Magistratura democratica
Prassi e orientamenti

Penna e calamaio: quo usque tandem? E' l'ora di cambiare

di Marco Vitalizi
Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Livorno, Responsabile per i servizi informatici e telematici
Il cammino del foro livornese verso il PCT
Penna e calamaio: quo usque tandem? E' l'ora di cambiare

I computer sono incredibilmente veloci, accurati e stupidi.

Gli uomini sono incredibilmente lenti, inaccurati e intelligenti.

L'insieme dei due costituisce una forza incalcolabile.

                                                                      (Albert Einstein)

Già alcuni anni fa, in occasione di un intervento sul periodico edito dal nostro Consiglio dell’Ordine, osservavo che la semplice verità del pensiero di Einstein che è racchiusa nell’aforisma citato era messa in discussione dall’atteggiamento di diffidenza che molti avvocati (ma non solo gli avvocati) ancora riservavano all’impiego degli strumenti informatici e telematici.

La riflessione era dettata dalla constatazione che, se pure quasi tutti gli avvocati ormai possedevano un computer, era un dato di fatto che i più se ne servivano esclusivamente per la produzione di documenti, lo usavano cioè solo come un sistema di video scrittura, senza sfruttarne appieno le potenzialità, ed erano comunque generalmente poco interessati al mondo dell’informatica.

Osservavo che il fenomeno mi pareva essenzialmente legato ad una questione di mentalità, neppure però dettata da ragioni anagrafiche o da una formazione culturale più umanistica che scientifica, come era dimostrato dal fatto che vi erano avvocati anche molto anziani che usavano il computer con estrema disinvoltura e che corrispondevano correntemente per posta elettronica.

Mi sembrava piuttosto che concorresse a ciò una pluralità di ragioni, pigrizia mentale, paura, se non addirittura rifiuto, del nuovo, timore di non riuscire ad acquisire le capacità tecniche necessarie, cui non era però estranea, in qualche caso, una certa forma di snobismo che induceva a voler andare a tutti i costi controcorrente.

Certe resistenze tuttora parzialmente permangono, anche se è da riconoscere che si tratta ormai di un fenomeno tutto sommato marginale, poiché sono stati compiuti nel frattempo passi da gigante.

Gli ordini territoriali, anche dietro lo stimolo costante degli organismi rappresentativi dell’avvocatura, si sono fortemente impegnati sia nella direzione di sviluppare l’offerta di servizi informatici e telematici da mettere a disposizione dei propri iscritti, sia riservando a questi ultimi una costante attività formativa per la diffusione e l’apprendimento dell’uso di tali strumenti.

I siti web degli ordini territoriali sono in molti casi divenuti dei veri e propri portali dai quali è possibile accedere, in modo semplice ed immediato, a tutta una serie di servizi che sono ormai indispensabili per l’esercizio della nostra professione.

La conoscenza diretta mi porta a parlare di ciò che è avvenuto a Livorno, ma analoghe esperienze sono comuni, a livelli di sviluppo più o meno avanzati, anche agli altri fori.

Man mano l’avvocato è stato messo in grado di poter accedere online a banche dati dalle quali è possibile effettuare visure sui pubblici registri immobiliari, camerali etc., verificandone in tempo reale gli aggiornamenti, con la possibilità di visionare e direttamente stampare i documenti di proprio interesse; a banche dati che mettono a disposizione tutte le normative in vigore e la giurisprudenza prodotta dalle Supreme Corti e dai giudici di merito,  ai registri dell’Anagrafe e dello Stato Civile, per acquisire le informazioni o le certificazioni necessarie allo svolgimento dell’incarico professionale, e, soprattutto, attraverso il Polisweb nazionale e, per quanto riguarda il nostro Distretto, anche attraverso la Cancelleria Distrettuale realizzata dalla Regione Toscana, gli avvocati hanno potuto avere accesso ai registri telematici delle cancellerie per poter consultare i propri fascicoli e verificarne gli eventi, senza doversi fisicamente recare in Tribunale.

Tutto questo dalla propria scrivania o anche mediante portatili, smartphone o tablet, utilizzando le aree wifi disponibili (a Livorno ne sono state realizzate dal nostro Ordine sia una nel palazzo del Tribunale Civile, che in quello del Tribunale Penale).

Uno sviluppo davvero impensabile solo pochi anni fa e che ha sostanzialmente cambiato le modalità di esercizio della nostra professione.

Si tratta ora di compiere il passo decisivo verso la nuova frontiera che si chiama Processo Civile Telematico.

Da sempre il nostro Ordine ha profuso il massimo impegno per riuscire a garantire agli iscritti l’accesso al Processo Civile Telematico e ciò da epoca ben precedente alla legge di stabilità 2013, che ne ha disposta l’obbligatorietà (nei limiti ivi previsti) a partire dal 30 giugno 2014.

Difatti, alle comuni ragioni di convenienza di utilizzo del PCT, si aggiunge per il nostro foro la necessità, rafforzata dalla chiusura delle sedi distaccate di Cecina, Piombino e Portoferraio (pur se quest’ultima verrà ora riaperta “a tempo”), di dotare gli iscritti di uno strumento che consenta loro di effettuare depositi telematici senza spostarsi dalle proprie sedi, tenuto conto che la particolare conformazione territoriale della nostra provincia rende estremamente disagevole e sconveniente per la maggior parte dei colleghi che risiedono fuori dalla sede circondariale (in particolar modo, poi, per coloro che operano all’Isola d’Elba) recarsi presso il Tribunale di Livorno, in specie se solo per effettuare il deposito od il ritiro di atti (al punto che fino ad alcuni anni fa era largamente diffusa l’abitudine di avere, da parte dei colleghi delle sedi distaccate, corrispondenti su Livorno e viceversa).

In questa direzione sono stati organizzati molteplici incontri per la diffusione della conoscenza e dell’utilizzo degli strumenti informatici e telematici, con particolare riferimento, dapprima, alla Cancelleria Distrettuale e poi al PDA della Regione Toscana e a quello di un soggetto privato, con il quale l’Ordine ha stipulato una convenzione per offrire agli iscritti uno strumento alternativo; tali incontri hanno visto, nella generalità dei casi, una elevata partecipazione, sia nel segno di una acquisita consapevolezza dell’importanza dell’informatica, e dell’informatica giuridica, applicate alla professione dell’avvocato (ma anche, parlando più in generale, all’attuazione della funzione giurisdizionale), sia per le ragioni peculiari legate al nostro territorio di cui ho appena detto, tanto è vero che sempre folta è stata la presenza dei colleghi della provincia.

Il nostro Ordine si è poi adoperato per stipulare convenzioni per agevolare gli iscritti nel dotarsi di PEC e firma digitale, e ad oggi il 94,8% degli avvocati livornesi possiede un indirizzo PEC e circa il 60% è dotato di firma digitale (in quest’ultimo casi il dato è parziale poiché tiene conto solo dei dispositivi di firma acquistati in convenzione).

Nel contempo, grazie alla forte sinergia che si è instaurata a livello locale con gli altri soggetti di riferimento (magistrati del tribunale e dirigenza amministrativa) sono stati completati in tempi rapidi tutti gli step necessari a raggiungere la piena operatività del processo civile telematico. Le comunicazioni ex art. 136 c.p.c. via PEC sono state avviate dal 1 marzo 2012, mentre dal 17 dicembre 2012 è stato conferito valore legale ai documenti informatici relativi agli atti e ai provvedimenti del giudice per giungere infine, a chiusura del cerchio, ad ottenere il decreto che ha attribuito, a far tempo dal 2 maggio 2013, valore legale al deposito telematico degli atti e dei documenti delle parti del processo e degli ausiliari del giudice. Dal 1 febbraio 2013 era stato nel frattempo attivato anche il pagamento telematico del contributo giudiziario unificato e della marca di iscrizione a ruolo.

Dunque, ormai da circa otto mesi è possibile operare sul Tribunale di Livorno per tutto che ciò che l’attuale stato di avanzamento del PCT consente di fare.

Nondimeno le statistiche diramate dal Ministero per il 2013 indicano che i depositi telematici presso il Tribunale di Livorno sono relativamente pochi, in linea peraltro con quanto si registra per gli altri fori del distretto che hanno già ottenuto il valore legale, con l’eccezione di Firenze e Prato, che si spiega col fatto che in questi ultimi due tribunali il PCT è operativo già alcuni anni, sia pure limitatamente (ora non più) ai procedimenti monitori, a quelli esecutivi e a quelli concorsuali.

Ciò non è sicuramente dovuto, almeno per quanto per riguarda Livorno, ad una scarsa propensione all’utilizzo dello strumento informatico, prova ne sia che invece le statistiche dell’utilizzo della Cancelleria Distrettuale (nella quale il nostro Tribunale è arrivato, per ultimo, solo nel 2010) vedono Livorno ai primissimi posti.

Sicuramente giocano in parte le stesse ragioni cui accennavo in apertura di questo mio intervento e che hanno più o meno sempre ostacolato la diffusione di nuove metodologie di lavoro; per lo meno nella fase iniziale, poi, ha inciso forse anche una non sufficiente conoscenza dello stato effettivo delle cose, per il che molti colleghi mostravano di ignorare che potevano essere effettuati depositi telematici di atti con valore legale ovvero avevano l’errata convinzione che si trattasse di un sistema solo in fase di sperimentazione (il che era comune anche al personale delle cancellerie).

Superata questa prima fase, la scarsa attività di deposito che tuttora si registra, pur nella piena consapevolezza che il PCT è una realtà e che tra circa quattro mesi diverrà obbligatorio, è a mio avviso influenzata da altri e diversi fattori.

Resiste anzitutto una buona dose di pigrizia mentale nell’adeguarsi al nuovo modo di operare, che per il vero è aggravata dal fatto che il sistema è ancora complicato e richiede di apprendere una serie di tecniche (uso della firma digitale, redattore atti, etc etc) che non ci sono abituali. In più, del tutto erroneamente, lo si vede da parte di qualcuno come uno strumento da affidare nelle mani dei propri collaboratori, senza rendersi conto che col PCT cambia totalmente e radicalmente le modalità finora usate per predisporre, sottoscrivere e depositare gli atti e, più che altro, che le fasi di sottoscrizione e deposito, ora di solito affidate rispettivamente all’avvocato e al collaboratore, sono nella sostanza unificate e in ogni caso è di fondamentale importanza che avvengano sotto il controllo dell’avvocato, il quale dunque deve essere il primo a conoscere le tecniche necessarie.

Vi è in secondo luogo il timore che il deposito possa non andare a buon fine, timore che, occorre dirlo, è alimentato dalla lentezza delle risposta da parte delle cancellerie nell’accettare i depositi, o, peggio ancora, dalla disomogeneità dei comportamenti; in alcuni casi la risposta arriva dopo pochi minuti, in altri casi occorrono anche diversi giorni.

Vi è infine, da parte di qualcuno, il rifiuto più e meno inconscio della novità che viene percepita come un ulteriore orpello che viene imposto all’esercizio della professione, ciò che arriva ad indurre la speranza di un rinvio se non addirittura di un fallimento del PCT. Non si arrivano a cogliere cioè i vantaggi e le opportunità che il processo telematico offre e rimangono in campo solo le difficoltà che l’innovazione ci impone, fino a suscitare in qualcuno un sentimento apertamente ostile (addirittura quasi di connotazione luddistica).

Il discorso si farebbe su questo punto ampio e non è la sede per affrontarlo.

Occorre nondimeno rimarcare che rimangono davvero poco comprensibili le ragioni per le quali l’avvocatura sia stata lasciata nella condizione di doversi organizzare in completa autonomia per assicurarsi gli strumenti tecnici, formativi e di assistenza che sono necessari per operare nell’ambito del processo civile telematico.

La funzione giurisdizionale non può prescindere dalla collaborazione dell’avvocato, non perché ciò costituisca, così come è, un principio anche costituzionalmente fissato, ma perché anche sotto un aspetto puramente pratico l’attività del giudice riceve stimolo ed è giustificata da quella dell’avvocato.

Sarebbe sembrato dunque naturale che, nel momento in cui, con la condivisione ed il positivo approccio di tutti i soggetti coinvolti, si è voluto introdurre un nuovo e rivoluzionario modo di fare il processo, ci si fosse almeno preoccupati di realizzare ad esempio un’unica consolle per tutti gli operatori, naturalmente con funzioni personalizzate per il magistrato, per il cancelliere, per l’avvocato e per l’ausiliario del giudice, comprensiva per questi ultimi di un redattore atti integrato.

Purtroppo ciò non è accaduto e non accadrà, essendo questa la deliberata volontà che è stata manifestata e che ha informato anche la realizzazione del Portale dei Servizi Telematici, il quale, pur ricco e apprezzabile nei suoi contenuti informativi, è totalmente inadeguato sotto l’aspetto in questione, poiché non consente di scaricare un redattore atti, né permette di inviare una busta telematica.

Sono queste gravi carenze, frutto peraltro di una precisa scelta, che ostacolano e rendono più difficoltoso il processo di adattamento, poiché costringono gli avvocati a doversi anzitutto districare nell’offerta dei soggetti privati, che ovviamente intravedono l’occasione del business, e poi a dover investire risorse cui non vedono corrispondere vantaggi concreti ed immediati, che pure vi sono (soprattutto per i colleghi più giovani e comunque per coloro che non possono permettersi il costo di un collaboratore, che indubbiamente trarranno vantaggio dal poter evitare di spendere buona parte del loro tempo per recarsi in Tribunale, il che vale, a maggior ragione, per i colleghi che risiedono fuori dalle sedi circondariale).

Il successo di ogni innovazione, e quindi anche del processo civile telematico, passa attraverso la comprensione delle criticità e la messa in campo degli ausili necessari a superarle.

Il che vale anche per quanto riguarda il supporto normativo che deve essere fornito al PCT, che allo stato appare anch’esso, sotto vari profili, carente, tanto che ha costretto vari Tribunali a dotarsi di protocolli che valgano a fissare prassi applicative, colmando le lacune della disciplina normativa.

Nel frattempo, chi di noi avvocati è rimasto legato al passato dovrà nondimeno rassegnarsi e comprendere che la tradizione può e deve continuare a costituire un riferimento solo per quanto riguarda la conservazione dei valori che connotano la nostra professione.

Non cambierà e non deve cambiare il modo di essere avvocato, ma occorre renderci conto che è in atto un inarrestabile processo di radicale cambiamento, che reca con sé una profonda innovazione delle modalità con le quali siamo stati fin qui abituati ad esercitare la professione; innovazione che, se adeguatamente sfruttata, è suscettibile di farci recuperare spazi anche nel nostro tempo libero e di migliorare così anche la qualità della vita.

Occorre, alla fine, prendere atto che gli strumenti del nostro lavoro continueranno anche in futuro ad essere i codici, ed anzitutto quello deontologico, ma che non è ormai più il tempo della penna e del calamaio.

12/03/2014
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