Con la sentenza, che si annota, la suprema Corte ha deciso che «l’art. 442, secondo comma, cod. proc. pen., come novellato dalla l. n. 103 del 2017, nella parte in cui prevede che, in caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita della metà, anziché di un terzo, se si procede per una contravvenzione, pur essendo disposizione processuale, comporta un trattamento sostanziale sanzionatorio più favorevole e si applica come stabilisce l’art. 2, quarto comma, cod. pen., anche alle fattispecie anteriori, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile».
Nel caso di specie, l’imputato aveva proposto ricorso contro la sentenza della Corte di appello di Ancona che aveva confermato quella di condanna, emessa in primo grado con le forme del giudizio abbreviato, per la contravvenzione di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti.
Nel proprio gravame, con i primi due motivi, il ricorrente aveva dedotto violazione di legge e vizio di motivazione, mentre, con il terzo ed ultimo motivo, che più ci interessa da vicino, il ricorrente aveva sostenuto la retroattività dell’art. 442, secondo comma, cpp, nella nuova formulazione introdotta dalla legge n. 103/2017, con la conseguente necessità di una maggiore riduzione della pena in conseguenza del rito prescelto.
La Corte ha ritenuto infondati i primi due motivi, dal momento che le due sentenze di merito si integravano perfettamente, risultando esaustive e prive di contraddizioni.
Il giudizio di colpevolezza, cui erano pervenuti i giudici di merito, era infatti ampiamente condivisibile, basandosi su un accertamento clinico effettuato tramite prelievo ematico e su alcuni elementi sintomatici, oggettivamente riscontrati dalla polizia giudiziaria nell’imputato, quali loquacità rallentata, occhi lucidi e volto con epidermide arrossata.
La Corte, invece, ha ritenuto fondato l’ultimo motivo, con cui si chiedeva l’applicazione retroattiva del secondo comma dell’art. 442 cpp, così come modificato dalla legge n. 103/2017.
La Corte accoglie la richiesta difensiva ritenendo che l’art. 442, comma 2, cpp, pur individuando una norma di carattere processuale, ha effetti sostanziali «disciplinando la severità della pena da infliggere in caso di condanna secondo il rito abbreviato».
Da qui, come anticipato in apertura, la condivisibile decisione di applicare la nuova disposizione del secondo comma dell’art. 442 cpp, più favorevole al reo, anche alle fattispecie anteriori, riconducendo l’intera operazione applicativa nell’alveo dell’art. 2, quarto comma, cp, con la conseguenza che l’applicazione retroattiva potrà avvenire soltanto a condizione che non sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.
Lo sbarramento derivante dal giudicato dovrebbe scongiurare la presentazione di istanze, in sede esecutiva, tese ad ottenere una maggiore riduzione della pena in base alla nuova disposizione del secondo comma dell’art. 442 cpp, in relazione a quei procedimenti per un reato contravvenzionale, già definiti con le forme del rito abbreviato, in cui è stata disposta in base alla disciplina previgente una riduzione di un terzo, anziché della metà, della pena in concreto inflitta.
La questione potrebbe porsi atteso che, già all’interno della stessa sentenza, che qui si annota, la Corte ha tenuto a sottolineare che, sebbene l’art. 442 cpp si inserisca nell’ambito della disciplina processuale, ha pure profili sostanziali prevedendo «un più favorevole trattamento penale in considerazione di una condotta dell’imputato successiva al reato».
Orbene, tenuto conto della natura sostanziale della diminuente premiale conseguente alla scelta del rito abbreviato, stante appunto la sua ricaduta sul trattamento sanzionatorio [1], potrebbe accadere che un giudice, in sede esecutiva, su istanza di un soggetto condannato in abbreviato per una contravvenzione, venga sollecitato a rideterminare in automatico la pena in concreto inferta in via definitiva e calcolata in base al previgente testo del secondo comma dell’art. 442 cpp.
Il giudice dell’esecuzione verrebbe così a trovarsi nelle condizioni di poter garantire, effettuando un banale calcolo aritmetico, attraverso una modifica in melius del giudicato, l’esecuzione di una pena conforme ai nuovi criteri legali introdotti dalla riforma Orlando, senza con questo correre il rischio di rimettere in discussione, sul piano valutativo e discrezionale, la scelta decisoria, ormai passata in giudicato, adottata dal giudice della cognizione in merito ai fatti accertati nella sentenza definitiva, atteso che il calcolo della maggiore riduzione non comporterebbe «alcun profilo di discrezionalità».
Tuttavia un’istanza del tipo di quella sopra indicata verrebbe molto verosimilmente dichiarata inammissibile dal giudice dell’esecuzione, essendosi basata la scelta del legislatore di novellare il secondo comma dell’art. 442 cpp su un giudizio di inopportunità e non di illegittimità del precedente trattamento sanzionatorio, sicché «si potrà, allora, discutere sul mantenimento, de iure condendo, della regola dell’intangibilità del giudicato in simili ipotesi; ma certo non si potrà qualificare in termini di illegittimità l’esecuzione di una pena inflitta dal giudice della cognizione sulla base di una normativa giudicata successivamente inopportuna, ma non − appunto − illegittima» [2].
[1] Nella sentenza in commento si evidenzia che la disposizione concernente la diminuente per il rito abbreviato, incidendo sul trattamento sanzionatorio concreto, ha natura sostanziale, mentre le disposizioni concernenti i presupposti, i termini e le modalità di accesso al rito hanno natura processuale.
[2] Le parole sono tratte da F. Viganò, Retroattività della legge penale più favorevole, in www.penalecontemporaneo.it, 20 dicembre 2013, p. 15.