1. Solo poche settimane fa si è avuto occasione di scrivere, a proposito delle modifiche alla c.d. legge Pinto nr. 89/01 apportate dalla legge di stabilità nr. 208/15, che l'introduzione a partire dal prossimo 31.10.2016 dei rimedi preventivi alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo nel suo complesso “suscita perplessità. Scoraggiare comportamenti dilatori delle parti, impedendo che ne derivino benefici, è doveroso, ma orientare il merito delle tattiche processuali, incidendo sul proprium dell’attività difensiva, è inopportuno anche dal punto di vista dell’art. 24 della Costituzione, tanto più che neppure ne derivano riduzioni certe della durata del processo, prevedendo il nuovo art. 1-ter co. 7° che “restano ferme le disposizioni che determinano l’ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti”. E’ vero che il prelievo esisteva già nel processo amministrativo (...), ma la prassi di quel processo prevede da sempre la fissazione dell’udienza solo a seguito di quell’istanza; negli altri tipi di processi, invece, l’udienza è fissata comunque“.
La recentissima sentenza della Corte EDU del 25.2.2016 sul caso Olivieri e altri contro Italia fa apparire quelle perplessità non solo fondate, ma addirittura troppo prudenti.
2. La vicenda esaminata dalla Corte sovranazionale riguardava quattro dipendenti del Comune di Benevento, che nell'agosto 1990 adirono con separati ricorsi il TAR Campania per ottenere il pagamento di differenze retributive, e contemporaneamente presentarono istanze di fissazione di udienza. Nell'estate 2008, diciotto anni dopo, ripresentarono tali istanze onde evitare la perenzione dei ricorsi, e nello stesso periodo proposero ricorsi Pinto per l'eccessiva durata del giudizio amministrativo, che dapprima la Corte di Appello di Napoli, e poi la Cassazione, dichiararono inammissibili per la mancata previa presentazione dell'istanza di prelievo, e cioè della domanda di fissazione con urgenza dell'udienza. Alla fine, quei lavoratori hanno chiesto alla Corte di Strasburgo di accertare la violazione del diritto alla ragionevole durata del processo.
3. Nell'esaminare i ricorsi, poi riuniti, dei quattro lavoratori, la Corte EDU ricostruisce meticolosamente il sistema di trattazione dei giudizi amministrativi, caratterizzato in origine dalla necessità di proporre istanza di fissazione dell'udienza entro due anni dal deposito del ricorso, a pena di sua perenzione, e dalla possibilità di chiedere la fissazione urgente con l'istanza di prelievo, che legittima il giudice a dare priorità al ricorso e ad anticiparne la trattazione. Nel 2000, poi, fu introdotto anche l'obbligo della cancelleria del giudice amministrativo di avvisare le parti dei ricorsi che, pendendo da oltre dieci anni, erano a rischio di perenzione, evitabile solo con la presentazione di una nuova istanza di fissazione dell'udienza. Con l'art. 54 cpv. della legge 133/08, peraltro, la proposizione dell'istanza di prelievo divenne condizione necessaria per la proposizione del ricorso Pinto.
La Corte ricorda (§ 42 ss.) che la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni di cui all'art. 35 della Convenzione EDU, espressione del principio di sussidiarietà che impone di tutelare i diritti convenzionali anzitutto davanti ai giudici nazionali, e solo in seconda battuta a Strasburgo, si applica soltanto se il ricorso interno risulti disponibile e adeguato à un degré suffisant de certitude non seulement en théorie mais aussi en pratique (…) susceptible de remédier directement à la situation incriminée et présenter des perspectives raisonnables de succès: si tratta del consueto principio di effettività, che nella specie legittima l'esistenza di rimedi tesi all'accelerazione del processo solo se il risultato sia garantito in modo certo.
La Corte poi rileva sul piano normativo (§ 54 ss.) che sia prima che dopo l'emanazione del codice di procedura amministrativa del 2010 la proposizione dell'istanza di prelievo consente al giudice amministrativo di dichiarare l'urgenza della causa e di anticiparne la trattazione, derogando al criterio cronologico. Essa però non ha effetti obbligatori, avendo il presidente del TAR una semplice facoltà di fissare la data dell'udienza. L’istanza di prelievo est considérée comme un critère parmi les autres (…) il ne semble pas que la législation nationale ait prévu des modalités précises quant au traitement de la demande en question, en particulier les critères que le président du TAR doit appliquer pour rejeter ou faire droit à la demande et les conséquences, en cas de décision favorable à la partie, sur le déroulement de la procédure.
Neppure sul piano pratico, per il quale il Governo italiano non ha saputo fornire elementi concreti, l'istanza di prelievo ha effetti obbligatori: per arrivare a tale conclusione, la Corte procede (§ 58 ss.) a un'indagine empirica a campione su decisioni della Cassazione e dei TAR, dalla quale risulta l'estrema variabilità delle prassi e l'impossibilità di ottenere con certezza, mediante l'istanza di prelievo, un'anticipazione effettiva dell'udienza, sì che le résultat de cette demande est aléatoire, e la stessa differenza tra istanza di fissazione di udienza e istanza di prelievo finisce per sfumare.
Ne consegue che, non potendosi affermare (neppure dopo la modifica apportata dal d.lgs. 104/10) l'effettività del rimedio acceleratorio costituito dall'istanza di prelievo, la sua mancata proposizione non appare idonea ad allungare il processo amministrativo e pertanto non costituisce ostacolo, sotto il profilo del mancato esaurimento delle vie di ricorso interno, alla liquidazione dell'indennizzo per la sua eccessiva durata.
In conclusione, la Corte EDU liquida a ciascuno dei quattro ricorrenti l'indennizzo di € 22.000,00 oltre ad accessori e a spese legali, importi che ben difficilmente essi avrebbero potuto conseguire dall'applicazione della legge Pinto.
4. Se si considera che la legge di stabilità 208/15 ha esteso il rimedio acceleratorio a tutti i giudizi, anche incidendo sulle scelte tattiche del difensore nel processo civile, senza tuttavia toccare le regole normative che determinano l’ordine di priorità nella trattazione dei processi – pour cause, dato l'ingolfamento dei ruoli -, si può apprezzare come la sentenza Olivieri, lungi dal riguardare la sola giustizia amministrativa, contenga enunciazioni a maggior ragione suscettibili di estendersi agli altri rimedi preventivi, caratterizzati da un'effettività certamente minore rispetto all'istanza di prelievo davanti al TAR (v. relazione del presidente del TAR Campania all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2016).
Al di là delle prevedibili future rimessioni alla Consulta per violazione dell'art. 117 Cost. in relazione al parametro dell'art. 6 Convenzione EDU, l'innovazione dei rimedi preventivi risulta quindi delegittimata prima ancora della sua entrata in vigore, mentre è sempre più impellente una specifica revisione dell'intera legge Pinto, la cui elaborazione avvenga con modalità diverse dall'inserzione in provvedimenti legislativi omnibus approvati col consueto voto di fiducia demo-autoritario. Questa revisione dovrebbe da un lato rendere leggibili e conformi alla lingua italiana le previsioni normative (non è più tollerabile l'esistenza di articoli 2-bis commi 1-bis, ter, ecc.) e dall'altro, pur escludendo o riducendo gli indennizzi per i casi non meritevoli, ripudiare gli artifici finora escogitati per negare il giusto dovuto a chi sia stato effettivamente danneggiato dai tempi dilatati della nostra giustizia.