Magistratura democratica
Prassi e orientamenti

Il tirocinio ex art. 73 dl 69/2013. Due tirocinanti raccontano “in diretta” la propria esperienza

di Sara Beccaglia , Susanna Colombo
tirocinanti <i>ex</i> art. 73 presso il Tribunale di Milano
Dopo un excursus della disciplina normativa del tirocinio, le autrici, assegnate alla Sezione Gip del Tribunale di Milano, ne evidenziano i punti di forza e di debolezza. In conclusione, si affrontano futuri scenari con particolare riferimento alle modifiche proposte dal cd. “Progetto Bonafede” del luglio 2019

1. Breve richiamo alla disciplina normativa: l’esperienza milanese

Com’è noto, l’art. 73, comma 1, dl 69/2013 convertito con modificazioni dalla legge 98/2013 e successivamente integrato dal decreto 90/2014, prevede al comma 5 che «i laureati in giurisprudenza all'esito di un corso di durata almeno quadriennale, in possesso dei requisiti di onorabilità di cui all'articolo 42-ter, secondo comma, lettera g), del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, che abbiano riportato una media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110 e che non abbiano compiuto i trenta anni di età, possono accedere, a domanda e per una sola volta, a un periodo di formazione teorico-pratica presso le Corti di appello, i tribunali ordinari, gli uffici requirenti di primo e secondo grado, gli uffici e i tribunali di sorveglianza e i tribunali per i minorenni della durata complessiva di diciotto mesi…. […] Essi sono ammessi ai corsi di formazione decentrata organizzati per i magistrati dell'ufficio ed ai corsi di formazione decentrata loro specificamente dedicati e organizzati con cadenza almeno semestrale secondo programmi che sono indicati per la formazione decentrata da parte della Scuola superiore della magistratura».

La legge cerca di incentivare il ricorso allo stage in diversi modi. Innanzitutto, pur escludendo l’art. 8 che lo svolgimento dello stage dia diritto ad alcun compenso e possa determinare il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo, né di obblighi previdenziali e assicurativi, si prevede al comma 8-bis, l’attribuzione agli ammessi di una borsa di studio non superiore ad € 400,00, secondo le modalità concretamente individuate dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia (comma 8-ter).

Oltre a ciò, il comma 10 prevede la possibilità per gli stagisti di svolgere, contestualmente allo stage, anche altre attività (dottorato di ricerca, tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato o di notaio, frequenza dei corsi delle scuole di specializzazione per le professioni legali) purché ciò si svolga con modalità compatibili con il conseguimento di un’adeguata formazione. Ancora, ai sensi del comma 13, l’esito positivo dello stage può essere valutato per il periodo di un anno ai fini del compimento del periodo di tirocinio professionale e ai fini della frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali.

Ultimato positivamente il tirocinio, ai fini professionali, esso costituisce titolo di preferenza a parità di merito nei concorsi indetti dall'amministrazione della giustizia, dall'amministrazione della giustizia amministrativa e dall'Avvocatura dello Stato e per quelli indetti da altre amministrazioni dello Stato (comma 14); altresì, titolo di preferenza per la nomina a giudice onorario di tribunale e a vice procuratore onorario (comma 15); infine, consente la nomina a giudice di pace senza che sia richiesto il requisito del superamento dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato (art. 16).

In ultimo, al comma 11-bis, si specifica che l'esito positivo dello stage costituisce titolo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario.

Al fine di coordinare e uniformare l’attività di tirocinio, il Csm, il 24 luglio 2019, ha adottato una delibera con la quale, dopo aver passato in rassegna le varie realtà territoriali, ha provveduto a redigere delle linee guida con riferimento ai principali nodi applicativi.

In conclusione, con particolare riferimento alla realtà milanese, si evidenzia la sussistenza anche delle Convenzioni per tirocini formativi presso gli uffici giudiziari ex art. 73 dl n. 69/2013, convertito con legge n. 98/2013, siglate sia tra il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Milano e la Corte d’appello di Milano, il Tribunale ordinario di Milano, il Tribunale di sorveglianza di Milano e il Tribunale per i minorenni di Milano sia tra il medesimo Ordine e la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni.

2. Il punto di vista delle tirocinanti

L’esperienza di Sara

Dopo la laurea in giurisprudenza all’Università Bicocca di Milano ho intrapreso il tirocinio formativo presso il Tribunale di Milano che svolgo da circa un anno.

Ho scoperto di questa possibilità grazie alla testimonianza di una mia amica, che già l’aveva iniziata e me l’aveva descritta come una bellissima esperienza. Dopo la laurea non avevo le idee molto chiare, avevo fatto uno stage curriculare di sei mesi presso uno studio legale e volevo provare un’esperienza diversa e unica nel suo genere. Ho trovato il bando sul sito del Tribunale di Milano e ho partecipato: tutto ciò che si deve fare è compilare un form e inviare una serie di documenti indicati sul sito. In seguito, si verrà convocati per un colloquio con un magistrato incaricato di provvedere all’assegnazione dei tirocinanti anche secondo le preferenze di ciascuno e nei limiti dei posti disponibili. Coloro che svolgono i servizi di segreteria sono i primi con cui i tirocinanti si relazionano e devo dire che presso il Tribunale di Milano sono tutti gentili, disponibili e competenti.

Sin dal primo giorno ho iniziato ad affiancare il giudice al quale sono stata affidata in tutte le attività: ad esempio, attività di studio e ricerca, redazione di atti, udienze, turni di convalida, incidenti probatori. In un solo anno ho imparato molto: come mi suggerì la mia giudice affidataria il giorno del colloquio, per l’ambito penale la Sezione Gip/Gup è la migliore per affrontare le più disparate fattispecie: nel corso delle udienze, qualora gli imputati chiedano il rito abbreviato, si può anche avere un’idea del procedimento probatorio e prendere parte alla camera di consiglio, assistendo alla valutazione delle prove e alla decisione del giudice.

L’esperienza di Susanna

Appena conclusa l’esperienza universitaria, non avevo dubbi su quale sarebbe stata la mia scelta circa la prosecuzione della mia carriera professionale e di formazione: da quando ho intrapreso il percorso nella facoltà di giurisprudenza ho fin da subito maturato il desiderio, il sogno oserei dire, di percorrere la strada per l’accesso alla magistratura.

Consapevole delle strade che conducono a tale professione, ho scelto di iniziare lo stage formativo presso il Tribunale di Milano come mi aveva suggerito il mio relatore di tesi. Come Sara, ho trovato con facilità il bando sul sito del Tribunale di Milano: ho compilato l’apposito modulo e dopo pochi giorni sono stata contattata dalla Segreteria tirocini per il colloquio ai fini dell’assegnazione. Ho espresso sin da subito la preferenza per la Sezione Gip dove avrei potuto fare una esperienza ampia confrontandomi con svariate fattispecie giuridiche e altrettante realtà procedimentali come la fase cautelare e la fase del merito.

Ho iniziato questo percorso formativo da quattro mesi e, nonostante io sia agli inizi, posso affermare di aver già appreso una modalità di pensiero giuridico del tutto nuova, affiancando il magistrato a cui sono stata assegnata nelle attività quotidiane quali lo studio dei fascicoli, la redazione di ordinanze e sentenze e l’approfondimento di diverse questioni giuridiche.

Ora come tirocinante – e non più come studentessa – vedo che cosa significa applicare il diritto così come ci viene insegnato nelle aule universitarie in ogni singola e diversa situazione giuridica che ci si trova dinnanzi, sviluppando una capacità critica ed una sensibilità nuova e più consapevole di fronte all’umano che si presenta al giudice in tutte le sue forme, anche in quelle più complesse.

3. Considerazioni conclusive

Descriveremmo tale percorso formativo senz’altro come arricchente e costruttivo sia da un punto di vista personale che professionale. Da un lato consente di vivere in prima persona alcuni dei principi fondanti del processo penale, tra i quali la terzietà del giudice, il rispetto del contraddittorio, la ragionevole durata del processo, il diritto di difesa; aiuta a comprendere il genuino significato del valutare e del giudicare, il rispetto delle persone e delle molteplici situazioni giuridiche. Dall’altro, durante i diciotto mesi il tirocinante passa dalla teoria dei manuali e dei casi studiati sulle riviste giuridiche alla pratica del processo vissuto, degli atti di parte letti ed esaminati con il supporto critico del proprio magistrato di riferimento. Il “saper essere” ancor prima del “saper fare”.

Principiando dai lati negativi. Entrambe abbiamo avuto la fortuna di incontrare chi nel nostro percorso ci ha indicato questa esperienza: diversamente forse non ne saremmo venute a conoscenza.

Oltre a ciò, il punto più controverso è certamente l’assenza di un compenso assicurato: esiste, infatti, una borsa di studio assegnata dal Ministero sulla base dell’indicatore ISEE e, dunque, sulla base reddituale. Sul punto si è di recente espressa la sopra detta delibera del Csm del 24 luglio 2019 evidenziando che «la borsa di studio non risulta garantita a tutti i tirocinanti, essendo subordinata alla capienza dei fondi stanziati anno per anno dal Ministero, e dalla posizione nella graduatoria degli aspiranti». Si profilerebbero, peraltro, incongruità normative dato che «ad esempio, ai fini delle prestazioni pensionistiche, lo status di studente sino al 26° anno di età viene riconosciuta per le scuole di perfezionamento e corsi annessi alle facoltà universitarie mentre non gode dello stesso riconoscimento il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari». Pari criticità riguardano coloro che avrebbero diritto a tale beneficio: infatti, i tirocinanti fanno richiesta della borsa di studio con riferimento all’anno solare precedente. La posticipazione dell’erogazione del denaro costringe il tirocinante ad anticipare spese senza considerare il fatto che, dal punto di vista fiscale, non è prevista alcuna specifica esenzione «esenzione, le borse di studio assegnate per il tirocinio previsto dall’art. 73 l. 98/2013 vengono assimilati ai redditi da lavoro dipendente in base all’art. 50 co. 1 lett. C) del T.U.I.R. e alla circolare Ministero Finanze n. 326/E del 1997, risultando peraltro i percipienti svantaggiati rispetto ad un lavoratore dipendente in quanto la retribuzione ai fini fiscali viene riferita all’anno in cui è stata percepita, e quindi ove il beneficiario della borsa di studio dovesse percepire dei redditi nell’anno successivo, ai fini della determinazione dell’imposta verrà considerata anche la borsa di studio percepita per il tirocinio svolto nell’anno precedente». Per incentivare l’accesso e la partecipazione di noi tirocinanti, quindi, bisognerebbe innanzitutto riconoscere la borsa di studio a tutti coloro che svolgono l’attività di tirocinio e, in ogni caso, prevedere tempi più ristretti per l’erogazione della stessa nonché intervenire sul regime fiscale. Quanto, poi, al tema del ricorso al contributo di terzi finanziatori per l’erogazione delle borse di studio, «pone indubbie problematiche non solo di tipo organizzativo, essendo necessario salvaguardare l’immagine di terzietà dell’ufficio giudiziario, che è bene rimanga estraneo a logiche di fundraising».

Ulteriore profilo di criticità evidenziato dal Consiglio superiore riguarda l’assenza di qualsivoglia previsione riguardo alla tutela INAIL: «Al contrario, l’art. 18 della l. n. 196/1997, al pari del relativo regolamento di attuazione di cui al D.M. 25 marzo 1998 n 142, impone l’obbligo, da parte dei soggetti promotori, di assicurare i tirocinanti mediante specifica convenzione con l’INAIL».

Venendo, ora, ai punti di forza. Indubbiamente il tirocinio formativo presso il Tribunale è un’esperienza di alta formazione e forse unica nella vita: noi giovani laureati abbiamo una valida alternativa ai tradizionali titoli di accesso al concorso, come ad esempio, alla Scuola superiore per le professioni legali (SSPL) o il titolo di avvocato. Ma non solo. Non è una scelta riservata a coloro che pensano di voler fare i magistrati, anzi può essere un momento strategicamente formativo anche per coloro che intendono proseguire con la carriera forense considerato, inoltre, che il tirocinio di diciotto mesi equivale a dodici mesi di pratica forense e così i tirocinanti, svolgendo solo altri sei mesi, possono conseguire il titolo di accesso all’esame di Stato per la professione di avvocato. A differenza di altre realtà, l’Ufficio giudiziario di Milano e la Procura presso il Tribunale per i minorenni hanno stipulato appositi accordi, come sopra detto.

Ruolo “pilota” dell’Ufficio giudiziario di Milano si è avuto anche nell’ambito della tutela delle vittime di reato in adempimento della Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 – attuata con il dl 212/2015 – che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Il protocollo avviato dal Tribunale, con la collaborazione dei tirocinanti ex art. 73, è volto a rendere operativo l’utilizzo effettivo di una stanza riservata al fine di assicurare che la vittima considerata “vulnerabile” ai sensi dell’art. 90-quater cpp, possa attendere il momento di essere ascoltata in un ambiente riservato ed isolato dalle altre parti del processo e possa raggiungere l’aula senza contatti con l’imputato. Al fine di attuare questa iniziativa, si è strutturato un turno mensile su base volontaria, grazie al quale ogni giorno due tirocinanti sono a disposizione dei giudici per assistere le vittime. La Procura procede alla citazione del teste “vulnerabile” con appositi moduli che indicano la possibilità di usufruire di tale stanza di “accoglienza”, successivamente il giudice competente per il procedimento, ove lo ritenga opportuno, contatta i tirocinanti di turno che si attiveranno per avviare il protocollo e condurre la persona nell’aula ove verrà assunta la sua dichiarazione.

Nonostante esistano diverse modalità di accesso agli Uffici giudiziari, «si deve constatare, alla luce delle esperienze registratesi sul territorio nazionale, che la forma di tirocinio risultata più efficace è quella prevista dall’art. 73 l. 98/2013, essendo quest’ultimo lo strumento più duttile, più flessibile, più efficace, nonché di più immediata e lineare applicazione, sia nel settore civile che, negli ultimi anni, anche in quello penale». Peraltro, si tratta della forma di tirocinio di più lunga durata, che garantisce continuità nel rapporto fra magistrato e tirocinante, oltre ad essere destinato ai soli laureati più meritevoli.

La recente delibera del Csm più volte ricordata, ha evidenziato che nel 2016 all’incirca un terzo dei vincitori del concorso per magistratura ordinaria, rispetto ai posti messi a concorso, hanno svolto il tirocinio formativo ex art. 73 l. 98/2013, trend che è aumentato notevolmente rispetto agli anni precedenti e che è in ulteriore aumento per l’anno 2017 [dati del Ministero della giustizia]. Il predetto trend positivo trova altresì, conferma nei dati rilevati dall’Ufficio Statistico del Csm: risulta, infatti, che tale occasione formativa è stata istituita nella maggior parte dei Tribunali, in particolare nell’82%.

Ultima questione da affrontare, ma non per importanza, riguarda le recenti riflessioni sulle modalità di accesso alla magistratura. Il Ministro Bonafede nel luglio 2019 ha proposto un progetto di riforma che tra le altre cose, riguarderà anche la disciplina dell’accesso alla magistratura. In particolare, l’art. 27 del progetto prevede, facendo propri i risultati cui era pervenuta anche la Commissione di studio sulla ricognizione delle attività formative finalizzate all’accesso alla magistratura ordinaria (DD.MM. 22.12.2017 e 3.1.2018), cd. Commissione Sirena, il ritorno ad un concorso di primo grado e cioè ad un meccanismo di accesso diretto al concorso da parte di tutti i laureati in giurisprudenza, senza restringimenti della platea dei partecipanti così riducendo l’età media dell’ingresso in magistratura ed evitando quei lunghi periodi di attesa che precludono la partecipazione al concorso agli appartenenti alle famiglie meno abbienti. Anche il recente Congresso dell’Anm ha approvato una mozione conclusiva che dedica a questo centrale problema parole chiare: «In via preliminare occorre un radicale ripensamento degli attuali canali di accesso in magistratura attraverso il ritorno al concorso di primo grado e il potenziamento della formazione iniziale». A detta dell’Anm sarebbe, forse, opportuno tornare ad un accesso in magistratura senza requisiti di legittimazione post-universitaria e, dunque, un accesso di “primo grado”.

Ciò comporterà, altresì, una revisione degli attuali istituti di formazione pre-concorsuale, soprattutto con riferimento alle scuole di specializzazione per le professioni legali e ai tirocini formativi, non ultimo quello “ex art. 73”.

A nostro avviso, tale percorso formativo non dovrebbe perdere di valore: resta innegabile che un neolaureato difficilmente si dirige immediatamente al concorso. Se è vero che esistono alternative valide quali i corsi specifici in preparazione all’esame nonché SSPL, ciò che il tirocinio offre è insostituibile. I giovani hanno la possibilità di vivere a stretto contatto con professionisti che rappresentano ciò che loro stessi vorrebbero diventare e il ritorno umano e formativo è altissimo.

Oltre ogni ragionevole dubbio, suggeriamo a tutti questo tirocinio.

14/10/2019
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