Magistratura democratica
Giurisprudenza e documenti

Elezione di domicilio e conoscenza del procedimento: la parola passa alle Sezioni unite

di Federico Piccichè
avvocato del Foro di Monza e membro del Consiglio direttivo della Scuola forense di Monza
Le Sezioni unite chiamate a pronunciarsi sulla validità della dichiarazione di assenza basata su un’elezione di domicilio presso difensore d’ufficio nominato dalla polizia giudiziaria in sede di identificazione. Nota a Cassazione Penale, Sez. 1, ordinanza 29 gennaio 2019 (dep. 1 marzo 2019), n. 9114, Pres. Mazzei, Rel. Siani

1. Con l'ordinanza qui annotata le Sezioni Unite vengono chiamate a pronunciarsi sul seguente quesito e, cioè «se per la valida pronuncia della dichiarazione di assenza di cui all'art. 420-bis cpp, integri presupposto sufficiente – particolarmente nell'ipotesi della sua identificazione da parte della polizia giudiziaria, con nomina di difensore di ufficio – il fatto che l'indagato elegga contestualmente il domicilio presso il suddetto difensore di ufficio, oppure tale elezione non sia di per sé sufficiente e se, in questo caso, possa tuttavia diventarlo sulla base di altri elementi che convergano nel far risultare con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento stesso o di atti del medesimo» [1].

2. Preliminarmente, però, occorre dare conto dell'iter processuale che ha caratterizzato la vicenda.

All'esito del giudizio di primo grado, la Corte di assise di Genova condannava l'imputato, dichiarato latitante, per i reati di cui agli artt. 416, secondo e sesto comma, cp, 110 cp, 12, commi 3, lett. a), b), d), 3-bis e 3-ter, lett. b), d.lgs n. 286/1998 e 495, secondo comma, cp, per avere partecipato ad un'associazione finalizzata all'introduzione illegale nel territorio italiano di cittadini extracomunitari, tramite trasporti via mare dall'Egitto verso le coste italiane, con predisposizione di mezzi e ripartizione di ruoli e per aver reso false dichiarazioni alla Polizia di Stato, affermando falsamente di essere ancora minorenne.

3. Nell’interporre appello avverso la sentenza di condanna, in via principale, il difensore dell'imputato contestava il giudizio espresso dal giudice di prime cure in punto di responsabilità e, in via subordinata, chiedeva il riconoscimento delle attenuanti generiche e la mitigazione del trattamento sanzionatorio.

4. La Corte di assise di appello, rilevando di ufficio la questione, dichiarava la nullità della sentenza impugnata in quanto pronunciata sulla base di una dichiarazione di assenza emessa in difetto dei presupposti di legge, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte di assise di primo grado.

In particolare, la Corte territoriale aveva osservato che l'imputato, pochi giorni dopo il suo sbarco, in sede di identificazione da parte della Squadra mobile di Genova, in ordine al procedimento che si sarebbe aperto a suo carico per la violazione dell'art. 12, comma 3, d.lgs n. 286/1998, aveva dichiarato di essere privo di difensore di fiducia, tant'è che all'imputato veniva assegnato un difensore di ufficio presso lo studio del quale l'interpellato eleggeva domicilio.

Ebbene la Corte di assise d'appello, dopo avere evidenziato che nel suddetto verbale si era fatto riferimento ad un eventuale procedimento penale e che l'imputato subito dopo si era allontanato dalla struttura in cui era stato collocato, divenendo irrintracciabile, e non aveva ricevuto alcun atto del procedimento, in seguito formalmente instaurato contro di lui attraverso l'iscrizione del suo nome nel registro di cui all'art. 335 cpp, aveva ritenuto che la dichiarazione di domicilio effettuata dall'imputato presso lo studio del difensore di ufficio, in sede di redazione del verbale di identificazione, non fosse idonea a far desumere la conoscenza dell'esistenza del procedimento penale in capo al dichiarante, con ciò prendendo nettamente le distanze da quanto sostenuto dal giudice di primo grado, secondo cui, invece, tale atto era da ritenersi idoneo a fornire la prova, ai sensi dell'art. 420-bis cpp, della conoscenza del procedimento e della volontà da parte dell'imputato di sottrarsi allo stesso.

Da qui, la rilevata carenza dei presupposti di legge di cui all'art. 420-bis cpp, che ha portato la Corte di assise di appello a dichiarare la nullità (stimata come assoluta ed insanabile) della sentenza impugnata, essendo stato di fatto impedito all'imputato di partecipare al giudizio e di presentare motivi personali di appello.

5. Avverso la sentenza di secondo grado proponeva ricorso il Procuratore generale, in quanto convinto che la decisione dovesse essere annullata per la violazione ed erronea interpretazione dell'art. 420-bis cpp.

Secondo la Procura generale, la Corte di assise di appello aveva errato nel ritenere che la dichiarazione di domicilio effettuata dall'imputato presso il difensore di ufficio in sede di identificazione non fosse idonea a far desumere la conoscenza dell'esistenza del procedimento a carico del dichiarante, perché, stando al parere della Corte territoriale, all'atto dell'identificazione, il procedimento penale non si era ancora formalmente instaurato con l'iscrizione del nome della persona sottoposta ad indagini nel registro di cui all'art. 335 cpp.

Secondo la Procura generale, infatti, ciò che conta, ai fini della conoscenza del procedimento, è la notizia che, in relazione a certi comportamenti, un procedimento possa essere iniziato, indipendentemente dalla futura effettuazione dell'iscrizione del nome della persona sottoposta ad indagini nell'apposito registro delle notizie di reato.

Come avviene, del resto, quando si procede ad un arresto in flagranza in cui la conoscenza effettiva del procedimento viene fatta dipendere non tanto da una futura iscrizione nel registro di cui all'art. 335 cpp, quanto dal contesto descrittivo dei fatti, che precedono tale iscrizione, così come essi risultano dal verbale di arresto, che coglie e descrive gli accadimenti concreti nella loro immediatezza.

A ciò si aggiunga che sull'indagato incombe un più generale obbligo di diligenza e di collaborazione «per cui egli non potrebbe proditoriamente approfittare del proprio disinteresse, al pari dell'evasione o latitanza, per avvalorare l'affermazione di mancata conoscenza del procedimento penale, non sussistendo, in ogni caso, la violazione del diritto di difesa quando si è avuta contestazione del fatto con la comunicazione degli elementi di prova a carico del soggetto».

6. Come anticipato in apertura, in merito al quesito se la celebrazione del processo in absentia nei confronti dell'imputato possa ritenersi legittima sulla base di una elezione di domicilio effettuata dall'indagato presso il difensore di ufficio all'atto della sua identificazione da parte della polizia giudiziaria, la Corte ha ritenuto di rimettere la questione alle Sezioni unite, giacché intorno a tale problematica si contrappongono due orientamenti.

Secondo il primo orientamento, che è quello fatto proprio dalla Corte di assise d'appello, «in tema di processo celebrato in assenza dell'imputato, la conoscenza dell'esistenza del procedimento penale a carico dello stesso non può essere desunta dall'elezione di domicilio presso il difensore di ufficio effettuata, nell'immediatezza dell'accertamento del reato, in sede di redazione del verbale di identificazione d'iniziativa della polizia giudiziaria, in epoca anteriore alla formale instaurazione del procedimento, che si verifica soltanto con l’iscrizione del nome della persona sottoposta ad indagini nel registro di cui all'art. 335 cpp» [2].

Del resto questa impostazione trova anche conforto nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che, in punto di interpretazione dell'art. 6 Cedu, ha precisato che il diritto dell'imputato alla partecipazione al processo può essere validamente garantito soltanto se all'imputato sia data una informazione precisa e completa delle accuse che gli vengono mosse, non bastando allo scopo una generica informazione circa accertamenti e/o indagini di polizia giudiziaria in corso, tanto più nel caso in cui la persona sottoposta ad indagine sia priva di un difensore di fiducia, venendo la difesa affidata a un difensore di ufficio, come è avvenuto nella specie in esame, atteso che soltanto la nomina di un difensore di fiducia può indurre a ritenere «una conoscenza del procedimento sufficientemente idonea a legittimare il prosieguo» [3].

In buona sostanza, la conoscenza effettiva del procedimento può essere salvaguardata soltanto attraverso «un atto formale di contestazione idoneo ad informare l'accusato della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico, al fine di consentirgli di difendersi nel merito».

In questo quadro, il diritto dell’imputato a partecipare al processo e a difendersi presuppone la cosiddetta vocatio in iudicium, attraverso la quale viene veicolata in modo dettagliato la imputazione, di talché l'effettiva conoscenza del procedimento non può farsi discendere dalla conoscenza di un atto posto in essere di iniziativa della polizia giudiziaria anteriormente alla formale instaurazione dello stesso procedimento e, comunque, prima che sia portata a conoscenza dell'imputato la imputazione, formalmente veicolata appunto attraverso la vocatio in iudicium.

Secondo l’opposto orientamento, invece, deve ritenersi valida «la notificazione all'imputato presso il difensore d'ufficio domiciliatario, indicato nel corso delle indagini preliminari», in quanto l'art. 420-bis, secondo comma, cpp, stabilisce, tra l'altro, che il giudice deve procedere in assenza dell'imputato nel caso in cui quest'ultimo abbia dichiarato o eletto domicilio nel corso del procedimento [4].

A ciò va aggiunto che il diritto dell’imputato a partecipare al processo è garantito anche attraverso la conoscenza che avviene nella fase investigativa, dal momento che l'art. 420-bis, comma 2, cpp, fa espresso riferimento alla conoscenza del procedimento, escludendo «che si possa limitare la rilevazione di eventi che generano la conoscenza soltanto a quelli successivi all'avvio della fase processuale».

Da ultimo, se nel corso del dibattimento l’imputato è stato assistito da un difensore di ufficio presso il quale aveva eletto domicilio in una fase anticipata del procedimento, la mancata conoscenza della celebrazione del processo non potrà mai ritenersi incolpevole, atteso che, con l'ordinaria diligenza, l'interessato avrebbe potuto avere tutte le informazioni sul processo, in modo da potersi concretamente difendere.

7. Senza voler fare delle previsioni, la questione posta all'attenzione delle Sezioni unite, che si riunirà per decidere il 27 giugno 2019 [5], è di grandissima importanza.

Non bisogna ignorare che, nella specie, la soluzione adottata dalla Corte territoriale di Genova, che ha ritenuto che la dichiarazione di domicilio effettuata presso il difensore di ufficio in sede di identificazione non fosse idonea a far desumere la conoscenza del procedimento penale a carico dell'imputato, è esitata in una pronuncia di nullità della sentenza impugnata, nullità che i giudici di secondo grado hanno catalogato come assoluta ed insanabile, essendo stato violato in radice il diritto dell'imputato ad intervenire nel processo [6].

Se così è, tenuto conto che la nullità assoluta è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, non si fa fatica ad immaginare quali conseguenze devastanti potrebbero derivare sulle sorti future dei processi, che magari si trovano già in una fase molto avanzata, da elezioni di domicilio effettuate dall'indagato presso il difensore di ufficio all'atto della sua identificazione, nell'ipotesi in cui dell'indagato si sia successivamente persa ogni traccia, come appunto è avvenuto nel caso di specie [7].

Solo per concludere, è ipotizzabile che in questa vicenda le Sezioni unite, nel prendere la loro decisione, non ignoreranno l'arresto, con cui di recente la Cassazione, sempre nel suo massimo consesso, si è pronunciata sul caso Innaro [8].

Come è noto, nel decidere tale caso, alla domanda se, ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale ex art. 175, comma 2, cpp, nella formulazione antecedente alla modifica intervenuta con legge n. 67 del 2014, l'effettiva conoscenza del procedimento debba essere riferita solo alla conoscenza dell'accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium o anche a quella contenuta nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, le Sezioni unite hanno risposto stabilendo che «la conoscenza deve essere riferita all'accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium. Tale non può ritenersi la conoscenza dell'accusa contenuta nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all'art. 415-bis cpp, che non è di per sé sufficiente a garantire all'imputato anche quella del processo, fermo restando che l'imputato non deve aver rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza» [9].

Stando le cose in questi termini, dunque, avendo le Sezioni unite già affermato categoricamente che l'avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all'art. 415-bis cpp non è sufficiente a garantire all’imputato anche la conoscenza del processo, non si vede come tale obiettivo possa essere garantito da una semplice dichiarazione di domicilio presso il difensore di ufficio, resa nelle primissime battute del procedimento e contenuta in un verbale che, come è noto, costituisce un atto procedimentale di sicuro dai contenuti molto più scarni rispetto a quelli che connotano l'avviso di chiusura indagini.



[1] Per una più completa comprensione delle problematiche sottese all'ordinanza in esame, si vedano i due articoli di L. Vignale, Domicilio dichiarato o eletto e processo in absentia e Processo in assenza ed elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio. L'art. 162 comma 4-bis cpp e le ragioni di una riforma, pubblicati in questa Rivista on-line rispettivamente il 26 giugno 2014 (http://questionegiustizia.it/articolo/domicilio-dichiarato-o-eletto-e-processo-in-absentia_26-06-2014.php) e il 27 settembre 2017 (http://questionegiustizia.it/articolo/processo-in-assenza-ed-elezione-di-domicilio-press_26-09-2017.php). In quest'ultimo articolo, in particolare, l’Autrice ha precisato che, con la legge n. 67/2014, che ha introdotto il procedimento in assenza e abolito l'istituto della contumacia, si è stabilito «che, in linea di principio, quando alla conoscenza legale (conseguente ad una notifica regolare) non corrisponde una conoscenza effettiva il processo non può avere inizio. Con la riforma … il legislatore prese atto che, ai sensi dell'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (e sulla base dell'interpretazione che la Corte europea ne ha fornito), un processo può considerarsi equo solo: se l'accusato è stato informato della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico in termini tali da consentirgli di difendersi nel merito; se egli è consapevole dell'esistenza di un processo, è stato messo in condizione di essere presente e ha rinunciato volontariamente all'esercizio di tale diritto; se esistono strumenti preventivi idonei ad evitare lo svolgimento di processi a carico di imputati inconsapevoli che (in quanto tali) non abbiano potuto difendersi in giudizio, oppure strumenti riparatori idonei ad assicurare l'esercizio del diritto di difesa in un nuovo giudizio quando l'imputato risulti essere stato inconsapevole del processo svoltosi in sua assenza». A questo riguardo l'Autrice menziona le sentenze Somogy c. Italia del 18 maggio 2004 e Sejdovic c. Italia del 10 novembre 2004 (quest'ultima confermata dalla Grande Camera con sentenza del 1 marzo 2006). In generale, in dottrina, in ordine al tema del processo in absentia, si veda, tra i tanti contributi, partendo dai meno recenti, D. Potetti, La conoscenza del procedimento e il rifiuto di conoscenza nel nuovo giudizio in assenza in Cassazione Penale 2014, p. 4175, fasc. 12 e I casi tipici di giudizio in assenza dell'imputato in Cassazione Penale 2015, p. 2484, fasc. 6; G. Conti, Il processo in absentia: le ricadute sul giudicato in www.penalecontemporaneo.it, 2 marzo 2015; A. Ciavola, Alcune considerazioni sulla nuova disciplina del processo in assenza e nei confronti degli irreperibili. Tante ombre e qualche luce in www.penalecontemporaneo.it, 20 marzo 2015; C. Conti, Processo in absentia a un anno dalla riforma: praesumptum de praesumpto e spunti ricostruttivi in Diritto penale e processo 4/2015; G. Canzio, Il processo in absentia a un anno dalla riforma: ricadute sui giudizi d'appello e di Cassazione in Diritto penale e processo, 7/2015; N. Canestrini, La direttiva sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. Un'introduzione, in Cassazione Penale 2016, p. 2224, fasc. 5; F. Alonzi, La Corte costituzionale si pronuncia sul diritto alla conoscenza della vocatio in iudicium da parte dell'imputato, in Giurisprudenza Costituzionale 2017, p. 213, fasc. 1; N. Canestrini, Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?, in Cassazione Penale 2017, p. 362, fasc. 1; E. Aprile, Osservazioni a C. cost., data udienza (5 ottobre 2016), data deposito 9 febbraio 2017, n. 31,in Cassazione Penale 2017, p. 2259, fasc. 6; F. Varone, Elezione di domicilio dell'imputato presso il difensore d'ufficio e processo in absentia: un discutibile caso di self-restraint della Corte Costituzionale, in Cassazione Penale 2017, p. 2261, fasc. 6; L. Giordano, La nuova domiciliazione assentita presso il difensore di ufficio, in www.penalecontemporaneo.it, 16 marzo 2018; D. La Muscatella, Mancata partecipazione consapevole e volontaria: le Sezioni Unite faranno chiarezza, in Diritto & Giustizia 2019, p. 0012, fasc. 28; A. Conti, Il processo all'imputato assente, 2019, Aracne Editore.

[2] Nell'ordinanza vengono ricordate Cass. Sez. 1, n. 16416 del 2 marzo 2017; Cass. Sez. 2, n. 9441 del 24 gennaio 2017. Si vedano, pure, Cass. Sez. VI, n. 39563 del 23 giugno 2017; Cass. Sez. 1, n. 18549 del 28 aprile 2016; Cass. Sez. 1, n. 29851 del 24 giugno 2009; Cass. Sez. 1, n. 3746 del 16 gennaio 2009.

[3] I giudici di legittimità rilevano che quando la difesa viene affidata a un difensore di ufficio «aumenta in modo esponenziale il livello di criticità insito nel rapporto con un difensore non effettivamente conosciuto dall'imputato». Al riguardo nell'ordinanza vengono ricordate Corte Edu, 14 settembre 2006, Booker c. Italia; Corte Edu, 12 giugno 2007, Pititto c. Italia; Corte Edu, 28 giugno 1984, Campbell c. Regno Unito.

[4] Si veda, ad esempio, Cass. Sez. V, n. 21664 del 16 febbraio 2018; Cass., Sez. 1, n. 25471 del 31 gennaio 2017; Cass. Sez. 2, n. 2291 del 27 ottobre 2015; Cass. Sez. 2, n. 43452 del 03 luglio 2013.

[5] Come risulta dall'informativa presente nel sito della Corte www.cortedicassazione.it, nella sezione Recentissime, Giurisprudenza penale, Sezioni unite, Questioni pendenti, Ricorrente PG/Lan Ismal.

[6] La stessa soluzione potrebbe essere adottata, pure, nel caso in cui l'elezione di domicilio sia assentita dal difensore di ufficio ai sensi dell'art. 162, comma 4-bis, cpp, di recente introduzione, in quanto, anche se vi è l'assenso del difensore domiciliatario, ciò non garantisce che quest'ultimo riesca a prendere e/o comunque a mantenere i contatti con l'indagato/imputato per tutta la durata del procedimento.

[7] L'Unione camere penali italiane, tra le sue proposte di riforma del processo penale, ha previsto che, in particolare in difetto di nomina del difensore fiduciario, la notificazione all'imputato della citazione a giudizio debba avvenire personalmente e che, ove non si riesca a recapitare l'atto con tale modalità, il processo rimanga sospeso. «Questa previsione», precisa in modo assolutamente condivisibile l'Ucpi, «è necessaria per eliminare presunzioni di conoscenza che possono essere esiziali per le sorti future del processo. Almeno nei casi in cui la conoscenza di questo atto fondamentale non si possa garantire attraverso il difensore fiduciario occorre imprescindibilmente assicurarsi che vi sia stato un contatto materiale tra la citazione e l'imputato. Altrimenti si dovrà sospendere il processo, perché esso non può svolgersi senza la certezza che l'imputato abbia una conoscenza precisa e circostanziata dell'imputazione e della data e del luogo della singola udienza. Questa previsione, inoltre, rappresenterebbe un reale passo avanti nell'adeguamento della disciplina interna alle regole imposte dalla Cedu, come interpretate dalla Corte omonima». Queste parole sono tratte dall'allegato 2, contenente i criteri direttivi Ucpi in punto di riforma del processo penale, che accompagna la delibera della Giunta Ucpi dell'1-2 marzo 2019, in www.camerepenali.it.

[8] Le Sezioni unite si sono espresse sul caso Innaro il 28 febbraio 2019.

[9] La citazione è tratta dal sito della suprema Corte www.cortedicassazione.it nella sezione Recentissime della Corte, Giurisprudenza penale, Sezioni unite, Questioni decise, Ricorrente Innaro.

27/05/2019
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