso protocolli (di cui esistono già esempi come quello dell'Osservatorio per la Giustizia Civile di Firenze) le buone prassi in materia di applicazione del PCT. Sottoscrivo in pieno l'idea di un protocollo a livello di distretto, per evitare alle parti il rischio del "tribunale che vai usanza che trovi". La certezza in questa fase di transizione è un valore più di sempre.
Questo dovrebbe essere dunque il nostro prossimo obiettivo: raccogliere intorno a un tavolo l'avvocatura distrettuale e i rappresentanti dei vari uffici per stilare il Protocollo per il PCT per la Toscana.